La Santa Sede risponde all’ONU. In punta di diritto

Condividi su...

I titoli dei giornali si erano concentrati soprattutto sulle contestazioni riguardo la pedofilia del clero. Ma le osservazioni conclusive del Comitato ONU sulla Convenzione dei Diritti del Fanciullo andavano molto oltre, e mettevano persino in discussione l’insegnamento della Chiesa. Che aveva spiegato la sua posizione in una audizione a domande e risposte il 16 gennaio, e che l’aveva poi reiterata il 7 febbraio con una dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. La Santa Sede, veniva messo in luce, è responsabile dell’applicazione del trattato solo sul territorio dello Stato di Città del Vaticano. Non può essere responsabile per i preti e i religiosi in tutto il mondo, perché questi sono soggetti alle leggi civili degli Stati in cui risiedono, e la Santa Sede non può interferire. E poi, molte delle accuse erano state definite pregiudiziali. Di quei pregiudizi ora sono stati pubblicate le risposte scritte. Che mettono – ancora una volta – i puntini giuridicamente sulle “i”.

Le risposte della Santa Sede alle osservazioni conclusive del Comitato ONU sulla Convenzione sui Diritti del Fanciullo (Convention on the Rights of the Child, ovvero CRC) sono state pubblicate sul sito della Segreteria di Stato vaticana lo scorso 26 settembre. La Sala Stampa ne ha dato notizia in poche righe del bollettino, in cui si indicava direttamente il link. E le risposte hanno avuto poca risonanza nei media. Invece dovrebbero essere lette nella loro interezza, per comprendere in appieno la battaglia che la Santa Sede sta combattendo.

Unica realtà diplomatica che ha al centro dell’agenda il bene comune, e non interessi di parte, la Santa Sede da sempre è oggetto di campagne volte a indebolirne il peso morale e diplomatico. Dal canto suo, la Santa Sede ha portato avanti con coerenza il suo sforzo, puntando molto sulle relazioni multilaterali, piuttosto che quelle privilegiate con gli Stati. L’adesione alle Convenzioni è anche un modo per la Santa Sede di aderire a dei principi e di poter avere una influenza su di essi attraverso appunto la stipula delle Convenzioni.

Il CRC è uno dei casi, e la Santa Sede è stata nel 1990 il quarto stato a firmare la Convenzione. I pareri del Comitato che “vigila” sull’applicazione della Convenzione non sono vincolanti. Ma definiscono un po’ lo stato dell’arte del dibattito.

La risposta della Santa Sede è contenuta in un documento di sei pagine, tutto in punta di diritto. L’accusa al Comitato è di aver “gravemente frainteso” la sovranità della Santa Sede, e di aver mescolato diritto canonico con diritto penale.

A quanti chiedevano alla Santa Sede di impegnarsi perché preti e religiosi nel mondo applicassero il trattato, la Santa Sede risponde che “in accordanza con le regole della legge internazionale, la Santa Sede è consapevole che tentare di implementare il CRC nel territorio di altri Stati potrebbe costituire una violazione di non interferenza negli affari interni degli Stati”, e sottolinea che “la Santa Sede non ratifica un trattato a nome di ogni cattolico nel mondo, e perciò non è obbligata a implementare la convenzione nei territori di altri stati parte a nome dei Cattolici”.

Ma la critica più forte è quella al tentativo di andare ad influire sul Diritto Canonico, che “è un sistema giuridico non equivalente a quello di uno Stato”.

La risposta era da attendere, dato che tutto nel rapporto faceva notare come il vero obiettivo fosse chiedere alla Chiesa di “rilasciarsi” un po’ sui temi del suo insegnamento morale, specialmente per quanto riguarda il gender.

Ad esempio, il Comitato si era lamentato che “la Santa Sede continua a porre enfasi sulla promozione della complementarità e dell’ugualglianza in dignità di uomini e donne”; aveva chiesto alla Santa Sede “di rivedere la sua posizione sull’aborto”, magari “identificando circostanze sotto le quali l’accesso ai servizi abortivi possa essere permesso”; invitato la Santa Sede a “rimuovere gli stereotipi sul gender dai libri di testo delle scuole cattoliche”, perché questi “potrebbero limitare lo sviluppo dei talenti e delle abilità di ragazzi e ragazze e minare le loro opportunità educative e di vita”.

Non solo. Il Comitato si era detto “preoccupato riguardo le dichiarazioni fatte in passato della Santa Sede sull’omosessualità, che contribuiscono alla stigmatizzazione sociale e alla violenza contro adolescenti lesbiche, gay, bisessuali e trans gender e bambini cresciuti da coppie dello stesso sesso”.

Pressioni che la Santa Sede non ha esitato a definire “oltre lo spirito della Convenzione”, sottolineando di essere preoccupata “dalla mancanza di rispetto per il testo di un trattato che è stato redatto con cura dagli State parte, inclusa la Santa Sede”:

Si tratta, per la Santa Sede, di una “chiara e aperta violazione” del significato ordinario dei termini della Convenzione, che viene posta in essere ad esempio quando le Osservazioni Conclusive difendono l’aborto, oppure quando si parla di “diverse forme di famiglia” come principio, una espressione “che non si trova nella Convenzione ne è ben definita”.

A dirla tutta, nemmeno la parola gender è nel testo del CRC – nota la Santa Sede – e il fatto che venga usata “fa sembrare che ci sia l’intenzione di voler incorporare una agenda ideologica più larga”

Ma tant’è. Il Comitato ONU aveva persino definito la confessione come un “codice del silenzio”, e aveva interpretato l’obbedienza religiosa come il tentativo di costruire una nuova forma di “governance ecclesiale”. Un chiaro fraintendimento dei termini, forse voluto per portare avanti una agenda precisa.

Anche perché – fa notare la Santa Sede – molte delle raccomandazioni del Comitato “dovrebbero piuttosto essere viste nel prisma della libertà religiosa, in particolare riguardo l’autonomia delle comunità religioni di esprimere la loro dottrina e manifestare la loro fede e il loro culto”.

E tra l’altro – conclude la Santa Sede – la documentazione prodotta non è stata nemmeno presa in considerazione (c’erano anche i numeri della risposta degli abusi), mentre si è preferito includere “dichiarazioni inaccurate che non hanno prove a fondamento” .

Free Webcam Girls
151.11.48.50