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A Brescia il premio letterario ‘Carlo Castelli’

La casa circondariale ‘Canton Mombello’ di Brescia si prepara ad accogliere la nuova edizione del Premio Letterario ‘Carlo Castelli’, un concorso unico, dedicato ai detenuti degli Istituti penitenziari italiani, inclusi i minorili. La partecipazione è aperta a cittadini italiani e stranieri, senza limiti di età, condannati almeno con sentenza di primo grado.
L’evento, organizzato dalla Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV, Settore Carcere e Devianza, ruota intorno a un tema potente e attuale: ‘Mi specchio e (non) mi riconosco: non sono e non sarò il mio reato’. Una riflessione che invita a distinguere la persona detenuta dal reato commesso, aprendo alla speranza di cambiamento e reintegrazione.
Un tema, quello della speranza, che occupa un posto centrale nel carisma della Società di San Vincenzo De Paoli e ritroviamo anche nel motto riportato sotto il logo: ‘Serviens in spe’, al servizio nella speranza.
Ma la speranza è anche la protagonista del Giubileo 2025. Papa Francesco, con la sua bolla ‘Spes non confundit’, sottolinea la forza della speranza nel pensiero cristiano. Una virtù che il Pontefice vuole stendere sulle ferite di un’umanità debole, fra i quali cita per primi proprio i ristretti, per ‘vivere e non sopravvivere’, per ‘recuperare la fiducia in sé stessi’.
E verso un orizzonte di speranza è orientato l’operato del Settore Carcere e Devianza della Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli ODV che indirizzerà il lavoro da un lato ad azioni concrete all’interno delle carceri, dall’altro a stimolare l’autoriflessione dei reclusi attraverso il Premio Letterario Castelli.
Nell’edizione 2025 si parlerà di coscienza, miglioramento, umanità. Temi che apriranno un percorso indirizzato ad aiutare il ristretto a riconoscere l’errore ma anche a capire che ogni persona merita un futuro, dentro o fuori dal carcere.
Il Premio ‘Carlo Castelli’ si articolerà nelle sezioni narrativa (saggio breve, racconto, lettera, riflessione), scrittura autobiografica (testo autoriflessivo e introspettivo), poesia, opere multimediali (CD-rom/DVD) realizzate in carcere.
Il concorso letterario offre ai detenuti l’opportunità di raccontarsi, riflettere e sperare attraverso la scrittura, ma anche di fare del bene. I primi tre classificati saranno considerati a parimerito e riceveranno tre premi di uguale importo. Oltre ai premi in denaro per i primi tre vincitori, una seconda somma sarà destinata a progetti di reinserimento sociale. L’obiettivo è contribuire a costruire una nuova strada per chi desidera ripartire.
Il concorso, dedicato alla memoria di Carlo Castelli, figura di spicco del volontariato vincenziano e promotore della Legge Gozzini, diventa un mezzo per costruire un futuro condiviso, sottolineando l’importanza del sostegno reciproco, anche in contesti difficili come il carcere.
Il Premio ‘Carlo Castelli’ ha ottenuto il patrocinio di Camera, Senato e Ministero della Giustizia, ed è stato insignito della medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. I media partner includono il Pontificio Dicastero per la Comunicazione, TV2000, Radio InBlu, e UCSI.
I racconti premiati, insieme ad altri dieci segnalati dalla Giuria, saranno raccolti in un’antologia che verrà distribuita a tutti i presenti nel corso degli eventi e allegata alla rivista della Federazione Nazionale, ‘Le Conferenze di Ozanam’, pubblicazione che raggiunge oltre 13.600 tra soci e volontari in tutta Italia.
Il Settore Carcere e Devianza, quest’anno sotto la guida della nuova responsabile, Antonella Caldart, è da sempre impegnato nella formazione dei volontari penitenziari e alla realizzazione di attività rivolte ai detenuti e alle loro famiglie, anche collaborando con altre associazioni presenti sul territorio.
A Verona il concorso letterario ‘Carlo Castelli’

Si è tenuta venerdì 4 ottobre, a Verona presso la Casa Circondariale di Montorio, la cerimonia di premiazione della XVII Edizione del Premio ‘Carlo Castelli’, un prestigioso concorso letterario dedicato ai detenuti delle carceri italiane, evento organizzato e promosso dal Settore Carcere e Devianza della Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV, con il patrocinio di Camera, Senato, Ministero della Giustizia e con il riconoscimento della medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
L’appuntamento coinvolge detenuti provenienti da penitenziari di tutta Italia, offrendo loro un’opportunità unica di esprimersi attraverso la scrittura. Ogni anno, un carcere o un Istituto Penitenziario Minorile (IPM) viene scelto come sede della cerimonia, durante la quale sono letti e premiati i racconti selezionati da un’apposita giuria.
Il tema di quest’anno, intitolato ‘Perché? – Ti scrivo perché ho scoperto che c’è ancora un domani’ invita a riflettere sul valore della speranza e sul riscatto possibile, come ha affermato Paola Da Ros, presidente della federazione nazionale ‘Società di San Vincenzo De Paoli’: “La speranza è un bene prezioso, una luce che accompagna e sostiene, soprattutto nei momenti più difficili. E in questo luogo, dove la libertà è limitata, il nostro desiderio è che nessuno perda mai questa luce…
Il Premio Carlo Castelli non si limita a offrire uno spazio di riflessione e espressione per i detenuti, ma prosegue nel tempo, grazie ai progetti di reinserimento sociale sviluppati in collaborazione con le istituzioni. Con il contributo in denaro che eroghiamo per ciascuno dei tre premi oltre alla somma che spetta al vincitore, ogni anno realizziamo tre progetti.
Il primo premio di questa edizione finanzierà un importante progetto di reinserimento nel mondo del lavoro per i ristretti del carcere di Brescia che hanno finito di scontare la loro pena; il secondo aiuterà i giovani dell’Istituto per Minori di Catania, il terzo premio andrà a favore delle attività dell’Ufficio Distrettuale di Esecuzione Penale Esterna di Pisa”.
Al termine dell’incontro tre detenuti hanno testimoniato il cambiamento avuto nel tempo di reclusione grazie al sostegno dei volontari e alle attività rieducative organizzate nel carcere di Verona Montorio. Tra di loro c’è anche chi ha composto dei brani e, chitarra in mano, ha deliziato i presenti. Non sono mancati momenti di commozione e di gioia anche per chi rende possibile il funzionamento di questa complessa struttura. Un particolare ringraziamento va alla direttrice, dott.ssa Francesca Gioieni, agli educatori, al corpo della polizia penitenziaria e a tutto il personale.
I racconti vincitori della XVI Edizione del Premio Carlo Castelli sono stati:
Primo Classificato: ‘Sì, c’è ancora un domani’ racconta il grido di una coscienza che, nel lento trascorrere del tempo, si interroga, medita, riflette, soffre, al cuore bussa la colpa per quanto compiuto, si eleva e guarda alla propria e altrui vita con occhi nuovi. Occhi di speranza perché “Tutti hanno il diritto di avere una seconda possibilità”. Occhi privi di ogni forma di giudizio e condanna, perché, come afferma l’autore “Anche il più specchiato e morigerato potrebbe incappare in un errore fatale”. Occhi volti al bene, capaci di vedere dietro i gesti quotidiani del personale di sorveglianza “Uomini che fanno il loro lavoro con dedizione, con impegno e professionalità lasciando ampio spazio anche a doti di innata umanità”.
Secondo Classificato: ‘Acque tempestose’ descrive la rinascita di chi, grazie alle acque turbolente vissute nella cella di un penitenziario, ha riconquistato lentamente la propria umanità soffocata per anni da una terribile avidità. Un male che lo ha condotto sino in carcere: “Mi sono macchiato di un reato finanziario. Sono stato soverchiato dai miei demoni. Demoni interiori che mi hanno reso avido di potere, che mi hanno reso diverso, cinico, che mi hanno tolto il meglio di me stesso”, scrive l’autore. Oggi Giovanni, forte delle sue nuove consapevolezze, può ricominciare a guardare al futuro con speranza, a “fare programmi e quando oggi mi si chiede “come ti vedi fra cinque anni?” so bene cosa rispondere”.
Terzo Classificato: ‘Cecità’ è la storia di chi vuole aprire gli occhi a una nuova vita dopo il lungo periodo trascorso in carcere. È la storia di chi vuole continuare a crederci, “Non è mai troppo tardi per essere un uomo migliore e credere nel Domani che verrà”, scrive l’autore. È il racconto di chi vuole tornare a onorare un padre che non c’è più e che, dal buio della sua cecità fisica, ha sempre saputo infondergli amore cogliendo ogni sfumatura del suo cuore. È la storia di chi vuole iniziare a camminare, riappropriandosi dei valori ricevuti sin da piccolo. È la storia di chi vuole “tornare a vederci davvero” ponendosi sotto la potente protezione di Santa Lucia.
La XVII Edizione del Premio letterario Carlo Castelli ha riaffermato il potere della scrittura come uno strumento fondamentale per i detenuti, un ponte tra il loro mondo interno e l’esterno. Sabato 5 ottobre nel Teatro Nuovo di San Michele a Verona si è concluso l’incontro: ‘Dialogo in punta di cuore’ con toccanti testimonianze di alcuni ristretti. Sì è affrontato il tema della Giustizia riparativa e del reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro, con il coinvolgimento della società civile.
La Dott.ssa Stefania Zambelli, assistente sociale e responsabile ‘Area Misure e Sanzioni di Comunità UDEPE’ di Verona, ha illustrato i nuovi percorsi di Giustizia Riparativa sottolineando l’importanza di mettere in contatto le vittime con i colpevoli accompagnandoli con percorsi di avvicinamento.
Tra gli ospiti della mattina, il professor Sergio Premoli, psicanalista e formatore, che ha invitato a non confondere mai l’uomo con il reato commesso. Un’attenzione particolare è stata dedicata ai sentimenti delle vittime e dei loro famigliari, e si è ragionato su come aiutarli a gestire il dolore e ad avvicinarsi, dove possibile, ad una dimensione di perdono.
Don Paolo dal Fior ha portato il suo vissuto di cappellano del Carcere di Verona Montorio e ha raccontato episodi di straordinaria umanità registrati nella casa circondariale. Alto il coinvolgimento del pubblico che ha gremito il teatro ed ha partecipato attivamente con interventi e domande da cui è emersa la forte la consapevolezza che l’aiuto non deve limitarsi ad un sostegno materiale, ma deve arrivare dritto dal cuore. Come di consueto al termine della manifestazione è avvenuto il passaggio del testimone: l’edizione numero XVIII si celebrerà nella Casa Circondariale di Brescia – Canton Mombello nell’ ottobre 2025.
(Foto: Società San Vincenzo de’ Paoli)
Papa Francesco: letteratura essenziale nella formazione

“Venerdì scorso a Bkerke, in Libano, è stato beatificato il Patriarca Stefano Douayhy, che guidò con saggezza la Chiesa Maronita dal 1670 al 1704, in un’epoca difficile segnata anche da persecuzioni. Maestro di fede e pastore sollecito, fu testimone di speranza sempre accanto alla gente. Anche oggi il popolo libanese soffre tanto! In particolare, penso alle famiglie delle vittime dell’esplosione del Porto di Beirut. Auspico che si faccia presto giustizia e verità. Il nuovo Beato sostenga la fede e la speranza della Chiesa in Libano, e interceda per questo amato Paese”.
Con queste parole dopo la recita dell’Angelus oggi papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per il Medio Oriente: “Seguo con grandissima preoccupazione quanto sta accadendo in Medio Oriente, e auspico che il conflitto, già terribilmente sanguinoso e violento, non si estenda ancora di più. Prego per tutte le vittime, in particolare per i bambini innocenti, ed esprimo vicinanza alla comunità drusa in Terra Santa e alle popolazioni in Palestina, Israele, e Libano”.
Ugualmente preoccupato per il Myanmar, ma soprattutto per Gaza: “Non dimentichiamo il Myanmar. Si abbia il coraggio di riprendere il dialogo perché cessi subito il fuoco a Gaza e su tutti i fronti, si liberino gli ostaggi, si soccorrano le popolazioni con gli aiuti umanitari. Gli attacchi, anche quelli mirati, e le uccisioni non possono mai essere una soluzione. Non aiutano a percorrere il cammino della giustizia, il cammino della pace, ma generano ancora più odio e vendetta. Basta, fratelli e sorelle! Basta! Non soffocate la parola del Dio della Pace ma lasciate che essa sia il futuro della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero! La guerra è una sconfitta!”
Inoltre non ha dimenticato quello che sta avvenendo in Venezuela: “Altrettanta preoccupazione esprimo per il Venezuela, che sta vivendo una situazione critica. Rivolgo un accorato appello a tutte le parti a cercare la verità, ad esercitare moderazione, ad evitare ogni tipo di violenza, a comporre i contenziosi con il dialogo, ad avere a cuore il vero bene della popolazione e non interessi di parte. Affidiamo questo Paese all’intercessione di Nostra Signora di Coromoto, tanto amata e venerata dai venezuelani, e alla preghiera del Beato Josè Gregorio Hernandez, la cui figura tutti accomuna”.
Mentre prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha incentrato la sua riflessione sull’importanza del nutrimento eucaristico: “Sono stati protagonisti di un’esperienza per il loro cammino, ma non ne hanno colto la portata: la loro attenzione si è concentrata solo sui pani e sui pesci, sul cibo materiale, che è finito subito. Non si sono accorti che quello era solo uno strumento, attraverso cui il Padre, mentre saziava la loro fame, rivelava loro qualcosa di molto più importante.
E cosa rivelava il Padre? La via della vita che dura per sempre e il gusto del pane che sazia oltre ogni misura. Il vero pane, insomma, era ed è Gesù, il suo Figlio amato fatto uomo, venuto a condividere la nostra povertà per guidarci, attraverso di essa, alla gioia della comunione piena con Dio e con i fratelli”.
Ed ha messo ‘in guardia’ dall’occuparsi solo di cose materiali:” Pensiamo a quei genitori che faticano tutta la vita per crescere bene i figli e lasciare loro qualcosa per il futuro. Che bello quando questo messaggio è compreso, e i figli sono grati e a loro volta diventano solidali tra loro come fratelli! E’ vero.
E’ triste, invece, quando litigano per l’eredità (ho visto tanti casi, è triste), e sono in lotta l’uno contro l’altro, e magari non si parlano per i soldi, non si parlano per anni! Il messaggio del papà e della mamma, il loro lascito più prezioso, non sono i soldi: è l’amore, è l’amore con cui donano ai figli tutto quello che hanno, proprio come fa Dio con noi, e così ci insegnano ad amare”.
Inoltre oggi il papa ha pubblicato una lettera sul ruolo della letteratura nella formazione personale: “Spesso nella noia delle vacanze, nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti, trovare un buon libro da leggere diventa un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene. Poi non mancano i momenti di stanchezza, di rabbia, di delusione, di fallimento, e quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima, un buon libro ci aiuta almeno a passare la tempesta, finché possiamo avere un po’ più di serenità.
E forse quella lettura ci apre nuovi spazi interiori che ci aiutano ad evitare una chiusura in quelle poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile. Prima della onnipresenza dei media, dei social, dei cellulari e di altri dispositivi, questa era un’esperienza frequente, e quanti l’hanno sperimentata sanno bene di cosa sto parlando. Non si tratta di qualcosa di superato”.
L’invito alla lettura è rivolto soprattutto ai seminaristi: “Questo mi porta a valutare molto positivamente il fatto che, almeno in alcuni Seminari, si superi l’ossessione per gli schermi -e per le velenose, superficiali e violente fake news- e si dedichi tempo alla letteratura, ai momenti di serena e gratuita lettura, a parlare su questi libri, nuovi o vecchi, che continuano a dirci tante cose. Ma in generale si deve, con rammarico, constatare che nel percorso formativo di chi è avviato al ministero ordinato, l’attenzione alla letteratura non trova al momento un’adeguata collocazione”.
La letteratura è molto importante per la formazione sacerdotale: “Quest’ultima è spesso considerata, infatti, come una forma di intrattenimento, ovvero come un’espressione minore della cultura che non apparterrebbe al cammino di preparazione e dunque all’esperienza pastorale concreta dei futuri sacerdoti. Tranne poche eccezioni, l’attenzione alla letteratura viene considerata come qualcosa di non essenziale. Al riguardo, desidero affermare che tale impostazione non va bene. E’ all’origine di una forma di grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri, che vengono in tal modo privati di un accesso privilegiato, tramite appunto la letteratura, al cuore della cultura umana e più nello specifico al cuore dell’essere umano”.
E’ un appello ad annunciare la ‘carne’ di Gesù: “L’urgente compito dell’annuncio del Vangelo nel nostro tempo richiede, dunque, ai credenti e ai sacerdoti in particolare l’impegno a che tutti possano incontrarsi con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia. Dobbiamo stare tutti attenti a non perdere mai di vista la ‘carne’ di Gesù Cristo: quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore”.
La letteratura aiuta i sacerdoti ad annunciare il Vangelo: “Ed è proprio a questo livello che un’assidua frequentazione della letteratura può rendere i futuri sacerdoti e tutti gli agenti pastorali ancora più sensibili alla piena umanità del Signore Gesù, in cui si riversa pienamente la sua divinità, e annunciare il Vangelo in modo che tutti, davvero tutti, possano sperimentare quanto sia vero ciò che dice il Concilio Vaticano II: ‘in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo’. Ciò non vuol dire il mistero di un’umanità astratta, ma il mistero di quell’essere umano concreto con tutte le ferite, i desideri, i ricordi e le speranze della sua vita”.
Ed infine la letteratura è una missione:”La missione di custode del creato, assegnata da Dio ad Adamo, passa innanzitutto proprio dalla riconoscenza della realtà propria e del senso che ha l’esistenza degli altri esseri. Il sacerdote è anche investito di questo compito originario di “nominare”, di dare senso, di farsi strumento di comunione tra il creato e la Parola fatta carne e della sua potenza di illuminazione di ogni aspetto della condizione umana”.
In questo c’è affinità tra sacerdote e poeta: “L’affinità tra sacerdote e poeta si manifesta così in questa misteriosa e indissolubile unione sacramentale tra Parola divina e parola umana, dando vita ad un ministero che diviene servizio pieno di ascolto e di compassione, ad un carisma che si fa responsabilità, ad una visione del vero e del bene che si schiude come bellezza”.
(Foto: Santa Sede)
Simone Varisco e Paolo Alliata: raccontare il Vangelo con l’arte e la letteratura

“Cosa unisce la vigna di van Gogh al filobus di Rodari? Oppure il disperato di Courbet all’idiota di Dostoevskij? E’ il punto di vista, lo sguardo su di noi e sugli altri, che accomuna arte, letteratura e parabole. Ad esempio, è il collocarci fra gli ultimi arrivati, e non fra i primi operai della vigna, a rendere il racconto di Gesù un felice paradosso e non un’incomprensibile ingiustizia. Lo stesso accade se svestiamo i panni del fratello maggiore per calarci in quelli del figlio prodigo, che più ci appartengono.
Perché neppure il più virtuoso o il più lavoratore fra gli uomini e le donne può vantare un credito verso Dio, come ci insegnano le parabole del fariseo e del pubblicano o quella del padrone e del servo. Siamo pecore smarrite fra grano e zizzania, chiamati ad essere samaritani, ‘prossimi’ tanto dell’uno quanto dell’altra. Germogli soffocati fra le spine, corriamo il rischio di uccidere e gettare fuori dalla vigna della nostra vita il Figlio”.
E’ il percorso proposto nel libro, ‘Le parabole fra pittura e letteratura’, scritto da Simone Varisco, storico e saggista, e da don Paolo Alliata, responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico della diocesi di Milano, che raccoglie, rielabora ed amplia le meditazioni sui Vangeli offerte ogni settimana sul blog di cultura, attualità e fede Caffestoria.it, unendo ad esse il ‘respiro largo’ dell’arte, accompagnate da un brano letterario, già autori dei precedenti volumi ‘La Pasqua fra pittura e letteratura’ ed ‘Il Natale fra pittura e letteratura’.
A Simone Varisco chiediamo il motivo per cui c’è bisogno di raccontare le parabole attraverso la pittura e la letteratura: “Prima ancora che un genere letterario, le parabole sono un eccezionale stile di comunicazione, e l’arte (che sia pittura, letteratura od altro) costituisce un ulteriore esempio di linguaggio efficace. Al di là delle evidenti differenze, parabole e arte hanno in comune l’immediatezza, la potenza espressiva, l’eloquenza, la capacità di ‘incarnare’ un messaggio e di farlo sopravvivere alla prova del tempo. Dopo aver percorso insieme alla pittura e alla letteratura le strade del Natale e della Pasqua, nei due libri precedenti, ci è parso naturale incamminarci lungo la via delle parabole in compagnia di queste due forme di arte”.
Con quale criterio sono state scelte le parabole?
“Come già per gli altri libri scritti insieme in passato, anche ‘Le parabole fra pittura e letteratura’ ha origine nell’amicizia e nelle passioni che condividiamo, don Paolo Alliata e io. Le parabole sono state scelte insieme, per lo più fra quelle commentate durante l’anno liturgico da don Paolo nella rubrica ‘La Parola, la Chiesa, il mondo’ del mio blog Caffestoria.it. Si tratta di un excursus che comprende alcune delle parabole evangeliche più celebri, come quella dei talenti o della pecora smarrita, ma anche racconti sui quali soffermarci con rinnovata attenzione. Penso, ad esempio, ai vignaioli omicidi od al campo in cui si mescolano grano e zizzania: di straordinaria attualità in un mondo che ha imboccato la via dell’autodistruzione, non solo con la guerra, e in cui sembra prevalere il male, nell’apparente indifferenza di Dio”.
Allora, in quale modo la Parola diventa lievito?
“Poche immagini sono in grado di rendere l’idea di quali dinamiche appartengano al Regno di Dio e ai suoi testimoni come il lievito e il sale. Uno può fermentare in noi e negli altri, se gli diamo l’occasione per farlo; l’altro dà sapore, anche se è pressoché invisibile. Si tratta di un processo delicato, serve prestare attenzione alle dosi, per così dire, ma l’esito è inevitabile, nelle giuste condizioni. La Parola ‘fermenta’ in noi, perché appartiene al quotidiano di ognuno: anche se spesso lo dimentichiamo, nessuno escluso, siamo pecore smarrite, germogli che stentano a crescere fra sassi e spine, corriamo costantemente il rischio di uccidere e di gettare fuori dalla vigna della nostra vita il Figlio.
Ogni giorno ci muoviamo in un campo dove convivono grano e zizzania, spesso anche per nostra responsabilità, e nondimeno (anzi, forse proprio per questo) siamo chiamati ad essere samaritani, a farci ‘prossimi’ tanto dell’uno quanto dell’altra”.
Per quale motivo artisti ed autori hanno sentito l’esigenza di confrontarsi con il Vangelo?
“Il Vangelo ha segnato (e continua a segnare, anche se è impopolare affermarlo) la storia di molta parte del mondo, e naturalmente anche la storia dell’arte. Vale la pena sottolineare che gli orizzonti evangelici appartengono in gran parte alla tradizione ebraica, come è particolarmente evidente proprio nelle parabole. Sublimati in seguito dal cristianesimo, non sono estranei neppure al mondo islamico. Va da sé, ci sono anche ragioni più prosaiche nel rapporto che lega artisti e parabole: la Chiesa è sempre stata una straordinaria committente d’arte”.
Perché nel libro nessuna opera d’arte ‘sacra’?
“Cosa c’è di ‘sacro’ in una moneta caduta da qualche parte in casa, in una lampada a corto di olio oppure in una rete piena di pesci? Eppure sono queste le immagini con cui Gesù ha scelto di raccontarci i misteri più insondabili della nostra esistenza. E le ha scelte, possiamo supporre, perché appartengono al nostro quotidiano. E’ la dimostrazione di un Dio incredibilmente elegante nel suo stile. Nulla, in nessun tempo, gli è estraneo, né può esserlo. Ogni dipinto, ogni barra rap, ogni piega che l’artista potrà mai imprimere nel marmo o nel legno raccontano dell’uomo ed, inevitabilmente di Dio. Anche quando l’intento è altro, o addirittura contrario”.
Con quale linguaggio è possibile oggi narrare ai giovani le parabole?
“Anche se gli orizzonti di vita sono molto cambiati da quelli delle società rurali di un tempo, e del tempo di Cristo, il significato delle parabole è ancora comprensibile oggi. Non hanno perso nulla della loro attualità: le parabole sono più ricche di significato di ogni analisi geopolitica o sociologica. Ed i giovani, cui dovremmo riconoscere più fiducia, ne sono consapevoli: meglio di altri intuiscono che il messaggio delle parabole li riguarda. Invece che interrogarci su una presunta ‘vecchiaia’ del Vangelo, perciò, dovremmo chiederci perché troviamo difficile coinvolgerli. Più che un problema di linguaggio, che sia un problema di testimonianza, e di credibilità dei testimoni?”
L’omaggio del Meeting di Rimini a Eugenio Corti con la mostra su ‘Il Cavallo Rosso’

“Verso le quattro cominciò a schiarire. A levante si formò nelle tenebre un barlume verde scuro, che tracciò poco alla volta un segmento d’orizzonte, come a dire un principio di separazione tra il cielo e il mare, entrambi ancora neri. Poi la luce crebbe, si diffuse, le stelle andarono attenuandosi, mentre la macchia verdastra si espandeva sempre più, trasmutando in rosso, in oro, in altri colori. Sospesa nel cielo sopra il mare sterminato rimase un’unica stella, goccia di luce tremula: era Espero, la prima che si accende la sera, l’ultima che si spegne al mattino. Dal piano del mare emerse infine un punto straordinariamente luminoso, che crebbe fino a trasformarsi in un principio di disco: il sole. I dieci uomini, avvolti nelle loro umide coperte, osservarono quasi senza parlare lo spettacolo, mentre la barca seguitava a correre bravamente, spinta dal suo inestetico motore”.
Varisco e Alliata: arte e letteratura alla prova della Pasqua

Attraverso la riflessione e la meditazione su dieci opere della storia dell’arte e alcuni brani tratti dalla letteratura, Simone Varisco, storico e saggista, e don Paolo Alliata, responsabile del Servizio per l’Apostolato Biblico dell’arcidiocesi di Milano, conducono i lettori in un percorso che tocca i momenti cruciali della Passione di Cristo nel libro ‘La Pasqua fra pittura e letteratura’, che offre molti spunti di meditazione sul mistero della Pasqua, da Bosch a Tissot, da Dante Alighieri a Etty Hillesum:
Giorno del Ricordo: il racconto della letteratura

Si è svolta venerdì 10 febbraio al Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, la celebrazione del ‘Giorno del Ricordo’, aperta dalla proiezione di un video di Rai Storia, a cui sono intervenuti il presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, prof. Giuseppe De Vergottini, lo storico prof. Giovanni Orsina, ordinario di Storia contemporanea alla Luiss ‘Guido Carli’, ed il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani. La cerimonia si è conclusa con il discorso del Presidente della Repubblica, che ha sottolineato la validità della legge che istituì nel 2004 questo ‘Giorno del Ricordo’: