Papa Francesco oltre gli squilibri mondiali, con carità nella verità

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“Un amore pieno di verità è infatti la base su cui costruire quella pace che oggi è particolarmente desiderata e necessaria per il bene di tutti”. Papa Francesco ricorda la Caritas in Veritate di fronte ai membri della plenaria del Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace. Tre giorni insieme, consultori e membri, per parlare di Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, di aggiornamento, e di sfide come quelle sulla fame e sul lavoro, che da sempre sono centrali per il dicastero.

La linea guida è proprio la carità nella verità, che non a caso Papa Francesco loda. A cinque anni dalla promulgazione dell’enciclica sociale di Benedetto XVI, il Papa sottolinea che la carità nella verità “consente di superare fanatismi pericolosi, conflitti per il possesso delle risorse, migrazioni dalle dimensioni bibliche, le piaghe perduranti della fame e della povertà, la tratta di persone, ingiustizie e disparità sociali ed economiche, squilibri nell’accesso dei beni collettivi”.

Quello di Papa Francesco è un discorso tutto centrato sui temi della Caritas in Veritate. A qualcuno possono sembrare nuovi, ed è facile tirarli per la giacca del dibattito politico in corso, specialmente dal punto di vista italiano. Ma i richiami del Papa sono piuttosto un appello globale, che trova radici nella Dottrina Sociale. Un richiamo che non è mai cessato di essere presente.

La Caritas in Veritate ebbe una gestazione lunga, doveva essere una enciclica da “anniversario” per celebrare la Centesimus Annus, divenne forse uno dei testi che più di tutti sono stati studiati e riscritti prima di trovare una forma definitiva. Ne è venuta fuori una enciclica densa, molto dibattuta sia internamente che esternamente, che rappresentava non solo una fotografia della situazione economica del momento (era il periodo della grande bolla speculativa e della crisi subprime) ma anche un fondamento teologico per quello che sarebbe venuto.

Grande protagonista dell’enciclica era appunto la globalizzazione, con i suoi pro (lodatissimi da molti) e i contro (che fino alla crisi economica erano quasi sconosciuti). Papa Francesco sottolinea che “la Caritas in Veritate ha attirato l’attenzione sui benefici, ma anche sui pericoli della globalizzazione, quando essa non sia orientata al bene dei popoli”. Perché – afferma il Papa – “se la globalizzazione ha accresciuto notevolmente la ricchezza aggregata dell’insieme e di parecchi singoli Stati, essa ha anche inasprito i divari tra i vari gruppi sociali, creando disuguaglianze e nuove povertà negli stessi Paesi considerati più ricchi”.

Si potrebbe dire che la Chiesa lo aveva previsto. Già nella “Mater et Magistra” Giovanni XXIII denunciava gli squilibri mondiali, mentre la crisi attuale era stata fotografata in prospettiva già da documenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace degli anni Ottanta. Potere della Chiesa, che guarda l’uomo, non i concetti, e la cui diplomazia è orientata al bene comune, e si cura degli affamati, non della fame.

Così, riprendendo la Dottrina Sociale della Chiesa, Papa Francesco sottolinea che l’odierno sistema economico sfrutta “lo squilibrio internazionale dei costi del lavoro, che fa leva su miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno”. Uno squilibrio che non solo è poco dignitoso, ma “distrugge anche fonti di lavoro” – un tema molto ecologico, che c’è da scommettere si ritroverà nell’enciclica del Papa sull’ecologia. Così come forse si ritroverà l’accenno all’ideologia consumistica, a quella cultura dello scarto che non riguarda solo gli esseri umani, ma anche l’ambiente.

E ritorna l’eterno problema messo in luce dalla Populorum Progressio del presto beato Paolo VI, ovvero che più crescono povertà e disuguaglianze, più viene messa a rischio “la democrazia inclusiva e partecipativa, con la quale presuppone sempre una economia e un mercato che non escludono e sono equi”.

La riflessione dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco si innesta proprio in questo ragionamento, e punta a vincere le cause strutturali di povertà e disuguaglianze, attraverso istruzione, accesso all’assistenza sanitaria e lavoro per tutti.

Perché – dice Papa Francesco – “lo Stato di diritto sociale non va smantellato e in particolare il diritto fondamentale al lavoro”, che “non può essere considerato una variabile dipendente dai mercati finanziari e monetari” perché “è un bene fondamentale rispetto alla dignità, alla formazione della famiglia, alla realizzazione del bene comune e della pace”.

Il Papa punta il dito anche sugli squilibri remunerativi, su quelli tra banche commerciali e banche di speculazione, tra istituzione e problemi globali. “E’ necessario tener viva la preoccupazione per i poveri e la giustizia social”, dice.

E ritorna sul tema della Caritas in Veritate. Una enciclica ancora attuale dopo cinque anni, mentre la plenaria di Giustizia e Pace discute se aggiornare il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Un testo di cui non si hanno dati certi di diffusione, ma che rappresenta una pietra miliare per la Dottrina Sociale della Chiesa. Alcuni pensano a dividere il testo in parti, a mettere in chiaro le citazioni bibliche da quelle dei documenti papali. Altri pensano a una completa riscrittura, basata sui segni dei tempi. Ma si parla anche di qualche terza via. Papa Francesco però sembra voglia partire dal testo così come è. Senza, per ora, fare alcun aggiornamento.

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