Il Papa ai giovani di Taizè: fate sorgere la speranza sulla terra

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Ci vuole coraggio ad essere giovane, ci vuole coraggio a decidere un sabato sera tra Natale e Capodanno di stare in Piazza San Pietro al freddo a pregare con il Papa. I ragazzi di Taizé sono arrivati a Roma da tutto il mondo. Molti arrivano dall’est Europa, cercano risposte e le trovano ad limina apostolorum. Da ieri hanno invaso la città per la quarta volta nella storia di questa strana e profetica comunità che accetta tutti, cattolici, protestanti ortodossi. Ogni anno i ragazzi di Taizè si riuniscono in una città Europea, e nel 2012 è il turno della città del Papa. “Pellegrini della fiducia” li chiama Benedetto XVI che affronta con loro il freddo e prega con i loro canti. Nel cuore di tutti c’è il ricordo perenne di fratel Roger, ucciso da uno di quelli che aveva accolto. Ma oggi a guidare la comunità c’è Fratel Alois. Ha ricevuto auguri e messaggi per questi giovani pellegrini perfino dal segretario generale delle Nazioni Unite, ma quello che conta per i ragazzi è stare con il Papa, pregare con lui. Anche nel silenzio assoluto, con lo sguardo alla luce della fiaccola sul palco davanti al grande crocifisso. In Piazza sono almeno cento mila. Sono venuti per pregare appunto.

“La fede che animava questi due grandi Apostoli di Gesù è anche quella che vi ha messi in cammino” li saluta Benedetto XVI. Perché volete “liberare le sorgenti della fiducia in Dio per viverne nel quotidiano.” Una fiducia che tanto giovani sembrano aver perso, ma che i giovani con il Papa riscoprono mettendo la luce di Cristo al centro. “Anch’io sono chiamato ad essere un pellegrino di fiducia in nome di Cristo” aveva detto Giovanni Paolo II nel 1987 a quegli stessi ragazzi. Si certo altri volti e altri nomi, ma sempre loro, la primavera della Chiesa. Il Papa ricorda la storia di Fratel Roger che 70 anni fa ha dato vita alla comunità di Taizé. Un luogo dove i giovani vanno a cercare un senso per la vita, dove “i Fratelli li accolgono nella loro preghiera e offrono ad essi l’occasione di fare l’esperienza di una relazione personale con Dio.” Sono cercatori di comunione.

“Dovremmo ascoltare dal di dentro il suo ecumenismo vissuto spiritualmente e lasciarci condurre dalla sua testimonianza verso un ecumenismo veramente interiorizzato e spiritualizzato” aveva detto il Papa il giorno della morte tragica di fratel Roger. E chiede ai ragazzi di essere “portatori di questo messaggio di unità.” E assicura “l’impegno irrevocabile della Chiesa cattolica a proseguire la ricerca di vie di riconciliazione per giungere all’unità visibile dei cristiani.” La domanda è quella che riecheggia dai tempi del Vangelo: la pone Gesù: «Chi sono io per voi?». “Cristo- spiega il Papa ai ragazzi dopo la preghiera- desidera ricevere anche da ciascuno di voi una risposta che venga non dalla costrizione né dalla paura, ma dalla vostra libertà profonda.”

Libertà che viene dal sì a Gesù che da un forte senso alla vita. Una risposta che si trova nelle parole dell’ apostolo Giovanni. “Avere fede e amare Dio e gli altri! Che cosa c’è di più esaltante? Che cosa di più bello?” Esalta i lunghi silenzi delle preghiere nello stile Taizè il Papa, il canto in tutte le lingue, in latino e greco, l’ascolto della parola come quella che invita tutti ad essere “lampada che brilla in un luogo oscuro”. É chiaro per i ragazzi: “se la stella del mattino deve sorgere nei vostri cuori è perché non sempre vi è presente. A volte il male e la sofferenza degli innocenti creano in voi il dubbio e il turbamento. E il sì a Cristo può diventare difficile. Ma questo dubbio non fa di voi dei non credenti! Gesù non ha respinto l’uomo del Vangelo che gridò: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (Mc 9,24). Perché in questo combattimento voi non perdiate la fiducia, Dio non vi lascia soli e isolati.” “Misericordias Domini in aeternum cantabo”, cantano con un ritmo lento ed intenso i ragazzi e il Papa li invita alla gioia che viene dalla comunione della Chiesa. Una nuova esperienza nata dalla accolgienza che questi giovani hanno avuto da parrocchie e famiglie.

Ed ecco il mandato. “Tornando a casa, nei vostri diversi Paesi, vi invito a scoprire che Dio vi fa corresponsabili della sua Chiesa, in tutta la varietà delle vocazioni. Questa comunione che è il Corpo di Cristo ha bisogno di voi e voi avete in esso tutto il vostro posto. A partire dai vostri doni, da ciò che è specifico di ognuno di voi, lo Spirito Santo plasma e fa vivere questo mistero di comunione che è la Chiesa, al fine di trasmettere la buona novella del Vangelo al mondo di oggi.” Preghiera, ascolto, silenzio, canto “un sostegno e un’espressione incomparabile della preghiera.” Un modo per aprirsi al mistero. “Cantando Cristo- dice il Papa- voi vi aprite anche al mistero della sua speranza. Non abbiate paura di precedere l’aurora per lodare Dio. Non sarete delusi. Cari giovani amici, Cristo non vi toglie dal mondo. Vi manda là dove la luce manca, perché la portiate ad altri. Sì, siete tutti chiamati ad essere delle piccole luci per quanti vi circondano.”

Che fare: la ricetta del Papa è quella del Vangelo, ed è attualissima: “con l’attenzione a una più equa ripartizione dei beni della terra, l’impegno per la giustizia e per una nuova solidarietà umana, voi aiuterete quanti sono intorno a voi a comprendere meglio come il Vangelo ci conduca al tempo stesso verso Dio e verso gli altri.” Ecco come essere pellegrini della fiducia per “far sorgere la fiducia sulla terra.” Migliaia di fiaccole, l’icona sul sagrato della Basilica, il Papa che ascolta il saluto di Fratel Alois, nel suo camice bianco, quasi monastico. Parla di riconciliazione e solidarietà tra gli esseri umani, della ricerca di un rapporto personale con Dio di un ecumenismo che è preghiera. E legge una lettera di Fratel Roger inviata al Papa prima di essere ucciso. Si intrecciano le lingue nel canto, nella preghiera, nelle parole del Papa. Il pellegrinaggio della fiducia continua fino al 2 gennaio, e Roma vedrà i giovani di Taizè nelle strade e nelle chiese, aperte dove c’è sempre qualcuno che attende.

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