40 anni fa il card. Martini a Milano: riscoprire la grandezza di sant’Ambrogio

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Il 10 febbraio 1980, Carlo Maria Martini, consacrato arcivescovo da papa Giovanni Paolo II poche settimane prima, fece il suo ingresso ufficiale nell’arcidiocesi di Milano con un gesto che stupì molti; una camminata per le vie della città, con la Bibbia tra le mani, per arrivare in una piazza Duomo stracolma: ‘L’ha designata alla curia metropolitana di Milano’.

Nella lettera di saluto ai milanesi, prima del suo ingresso, il card. Martini aveva sottolineato la gratitudine per essere stato scelto: “Ecco dunque il primo sentimento con il quale vengo a voi: la gioia e la gratitudine perché mi è dato partecipare alla ricchezza di questa Chiesa. Ricchezza che non è un bene astratto o generico, ma è data oggi dalla fede vissuta, dalla preghiera, dalla cordialità, dallo spirito di sacrificio, dalla fraternità e dall’amicizia dei milioni di uomini e donne che mi vengono e mi verranno incontro pronti a uno scambio sincero di doni spirituali. 

A questi sentimenti si unisce in me una serenità di fondo, che non è basata su facili e ingenui ottimismi o sul chiudere gli occhi di fronte ai momenti gravi e dolorosi che stiamo attraversando nella nostra società, bensì sulle motivazioni che mi spingono a venire tra voi per associare la mia vita alla vostra”.

Ed ha terminato la lettera ricordando il legame di tre città: “Termino con la menzione di tre città particolarmente a me care, che sono simbolo e strumento di questa unità tra gli uomini. La prima città è Gerusalemme, così come la Bibbia ce la presenta, nella sua storia e nel suo futuro, come luogo di riunione per tutti i popoli, nella visuale della Gerusalemme che viene dal cielo…

All’interno della storia compete poi alla città di Roma un ruolo tutto speciale. Essa, come sede di Pietro, è il segno e lo strumento concreto dell’unità di tutti i cattolici, e ad essa guardano con crescente fiducia anche tanti altri credenti in Cristo…

Ma anche la terza città, cioè la nostra Milano, ha in questo quadro una funzione unificatrice imprescindibile. Essa è stata nei primi secoli della Chiesa un luogo di incontro tra la teologia e la spiritualità dell’Oriente e dell’Occidente. Sant’Ambrogio ha fatto conoscere e ha adattato alla mentalità del suo tempo le grandi intuizioni bibliche e teologiche di Origene, san Basilio, san Gregorio Nazianzeno e san Gregorio Nisseno”.

Aveva concluso la lettera ricordando la ‘vitalità’ di Milano: “In seguito Milano ha soprattutto operato come centro di scambio e di confronto tra gli stimoli spirituali e operativi venuti dal nord Europa e il modo di vita e di pensiero proprio delle popolazioni mediterranee.

Questa funzione di luogo e di incontro e di valutazione tra mentalità, culture, modi di vita di attività diverse tra loro, rimane imprescindibile per l’avvenire e l’equilibrio dell’Europa, e deve continuare a manifestare la sua forza creativa e comunicativa, come ha già fatto per il passato, anche per le altre regioni del mondo”.

Nel primo discorso alla città in occasione della festa del patrono, sant’Ambrogio, l’arcivescovo di Milano si propose di ‘dare a ciascuno una voce’: “Abbiamo un irrefrenabile bisogno di comunicazione vera, autentica tra noi.  Abbiamo bisogno di impararne di nuovo l’arte, di ritrovarne le radici, che si situano nel cuore e nell’esigenza ultima della persona.

Per questo motivo ho scritto recentemente una lettera pastorale su ‘La dimensione contemplativa della vita’; è a partire da questi valori profondi dell’essere, in quanto distinti da quelli dell’avere, del fare, del potere, che si rende; possibile il riaprire i canali della comunicazione tra le persone”.

Quindi invitava a non ‘deprecare’ i mezzi della comunicazione di massa: “Una decisiva risorsa da opporre a questi rischi della comunicazione è la formazione delle coscienze. Occorre che l’educazione corregga la tendenza iscritta nella nostra vita dalla civiltà in cui viviamo, la ‘civiltà del benessere’ o ‘dei consumi’, a farsi semplici ‘consumatori’ dei prodotti offerti dal mercato anche sotto il profilo della informazione e delle idee”.

Perciò chiedeva un serio impegno per promuovere una corretta informazione: “L’educazione delle coscienze può e deve essere attuata anche attraverso altri modi e provvedimenti, ad esempio la presenza nello stesso settore della comunicazione di massa di istituzioni, le quali, non mosse dà fini speculativi e animate da spirito autenticamente libero, si propongano esplicitamente di promuovere l’informazione, la diffusione della cultura in genere e una visione del mondo rispondente all’uomo aperto alla trascendenza”.

Concludeva con l’invito ai cristiani di adottare lo stile del buon Samaritano: “Naturalmente l’esempio delle comunità cristiane deve essere profetico e stimolante. Per questo non basta avviare nuove iniziative o difendere le istituzioni del passato. Bisogna che il servizio prestato, sia qualificato a livello tecnico-professionale e sia interiormente animato dallo stile inconfondibile della carità.

 E’ lo stile che Gesù ha insegnato nella parabola del buon samaritano; stare davanti ad ogni uomo con la stessa purezza disinteressata e incondizionata dell’amore di Dio; accogliere ogni uomo semplicemente perché è uomo; diventare prossimo di ogni uomo, al di là di ogni estraneità culturale, razziale, psichica, religiosa; anticipare i desideri; scoprire i bisogni sempre nuovi, a cui nessuno ha ancora pensato; dare la preferenza a chi è maggiormente rifiutato; conferire dignità e valore a chi ha meno titoli e capacità.

 Il riconoscimento di ogni uomo come figlio di Dio, inondato dai misteriosi doni della grazia, permette di accogliere ogni sofferente come un fratello che dona e riceve, secondo le leggi meravigliose della comunione dei santi”.

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