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Giubileo: la speranza non delude

Per l’apostolo delle Genti, san Paolo la speranza non delude: “Nel segno della speranza l’apostolo Paolo infonde coraggio alla comunità cristiana di Roma. La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo antica tradizione il Papa indice ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari”.

E’ l’invito di papa Francesco per il Giubileo del prossimo anno, che papa Francesco fa nella bolla di indizione giubilare ‘Spes non confundit’, in quanto la speranza è un desiderio di tutti: “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé.

L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza. La Parola di Dio ci aiuta a trovarne le ragioni”.

La fede è animata dalla speranza: “E’ infatti lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino… perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita”.

Nella Bolla il papa ha sottolineato il realismo di san Paolo: “Per l’Apostolo, la tribolazione e la sofferenza sono le condizioni tipiche di quanti annunciano il Vangelo in contesti di incomprensione e di persecuzione. Ma in tali situazioni, attraverso il buio si scorge una luce: si scopre come a sorreggere l’evangelizzazione sia la forza che scaturisce dalla croce e dalla risurrezione di Cristo. E ciò porta a sviluppare una virtù strettamente imparentata con la speranza: la pazienza. Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante”.

Ed ha ricordato il percorso giubilare intrapreso nei secoli dalla Chiesa: “Mi piace pensare che un percorso di grazia, animato dalla spiritualità popolare, abbia preceduto l’indizione, nel 1300, del primo Giubileo. Non possiamo infatti dimenticare le varie forme attraverso cui la grazia del perdono si è riversata con abbondanza sul santo Popolo fedele di Dio.

Ricordiamo, ad esempio, la grande ‘perdonanza’ che san Celestino V volle concedere a quanti si recavano nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L’Aquila, nei giorni 28 e 29 agosto 1294, sei anni prima che Papa Bonifacio VIII istituisse l’Anno Santo. La Chiesa già sperimentava, dunque, la grazia giubilare della misericordia.

Ed ancora prima, nel 1216, papa Onorio III aveva accolto la supplica di San Francesco che chiedeva l’indulgenza per quanti avrebbero visitato la Porziuncola nei primi due giorni di agosto. Lo stesso si può affermare per il pellegrinaggio a Santiago di Compostela: infatti Papa Callisto II, nel 1122, concesse di celebrare il Giubileo in quel Santuario ogni volta che la festa dell’apostolo Giacomo cadeva di domenica. E’ bene che tale modalità ‘diffusa’ di celebrazioni giubilari continui, così che la forza del perdono di Dio sostenga e accompagni il cammino delle comunità e delle persone”.

Quindi il Giubileo presuppone un pellegrinaggio: “Non a caso il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità. Anche nel prossimo anno i pellegrini di speranza non mancheranno di percorrere vie antiche e moderne per vivere intensamente l’esperienza giubilare.

Nella stessa città di Roma, inoltre, saranno presenti itinerari di fede, in aggiunta a quelli tradizionali delle catacombe e delle Sette Chiese. Transitare da un Paese all’altro, come se i confini fossero superati, passare da una città all’altra nella contemplazione del creato e delle opere d’arte permetterà di fare tesoro di esperienze e culture differenti, per portare dentro di sé la bellezza che, armonizzata dalla preghiera, conduce a ringraziare Dio per le meraviglie da Lui compiute”.

Ed ha indicato alcuni ‘segni’ di speranza: “Il primo segno di speranza si traduca in pace per il mondo, che ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra. Immemore dei drammi del passato, l’umanità è sottoposta a una nuova e difficile prova che vede tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza…

Il Giubileo ricordi che quanti si fanno ‘operatori di pace saranno chiamati figli di Dio’. L’esigenza della pace interpella tutti e impone di perseguire progetti concreti. Non venga a mancare l’impegno della diplomazia per costruire con coraggio e creatività spazi di trattativa finalizzati ad una pace duratura”.

Un altro segno di speranza riguarda la vita: “L’apertura alla vita con una maternità e paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore.

E’ urgente che, oltre all’impegno legislativo degli Stati, non venga a mancare il sostegno convinto delle comunità credenti e dell’intera comunità civile in tutte le sue componenti, perché il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro ad ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza”.

Nella Bolla papa Francesco sottolinea che il cristiano non può accontentarsi di ‘vivacchiare’, ma deve avere la gioia di vivere: “La comunità cristiana perciò non può essere seconda a nessuno nel sostenere la necessità di un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica, e lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo.

Ma tutti, in realtà, hanno bisogno di recuperare la gioia di vivere, perché l’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, non può accontentarsi di sopravvivere o vivacchiare, di adeguarsi al presente lasciandosi soddisfare da realtà soltanto materiali. Ciò rinchiude nell’individualismo e corrode la speranza, generando una tristezza che si annida nel cuore, rendendo acidi e insofferenti”.

Ed ecco gli appelli alla speranza con l’invito a riscoprire il senso biblico del giubileo: “Facendo eco alla parola antica dei profeti, il Giubileo ricorda che i beni della Terra non sono destinati a pochi privilegiati, ma a tutti. E’ necessario che quanti possiedono ricchezze si facciano generosi, riconoscendo il volto dei fratelli nel bisogno. Penso in particolare a coloro che mancano di acqua e di cibo: la fame è una piaga scandalosa nel corpo della nostra umanità e invita tutti a un sussulto di coscienza”.

Ed alle nazioni ‘benestanti’ ha fatto l’invito del condono dei debiti: “Un altro invito accorato desidero rivolgere in vista dell’Anno giubilare: è destinato alle Nazioni più benestanti, perché riconoscano la gravità di tante decisioni prese e stabiliscano di condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Prima che di magnanimità, è una questione di giustizia, aggravata oggi da una nuova forma di iniquità di cui ci siamo resi consapevoli… Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace, impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati”.

L’altro pensiero è stato rivolto all’anniversario del Concilio di Nicea: “L’Anno giubilare potrà essere un’opportunità importante per dare concretezza a questa forma sinodale, che la comunità cristiana avverte oggi come espressione sempre più necessaria per meglio corrispondere all’urgenza dell’evangelizzazione: tutti i battezzati, ognuno con il proprio carisma e ministero, corresponsabili affinché molteplici segni di speranza testimonino la presenza di Dio nel mondo”.

Anzi è una ‘pietra miliare’ per l’unità dei cristiani: “Il Concilio di Nicea è una pietra miliare nella storia della Chiesa. L’anniversario della sua ricorrenza invita i cristiani a unirsi nella lode e nel ringraziamento alla Santissima Trinità e in particolare a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ‘della stessa sostanza del Padre’, che ci ha rivelato tale mistero di amore. Ma Nicea rappresenta anche un invito a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali a procedere nel cammino verso l’unità visibile, a non stancarsi di cercare forme adeguate per corrispondere pienamente alla preghiera di Gesù”.

E proprio nel prossimo anno tutti i cristiani possono vivere la Pasqua nello stesso anno: “Al Concilio di Nicea si trattò anche della datazione della Pasqua. A tale riguardo, vi sono ancora oggi posizioni differenti, che impediscono di celebrare nello stesso giorno l’evento fondante della fede. Per una provvidenziale circostanza, ciò avverrà proprio nell’Anno 2025.

Possa essere questo un appello per tutti i cristiani d’Oriente e d’Occidente a compiere un passo deciso verso l’unità intorno a una data comune per la Pasqua. Molti, è bene ricordarlo, non hanno più cognizione delle diatribe del passato e non comprendono come possano sussistere divisioni a tale proposito”.

Ed un ultimo pensiero è dedicato alla Madre di Dio: “La speranza trova nella Madre di Dio la più alta testimone. In lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita. Come ogni mamma, tutte le volte che guardava al Figlio pensava al suo futuro, e certamente nel cuore restavano scolpite quelle parole che Simeone le aveva rivolto nel tempio…

Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come ‘Stella Maris’, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare”.

Infine ha ricordato l’importanza dei Santuari mariani: “In proposito, mi piace ricordare che il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico, si sta preparando a celebrare, nel 2031, i 500 anni dalla prima apparizione della Vergine. Attraverso il giovane Juan Diego la Madre di Dio faceva giungere un rivoluzionario messaggio di speranza che anche oggi ripete a tutti i pellegrini e ai fedeli: ‘Non sto forse qui io, che sono tua madre?’…

In questo Anno giubilare i Santuari siano luoghi santi di accoglienza e spazi privilegiati per generare speranza. Invito i pellegrini che verranno a Roma a fare una sosta di preghiera nei Santuari mariani della città per venerare la Vergine Maria e invocare la sua protezione”.

Papa Francesco a L’Aquila: la rivoluzione cristiana sta nel servizio

Al termine dell’Angelus papa Francesco ha aperto nella basilica di Collemaggio de L’Aquila la porta santa della Perdonanza celestiniana con una breve ammonizione: “Concedi alla Chiesa questo tempo di penitenza e di perdono perché abbia la gioia di rinnovarsi. Aprici completamente la porta della tua misericordia per schiuderci un giorno le porte della tua dimora in cielo. Concedi a quanti varcheranno questa soglia di ottenere la salvezza”.

L’Aquila attende Papa Francesco

L’Aquila si sta preparando all’arrivo di Papa Francesco tra poco più di un mese. Il 28 agosto infatti il Papa trascorrerà la mattina nel capoluogo abruzzese.  Qualche giorno fa è stato presentato il logo delle visita.

Perdonanza celestiniana: il Giubileo ricorda l’opera di Dio

Si è rinnovata a L’Aquila la celebrazione della Perdonanza Celestiniana, ovvero quell’esperienza di misericordia legata all’indulgenza plenaria concessa da Celestino V il 29 agosto 1294, giorno della sua incoronazione, con la concelebrazione eucaristica, presieduta dal card. Enrico Feroci, parroco della parrocchia di Santa Maria del Divino Amore a Roma, per l’apertura della Porta Santa nella Basilica di Collemaggio, che nell’omelia ha definito ‘di un’attualità sconcertante’ la Bolla di Celestino V per l’indizione del ‘primo Giubileo della storia’:

Card. Zuppi: L’Aquila è città fiera verso futuro

“L’Aquila è un luogo per me familiare. Anzi, è all’origine della mia famiglia, perché i miei genitori si sposarono proprio qui, l’anno dopo la fine della guerra e promisero di amarsi davanti al Vescovo dell’Aquila di allora, il card. Confalonieri, che poi ci accompagnò per tutta la vita con il tratto che ricordate, austero e dolce, cortese ed essenziale, amabile e fermo come chi cerca solo il Regnum tuum e non i suoi onori. Guardava negli occhi tutti, ma per Cristo non guardava in faccia nessuno! Egli difese la città degli uomini in anni di una violenza terribile. Sentiva ogni persona come affidata alla Chiesa”: così nell’omelia di apertura della Porta Santa della Perdonanza celestiniana a L’Aquila ha ricordato il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo metropolita di Bologna.

Da L’Aquila il perdono è una virtù civica e religiosa

Per le otto messe della Perdonanza a L’Aquila, previste dal 28 al 29 agosto sul prato antistante la basilica di Collemaggio, potranno partecipare 1.000 fedeli per ogni celebrazione, per un totale di 8.000 persone. Solo per la celebrazione eucaristica del 28 agosto alle ore 19 i fedeli dovranno munirsi dell’apposito braccialetto verde, secondo le modalità che saranno specificate dal Comitato Perdonanza per controllare gli accessi al prato della Basilica. 

La perdonanza celestiniana è patrimonio dell’umanità

Papa Celestino V, al secolo Pietro di Morrone, fu il papa che fece il ‘gran rifiuto’: in visita sulla sua tomba, il 28 aprile 2009, papa Benedetto XVI vi lasciò il suo pallio. Nel breve periodo in cui fu pontefice (dal 29 agosto al 13 dicembre 1294), Celestino V ha lasciato un segno indelebile alla città dell’Aquila e alla Basilica di Collemaggio dove fu incoronato papa: la ‘festa del perdono’ o perdonanza, che è stata proclamata patrimonio immateriale dell’umanità dell’UNESCO.

Alla notizia, il card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, ha ‘esultato’: “La Chiesa e la Città di L’Aquila esultano, unanimi, per questo prestigioso riconoscimento dell’Unesco, che rende la Perdonanza patrimonio immateriale dell’umanità.

La formidabile intuizione di Celestino V, che ha generato questa celebrazione religiosa e civile, ha un significato universale: cioè, vale per tutti e per ciascuno. Il tema del perdono non ha solo una portata spirituale, ma anche culturale e sociale. Il perdono è una chiave necessaria per aprire la porta della pace: a livello comunitario e personale”.

 Questo riconoscimento da parte dell’UNESCO rappresenta per l’arcivescovo “rappresenta, perciò, una spinta ulteriore ad approfondire e dilatare l’impegno del perdono, per testimoniare che solo l’amore, capace di oltrepassare la trincea del rancore e della contrapposizione, può vincere la logica del conflitto, spalancando orizzonti di dialogo costruttivo e di intese convergenti, ricche di verità e di bene: aperte a Dio e, proprio per questo, degne dell’uomo“.

Infatti nella scorsa festa della Perdonanza il card. Petrocchi che la misericordia del perdono si manifesta nella carità: “Un segno fondamentale, che attesta in noi l’azione della misericordia ricevuta e donata, è l’esercizio della carità, che è l’amore di Cristo diffuso nei nostri cuori dallo Spirito. Questo amore abbraccia tutti, nessuno escluso, ma testimonia un’attenzione speciale verso i  più bisognosi. Ciò vuol dire privilegiare gli ultimi: cioè rendere operativa ‘l’opzione dei poveri’.

La comunità cristiana, proprio perché ‘Chiesa dei poveri’, sta dalla parte degli ultimi, degli sconfitti, degli scartati: dove si trova qualcuno che soffre, lì la Chiesa erige la sua tenda. Nella categoria dei  poveri vanno compresi tutti quelli che mancano di qualcosa che è loro necessaria per vivere una esistenza dignitosa, sul piano umano e religioso”.

Quindi come è stato riconosciuto dall’UNESCO, la Perdonanza ha un valore sociale e culturale: “La Perdonanza va celebrata nell’Anima della Chiesa e nel Cuore della Città. Perciò, nel fare un  ‘bilancio’ della Perdonanza si dovrebbe assumere, come indice di successo, il cambiamento in  meglio, registrando, nel corso dell’anno, i progressi avvenuti nella mentalità e nello stile di gestione dei rapporti interpersonali, famigliari, culturali, sociali ed istituzionali.

L’Aquila ha una missione da svolgere, con le parole e nei fatti: quella di proclamare la Civiltà della Perdonanza. Per questo L’Aquila da Città ‘tra’ i monti deve, sempre di più, porsi come Città ‘sul’ monte  (in  senso  evangelico): capace di vivere e di diffondere, a livello planetario, il messaggio di Papa Celestino”.

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