Tag Archives: Assistenza

Giornata per la carità del Papa: il rapporto annuale dell’Obolo di San Pietro

L’Obolo, come donazione al successore di Pietro, prese forma stabile nel VII secolo, con la conversione degli Anglosassoni, in collegamento con la festa dell’Apostolo san Pietro a cui Gesù affidò la Sua Chiesa. E’ cresciuto nei secoli successivi, con l’adesione al cristianesimo degli altri popoli europei, sempre come un contributo di riconoscenza e devozione al papa, quale espressione di unità della Chiesa, e di corresponsabilità ecclesiale.

Il termine ‘Obolo di san Pietro’ fu usato fin dal Medioevo per identificare il censo, cioè il contributo annuo pagato alla Santa Sede da parte degli Stati o delle signorie locali che si erano poste sotto la sovranità del Papa. Con la Riforma protestante e la fine del regime feudale cessarono questi rapporti tra le monarchie europee e il Papa.

Nell’epoca moderna, poco prima della fine dello Stato Pontificio (1870) e della perdita delle rendite dei possedimenti territoriali, sorse in tutta Europa ed oltremare una sorprendente iniziativa di offrire al papa un aiuto materiale. Questa affettuosa reazione dei cattolici fu di grande consolazione e d’incoraggiamento per il papa. Anche in quel periodo di crisi il papa prese cura dei più sofferenti (ricordiamo ad es. il terremoto disastroso in Croazia nel 1881), destinando loro una parte dell’Obolo. Il sostegno ricevuto dal papa infatti non poteva non essere condiviso con quanti si trovavano in situazione di grave necessità, esprimendo così la premura di un padre che si prende cura di tutti i suoi figli: riceve per dare, e per dare a chi in quel momento ne ha più bisogno.

Nel resoconto annuale dello scorso anno le entrate del Fondo Obolo sono ammontate ad € 52.000.000, mentre le uscite sono risultate pari ad € 109.400.000, da quel che risulta dal Rapporto annuale diffuso in occasione della Giornata per la carità del Papa sul tema: ‘Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione’ e relativo alle tre forme principali da cui giungono le donazioni all’obolo: dalla Colletta raccolta presso le chiese di tutto il mondo in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, e trasmessa alla Santa Sede dalle diocesi italiane e, per il tramite delle rappresentanze pontificie, dalle diocesi estere; dalle offerte dirette inviate mediante bonifici su conti correnti bancari e postali, assegni o tramite il relativo sito web; dai lasciti ereditari.

Nell’anno trascorso le diocesi hanno contribuito all’Obolo per il 31.2%, i donatori privati per il 2.1%, le fondazioni per il 13.9%, gli ordini religiosi per l’1,2%. Per quanto riguarda le donazioni provenienti dalle diocesi e dai privati, i tre principali contributi provengono dagli Stati Uniti d’America (13.6%), dall’Italia (3,1%) e dal Brasile (1.9%).

Nello scorso anno il ‘Fondo Obolo di San Pietro’ ha erogato contributi per € 103.000.000, dei quali € 90.000.000 per supportare le attività espletate dalla Santa Sede a servizio della missione apostolica del Santo Padre ed € 13.000.000 per sostenere i progetti di assistenza diretta ai più bisognosi. Tali contributi provengono da offerte ricevute per € 48.400.000 e da proventi finanziari, realizzati dalla remunerazione del patrimonio, pari ad € 3.600.000 mentre la restante parte, € 51.000.000, è stata attinta dal patrimonio del Fondo Obolo.

Nel 2023 il Fondo Obolo ha sostenuto 236 progetti in 76 paesi, finanziandoli per un importo complessivo di € 13.000.000. Tra questi, € 80.000.000 devoluti in favore dell’Ucraina per patrocinare diverse iniziative pastorali e sociali in favore della popolazione martoriata dalla guerra. Tra i progetti sociali anche quello di ‘Ospedali Aperti’ in Siria.

Infine papa Francesco, attraverso i dicasteri della Santa Sede ha donato circa € 32.000.000 (di cui €  8.000.000 finanziati dall’Obolo) per opere caritative, che insieme ad € 13.000.000 per 236 progetti finanziati, menzionati precedentemente, ammontano ad un totale di € 45.000.000.

Save the Children: in Sudan ed a Gaza i bambini muoiono

“Quasi 230.000 bambini, donne incinte e neomamme rischiano di morire di fame nei prossimi mesi in Sudan, a meno che non vengano stanziati fondi urgenti e la comunità internazionale non si mobiliti per rispondere alla drammatica crisi che colpisce il Sudan”: è l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.

Più di 2.900.000 bambini in Sudan sono gravemente malnutriti e altri 729.000 sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave, la forma più pericolosa e mortale di fame estrema, secondo i nuovi dati, diffusi dal Cluster per la Nutrizione in Sudan, una partnership che include varie organizzazioni, tra cui Save the Children, le Nazioni Unite e il Ministero Federale della Salute. Di questi bambini, più di 109.000 rischiano di avere complicazioni mediche come disidratazione, ipotermia e ipoglicemia, che richiedono cure intensive e specializzate in ospedale.

Secondo il Cluster, circa 222.000 bambini gravemente malnutriti e più di 7.000 neomamme rischiano di morire nei prossimi mesi se non si farà fronte alle loro esigenze nutrizionali e sanitarie. Si tratta di una proiezione basata sugli attuali livelli di finanziamento del programma di alimentazione d’emergenza in Sudan, che al momento copre solo il 5,5% del fabbisogno totale del Paese. L’anno scorso, invece, il programma di alimentazione d’emergenza era finanziato al 23%, una percentuale di gran lunga inferiore rispetto alle necessità, ma comunque superiore a quella attuale.

La distruzione della catena di approvvigionamento di alimenti terapeutici pronti per l’uso, fondamentali per il trattamento dei bambini gravemente malnutriti, ha ostacolato duramente la risposta degli aiuti alla crisi. In particolare, l’unico produttore di alimenti necessari per la riabilitazione di bambini e donne affetti da malnutrizione acuta grave non è più operativo dopo essere stato distrutto lo scorso anno durante i combattimenti, come ha dichiarato Arif Noor, direttore di Save the Children in Sudan:

“In Sudan la situazione nutrizionale, in particolare la possibilità per i bambini e per gli altri gruppi vulnerabili di accedere al cibo di cui hanno bisogno per crescere e sopravvivere, è una delle peggiori al mondo. Se non si è piantato l’anno scorso, non c’è cibo oggi. Non piantare oggi significa non avere cibo domani. Il ciclo della fame si aggrava sempre di più e all’orizzonte non se ne vede la fine, esiste solo miseria. A dicembre, il territorio di Al-Jazirah, un tempo granaio del Paese, è stato teatro di intensi combattimenti che hanno portato a una nuova ondata di sfollati, con oltre mezzo milione di persone costrette a fuggire dalle proprie case in cerca di sicurezza. Questo ha portato a un’interruzione senza precedenti dei sistemi alimentari”.

Intanto a Gaza i bambini che muoiono di fame e di malattie non possono aspettare il tempo necessario per costruire un porto temporaneo al largo della Striscia, o avere solo la speranza che gli aiuti lanciati dagli aerei li raggiungano: “Pur accogliendo con favore gli sforzi volti a fornire maggiori aiuti a Gaza, compreso quello italiano volto a partecipare ai corridoi marittimi, questi metodi alternativi di consegna degli aiuti rischiano di essere costosi, inefficienti e distraggono dalla soluzione principale per salvare la vita dei bambini e delle famiglie a Gaza: un cessate il fuoco immediato e definitivo, l’accesso sicuro e senza restrizioni per gli aiuti umanitari, attraverso tutti i valichi di frontiera e all’interno della Striscia”.

Finora il Ministero della Sanità di Gaza ha registrato la morte di 18 bambini e due adulti per malnutrizione e disidratazione. Secondo Save the Children con le strutture sanitarie a malapena funzionanti e una minoranza di famiglie in grado di accedere ai servizi, questi numeri sono solo la punta dell’iceberg. A febbraio l’Organizzazione ha riferito che alcune famiglie sono state costrette a cercare gli avanzi di cibo lasciati dai ratti o a mangiare foglie nel tentativo disperato di sopravvivere e la situazione si aggrava ad ogni ora che passa, come ha dichiarato Jason Lee, direttore di Save the Children per i Territori palestinesi occupati: “I bambini di Gaza non possono ancora aspettare il cibo. Stanno già morendo per malnutrizione e salvare le loro vite è una questione di ore o giorni, non di settimane.

La negazione dell’assistenza umanitaria è una grave violazione contro i bambini ed è contraria al diritto internazionale umanitario. Da mesi chiediamo un accesso sicuro e libero in tutta Gaza.  Esiste già un sistema collaudato per coordinare efficacemente gli aiuti, ma i camion di cibo e medicinali che potrebbero salvare vite umane aspettano ai valichi, mentre i bambini muoiono di fame a pochi chilometri di distanza. I lanci aerei di beni, senza alcun coordinamento sul campo per chi li raggiunge, e i corridoi marittimi, come quello annunciato ieri, non sono soluzioni per mantenere in vita i bambini.

Né sono sostitutivi di un’assistenza umanitaria senza ostacoli attraverso le rotte terrestri stabilite. Il governo di Israele e i membri della comunità internazionale devono facilitare l’ingresso immediato di beni di prima necessità e commerciali, attraverso tutti i valichi di frontiera disponibili e in tutta la Striscia di Gaza. Per i bambini di Gaza ogni minuto è importante. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco definitivo ora e, nel frattempo, è necessario garantire l’accesso umanitario immediato e senza ostacoli attraverso tutte le vie disponibili”.

Save the Children chiede un cessate il fuoco immediato e definitivo per salvare e proteggere la vita dei minori a Gaza, un’effettiva attuazione delle misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia e ha invitato il governo israeliano a consentire il flusso illimitato di aiuti e la ripresa dell’ingresso di beni commerciali a Gaza per evitare che i bambini muoiano di fame e di malattie.

L’Organizzazione chiede inoltre a tutti i governi donatori e al resto della comunità internazionale di riprendere e aumentare il più rapidamente possibile i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA), da cui dipende la risposta degli aiuti a Gaza.

Fratel Biagio: basta Italia non costruire mai più armi, ma strumenti di lavoro

“Italia, hai il dovere di fermare la guerra in Russia ed Ucraina e non di alimentarla ancora, come hai fatto negli anni, fornendo e riempiendo di tantissime armi lo Stato dell’Ucraina, ma anche tantissimi altri Stati di tutto il Mondo”:

La Pav presenta un documento sulla condizione degli anziani

Martedì scorso è stato presentato il documento della Pontificia Accademia per la Vita, ‘La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia’, che ha preso spunto da un ammonimento di papa Francesco nella preghiera dello scorso 27 marzo, in cui invitava a “trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati, e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà”.

151.11.48.50