Il Papa: trasformati dall’ Eucaristia mettiamo in pratica la solidarietà di Dio

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Nel racconto evangelico protagonista è la folla che deve essere sfamata. Hanno conosciuto Gesù, ha detto il Papa, che “sta in mezzo alla gente, l’accoglie, le parla, la cura, le mostra la misericordia di Dio” lo seguono perchè “parla e agisce in modo nuovo, con l’autorità di chi è autentico e coerente, di chi parla e agisce con verità, di chi dona la speranza che viene da Dio, di chi è rivelazione del Volto di un Dio che è amore.”

Da qui la domanda del Papa: “ come seguo io Gesù? Gesù parla in silenzio nel Mistero dell’Eucaristia e ogni volta ci ricorda che seguirlo vuol dire uscire da noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso, ma un dono a Lui e agli altri.”

Pensare agli altri, ecco il secondo passo. Gli apostoli pensano a loro stessi. La folla non si può sfamare? Congediamola, e “ognuno pensi a se stesso”.  Ancora un domanda per tutti: “Quante volte noi cristiani abbiamo questa tentazione! Non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso: “Che Dio ti aiuti”.”

Nelle parole di Gesù: «Voi stessi date loro da mangiare» il Papa legge la comunione eucaristica, Gesù “alza gli occhi al cielo, recita la benedizione, spezza i pani e li dà ai discepoli perché li distribuiscano. E’ un momento di profonda comunione: la folla dissetata dalla parola del Signore, è ora nutrita dal suo pane di vita.”

É ascoltare la  Parola e nutrirci del  suo corpo, spiega il Papa che ci fa passare “dall’anonimato alla comunione.” La domanda per tutti ancora è “come vivo io l’Eucaristia? La vivo in modo anonimo o come momento di vera comunione con il Signore, ma anche con tanti fratelli e sorelle che condividono questa stessa mensa? Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche?”

Terzo punto: la condivisione che Gesù chiede ai discepoli. “Che cosa condividono i discepoli? Quel poco che hanno: cinque pani e due pesci. Ma sono proprio quei pani e quei pesci che nelle mani del Signore sfamano tutta la folla.”

Ecco la parola chiave da usare nella Chiesa e nella società:””solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano!”

In Dio che si fa dono “sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo, la morte.” Dio entra nella nostra povertà e la trasforma, e ci insegna la condivisione. “Mi lascio trasformare da Lui?- chiede il Papa- Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto per uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?”

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