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Sorella Antonella Fraccaro spiega l’importanza del Cuore di Gesù per san Charles De Foucauld

“Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore”: così inizia l’enciclica di papa Francesco, ‘Dilexit nos’, dedicato al Sacro Cuore.

E presentando l’enciclica ‘sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo’, sorella Antonella Fraccaro, responsabile generale delle ‘Discepole del Vangelo’, la congregazione, ispirata al carisma di san Charles de Foucauld, che ha sede a Castelfranco Veneto, aveva sottolineato l’importanza del Cuore di Gesù: “Con il suo cuore, Gesù ama noi stessi con tutto sé stesso, si piega fino in fondo alla nostra umanità per sollevarci, nonostante la distanza che c’è tra noi e Lui.

San Charles de Foucauld, che il papa richiama in questa enciclica insieme a tante altre figure di santità appassionate del Cuore di Gesù, paragona la distanza tra noi e Dio come la distanza che c’è tra l’Oriente e l’Occidente. Si tratta della distanza tra l’esiguità della natura umana e l’infinita grandezza di Dio, la distanza tra i pensieri di Dio e i nostri pensieri, una distanza che, tuttavia, Gesù è venuto a colmare facendosi uno di noi”.

Quindi in questo mese, dedicato dalla Chiesa al Sacro Cuore di Gesù abbiamo chiesto a sorella Antonella Fraccaro di spiegarci il motivo per cui in quest’enciclica papa Francesco invita ad imitare san Charles de Foucauld: “Papa Francesco ha scelto di citare, tra le altre figure legate al Sacro Cuore, anche Charles de Foucauld. Già nel numero 129, il primo dell’enciclica in cui Charles è citato, il papa spiegava che Charles e Santa Teresa di Gesù, senza averne la pretesa, hanno rimodellato alcuni elementi della devozione al Cuore di Cristo, aiutandoci a comprenderla in modo ancora più fedele al Vangelo’.

Che Charles abbia scelto come emblema della sua proposta spirituale il cuore e la croce dice molto.  Egli voleva vivere secondo il Vangelo di Gesù e la sua carità, il suo amore. Lui stesso spiega alla cugina Marie de Bondy il motivo della scelta: ‘Chiedete forse perché questo termine ‘IESUS CARITAS’, è il termine romano; e sono romano fino in fondo al cuore’. Essere ‘romano’ significa, per lui, essere una persona che cerca e diffonde il bene a servizio di tutti e fa questo in comunione con la Chiesa, con gli altri cristiani, in un clima di confronto continuo, fraterno e di bontà”.

In quale modo si possono riparare i cuori feriti?

“Un cuore è ferito per diversi motivi: ha ricevuto un’accusa, ha commesso un peccato o ha subìto un’offesa. E’ possibile guarire il cuore quando si riconosce il motivo per il quale soffre; affrontando il problema in una condizione di aiuto, di confronto, attraverso la fiducia e la sincerità, senza nascondere le fragilità. Il cuore si ripara, guarisce, se siamo disponibili a questa guarigione, accettando un cammino di affidamento, di umiltà e di perdono”.

Perché Charles de Foucauld ha scelto di farsi ‘piccolo’?

“Charles de Foucauld conosceva bene sé stesso. La ricerca della verità lo ha condotto a compiere diverse esperienze di vita, che lo hanno portato a scegliere di affidarsi alla vita di Nazareth, una vita semplice, ordinaria, povera, fatta di piccole cose. Questa vita lo ha convinto a donare tutto sé stesso. Anche il sacerdozio ha voluto viverlo nel nascondimento, nella piccolezza, a imitazione di Gesù.

Parlando di Gesù, in una meditazione, scrive: ‘Hai impiegato solo 3 anni a insegnare la verità al mondo, mio Dio, a fondare la tua Chiesa, a formare i Tuoi apostoli; ma hai giudicato che non era troppo consacrarne 30 a predicare agli uomini l’esempio dell’umiltà, dell’abbassamento, della vita nascosta…; in questa vita di evangelizzazione, imitiamoLo, siamo anche là poveri,… piccoli, abbassati quanto Lui, affatto più grandi del nostro maestro’, contenuta nel libro:  Fammi cominciare una nuova vita. Meditazioni sul Vangelo di Marco”.

In quale modo la vita di san Charles de Foucauld può indicare la via alla fraternità?

“Nell’enciclica ‘Fratelli tutti Charles de Foucauld è ricordato come il ‘fratello universale’. Lui stesso voleva essere un fratello universale, come scriveva: ‘Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani ed ebrei e idolatri a considerarmi come loro fratello, il fratello universale… Cominciano a chiamare la casa ‘la fraternità’, e questo mi è caro…’.

La sua vita, ancorata al Vangelo meditato a lungo nelle sue giornate, la cura appassionata verso i poveri, gli ultimi, verso coloro che soffrono e il confronto continuo con credenti e non credenti, hanno condotto Charles a cercare fraternità. L’ha cercata con tutto sé stesso, fino all’ultimo respiro e nel dono totale di sé, per amore. La bontà di Dio lo ha condotto a scegliere una vita di relazioni, aperta a ciascuno, senza escludere nessuno, aperta a un cammino continuo di conversione, a servizio dell’amore di Dio e di un mondo più fraterno e in pace”.

(Tratto da Aci Stampa)

Matelica ricorda suor Chiara Augusta Lainati

Domenica 2 marzo il Monastero delle Clarisse ‘Santa Maria Maddalena’ di Matelica, in collaborazione con BAP (Biblioteca  Archivio Pinacoteca) francescana delle Marche, la Pinacoteca ‘San Giacomo della Marca’ e la Provincia Picena dei Frati Minori ‘San Giacomo della Marca’, presso i saloni del Monastero (ingresso via Damiano Chiesa), organizza un convegno dedicato a suor Chiara Augusta Lainati, ad un anno dalla sua morte, con la partecipazione del prof. Marco Bartoli, docente di storia medievale alla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) di Roma, sul tema ‘Suor Chiara Augusta Lainati e gli studi inerenti santa Chiara d’Assisi: contributo ed eredità’.

Suor Chiara Augusta Lainati era nata a Saronno (Varese) nel 1939 ed ha studiato filologia classica all’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) dove ha conseguito la laurea nel 1962 con la tesi sulla ‘Legenda versificata Sanctae Clarae Virginis’, di cui fu relatore il prof. Ezio Franceschini. Quindici giorni dopo la laurea entrò nel Protomonastero Santa Chiara d’Assisi, una comunità di clarisse che vantava un legame con l’Università Cattolica del Sacro Cuore già dalla fondazione da parte di p. Agostino Gemelli. Veste l’abito delle Sorelle Povere di santa Chiara il 21 gennaio 1963, emette la prima professione il 19 aprile 1964 e la professione solenne il 20 aprile 1967.

Molto ricercata in convegni e pubblicazioni con collaborazioni scientifiche sulla spiritualità francescano-clariana, ha operato anche nel campo della trasmissione del carisma francescano nonché nella formazione delle giovani clarisse in diversi monasteri. Gli ultimi anni di vita (caratterizzati da varie infermità) sono trascorsi nel monastero di Matelica, nelle Marche, dove è giunta nel 2001, fino alla sua morte avvenuta il 2 marzo dello scorso anno, festa di sant’Agnese di Praga, figlia del re di Boemia e fondatrice del monastero ‘San Francesco’ a Praga dove si rinchiude lei stessa, seguendo la ‘Forma di Vita’ vissuta a san Damiano da Chiara e dalle sorelle. Assieme al francescano p. Giovanni Boccali nel 1977, scoprì in un codice ‘Audite poverelle’, ossia lo scritto in lingua volgare che Francesco d’Assisi morente inviò alla comunità di San Damiano e che nel 2000 il cantautore Angelo Branduardi musicò nel suo album ‘L’infinitamente piccolo’.

Chiediamo a suor Chiara Rosamaria Papa, clarissa nel monastero di Matelica, di raccontarci il motivo per cui è organizzato un convegno su suor Chiara Augusta Lainati: “Ad un anno dal transito al cielo di suor Chiara Augusta Lainati, ci è doveroso ricordarla non solo con una celebrazione eucaristica di suffragio, ma anche con un evento culturale nel quale avviare l’approfondimento del contributo specifico che questa consorella (per tanti madre e riferimento spirituale) ha offerto con i suoi studi, le sue ricerche e pubblicazioni su santa Chiara d’Assisi e sul francescanesimo.

E’ un’iniziativa mossa dal debito di gratitudine dovuto alla storia, al cammino che la Famiglia Francescana, ed in particolare il Secondo Ordine Francescano, quello delle Sorelle Povere di Santa Chiara, ha compiuto dopo la ventata di ‘aria nuova’ che lo Spirito del Signore ha suscitato nella Chiesa con il Concilio Vaticano II.

In questo cammino suor Chiara Augusta si è trovata ad essere una delle voci di riferimento più attendibili e ascoltate. Con una laurea in lettere antiche conseguita presso l’Università Cattolica di Milano con il prof. Ezio Franceschini, uno dei migliori filologi e medievalisti italiani, entrò subito dopo nel Protomonastero Santa Chiara di Assisi. Era l’anno 1962, lo stesso dell’avvio dell’assise conciliare. Ben presto le fu chiesto di scrivere una vita di santa Chiara d’Assisi a scopo divulgativo.

Seguirono articoli sulla spiritualità francescana-clariana, due corposi volumi sui Temi spirituali dagli Scritti del Secondo Ordine francescano (1970), oltre ad innumerevoli altri scritti sulle primitive fonti relative a Chiara d’Assisi. Sempre negli anni ’60 avviò, curando poi per decenni, la Rivista delle Clarisse italiane ‘Forma Sororum’. Il contributo decisivo per una riqualificazione della figura di Chiara in ambito francescano suor Lainati lo offrì quando si mise mano ad una edizione italiana delle fonti relative a san Francesco ed al suo Ordine, opera che vide felicemente inserita, sotto la sua direzione, una IV sezione dedicata alle fonti su santa Chiara: fu quella la prima edizione delle Fonti Francescane nel 1977. In essa la ‘pianticella del padre san Francesco’ ebbe un posto tutto suo, che non le fu riconosciuto, per esempio, nelle parallele edizioni in lingua francese e spagnola, e questo grazie al lavoro portato avanti da suor Chiara Augusta”.

Quanto sono stati importanti i suoi studi su santa Chiara?

“E fu, come ebbe a scrivere il prof. Marco Bartoli, ‘una felice intuizione, che restituiva Chiara non solo alle Clarisse, ma anche all’insieme della famiglia francescana. Si veniva a scoprire così che la donna di Assisi aveva avuto un ruolo tutt’altro che secondario nello sviluppo del movimento francescano nel XII secolo nel suo complesso’ (Introduzione a ‘Santa Chiara d’Assisi. Contemplare la bellezza di un Dio sposo’, di Chiara Augusta Lainati).

Come suor Lainati interpretò la spiritualità di santa Chiara?

“Nello studio della spiritualità di santa Chiara, suor Chiara Augusta seppe ‘unire la sua solida preparazione teologica e medievale alla sua fine sensibilità femminile e alla privilegiata circostanza di essere Clarissa, vale a dire, di essere chiamata a vivere questa stessa forma di vita carismatica che descrive nella madre santa Chiara’, come si espresse il francescano mons. J.S. Montes. Una circostanza provvidenziale che rende la sua visione particolarmente viva, penetrante, credibile.

Nel clima di ‘novità’ del post Concilio Vaticano II, della riscoperta delle radici battesimali di ogni vocazione cristiana, della sua ecclesiologia e missione evangelica nel mondo, suor Chiara Augusta ha saputo trasmettere nei suoi scritti la perenne novità del carisma francescano suscitato dallo Spirito nel cuore di Francesco e di Chiara d’Assisi. ‘Per tutti questi motivi, è ancora il prof. Bartoli a scrivere, non è azzardato dire che suor Chiara Augusta Lainati è stata la Clarissa italiana che più di ogni altra, nel XX secolo, ha contribuito alla riscoperta della vita e della spiritualità di Chiara d’Assisi’”.

Cosa significa ricordare suor Chiara Augusta Lainati?

“Questo ampio panorama di studi e di pubblicazioni costituisce proprio ora, col compimento della parabola terrena di suor Chiara Augusta, vissuta per oltre sessant’anni alla sequela di Cristo in una vita interamente contemplativa come Sorella Povera di Santa Chiara, un vero e proprio lascito che non ci si può esimere dall’approfondire. L’iniziativa di domenica 2 marzo mira semplicemente ed umilmente a questo”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco: impariamo ad adorare Dio nella ‘piccolezza’

“…nei Vangeli dell’infanzia di Gesù c’è un episodio che è proprio della narrazione di Matteo: la visita dei Magi. Attratti dalla comparsa di una stella, che in molte culture è presagio della nascita di persone eccezionali, alcuni sapienti si mettono in viaggio dall’oriente, senza conoscere esattamente la meta del loro andare. Si tratta dei Magi, persone che non appartengono al popolo dell’alleanza. La volta scorsa abbiamo parlato dei pastori di Betlemme, emarginati nella società ebraica perché ritenuti ‘impuri’; oggi incontriamo un’altra categoria, gli stranieri, che arrivano subito a rendere omaggio al Figlio di Dio entrato nella storia con una regalità del tutto inedita. I Vangeli ci dicono dunque chiaramente che i poveri e gli stranieri sono invitati tra i primi a incontrare il Dio fatto bambino, il Salvatore del mondo”.

Questo è l’inizio della catechesi dell’udienza generale sul tema giubilare ‘Gesù Cristo nostra speranza… La visita dei Magi al Re neonato’, che papa Francesco avrebbe dovuto tenere oggi ed annullata a causa del ricovero al Policlinico Gemelli. Nel testo il papa ha sviluppato la riflessione sui Magi: “I Magi sono stati considerati come rappresentanti sia delle razze primigenie, generate dai tre figli di Noè, sia dei tre continenti noti nell’antichità: Asia, Africa ed Europa, sia delle tre fasi della vita umana: giovinezza, maturità e vecchiaia. Al di là di ogni possibile interpretazione, essi sono uomini che non restano fermi ma, come i grandi chiamati della storia biblica, sentono l’invito a muoversi, a mettersi in cammino. Sono uomini che sanno guardare oltre sé stessi, sanno guardare in alto”.

Però questa attrazione verso l’alto si scontra con la ‘scaltrezza’ terrena: “L’attrazione per la stella sorta nel cielo li mette in marcia verso la terra di Giuda, fino a Gerusalemme, dove incontrano il re Erode. La loro ingenuità e la loro fiducia nel chiedere informazioni circa il neonato re dei Giudei si scontra con la scaltrezza di Erode, il quale, agitato dalla paura di perdere il trono, subito cerca di vederci chiaro, contattando gli scribi e chiedendo a loro di investigare”.

Però il potere mostra la debolezza nella visione della realtà: “Il potere del regnante terreno mostra in tal modo tutta la sua debolezza. Gli esperti conoscono le Scritture e riferiscono al re il luogo dove, secondo la profezia di Michea, sarebbe nato il capo e pastore del popolo d’Israele: la piccola Betlemme e non la grande Gerusalemme!”

L’azione dei Magi è un invito alla ricerca di Dio: “Tuttavia gli scribi, che sanno individuare esattamente il luogo di nascita del Messia, indicano la strada agli altri ma loro stessi non si muovono! Non basta, infatti, conoscere i testi profetici per sintonizzarsi con le frequenze divine, bisogna lasciarsi scavare dentro e permettere che la Parola di Dio ravvivi l’anelito alla ricerca, accenda il desiderio di vedere Dio”.

In tutto ciò il pensiero di Erode diventa ‘diabolico’: “A questo punto Erode, di nascosto, come agiscono gli ingannatori e i violenti, chiede ai Magi il momento preciso della comparsa della stella e li incita a proseguire il viaggio e a tornare poi a dargli notizie, perché anche lui possa andare ad adorare il neonato. Per chi è attaccato al potere, Gesù non è la speranza da accogliere, ma una minaccia da eliminare!”

Inoltre il racconto evangelico è anche un invito a porre attenzione ai segni del creato: “Quando i Magi ripartono, la stella riappare e li conduce fino a Gesù, segno che il creato e la parola profetica rappresentano l’alfabeto con cui Dio parla e si lascia trovare. La vista della stella suscita in quegli uomini una gioia incontenibile, perché lo Spirito Santo, che muove il cuore di chiunque cerca Dio con sincerità, lo colma pure di gioia”.

Attenzione che si trasforma in adorazione: “Entrati in casa, i Magi si prostrano, adorano Gesù e gli offrono doni preziosi, degni di un re, degni di Dio… Perché? Cosa vedono? I Magi diventano così i primi credenti tra tutti i pagani, immagine della Chiesa adunata da ogni lingua e nazione”.

In conclusione il papa ha invitato ad adorare Dio nella ‘piccolezza’: “Cari fratelli e sorelle, mettiamoci anche noi alla scuola dei Magi, di questi ‘pellegrini di speranza’ che, con grande coraggio, hanno rivolto i loro passi, i loro cuori e i loro beni verso Colui che è la speranza non solo d’Israele ma di tutte le genti. Impariamo ad adorare Dio nella sua piccolezza, nella sua regalità che non schiaccia ma rende liberi e capaci di servire con dignità. E offriamogli i doni più belli, per esprimergli la nostra fede e il nostro amore”.

Mentre dalla Sala Stampa vaticana si è precisato che anche questa notte è stata tranquilla per il papa: “Nei prossimi giorni potrebbe essere organizzata una conferenza stampa sulle condizioni di salute del Pontefice”, nonostante una situazione complessa.

(Foto: immagine di repertorio)

Papa Francesco: Dio si fa bambino per tenerezza

Nella Santa Notte di Natale dalla cattedra di san Pietro papa Francesco ha sottolineato la necessità della luce che brilla nell’oscurità per segnalare la strada, indicando che Dio si è fatto uomo attraverso un bambino:

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