Yemen: continua il massacro con bombe italiane

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Dall’inizio del conflitto in Yemen in oltre 1 caso su 3 l’uso di armi esplosive ha ucciso una donna o un bambino. Vittime ‘collaterali’ di raid aerei o bombardamenti via terra che colpiscono aree popolate, campi profughi, scuole e ospedali. Tragicamente il loro numero cresce, con oltre 3 civili uccisi al giorno nel 2019 e un aumento del 25% negli ultimi 3 mesi: sono oltre 1.100 dall’inizio dell’anno, 12.000 dall’inizio del conflitto.

Basti pensare che dal 2015 il 67% delle vittime civili è stato causato da attacchi aerei della Coalizione saudita, che hanno spezzato 8.000 vite innocenti. Bombardamenti che vedono l’utilizzo di armi prodotte in gran parte in Gran Bretagna, USA, Francia, Iran e Italia.

Il nuovo rapporto di Oxfam denuncia l’orrore di un conflitto che ha già causato 100.000 vittime (20.000 solo nel 2019), tra civili e combattenti, cancellando ogni possibile futuro per chi è sopravvissuto. 11.000.000 bambini non hanno nulla da mangiare o da bere, milioni di madri e ragazze sono esposte a matrimoni precoci, molestie, tratta, prostituzione, nell’incubo costante che i propri figli, magari giocando o cercando qualcosa da rivendere in cambio di cibo, possano saltare in aria su una delle mine sparse anche nelle zone abitate o venire uccisi negli scontri.

Nel dossier Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia, racconta alcune storie vissute: “Nel campo profughi di Jabal Zaid, una delle tante madri che abbiamo incontrato, Soud, ci ha raccontato la sua storia: due figlie di 3 e 4 anni spazzate via in un istante, nel lampo di un’esplosione in uno dei raid aerei che ha colpito il campo, mentre giocavano nella tenda che era diventata la loro casa.

Altri 2 figli di 5 e 6 anni morti per mancanza di cure a causa del morbillo. Una grave disabilità come conseguenza dei traumi e la frustrazione di non poter provvedere alla vita degli altri figli sopravvissuti. Noi stiamo portando acqua pulita, cibo e servizi igienico sanitari a chi come lei ha perso tutto, ma è arduo riuscire a nutrire la speranza di un futuro quando le bombe continuano a esplodere”.

A causa dei bombardamenti al momento solo il 50% delle strutture sanitarie del Paese è in funzione, anche se con gravi difficoltà, con oltre 4 milioni di bambine e bambini che non possono più studiare perché 2.500 scuole sono state rase al suolo o destinate ad ospitare gli sfollati che continuano a crescere di mese in mese.

La stragrande maggioranza della popolazione deve ormai fare i conti ogni giorno con la mancanza di cibo e di accesso ad acqua pulita e cure, in una sfida continua per accedere agli aiuti a causa dei combattimenti in corso. Durissime poi le conseguenze per centinaia di migliaia di donne in gravidanza colpite da malnutrizione acuta, che non potendo allattare i loro figli, spesso possono solo assistere alla loro morte.

Ed accusa il ruolo ‘opaco’ dell’Italia riguardo l’effettivo blocco all’export di armi: “La verità inconfessata è che le grandi potenze mondiali, esportando armi in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno causato, anche se indirettamente, la morte di migliaia di innocenti e generato la più grave emergenza umanitaria al mondo. Armi come la micidiale bomba Mark 84 prodotta in Usa, Regno Unito e Italia e utilizzata in migliaia di attacchi aerei dalla Coalizione saudita anche in zone densamente popolate.

Un giro d’affari da decine di miliardi di euro, visto che tra 2013 e 2017, il 61% delle importazioni di armi dell’Arabia Saudita provenivano dagli Stati Uniti e il 23% dal Regno Unito, mentre l’Italia tra 2015 e 2018 ha autorizzato export di armamenti italiani verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti per € 1.363.000, consegnandone per un valore di € 1.000.000.000. Sebbene lo scorso giugno il Parlamento abbia votato uno stop verso l’export di missili e bombe all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, ad oggi non vi è stata nessuna notizia pubblica dal Governo sulle effettive modalità di applicazione”.

Anche papa Francesco, di ritorno dal recente viaggio apostolico, aveva condannato l’ipocrisia’ armamentistica’, elogiando i portuali che nel mese di maggio avevano bloccato un traffico di armi verso lo Yemen:

“Bisogna finirla con questa ipocrisia. Che una Nazione abbia il coraggio di dire: ‘Io non posso parlare di pace, perché la mia economia guadagna tanto con la fabbricazione delle armi’. Senza insultare e senza sporcare quel Paese, ma parlare come fratelli, la fratellanza umana: fermiamoci, ragazzi, fermiamoci, perché la cosa è brutta! In un porto (adesso non lo ricordo bene) in un porto è arrivata da un Paese una nave piena di armi che doveva consegnare a una nave più grande diretta nello Yemen.

Noi sappiamo cosa succede nello Yemen. E i lavoratori del porto hanno detto ‘no’. Sono stati bravi! E la nave è tornata a casa sua. È un caso, ma ci insegna come ci si deve comportare su questo. La pace oggi è molto debole, molto debole, ma non bisogna scoraggiarsi. E con le armi favoriamo questa debolezza.

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