Il papa sulla tomba di San Benedetto chiede pace e lavoro

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La preghiera al cimitero polacco, l’umanizzazione del mondo del lavoro, la ricerca delle radici cristiane dell’ Europa alla scuola di Benedetto in un perenne “quarere Deum”. Tutto questo papa Benedetto XVI lo ha concentrato nelle poche ore che ha trascorso oggi a Cassino e nella Abbazia di Montecassino. L’ultimo saluto in un luogo simbolo della storia moderna della città, il cimitero militare dove Giovanni Paolo II è stato molte volte da pontefice. “O Dio, nostro Padre, ha pregato il papa, fonte inesauribile di vita e di pace, accogli nel tuo abbraccio misericordioso i caduti della guerra che qui ha infuriato, i caduti di ogni guerra che ha insanguinato la terra.”

Arrivato verso le 9.30 in elicottero dal Vaticano, Benedetto XVI che diverse volte da cardinale aveva soggiornato a Cassino tanto da scegliere questo luogo per uno dei suoi lunghi colloqui con Peter Seewald per scrivere nel 2001 “Dio e il mondo”, ha subito salutato la gente e poi celebrato la messa per la città. Una riflessione sulla presenza viva e attiva della Chiesa nel mondo appunto, perché la Chiesa non vive per “ suppllire al’ assenza del suo Signore scomparso, ma trova la ragione del suo essere e della sua missione nell’ invisibile presenza di Gesù.” Presenza che è attenzione all’ uomo che prega, come insegna Benedetto e lavora. “Umanizzare il mondo lavorativo è tipico dell’anima del monachesimo, ha detto il papa e questo è anche lo sforzo della vostra Comunità che cerca di stare a fianco dei numerosi lavoratori della grande industria presente a Cassino e delle imprese ad essa collegate. So quanto sia critica la situazione di tanti operai. Esprimo la mia solidarietà a quanti vivono in una precarietà preoccupante, ai lavoratori in cassa-integrazione o addirittura licenziati. La ferita della disoccupazione che affligge questo territorio induca i responsabili della cosa pubblica, gli imprenditori e quanti ne hanno la possibilità a ricercare, con il contributo di tutti, valide soluzioni alla crisi occupazionale, creando nuovi posti di lavoro a salvaguardia delle famiglie.”

La Chiesa si fa carità concreta tanto che oggi il papa ha inaugurato il nuovo centro Caritas “La Casa Della Carità”, nella sede del vecchio ospedale civico, messo a disposizione dalla Regione Lazio. “L’iniziativa è partita da un’intuizione dell’abate di Montecassino, padre Vittorelli e noi l’abbiamo subito accolta, perché ci sembrava che una struttura come quella del vecchio ospedale civico, nella logica dei tempi della pubblica amministrazione potesse andare perduta e non dare risposte immediate per il territorio”. Ha detto il presidente Piero Marrazzo accompagnando il Papa. La Casa della carità manterrà il nome del vecchio ospedale, “Gemma de Bosis”, dal nome della nobildonna che nel 1357 aveva donato questo terreno proprio affinché venisse eretto un hospitalario per l’accoglienza e la cura di pellegrini e poveri. La Casa della Carità nasce con l’intenzione di diventare il primo fronte che accoglie e gestisce l’emergenza. La struttura è fornita di lavanderia, docce, guardaroba, centro di ascolto, ambulatorio, dormitorio per uomini, donne e piccoli nuclei familiari (per un totale di circa 20 venti posti letto), mensa. Il pomeriggio il papa lo ha dedicato alla comunità monastica. Con loro, dopo il pranzo e il riposo, Benedetto ha voluto recitare i vespri che nella liturgia benedettina hanno un significato particolare. Dall’ altare sotto il quale è custodita la tomba del santo, il papa ha ricordato il valore del suo insegnamento oggi. “Fu maestro di civiltà che, proponendo un’equilibrata ed adeguata visione delle esigenze divine e delle finalità ultime dell’uomo, tenne sempre ben presenti anche le necessità e le ragioni del cuore, per insegnare e suscitare una fraternità autentica e costante, perché nel complesso dei rapporti sociali non si perdesse di mira un’unità di spirito capace di costruire ed alimentare sempre la pace.”

Nei secoli “i monaci hanno saputo insegnare con la parola e con l’esempio l’arte della pace attuando in modo concreto i tre “vincoli” che Benedetto indica come necessari per conservare l’unità dello Spirito tra gli uomini: la Croce, che è la legge stessa di Cristo; il libro e cioè la cultura; e l’aratro, che indica il lavoro, la signoria sulla materia e sul tempo. Grazie all’attività dei monasteri, articolata nel triplice impegno quotidiano della preghiera, dello studio e del lavoro, interi popoli del continente europeo hanno conosciuto un autentico riscatto e un benefico sviluppo morale, spirituale e culturale, educandosi al senso della continuità con il passato, all’azione concreta per il bene comune, all’apertura verso Dio e la dimensione trascendente. Preghiamo perché l’Europa sappia sempre valorizzare questo patrimonio di principi e di ideali cristiani che costituisce un’immensa ricchezza culturale e spirituale.” Per questo il papa ha esortato i monaci di oggi ad “essere esempi viventi di questa interiore e profonda relazione con Lui, attuando senza compromessi il programma che il vostro Fondatore ha sintetizzato nel “nihil amori Christi praeponere”, “nulla anteporre all’amore di Cristo” (Regola 4,21).

In questo consiste la santità, proposta valida per ogni cristiano, più che mai nella nostra epoca, in cui si avverte la necessità di ancorare la vita e la storia a saldi riferimenti spirituali.” Al termine della celebrazione il papa si è recato a rendere omaggio ai caduti delle Seconda Guerra Mondiale, poi è rientrato in Vaticano poco dopo le 19.30.

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