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Mons Enrico Trevisi invita ad incontrare Gesù

Nelle settimane scorse il vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, ha consegnato ai fedeli la lettera pastorale ‘Io sono con te’ per invita tutti ad essere ‘pellegrini di speranza’ nell’anno giubilare: “Pellegrini di speranza è un motto che mi piace. Apre squarci di positività e di senso sul futuro. Un cammino che ha una meta e che autorizza la fatica del procedere, insieme, come popolo di Dio. Con lo Spirito di Dio”.
La lettera del vescovo, intitolata ‘Io sono con te’, è un invito a non temere di incontrare Gesù: “La vocazione a cui siamo chiamati è impegnativa. La nostra debolezza suscita apprensione; la nostra fragilità è un dato di fatto: siamo vulnerabili. Le nostre capacità sono del tutto inadeguate. Anche noi credenti siamo esposti al rischio della riduttiva logica delle prestazioni volontaristiche che ci fanno appoggiare su noi stessi (il papa parla di neo-pelagianesimo). Invece siamo chiamati a guardare a Gesù, ‘Admirantes Iesum’, e nella quotidiana esperienza mistica dell’essere con Gesù ci sappiamo nell’amore del Padre per camminare con lo Spirito, dentro le testimonianze che ci aspettano”.
Nella lettera mons. Trevisi sottolinea che Gesù non abbandona nessuno: “Gesù non ci lascia orfani, cioè soli, nell’affrontare i nostri giorni complicati. Dal Padre e dal Figlio, per il tramite del Figlio ci è dato lo Spirito Paraclito: dove ‘Paraclito’ (che ora la nuova edizione della Scrittura non traduce) richiama una presenza amica. E’ Dio (la terza persona della Trinità) chiamato ad esserci sempre vicino, ad esserci sempre a fianco: a difenderci in ogni difficoltà (è l’Avvocato difensore), a consolarci nei nostri fallimenti (è il Consolatore). E’ con noi per rafforzarci quando siamo deboli (è il Medico celeste, è Fortezza) e per illuminare le nostre menti (è Sapienza, Intelletto, Consiglio, Scienza per quando siamo frastornati e rischiamo l’errore). Purifica la nostra relazione con Dio, purtroppo tentata da presunzioni che necessitano Pietà e Timor di Dio”.
La lettera è un invito a guardare Gesù: “Su alcune questioni siamo turbati e inquieti. Non abbiamo la facile soluzione. Forse nelle singole questioni talvolta eccediamo in prudenza o in ingenuità. Ma una cosa è certa. Noi abbiamo una guida. Non siamo soli. Il Signore è con noi. Lo Spirito Paraclito, con la pienezza dei suoi doni, sempre ci assiste.
Con passione siamo chiamati a trasmettere questa verità ai ragazzi e ai giovani, a chi crede e a chi non crede, ai poveri e agli esclusi. Noi teniamo gli occhi fissi su Gesù. E così (per grazia, per lo Spirito Santo che ci è dato) guardiamo al mondo con i suoi occhi e anche scopriamo quanto Dio ancora sta facendo per noi. E come ancora ci parla: e noi disponibili ad ascoltare la sua Parola, a scrutare i segni della sua presenza viva. I nostri occhi sul mondo piagato (ed anche sulle nostre meschinità e fragilità) devono essere gli occhi di compassione di Gesù. E il nostro cuore deve lasciarsi convertire imparando dal suo cuore”.
L’invito a guardare Gesù significa anche accompagnare gli ‘ultimi’: “Il nostro tenere fisso lo sguardo su Gesù è per imparare da Lui e per ottenere dallo Spirito la forza e la gioia di essere accanto ai fratelli, anche quelli che sbagliano; anche quelli che si sentono esclusi; anche quelli che si sentono falliti, con il suo stile, con il suo cuore, con la sua Grazia. Serve un abbraccio di più, una presenza meno appassita, una tenerezza che accompagni ogni bimbo, un incoraggiamento che fortifichi ogni giovane, tante ‘persone medicina’ che quando le guardi guarisci.
Lo Spirito è per rigenerarci a vita nuova. Se invece i cuori e le parole trasudano diffidenza, aggressività e indifferenza vuol dire che occhi e cuore non sono fissi su Gesù. Le nostre comunità, accogliendo lo Spirito Santo, debbono essere piene di ‘persone medicina’, di compagnie rassicuranti, di testimoni che incarnano la Parola di Gesù e la spezzano nel quotidiano ‘amatevi come io vi ho amati’ (cf. Gv 13,34)”.
La lettera è un invito ad essere ‘pellegrini di speranza’: “Siamo chiamati ad attingere la speranza nella Grazia di Dio. E per questo numerosi saranno gli appuntamenti che ci vedranno attenti a celebrare la Parola del Signore, solleciti nel sacramento della Riconciliazione e riconoscenti nel sacramento dell’Eucaristia. Attenti anche ad invitare persone che fanno parte delle nostre comunità ma che talvolta rischiamo di lasciare un po’ in ombra, magari per le difficoltà logistiche o per le più diverse ragioni che ci rendono frettolosi nei confronti di chi chiede tempi più lenti, parole più meditate, cuori più compassionevoli”.
Essere ‘pellegrini di speranza’ attraverso i ‘segni’: “Radicati nel Signore saremo sollecitati a dare segni di speranza a chi vive il dramma della guerra e delle innumerevoli ingiustizie e iniquità tra i popoli, alle giovani coppie che faticano a vivere l’entusiasmo del trasmettere la vita (l’inverno demografico è uno dei maggiori indici di difetto di speranza), ai detenuti che vivono indegne condizioni nelle nostre carceri, agli ammalati che si trovano nelle case o negli ospedali, ai giovani e al loro futuro che può di nuovo riaccendersi nell’entusiasmo che si fonda in Dio e nel suo amore”.
‘Pellegrini di speranza’ nella ferialità: “Segni di speranza siamo tutti chiamati ad esserlo nella nostra ferialità. Tutti, nessuno escluso. Prima di inventare iniziative strane, noi siamo chiamati a diventare ‘segni di speranza’. Le iniziative sono utili, ma anche sempre precarie e insufficienti. Ciascuno di noi è chiamato a divenire un ‘segno di speranza’: su questo dovremo fermarci a riflettere, e convertirci”.
Ma ‘pellegrini di speranza’ si diventa se ci si prende cura anche della vita spirituale: “Cogliamo il Giubileo come l’occasione, l’appello a prenderci cura della nostra vita spirituale: è un anno speciale e allora diamoci un tempo speciale per la preghiera e il silenzio e l’Adorazione eucaristica con cui guardiamo alla vita, a noi stessi, al mondo, con gli occhi del Signore e alla luce della sua Parola.
Osiamo fare scelte di formazione cristiana: è triste se come credenti assecondiamo le mode e la cultura del tempo senza approfondire quanto ci è rivelato nella Scrittura, senza collocarci dentro la grande tradizione della fede che ancora ci aiuta a trovare il cammino delle nostre responsabilità”.
La missione Speranza e Carità ricorda incontro di fratel Biagio Conte con Benedetto XVI

Fratel Biagio sta continuando a vivere la sua malattia con tanta forza e coraggio e tutta la missione gli è vicino. Ognuno fa il possibile per rendergli la giornata piacevole con un gesto, una parola, una preghiera, un canto, una fisioterapia o una medicina data con amore e leggerezza.
Ogni giorno Fratel Biagio dona sorrisi e con le poche forze che la malattia in questo momento gli consente ripete a tutti: ‘Vi voglio bene! vi voglio tanto bene!’
In questo momento i medici con umiltà hanno posto un comprensibile limite a quelle che sono le possibilità mediche conosciute di guarigione di Fratel Biagio ma sempre la medicina e tanti uomini e donne con amore ci dicono e crediamo che non ci sono limiti alle cure, alle carezze e alle parole di incoraggiamento che si possono dare in questi momenti. A tutti noi ci accompagna la Speranza.
Grazie a Dio Fratel Biagio non ha tanti dolori e il suo sintomo principale è il senso di stanchezza che fa parte della malattia che lo ha colpito. Nel nostro cammino di fede guardiamo all’immenso mistero di Dio che tutti noi dobbiamo imparare a guardare come Padre amorevole.
A lui ci affidiamo, a Lui tutto è possibile e sempre Santa e perfetta è la Sua Volontà. Dalla Missione di Speranza e Carità vi giunga un saluto di pace e speranza ricordando quello che fratel Biagio ha sempre ripetuto facendo sue le parole di san Paolo che dice: ‘Quando siamo deboli è allora che siamo più forti’.
E nel giorno dei funerali del papa emerito Benedetto XVI la missione ‘Speranza e Carità’ ricorda il viaggio fatto a Palermo nel 3 ottobre del 2010, in cui il papa incontrò fratel Biagio e p. Giuseppe Vitrano a Palazzo Vescovile, salone Filangieri:
“In questo incontro matura l’associazione pubblica di fedeli della ‘Missione di Speranza e Carità’. Negli anni precedenti Papa Benedetto XVI aveva scritto due encicliche: ‘Spe Salvi’ (30 novembre 2007) e ‘Caritas in veritate ‘(29 giugno 2009) appunto sulla Speranza e sulla Carità.
L’incontro testimonia in modo profetico la grande comunione con la chiesa, rappresentata da Pietro nella persona di papa Benedetto XVI che è simbolo della fede. Il nome di ‘Missione di Speranza e Carità’ è stato maturato da fratel Biagio e padre Pino proprio in quell’incontro con papa Benedetto XVI. Tutta la comunità prega per Papa Benedetto XVI”.
Missione Speranza e Carità
Scifoni entusiasma il popolo del Meeting con i brufoli dei Santi

Anche al Meeting dell’Amicizia tra i popoli ha fatto sold out lo spettacolo ‘Anche i Santi hanno i brufoli’, racconto giullaresco dove Giovanni Scifoni, accompagnato dagli strumenti di Davide Vaccari e Maurizio Vicchiò, ha preso in prestito le vite e le opere di cinque grandi santi: san Giovanni Bosco, sant’Agostino, san Giovanni di Dio, santa Francesca Romana.