Il dialogo è necessario: il messaggio del Meeting di Rimini

Meeting di Rimini
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Nella penultima giornata riminese del Meeting di Comunione e Liberazione, il dialogo e la libertà religiosa sono stati il filo conduttore della riflessione. Mario Mauro, vicepresidente del Parlamento Europeo, ha introdotto l’incontro “Protezione e diritto di libertà religiosa” con un dettagliato elenco di uccisioni e rapimenti di cristiani e religiosi degli ultimi giorni.

Ovvio il riferimento ai recenti fatti dell’Orissa che ancora una volta mostrano come la persecuzione per causa religiosa sia un fatto di fronte al quale è necessario prendere posizione. “È ardito esortare i cristiani ad essere ‘protagonisti’; – esordisce monsignor Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede – infatti nella mentalità comune è protagonista solo chi raggiunge il successo, ma don Giussani aveva capito che, in realtà, solo l’uomo religioso, cioè consapevole del suo legame con Dio, è veramente protagonista”.

Monsignor Mamberti ha la preoccupazione di far comprendere che la libertà ha bisogno di un fondamento che la possa far sviluppare e questo può essere solo trascendente, “perché solo la fede nell’Assoluto trascendente è garanzia dai falsi assoluti terreni. Solo così non si mette a rischio dignità umana e coesione sociale”.

Il vescovo tiene a ricordare che l’impegno politico dell’onorevole Mauro in sede europea ha portato recentemente all’approvazione di una risoluzione “sui gravi episodi che mettono a repentaglio l’esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose”. Ciò è stato particolarmente importante in quanto ha “lanciato un messaggio politico ai responsabili di efferati episodi e alle stesse istituzioni europee, non sempre immuni da una sorta di pregiudizio antireligioso e in particolare anticristiano”. In occidente infatti non siamo immuni dalle sfide alla libertà religiosa, in un contesto in cui “l’odierna cultura occidentale rischia di contrapporre la libertà alla verità ed alla giustizia”.

Monsignor Mamberti ha poi voluto spiegare com’è strutturata la diplomazia vaticana di cui egli fa parte e come agisce nel campo delle relazioni internazionali in particolare a tutela di questa primaria libertà. “La stessa natura religiosa della Santa Sede e la sua vocazione universale fanno sì che la sua diplomazia non determini le proprie priorità sulla base di interessi economici o politici e che non abbia ambizioni geo-politiche. La priorità della diplomazia pontificia – continua – è l’assicurazione di condizioni favorevoli all’esercizio della missione propria della Chiesa cattolica e alla vita dei suoi membri”. Non ci può essere però una vera libertà religiosa se viene intesa come limitata alla sola sfera privata. La dimensione pubblica, collettiva e istituzionale non può essere negoziata.

“È cartina di tornasole per tutte le altre libertà” dice Mauro per sottolineare che non si sta parlando di uno dei tanti diritti fondamentali, ma di quello “da cui derivano tutti gli altri”. “Dove la libertà religiosa fiorisce – spiega il vescovo – germogliano e si sviluppano anche tutti gli altri diritti; quando è in pericolo, anche gli altri vacillano”. Perché ciò sia compreso e applicato, “la diplomazia vaticana lavora instancabilmente a più livelli: con le Comunità Europee e il Sovrano Militare Ordine di Malta, oltre che con la Federazione Russa e l’Olp rappresentate presso la Santa Sede da missioni speciali. È poi impegnata in sede Onu e Osce per promuovere la dignità di tutte le persone e dunque combattere la cristianofobia ma anche l’islamofobia e l’antisemitismo”. Davanti alla drammatica realtà vissuta da molti cristiani nel mondo, come in Iraq dove oggi la comunità è ridotta alla metà rispetto a quella che era prima del 2003, è necessario “adottare misure concrete per garantire loro di godere della libertà religiosa senza discriminazioni”.

Ciò è possibile attraverso il dialogo che però, come ha detto Benedetto XVI “deve essere chiaro, evitando relativismi e sincretismi, animato da un sincero rispetto per gli altri e da uno spirito di riconciliazione”. Ognuno di noi deve essere testimone della verità incontrata, perché “qualsiasi tradizione religiosa solida esige l’esibizione della propria identità. I valori che appartengono alle autentiche convinzioni di fede non sono estranei a quelli che la natura conserva e la ragione raggiunge: sono quindi condivisibili da tutti”.

Conclude l’intervento parlando non solo da diplomatico, ma anche da vescovo, monsignor Mamberti, esortando tutti ad “accettare in prima persona il rischio della libertà e di essere testimoni della verità. Così sarà possibile promuovere anche sul piano politico e diplomatico un’autentica libertà di religione per tutti”. La libertà è anche dialogo con la scienza e con la modernità: la fede ha sempre privilegiato un canale particolare nel dialogo con il mondo scientifico.

Alla domanda: ‘esiste un ruolo per la creatività nella scienza?’ il prof. Costantino Tsallis, responsabile del Centro Brasileiro de Pesquisas Fisicas, afferma: “Io vedo una catena che inizia con la scoperta di qualche cosa che ancora non si conosce. Il secondo anello è la creatività che spinge a fare qualche cosa con quanto si è scoperto, a manipolarlo. E questo porta alla scienza”. Una consequenzialità di pensiero e azione che lo scienziato sintetizza prendendo in uso una frase scritta da John Keats nel 1819: “Beauty is truth, truth is beauty” e affiancandola a quanto contenuto nel messaggio che Benedetto XVI aveva preparato per la visita all’Università La Sapienza lo scorso febbraio: “La verità ci rende buoni e la bontà è vera”. I tre termini libertà, bellezza e bontà sono stati visualizzati come vertici di un triangolo equilatero. Tsallis ha poi raccontato che da anni sta lavorando sull’entropia. “L’entropia è la spia del bisogno, ma questo concetto oltrepassa il campo fisico e chimico dove è solitamente utilizzato. Il lavoro da me iniziato quasi per caso dal niente ha avuto decine di applicazioni da parte di altri”.

A originare il suo interesse era stato il desiderio di bellezza: “la bellezza nella scienza ha una funzione importante per la scoperta della verità”. Mentre il presidente della Pontificia Accademia ‘Pro Vita’ e rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, ha ritenuto necessario il dialogo della Chiesa con la modernità, in quanto “noi non stiamo nelle sagrestie, siamo nel mondo”, rivendicando un ruolo pubblico per la Chiesa, che porta ‘parole di vita e di speranza’. Ricordando gli episodi di violenza contro i cristiani, avvenuti in India, mons. Fisichella ha ribadito che le morti e le persecuzioni contro i cristiani affermano che “i martiri ci sono ancora oggi come ai primi tempi della chiesa” e queste violenze sono “frutto di un fanatismo che viene censurato dai media solo perché siamo cristiani”.

Infine, nell’incontro “Alle radici della diversità: oltre il multiculturalismo”, il prof. Prades Lopez, docente di teologia dogmatica alla Facoltà teologica di Madrid, ha precisato che il multiculturalismo è un fatto che si sta verificando ed al quale bisogna guardare. La sfida è su quale sia l’ipotesi che può farci comprendere meglio questo fenomeno e farci porre in modo ragionevole di fronte ad esso.

L’ortodosso Mescerinov, superiore della Fondazione del monastero San Daniil di Dolmatovo, ha parlato del rapporto tra Chiesa, società e Stato in Russia. Ha messo in rilievo che compito della Chiesa è quello di educare il popolo: ma questo presuppone che la Chiesa abbia forza dentro di sé e che la società avverta di avere bisogno della Chiesa. Invece la società è più grande della Chiesa e la schiaccia, cercando di infiltrare in essa principi laici: “Condizione perché possa parlarsi di multiculturalismo è che sia presente una cultura; invece il comunismo ha smantellato la cultura russa e questo è di ostacolo affinché esso possa attuarsi”.

Ma al Meeting di Rimini si è parlato anche di ‘Persona e impresa: valorizzazione e merito’ con l’on. Pierluigi Bersani. Il presidente della Compagnia delle Opere, Bernhard Scholz, parte dalla domanda che molti giovani gli pongono: “La domanda che tanti giovani mi pongono è sulla possibilità della valorizzazione dell’individualità del singolo lavoratore anche in un grande gruppo”. Il ministro ombra dell’economia Pierluigi Bersani afferma: “Quella del merito è parola da maneggiare con cautela. Tutti pensano di aver merito, io preferisco concentrarmi su altre due parole: libertà e cambiamento. Non c’è merito senza libertà. Anche le ‘lenzuolate’, le liberalizzazioni delle quali sono stato promotore, non erano tanto riorganizzazioni di sistema. Lo spirito è quello di rendere libero il mercato affinché sia permesso ai giovani di trovare lavoro per ciò che hanno studiato. Non è possibile studiare da farmacista se non ci sono le farmacie”.

Riguardo al secondo termine, cambiamento, precisa che “la più grande dissonanza che un giovane può affrontare è quella di trovare un lavoro diverso da quello per cui ha studiato”, ritenendo l’unico rimedio la continua innovazione. Un elemento importante è “la liberazione di tutti dalla dipendenza dai bisogni primari”. Infine è necessario sottolineare l’enorme successo di due mostre: “Dall’amicizia all’azione, dall’azione all’amicizia. Giuseppe Tovini”, che è stata visitata da oltre 6000 persone; e “Libertà va cercando, ch’è sì cara. Vigilando redimere”, la quale ha visto un immenso flusso di visitatore incessantemente e costante per tutta la settimana e la cui fila invadeva gli altri padiglioni fieristici. Il più importante aspetto della mostra è stato fornito da testimonianze di chi è direttamente coinvolto nella vita delle carceri, documentazione di una presenza che fa rinascere la speranza in un ambiente dove non si dovrebbe aver più speranza.

Per concludere questo fil rouge giornaliero da Rimini non ci resta che citare le parole del segretario di Stato, Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, che nella prefazione alla biografia di Giuseppe Tovini nel 1953 scrisse: “Bisogna che i cattolici italiani non trascurino il culto dei loro predecessori nella lotta per conservare alla nostra trasformata società i tesori della tradizione cristiana, e che abbiano essi stessi coscienza d’essere di tale tradizione e eredi, e custodi, e promotori, quasi anelli dell’aurea catena che da Cristo arriva ai tempi nostri e ai venturi si tende”.

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