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In Calabria sulle tracce di san Francesco di Paola

‘Il Cammino di San Francesco di Paola’, curato da Angelina Marcelli, Vincenzo Astorino e Alessandro Mantuano propone un’esperienza escursionistica, culturale e spirituale plasmata sulla memoria storica del santo patrono della Calabria, alla scoperta degli aspetti umani e religiosi del frate, profondamente legato alla sua gente e al rispetto della natura. Un percorso che porta a conoscere l’affascinante storia del santo e a ripercorrere i suoi passi tra foreste secolari di faggi e il folklore di paesi dalle tradizioni antichissime; che si arricchisce con la visita a borghi di antica bellezza e con i sapori e l’ospitalità tipici delle tradizioni calabresi.

Alla coautrice della guida, prof.ssa Angelina Marcelli, docente di storia economica all’Università degli studi eCampus e responsabile della comunicazione e cultura dell’associazione ‘Il Cammino di San Francesco di Paola’, abbiamo chiesto di raccontare in cosa consiste tale cammino: “Il Cammino nasce nel 2017 con l’intenzione di proporre un’esperienza escursionistica e allo stesso tempo culturale e spirituale, plasmata sulla memoria storica e sulle tradizioni locali legate alla figura di Francesco di Paola (1416-1507).

Il patrono della Calabria era un eremita, fondatore dell’Ordine dei Minimi, che ha finito i suoi giorni in Francia, presso la corte del re più potente del suo tempo. Noi sintetizziamo il senso del cammino definendolo una ‘biografia su mappa’, perché vogliamo ricostruire i viaggi compiuti da Francesco in diversi momenti della sua vita. Ogni Via, dunque, è accompagnata da una narrazione che vuole mettere in evidenza motivazioni, luoghi e protagonisti di ogni viaggio. Attualmente sono attive tre Vie; a breve inaugureremo la Via per la Francia e speriamo di poter mettere mano presto sia alla Via per la Sicilia che al Pellegrinaggio ad Assisi”.

Perché è la ‘via del giovane’?

“All’età di 13 anni, Francesco Martolilla si reca a San Marco Argentano per adempiere un voto fatto dai genitori, che di fronte alla malformazione ad un occhio del loro bambino, avevano promesso che lo avrebbero concesso come oblato per un anno in una comunità francescana. Abbiamo quindi pensato di tracciare il percorso da San Marco Argentano a Paola (49 km in tre tappe) per fare memoria del ritorno a casa, un viaggio contrassegnato da una parte dalla certezza di essere chiamato a servire il Signore, ma dall’altra dall’inquietudine di non sapere esattamente come”.

In cosa consiste la ‘via dell’eremita’?

“Lungo la Via dell’Eremita (62,7 km in tre tappe) accompagniamo frate Francesco ormai maturo (aveva circa 56 anni) verso Paterno dove fonda il suo secondo romitorio dopo quello di Paola. Si tratta di un viaggio importante per diversi aspetti. E’, infatti, un passo che compie solo dopo che la Chiesa aveva formalizzato la nascita della sua congregazione eremitica, ma soprattutto segna il tempo dell’affermazione di un’identità comunitaria basata sull’osservanza del suo stile di vita. Per diversi anni, Francesco (curava personalmente la costruzione dei romitori) fece la spola tra Paola e Paterno e per questa ragione abbiamo pensato di tracciare la Via in modo bidirezionale”.

Ed infine come si sviluppa la ‘via dei monasteri’?

“Più che un singolo viaggio, è un andirivieni che frate Francesco compie per congiungere i romitori fondati in Calabria dopo quello di Paola, cioè Paterno (1472), Spezzano (1474) e Corigliano (1476). Questo viaggio ideale, segno di maturità spirituale, sigilla il forte legame tra Francesco e la sua terra, ma anche della intensa relazione con i suoi confratelli, che si assumono la responsabilità di guidare le nuove comunità. Da Paterno, il percorso si dirige verso l’Area MaB UNESCO della Pre-Sila e arriva nel Golfo di Corigliano (135 km in 6 tappe)”.

Perché san Francesco da Paola fondò l’Ordine dei Minimi?

“Nonostante il divieto imposto dal Concilio Lateranense IV, Francesco di Paola ottenne l’approvazione della regola dell’Ordine dei Minimi, sintesi della natura e del carisma impressi alla sua famiglia religiosa. L’umiltà del Fondatore è incisa in questo nome che sembra voler indicare ai frati una strada di continua conversione per diventare piccoli, semplici, minimi appunto”.

Per quale motivo il viandante si mette in cammino?

“Le ragioni sono tante e una non esclude l’altra. Quasi sempre c’è una motivazione personale di natura spirituale. Molti, infatti, lo fanno a mo’ di pellegrinaggio. Tanti, soprattutto quelli proveniente da altre regioni, invece, sono attratti dalla natura, dalla varietà di paesaggi, dalla bellezza e dalle tradizioni culturali dei borghi attraversati e solo dopo entrano in contatto con la spiritualità dell’eremita paolano. Tutti, poi, finiscono per apprezzare il volto più bello della Calabria, che è l’accoglienza”.

Quale è la spiritualità del cammino?

“Percorrere il cammino significa un po’ vestirsi dell’abito di Francesco, fatto di sobrietà ed essenzialità, di contemplazione del creato e di amore per il prossimo e per la natura. Si tratta di un abito che in qualche modo si trasmette di più con l’esperienza stessa che con le parole”.

Per qualsiasi informazione: info@ilcamminodisanfrancesco.it

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco alla comunità monastica di Montevergine: farsi dono per Dio

“Do il benvenuto a tutti voi, al Padre Abate, ai monaci e ai collaboratori. Avete voluto questo incontro in occasione del Giubileo per il nono centenario di fondazione dell’Abbazia di Montevergine, avvenuta nel 1124 ad opera di San Guglielmo da Vercelli”: con queste parole papa Francesco ha ricevuto in udienza la Comunità Monastica dell’Abbazia di Montevergine, legata a Guglielmo da Vercelli, un monaco eremita vissuto tra l’XI e il XII secolo, attratto dai pellegrinaggi nei luoghi della cristianità.

E’ una storia che il papa ha ricordato ben volentieri: “All’origine della vostra storia non ci sono miracoli o eventi straordinari, ma la sollecitudine di un Pastore, il Vescovo di Avellino, che volle costruire, in quel luogo elevato, una chiesa e raccogliervi un piccolo numero di persone al servizio di Dio, per farne un centro di preghiera, di evangelizzazione e di carità”.

Riprendendo le parole di sant’Agostino di Ippona papa Francesco li ha invitati a farsi ‘dono per Dio’: “E’ il senso della vocazione monastica, che mette alla radice di ogni azione l’opera di Dio, e cioè la preghiera, a cui san Benedetto raccomanda di non anteporre nulla. Il Santuario della Madonna di Montevergine, posto in alto, come una vedetta, è visibile da tutta l’Irpinia, ed i fedeli vi accorrono, spesso a piedi, per trovarvi consolazione e speranza, per ricevere durante il pellegrinaggio nuova forza, come ancora oggi ricordano molti canti tradizionali, anche dialettali, che accompagnano i pellegrinaggi.

Ad accoglierli c’è la bellissima icona della Madre di Dio, con i suoi grandi occhi a mandorla, pronti a raccogliere lacrime e preghiere, che mostra a tutti, sulle ginocchia, il Bambino Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Ebbene, farsi “dono per Dio” vuol dire pregare per avere anche voi quegli occhi grandi e buoni, e per mostrare, a chiunque incontrate, come Maria, il Signore, presente nei vostri cuori”.

In questa abbazia è stata accolta anche l’immagine della Sindone: “Durante la seconda guerra mondiale, la vostra comunità ha avuto la grazia di accogliere la Sacra Sindone, portata in segreto presso il vostro Santuario, perché vi fosse custodita e venerata, al sicuro dal rischio dei bombardamenti. Anche questa è un’immagine bellissima della vostra vocazione primaria: custodire l’immagine di Cristo in voi, per poterla mostrare ai fratelli”.

Una seconda sollecitazione proposta dal papa è quella di essere ‘dono di Dio’: “Donarsi cioè con generosità a chi sale al Santuario, perché, accostandosi ai Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, si senta, nell’attenzione e nella preghiera, accolto e portato sotto il manto della Madre di Dio.

E l’essere monaci, fisicamente lontani dal mondo, ma spiritualmente vicinissimi ai suoi problemi e alle sue angosce, custodi nel silenzio della comunione con il Signore, e al tempo stesso suoi ospiti generosi nell’accoglienza degli altri, e questo può rendervi, per chi vi incontra, un segno vivente ed eloquente della presenza di Dio. Perciò, cari fratelli, vi raccomando di non cedere alla tentazione di conformarvi alla mentalità e agli stili del mondo, di lasciarvi trasformare costantemente da Dio, rinnovando il vostro cuore e crescendo in Lui, perché chi viene da voi in cerca di luce non resti deluso”.

Ed a conclusione della giornata papa Francesco ha ricevuto i docenti e gli alunni delle Scuole dell’Archivio Apostolico e della Biblioteca Apostolica: i 140 anni della Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica e i 90 anni della Scuola Vaticana di Biblioteconomia: “Sono due istituzioni di alta formazione che giungono a traguardi importanti di cui mi felicito, perché conosco e apprezzo l’impegno che tutti voi profondete in un servizio che ha preparato e prepara molti archivisti e bibliotecari nella Chiesa e nel mondo”.

Durante l’incontro ha sottolineato l’importante compito della ricerca storiografica: “E’ un compito importante, il vostro, quello di favorire e sostenere, con ogni disponibilità, persone che, come dice l’evangelista Luca nel prologo del suo Vangelo, decidono di ‘fare ricerche accurate in ogni circostanza’ per giungere alla verità. Il vostro è veramente un servizio alla ‘solidità degli insegnamenti ricevuti’, in senso cristiano e umano. Una solidità tanto necessaria in tempi di notizie a volte diffuse senza verifiche e senza ricerche”.

Infine ha ricordato un’importante caratteristica delle due scuole vaticane: “… quella di avere un’impostazione eminentemente pratica e un approccio concreto ai problemi e agli studi, secondo una linea che ho più volte indicato, perché il confronto con la realtà delle cose vale di più dell’ideologia. Le ideologie uccidono sempre.

Tali scuole non sono ideologiche, ma formative: “Da voi si insegna e si impara a essere archivisti e bibliotecari a contatto, oltre che con gli studi, con l’esperienza viva di chi svolge in Biblioteca e in Archivio questa professione; a voi è concesso il privilegio di formarvi attingendo direttamente dal patrimonio secolare che l’Archivio e la Biblioteca hanno il compito e la responsabilità di custodire e di trasmettere alle generazioni presenti e future. E questi contatti, oltre che occasione di apprendimento tecnico, sono anche stimolo di apertura mentale e umana. Questa concretezza e questa apertura siano le stelle polari del vostro futuro cammino e di un deciso rilancio delle due Scuole vaticane”.

(Foto: Santa Sede)

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