Mons. Muser: esprimiamo la fede, aiutiamo i veri poveri

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Per la festa dei patroni diocesani Cassiano e Vigilio ad aprile, mons. Ivo Muser, vescovo della diocesi di Bolzano-Bressanone, ha scritto una lettera pastorale incentrata sugli effetti del coronavirus nella fede e nella società. Anche ora che si guarda alla fase due, “servono ancora umiltà, fermezza, solidarietà, tanto ‘noi‘ e meno ‘io‘. Sforziamoci soprattutto, nel superare questa crisi globale, di non lasciare che resti tutto così o che torni tutto come prima. Domandiamoci chi sono i veri poveri, tra noi e nel mondo”.

 Mons. Muser ha sottolineato che l’esperienza di queste settimane, con le tante limitazioni, mostra l’importanza della chiesa domestica, della trasmissione della fede nelle ‘case e famiglie’: “Riscopriamo quanto sia importante parlare di fede, celebrarla, esprimerla in gesti e immagini”.

Nella lettera mons. Muser, dopo aver descritto le difficoltà affrontate dalla popolazione, ha evidenziato che in tali situazioni occorrono l’unità e la solidarietà: “Nelle scorse settimane ho detto spesso: adesso servono umiltà, fermezza, solidarietà. Nessuna azione in solitaria, anche in ambito ecclesiale.

Serve una profonda e sentita riconoscenza verso le tante persone che sono impegnate con competenza e coraggio negli ospedali, nelle residenze per anziani e nelle case di cura, nell’assistenza dei familiari a domicilio e in molti altri ambiti della vita quotidiana. Serve una conversione, come la intende il messaggio biblico: non solo per superare presto questo incubo, ma anche affinché tutto non riprenda semplicemente come prima. Speriamo di no!”

Ed ha raccontato la storia dei patroni della diocesi di Bolzano-Bressanone: “Cassiano, insegnante cristiano, morì martire a Imola attorno all’anno 304. La sua venerazione e una reliquia giunsero a Sabiona, il sacro monte del Tirolo, dove è testimoniata nell’anno 850 una chiesa dedicata al santo. Nel 993 le reliquie di Cassiano venerate a Sabiona furono trasferite nel nuovo duomo di Bressanone. Nel 2004, 1700 anni dopo la morte di san Cassiano, sono state analizzate le sue spoglie conservate nel duomo di Imola.

Queste analisi, condotte da istituti scientifici di Bologna, Genova e Miami negli Stati Uniti, hanno confermato quando la devozione popolare aveva sempre sostenuto: il cranio del santo porta i segni di ferite riconducibili a colpi di stiletto, che all’epoca dell’imperatore Diocleziano si usava per scrivere su tavolette di cera.

Inoltre è stato verificato che le reliquie si riferiscono a un uomo di oltre trent’anni, deceduto 20-30 giorni dopo essere stato ferito. Notevole: un’antica tradizione, considerata da molti storici come una pura leggenda, viene confermata dai moderni metodi di indagine”.

Invece Vigilio era romano ed è stato il terzo vescovo di Trento: “Il padre della chiesa Ambrogio da Milano aveva confermato e rafforzato Vigilio nel suo mandato e gli aveva inviato missionari dall’Asia Minore per evangelizzare. Conosciamo i loro nomi: Sisinio, Martirio e Alessandro. Tutti e tre morirono martiri in val di Non nel 397, in un periodo in cui le persecuzioni dei cristiani nell’impero romano erano già cessate.

Vigilio ne informò il vescovo di Milano e persino san Giovanni Crisostomo a Costantinopoli, dove inviò anche le reliquie dei martiri anauniesi. Le lettere di accompagnamento sono conservate. Da tempo immemorabile Vigilio è celebrato a Trento come patrono diocesano, la sua tomba si trova sotto l’altare maggiore del duomo cittadino. Dal 1964, l’anno dell’istituzione della diocesi di Bolzano-Bressanone, Vigilio è assieme a san Cassiano il patrono della nostra diocesi”.

Partendo dal racconto dei due patroni il vescovo ha sottolineato l’importanza della ‘chiesa domestica’:  “L’esperienza di queste settimane mostra quanto sia importante la chiesa domestica: la cura, la celebrazione e la trasmissione della fede nelle nostre case e famiglie. Un tempo c’erano la preghiera del mattino, la preghiera della sera, la preghiera prima e dopo i pasti.

Le persone pregavano l’Angelus tre volte al giorno. C’erano il segno della croce e l’acqua benedetta, l’angolo con il crocifisso per la devozione domestica, le immagini della Madre di Dio e dei santi, i segni e le usanze della devozione popolare, il rosario, la sosta nelle chiese per pregare davanti al Signore nel tabernacolo, la confessione, la domenica e la festività, che aveva il suo culmine nell’andare in chiesa”.

Quindi la fede può essere vissuta attraverso piccoli gesti quotidiani e la conoscenza della Bibbia: “La fede vissuta, che riguarda la nostra vita e ci aiuta ad affrontarla e interpretarla, ha bisogno del quotidiano e della regolarità. Riscopriamo quanto sia importante conoscere le Sacre Scritture, parlare di fede e celebrarla, esprimerla in gesti e immagini. Chi non sa più nulla della fede, non può scoprirla come fonte di energia. La trasmissione della fede ha bisogno che venga raccontata da una generazione all’altra.

Coltiviamo i segni visibili e semplici della nostra fede! Non vergogniamoci di fare il segno della croce prima dei pasti, anche in pubblico e al ristorante. Portiamo sempre grande rispetto delle convinzioni religiose di altre persone, ma mostriamo nella vita personale e anche pubblica e sociale la nostra volontà di restare cristiane e cristiani. Non timidamente e a mezza voce, bensì con gioia e anche orgoglio”.

La fede ha quindi un valore anche sociale: “Voglio sottolineare in particolare la dimensione sociale della professione della fede cristiana, senza la quale la fede non può dirsi tale: l’impegno per la tutela della vita umana dal concepimento alla morte, l’aiuto al prossimo, la gratuità, la disponibilità a partecipare e sostenere progetti sociali e caritativi, la condivisione a livello personale e strutturale con quanti hanno bisogno di aiuto, l’impegno a favore del creato. Cristiane e cristiani si riconosceranno sempre anche come ‘i miti’ e ‘gli operatori di pace’…

La fede biblica con la sua opzione per i poveri, ‘che abbiamo sempre con noi’, ci dice molto di un cambio di prospettiva che fa bene all’intera società. Sforziamoci soprattutto, nel superare questa crisi globale, di non lasciare che resti tutto così o che torni tutto come prima. Domandiamoci chi sono i veri poveri, tra noi e nel mondo. E domandiamoci, partendo dalla nostra fede, di cosa abbia bisogno il creato per poter restare il nostro comune sostentamento”.

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