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Da Trento parte la ‘scommessa’ della Chiesa

Una ricorrenza del patrono San Vigilio particolarmente solenne, celebrata a Trento mercoledì 26 giugno a Trento, presieduta dall’arcivescovo emerito, mons. Luigi Bressan, in occasione del 60° di ordinazione presbiterale e 35° di episcopato: “Grazie per la passione per il Vangelo e la carica umana con cui hai guidato questa Chiesa, aprendola al mondo. Grazie per la discrezione, l’entusiasmo, la vitalità, e la disponibilità con cui continui ad accompagnarla e servirla”.

Nell’omelia il vescovo emerito ha ricordato i tratti essenziali dell’episcopato del patrono san Vigilio, terzo vescovo di Trento: “Non era uno spiritualista che trascurasse la dimensione sociale della fede cristiana; fondò un asylum, luogo di accoglienza e cura; anzi affermò che scopo della missione cristiana era portare la pace in una dimensione superiore alla semplice convivenza”.

Ed ha ricordato la ‘passione’ di san Vigilio per Gesù: “Nelle Lettere di Vigilio, si sente l’ammirazione per Cristo. Infatti, per lui Cristo è Maestro e Signore, colui che ha portato l’acqua viva agli uomini e sa piantare in essi un’energia nuova. E’ come una pietra angolare sulla quale si può costruire una casa solida ed è garante per chi gli rende testimonianza, durante tutta la nostra esistenza. Il messaggio cristologico ritorna spesso, per cui non è possibile ridurre le feste a scenografie esterne (che, se ben orientate sono un contributo) o il cristianesimo stesso a religione civile, parola politica o pura etica sociale, sradicandolo da Cristo. Oggi nel nostro mondo occidentale troppi pensano che non sia necessario ricorrere a lui”.

San Viglio evangelizzava: “Sapeva che l’evangelizzazione domandava ascolto, dialogo, proposta, preghiera… ma desiderava che a tutti giungesse la linfa vitale che ci trasforma da produttori di risultati limitati in costruttori di pace e di pienezza di vita, nel senso più vasto di tali parole, con frutti duraturi nella vita quotidiana e oltre lo stesso percorso terreno”.

Al termine della liturgia, il vescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, come accade dall’inizio del suo episcopato in occasione del patrono, ha fatto dono della sua nuova Lettera alla comunità, intitolato ‘La scommessa’: “Parto da una domanda chiaramente provocatoria: su chi o che cosa scommettiamo nella nostra vita? Preferiamo tirare a sorte, sfidando la fortuna come capita a sempre più persone, anche nel nostro Trentino, alle prese con la piaga del gioco d’azzardo?

La proposta che vi faccio, a chi crede e a chi non crede è: scommettiamo sulla mitezza, come l’ha declinata Gesù. Non la virtù di chi rinuncia alla responsabilità o si nasconde, ma la virtù di chi dice: voglio che esista il tuo pensiero e la tua vita. Se oseremo la mitezza potremmo dare speranza e futuro a un mondo che è travolto da tanta violenza”. 

La lettera è un invito a vivere la ‘mitezza’ di Gesù: “La mitezza di Gesù, fino al fare spazio alla condanna, alla passione e alla morte nell’abbraccio della croce, vede protagonista lo Spirito Santo. Egli fa sì che Gesù sia Uomo mite, perché consente agli occhi del Figlio di far suo lo sguardo mite del Padre. La mitezza è dunque straordinario dono dello Spirito Santo. E’ il trionfo della Comunione trinitaria. Un Dio (per dirla con Elmar Salmann) libero e liberante, Madre ma senza essere asfissiante, Padre ma non paternalista, spazio di comunione”.

Da qui la richiesta alla comunità cristiana di vivere la mitezza: “Invito ogni comunità cristiana trentina a chiedere il dono dello Spirito Santo per coltivare la mitezza. Una Chiesa capace di rilanciare la vita, abitata dallo Spirito, come trionfo della mitezza. Ci è chiesto di abbandonare un modello di Chiesa tendenzialmente triste e immusonita per abbracciare una Chiesa che guarda al mondo e al tempo in cui vive non con risentimento o con ostilità, ma con gli occhi dell’amore inclusivo di Gesù.

Anziché attardarci a lamentare l’assenza di partecipazione alle nostre liturgie, perché non provare piuttosto a immaginare e spenderci per dar vita a un’Eucarestia che sia festa per la possibilità di attingere alla stessa mitezza di Dio? La realtà sembrerebbe impedire un simile desiderio: la guerra alle porte di casa, la crisi ambientale, diffuse difficoltà relazionali che spesso sfociano in feroce aggressività, l’insicurezza lavorativa, la disaffezione alla partecipazione a più livelli, dalla politica alla vita associativa, a quella ecclesiale”.

Due gli esempi di mitezza ricordati nella lettera pastorale: il compianto prete trentino don Renzo Caserotti da poco scomparso e un giovane trentino, Alfredo Dall’Oglio, emigrato da Borgo alla Francia, attivo nella gioventù operaia cattolica e morto in un campo di concentramento a Berlino nel 1944, a soli 23 anni.

(Foto: diocesi di Trento)

Papa Francesco ricorda la dedizione orante di Benedetto XVI

‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’: da queste ultime parole di Gesù prima di morire in croce, papa Francesco ha ricordato il papa emerito Benedetto XVI nella celebrazione esequiale, perché è una conferma della vita di Gesù:

“Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli. Il Signore, aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore”.

Quella di Benedetto XVI è stata una dedizione orante: “Dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare e l’invito fiducioso a pascere il gregge. Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità.

In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire, accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia. Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio”.

E’ stata una “dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo, nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre”.

L’omelia del papa è un invito a seguire il suo insegnamento: “Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita”.

Papa Francesco ha terminato l’omelia esprimendo gratitudine al papa emerito Benedetto XVI: “E’ la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato. E’ il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore.

Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni.

Vogliamo dire insieme: ‘Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito’. Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!”

Dopo la messa la bara è stata benedetta e incensata dal card. Re decano del sacro Collegio, mentre papa Francesco ha fatto un saluto personale prima che il feretro fosse riportato in basilica.

Mentre nel rogito per il ‘pio transito’ del papa emerito è stata ricordata anche l’ultima Udienza generale del pontificato, il 27 febbraio 2013, in cui assicurò: “Continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre”.

(Foto: Santa Sede) 

Mons. Delpini consegna al patrono ambrosiano le speranze dei milanesi

“Siamo qui a onorare il nostro patrono e a portare davanti all’altare del Signore le nostre preghiere, per interpretare i talenti e le speranze della gente che abita qui con la responsabilità di rappresentare tutti i milanesi, i lombardi e coloro che sono venuti nelle nostre terre da lontano”: si è aperto con questo auspicio il Pontificale per la festività di sant’Ambrogio di mons. Mario Delpini.

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