Papa Francesco e la preghiera davanti alle icone care al popolo

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“Il dramma che stiamo attraversando in questo tempo ci spinge a prendere sul serio quel che è serio, a non perderci in cose di poco conto; a riscoprire che la vita non serve se non si serve. Perché la vita si misura sull’amore. Allora, in questi giorni santi, a casa, stiamo davanti al Crocifisso – guardate, guardate il Crocifisso! -, misura dell’amore di Dio per noi. Davanti a Dio che ci serve fino a dare la vita, chiediamo, guardando il Crocifisso, la grazia di vivere per servire. Cerchiamo di contattare chi soffre, chi è solo e bisognoso. Non pensiamo solo a quello che ci manca, pensiamo al bene che possiamo fare”.

Così papa Francesco nell’omelia della domenica delle palme, che introducono ai riti della Settimana Santa, celebrata nella basilica di san Pietro, senza concorso di popolo, nel cui presbiterio sono stati collocati il Crocifisso della chiesa di san Marcello al Corso e l’immagine della ‘Salus Populi Romani’, conservata nella basilica di santa Maria Maggiore: due immagini molto care al popolo cristiano.

Il Crocifisso, risalente al XV secolo, è stato esposto venerdì 27 marzo in piazza san Pietro durante la preghiera di papa Francesco per la fine della pandemia, bagnato dalla pioggia; l’opera non ha subito danni gravi o significativi, ma soltanto piccoli ‘ritocchi’, perchè ora si trova all’interno della basilica di san Pietro per le funzioni della Settimana Santa.

Esso sopravvisse ad un incendio e salvò Roma dalla peste. San Giovanni Paolo II lo abbracciò durante la Giornata del perdono del 2000. Mentre l’immagine della ‘Salus Populi Romani’ è stata esposta durante la GMG del 2000 a Tor Vergata.

Alcuni giorni prima papa Francesco si è recato a piedi nella Basilica di Santa Maria Maggiore per pregare davanti all’immagine della Salus populi romani e poi nella chiesa di san Marcello al Corso per pregare davanti al Crocifisso implorando la fine della pandemia.

L’immagine miracolosa, protettrice del popolo romano, è la più amata icona mariana a Roma e, secondo la tradizione, sarebbe stata dipinta dall’evangelista Luca. Nel IV secolo l’immagine fu minacciata da Giuliano l’Apostata, che mandò dei tagliapietre con l’ordine di toglierla. Ma essa resistette agli scalpelli.

Questo fatto miracoloso fece affluire in seguito folle da tutto l’Oriente. Nel secolo XVI avvenne il miracolo più grande attribuito a questa immagine: Roma era invasa dalla peste e papa san Pio V portò in processione l’icona fino a san Pietro. Prima di arrivare alla Basilica, ci fu un prodigio ed il papa comprese che la peste sarebbe presto finita, come di fatto accadde da lì a poco tempo.

Invece le numerose storie di miracoli attribuiti al Crocifisso nascono in un giorno preciso: “il 23 maggio del 1519 quando un incendio, nella notte, distrusse completamente la chiesa. Il mattino seguente, agli occhi della gran folla di romani accorsi sul posto, si presentò una scena di grande desolazione: il tempio sacro era ridotto in macerie ma fra le rovine ancora fumanti, appariva integro il crocifisso dell’altare maggiore, ai piedi del quale ardeva ancora una piccola lampada ad olio. Questa immagine colpì molto i fedeli tanto da spingere alcuni di loro a riunirsi ogni venerdì sera per recitare preghiere ed accendere lampade”.

Inoltre tre anni dopo l’incendio, Roma fu investita da una peste, definita dagli storici come la ‘Grande Peste’, un vero flagello che portò desolazione e morte. In preda allo sconforto il popolo romano portò nelle vie della città eterna il crocifisso verso la basilica di san Pietro per 16 giorni: dal 4 al 20 Agosto del 1522. Al termine del ‘pellegrinaggio’, quando rientrò nella chiesa di san Marcello, la peste era cessata: Roma, ancora una volta, era salva.

A partire dal 1600, la processione dalla chiesa di san Marcello alla basilica Vaticana, dove il crocifisso era esposto all’adorazione dei fedeli, divenne una tradizione durante lo svolgimento dell’Anno Santo. Particolarmente problematica fu la processione durante il Giubileo del 1900, quando la processione ebbe restrizioni quasi proibitive dalle autorità di polizia, per volere della giunta capitolina guidata dal sindaco Natan. Per aggirare queste difficoltà intervenne papa Leone XIII, che mandò dal palazzo pontificio una sua carrozza per il trasporto nelle vie di Roma.

Da questa breve storia si può comprendere che le due icone hanno subito nel corso dei secoli le intemperie del tempo rimanendo integre, perché come ha scritto su Aci Stampa il prof. Ottavio Bucarelli, pro-direttore del dipartimento di beni culturali della Chiesa alla Pontifica Università Gregoriana:

“Manufatti artistici, anche preziosi, prodotti nei secoli, che hanno senso solo nel contesto e per le funzioni primigenie per cui sono stati realizzati e a cui devono essere subordinati. Non dobbiamo aver paura di utilizzarli nelle nostre liturgie e devozioni, usando accortezza e delicatezza, affinché non prevalga il valore formale su quello significante”.

Quindi in questa Settimana Santa preghiamo affinché ci siano concesse grazie: “O Gesù, che per il tuo ardente amore verso di noi hai voluto essere crocifisso e versare il tuo Sangue per redimere e salvare le anime nostre, guarda me qui prostrato ai tuoi piedi fiducioso della tua misericordia.

Per i tuoi dolori e per i meriti della tua santa Croce e morte, degnati concedermi la grazia che ardentemente ti chiedo… E Tu, Madre mia, Maria Addolorata, ascolta la mia supplica, intercedi per me presso il tuo divin Figlio, e pregalo perché mi conceda i favori e le grazie che gli domando”.

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