Il Papa: tre scogli per la fede in Angola

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Il ricordo del viaggio in Angola del 2009 è stato il punto di partenza per la riflessione del Papa che oggi ha ricevuto i vescovi di Angola e Sao Tomé in visita ad Limina. “Il primo e specifico contributo della Chiesa ai popoli d’Africa è la proclamazione del Vangelo di Cristo. Siamo perciò impegnati a continuare vigorosamente la proclamazione del Vangelo ai popoli d’ Africa, perché la vita in Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo”. Benedetto XVI ricordato anche la sua prossima visita in Benin dal 18 al 20 novembre quando consegnerà al Popolo di Dio l’Esortazione apostolica, frutto del secondo Sinodo per l’Africa. Ai vescovi africani il Papa ha detto di aver deciso di proclamare un Anno delle fede, “perché la Chiesa intera possa offrire a tutti un volto più bello e credibile, riflesso più chiaro del volto del Signore”.

Nel vivere quotidiano sono tre gli “scogli” sui quali naufragano molti cristiani di Angola e Sao Tomé: il primo scoglio è chiamato “amigamento”, ovvero una relazione tra uomo e donna, basata sulla convivenza e non fondata sul matrimonio, che contraddice il piano di Dio per la famiglia umana. Il limitato numero di matrimoni cattolici nelle comunità di Angola e Sao Tomé – aggiunge il Papa – è il segnale di “un’ipoteca” che grava sulla famiglia, “valore insostituibile per la stabilità” della società. Per questo bisogna aiutare le coppie ad acquisire la necessaria maturità umana e spirituale per rispondere responsabilmente alla loro missione di coniugi e genitori cristiani.

Un secondo scoglio nell’opera di evangelizzazione è la divisione lacerante tra cristianesimo e religioni tradizionali africane. Il ricorso a pratiche incompatibili con la sequela di Cristo porta anche a conseguenze drammatiche, come l’esclusione sociale e anche l’assassinio di bambini e anziani, “condannati da falsi dettami della stregoneria”.

Il Papa ha indicato infine un altro scoglio, formato dai “resti del tribalismo etnico” che porta le comunità a chiudersi, a non accettare persone originarie di altre regioni del Paese. “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida”, e ha concluso ricordando che il legame di fraternità di credenti che condividono il Sangue e il Corpo di Cristo nell’Eucaristia è più forte dei vincoli “delle nostre famiglie terrene e delle vostre tribù”.

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