In ricordo di mons. Tonino Bello

Don Tonino Bello
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Dal 26 al 28 aprile all’Istituto Seraphicum di Roma si svolgerà il Congresso nazionale di Pax Christi Italia sul tema ‘E’ l’ora della nonviolenza’: un congresso nazionale che si apre nel ventesimo anniversario della scomparsa di monsignor Tonino Bello, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e presidente di Pax Christi dal 1985 al 1993. Spiega il presidente di Pax Christi Italia monsignor Giovanni Giudici, vescovo di Pavia: “Con il titolo del Congresso vogliamo richiamare lo stretto legame che c’è fra la ricerca della pace e questa società in cui ci troviamo, in cui la violenza è diventata non solo più il confronto fra campi avversi, potremmo dire, ma è diventata una questione presente quasi in maniera endemica nella vita sociale dei paesi nelle varie aree del mondo per cui c’è questa spinta a considerare l’agire violento come quasi un fatto di cui non possiamo liberarci, non possiamo tenere in aree separate della nostra vita sociale. In questo senso rifletteremo sul disarmo, sulla giustizia sociale, sulla democrazia e sulla dimensione mondiale della società in cui viviamo”.

Il Congresso nazionale di Pax Christi verrà aperto venerdì 26 aprile dal saluto di monsignor Giovanni Giudici e dal saluto a nome della Conferenza Episcopale Italiana di monsignor Mariano Crociata, vescovo segretario della CEI. Due le relazioni presenti nella prima mattinata del convegno: monsignor Giudici parlerà sul tema ‘Dalla bisaccia al sentiero: cammino e sfide di Pax Christi’ e José Henriquez, segretario generale di Pax Christi International parlerà di ‘Pax Christi: la forza di una comunità grande come il mondo’. Spiega monsignor Giudici: “L’aspetto di educazione fin dalle scuole a una lettura della società che supera l’utilizzo delle armi, che va alla radice dei problemi e che cerca di togliere questa necessità della violenza all’origine stessa dei rapporti personali e sociali: questa è la speranza che noi riponiamo evitando che nella scuola vengano proposte delle linee di presenza nella società in cui le armi sono ancora quasi necessarie, quasi dovute”. La giornata di sabato 27 aprile sarà dedicata ai gruppi di lavoro che verteranno su: disarmo bene comune; giustizia sociale ed economia democratica; democrazia e cittadinanza; Chiesa in cammino e profezia della pace.

 

Nella serata sarà proiettato il film ‘L’anima attesa’, prodotto da Pax Christi e Mosaico di Pace, realizzato in occasione del ‘dies natalis’ (20 aprile 1993) di don Tonino Bello, e proiettato, in prima nazionale, venerdì 19 marzo nell’ambito del ‘Bif&st – Bari International Film Festival’, una rassegna cinematografica, che rappresenta la terza vetrina del cinema italiano, giunta alla sua quarta edizione. L’opera cinematografica, diretta da Edoardo Winspeare, rievoca ‘il messaggio di don Tonino attraverso i volti e le storie quotidiane della sua una amata terra di frontiera, che non lo ha mai dimenticato’. E’ stato anche scrittore e oratore, come è scritto nell’ultimo numero della rivista ‘Mosaico di Pace’, “come pochi ci furono nel cattolicesimo italiano degli ultimi decenni”, oltre che “un uomo di profonda libertà interiore, noto per il suo impegno nella costruzione di quella che amava definire la ‘Chiesa del grembiule’, ispirata ai soli valori dell’accoglienza e del Vangelo, che per lui valeva più di qualsiasi referenza, anche politica”.

Mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, già presidente di Pax Christi Italia e di Pax Christi International, lo ha invece ricordato alla luce del Concilio Vaticano II: “Il Vaticano II è diventato per lui un punto di riferimento. Se penso alle costituzioni conciliari, don Tonino le ha vissute concretamente… Don Tonino era ‘mandato’ in mezzo alla gente, in mezzo ai più poveri, per far loro sentire la solidarietà, per essere solidale con i più umili e i più poveri. Don Tonino incarnava questi ideali nella vita di tutti i giorni che costruiva sulla Parola di Dio che sentiva viva e operosa. Don Tonino sentiva la presenza viva di Gesù. Dinanzi al Tabernacolo meditava i suoi discorsi e i suoi interventi. Sentiva la misericordia del Signore che lo spingeva ad essere al servizio degli ultimi. Don Tonino vedeva la Chiesa come Chiesa del grembiule, che deve essere accanto a coloro che più sono in difficoltà”.

Il vicepresidente nazionale di Pax Christi, Sergio Paronetto, ha fatto un paragone tra papa Francesco e don Tonino Bello: “Sento molto stimolante la coincidenza tra l’elezione di papa Francesco e la memoria di don Tonino. Tra i due sono molte le vicinanze tematiche: una ‘Chiesa del grembiule’ per la lavanda dei piedi; una comunità accogliente, ma pronta a ‘uscire da sé’; la custodia del creato e della bellezza; la pace come dono e impegno; la spiritualità della gioia; la sobrietà e la gratuità; la tenerezza e la profezia. Don Tonino ci manca. Ma la sua assenza non può bruciare se alimentiamo il suo fuoco, il roveto ardente della pace. Sono convinto che non sia solo in mezzo a noi, ma davanti. E che ci stia venendo incontro per osare assieme. Compagno di strada se ci mettiamo in marcia. Beati non perché pensiamo di essere arrivati, ma perché stiamo partendo e camminando”.

Ed in questo periodo di ‘transizione’ della politica mi pare opportuno riportare un brano del discorso che mons. Bello tenne a Molfetta il 22 dicembre 1985 ai consiglieri comunali, segretari di partito, dirigenti sindacali sul bene comune: “Il bene comune deve rimanere sempre il fine ultimo della politica. Questo significa due cose. Anzitutto, rifiutare la politica come gestione della cosa pubblica per il bene di una parte. Di una corporazione, di un gruppo di potere o di pressione. ‘I partiti devono promuovere ciò che, a loro parere, è richiesto dal bene comune, mai però, è lecito anteporre il proprio interesse al bene comune’, proclamava al n^ 75 la ‘Gaudium et Spes’. E poi significa mettere al centro la persona, adattandola come misura di ogni impegno, come principio architettonico di ogni scelta, come criterio assiologico supremo. La persona, non il calcolo di parte.

La persona, non le astuzie di potere. La persona, non le mosse egemoniche. La persona, non il prestigio delle fazioni. Perdonate il gioco barbaro dei termini con cui si vuol dire che ogni dinamismo espresso nella prassi deve partire dalla contemplazione. È necessario che gli uomini impegnati nell’agire politico, quale che sia il loro credo religioso, siano dei contemplativi, diano spazio al silenzio e all’invocazione, non si lascino distruggere la vita dalla dimensione faccendiera, non si sperperino nella dissolvenza delle manovre di contenimento o di conquista. ‘Siamo all’alba del terzo millennio e come all’alba del secondo, vanno a fiorire di nuovo i mistici e gli artisti’, scrive Giorgio La Pira”.

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