Il Papa a Trastevere: no a “eutanasia nascosta”, sì al dialogo e alla pace

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“L’idolo del denaro” che conduce a “una forma di “eutanasia nascosta”, che fa scartare quello che non serve e che non produce. La volontà di molti di “togliere la parola solidarietà dal dizionario”, perché sembra loro “una parolaccia”. Un’ “Europa stanca”, che dobbiamo aiutare a “ringiovanire e a ritrovare le sue radici”.

Sono alcuni dei messaggi che Papa Francesco ha lanciato questo pomeriggio incontrando la Comunità di Sant’Egidio nella sua sede storica, la basilica romana di Santa Maria in Trastevere, “luogo di preghiera per tanti romani e pellegrini”. La preghiera, ha detto il Papa, preserva l’uomo “anonimo” delle città dalle tentazioni del protagonismo e del vittimismo. Il messaggio del Vangelo, accolto “nel centro della città”, deve essere poi portato “nelle periferie delle città e del mondo”. La strada che Francesco indica alla Comunità è la triade “preghiera, poveri, pace”: “Camminando così, aiuterete a far crescere la compassione nella società, l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza”.

Oggi, secondo il Papa, che nel suo discorso è tornato su alcuni dei temi a lui più cari, si scartano i bambini e gli anziani, ma anche i giovani: sono 75 milioni gli under 25 “ni ni, ni lavoro ni studio”, che non lavorano né studiano. Ma è a partire dai poveri e dagli anziani che “si inizia a cambiare la società”, mentre è “inaccettabile” quell’economia speculativa “che li rende sempre più poveri”. “Lo straniero – ha aggiunto – è un nostro fratello da conoscere e da aiutare”.

Infine il tema della pace: “Lavorare per la pace non dà risultati rapidi – ha osservato il Papa – ma è un’opera da artigiani pazienti, che cercano ciò che unisce e mettono da parte ciò che divide”, ha notato citando San Giovanni XXIII. A questo fine “occorre più preghiera e più dialogo”, ma saldi nelle proprie identità: “Il mondo soffoca senza dialogo”.

Il Papa è arrivato in piazza San Calisto poco dopo le 16.30, accolto dal cardinale vicario Agostino Vallini, dal presidente e dal fondatore della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo e Andrea Riccardi, e dal parroco don Marco Gnavi. Ha attraversato a piedi la piazza, salutando numerosi fedeli che lo attendevano e ha presieduto nella Basilica un momento di preghiera, introdotto da una serie di testimonianze. Tra di esse quella dell’arcivescovo siro-ortodosso di Damasco Jean Kawak, che ha ricordato le oltre 160mila persone morte in Siria a causa degli scontri; e quella di un rifugiato afghano che ha viaggiato 35 ore nascosto sotto un camion, tra le ruote, per arrivare in Italia: “Molti giovani afghani sono morti perché non hanno resistito e sono caduti sotto le ruote”. Ma hanno preso la parola anche un’anziana, un’adolescente, un disoccupato, una donna con disabilità, un rom, in rappresentanza di tutte quelle categorie di persone alle quali offre assistenza la Comunità, nata nel 1968 nello spirito del Concilio per iniziativa di Andrea Riccardi. Che nel suo saluto al Pontefice ha affermato: “I poveri sono gli amici che ci hanno insegnato a vivere non per noi stessi”. “C’è tanto dolore nel mondo: troppe ingiustizie, vite calpestate! – ha proseguito –. La sua predicazione sta liberando energie di bene, perché c’è bisogno di uscire con più generosità, creatività, amore”. Concetti ben sintetizzati da Riccardi nella formula “estroversione evangelica”.

Terminata la preghiera in Basilica, il Papa si è recato a piedi nella vicina chiesa di Sant’Egidio, per un incontro privato nei locali della Comunità, prima di far rientro in Vaticano.

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