Il tradimento dei medici e degli uomini di Chiesa davanti alla dittatura sanitaria

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“In caso di scarsità di mezzi è giusto assistere prima chi è vaccinato”. Questa la tesi sostenuta da Prof. Mons. Mauro Cozzoli in una lettera al Quotidiano Sanità. Una presa di posizione che, soprattutto perché arriva da un teologo moralista che insegna all’Università Pontificia Lateranense ed è assistente spirituale dei medici di Roma, ha suscitato stupore e perplessità, come anche nel caso della disposizione del Direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano, la virostar Prof. Fabrizio Pregliasco.

Professor Fabrizio Pregliasco.

Nel caso della polemica attorno all’ospedale Galeazzi di Milano, che avrebbe rinviato gli interventi dei soggetti non vaccinati e, quindi, sprovvisti di Super Green pass, l’accusa per l’ospedale ortopedico è di effettuare discriminazioni tra i pazienti. A intervenire sulla questione è stata la Direzione generale al Welfare di Regione Lombardia, che ha inviato una richiesta di “chiarimenti” in merito ai criteri adottati per la rimodulazione degli interventi non urgenti dei pazienti non vaccinati. Dall’assessorato al Welfare spiegano che la richiesta, con relativo invio degli ispettori, serve per “ottenere informazioni” sui protocolli seguiti dall’ospedale. La disposizione sarebbe arrivata dal Direttore sanitario della struttura, il Professor Fabrizio Pregliasco, che ha confermato i fatti ma con alcune precisazioni: “Nessuna discriminazione e anzi una grande attenzione perché tutto si possa fare al meglio. Abbiamo considerato nella categoria delle fragili persone con problematiche cliniche personali o rischio infettivo. E anche l’aspetto del non essere vaccinato è un elemento che espone a un rischio infettivo che non possiamo escludere”.

«Nell’ospedale della virostar Pregliasco non si curano i non vaccinati. Ma perché il Ministro Speranza tace? Perché non interviene? Stasera seconda puntata a Fuori dal coro. Chi non urla è complice» (Mario Giordano @mariogiordano5 – Twitter, 25 gennaio 2022).

Il tradimento degli uomini di Chiesa davanti alla dittatura sanitaria
di Marco Tosatti
Stilum Curiae, 23 gennaio 2022


Mi sembra interessante portare alla vostra attenzione due episodi che a mio parere testimoniano di quanto la Chiesa abbia perduto la bussola in questa crisi del Covid-19.  I due episodi sono: il licenziamento da parte del Cardinale di Vienna del Cappellano delle Forze di Polizia Austriache per la sua opposizione esplicita all’obbligo vaccinale, che il governo intende imporre, e quanto scritto su Quotidiano Sanità da un professore della Lateranense. 

Ecco la nostra traduzione dell’articolo pubblicato da Maike Hickson su Life Site News:

Il Cardinale Christoph Schönborn di Vienna ha licenziato il cappellano delle forze di polizia austriache per aver espresso pubblicamente la sua opposizione al recente mandato di vaccinazione universale imposto dal governo austriaco.

Il cappellano della polizia è stato informato del suo licenziamento mercoledì in una lettera scritta da Schönborn che è noto per le sue opinioni liberali e pro-LGBT.

Una copia della lettera è circolata su Twitter ed è stata postata dall’attivista cattolico Alexander Tschugguel.

Il diacono Uwe Eglau stava servendo come cappellano per l’intera forza di polizia austriaca ed era uno dei firmatari di una lettera aperta al Ministro degli Interni austriaco Gerhard Karner, chiedendogli di ritirare i piani per la vaccinazione obbligatoria universale.

Eglau ha partecipato a una protesta e a una manifestazione contro l’obbligo di vaccinazione che ha avuto luogo il 15 gennaio.

In quell’occasione, il cappellano è salito sul palco e ha paragonato l’attuale situazione politica in Austria a quella della Germania nazista quando ha detto di essere pronto a “seguire le orme di Franz Jägerstätter”, un obiettore di coscienza austriaco che fu giustiziato nel 1943 per aver rifiutato di combattere per la Germania nazista. Papa Benedetto XVI lo ha beatificato nel 2007.

Schönborn ha spiegato che la ragione del licenziamento è stata la denuncia pubblica di Eglau delle misure imposte dal governo austriaco in risposta alla crisi del Covid-19.

Qui sotto invece trovate la risposta che il Prof. Mauro Cozzoli ha dato a Quotidiano Sanità, alla domanda se in caso di necessità è giusto o meno preferire i vaccinati a chi non lo è. Non voglio fare commenti. Mi chiedo però perché la stessa regola non dovrebbe applicarsi nei confronti dei tabagisti (“Chi fuma avvelena anche te”) dei tossicomani (la categoria è molto vulnerabile all’Aids, e ne è stata di sicuro strumento di diffusione) o in generale (obesi alimentari, per esempio) di quanti non hanno cura della propria salute, e del proprio corpo. Non è una strada pericolosamente scivolosa, quella indicata dal prelato?

Cardinale licenzia diacono per protesta alla tirannia
Il prelato eterodosso si schiera con lo Stato mentre l’Austria cade nella dittatura
di Jules Gomes
Church Militant, 21 gennaio 2022

(Traduzione italiana dall’inglese a cura di Aldo Maria Valli per Duc in altum)

L’Arcivescovo di Vienna, noto per aver sfidato l’insegnamento della Chiesa, ha licenziato un fedele diacono dal suo ruolo di cappellano della polizia per punirlo a causa delle proteste contro la dittatura da coronavirus che sta travolgendo l’Austria.

Il Cardinale austriaco Christoph Schönborn, che promuove la blasfemia attraverso messe heavy metal e l’attivismo omosessuale, ha scritto al diacono Uwe Eglau licenziandolo “con effetto immediato” dalle sue funzioni di “diacono onorario nella cappellania di polizia”.

Nella lettera Schönborn censura le “pubbliche dichiarazioni di Uwe Eglau, sotto forma di lettera aperta al Ministro federale degli Interni, circa le misure del governo per combattere la pandemia” e la sua “apparizione pubblica alla manifestazione del 15 gennaio”.

Secondo il Cardinale l’operato del diacono “è suscettibile di essere frainteso come posizione ufficiale della Chiesa cattolica e quindi di arrecare ulteriore danno al rapporto tra Chiesa e Stato nell’ambito della cappellania di polizia, che si basa sulla fiducia reciproca”.

In mezzo a dure proteste, giovedì scorso il parlamento austriaco ha approvato una normativa sulla vaccinazione che chiede a tutti gli adulti del paese di vaccinarsi contro il Covid-19 a partire da febbraio. Coloro che si rifiuteranno dovranno pagare multe fino a 3.600 euro.

Il diacono Eglau, che è psicoterapeuta, ha risposto: “La Chiesa è partner di Dio e delle persone e, si spera, non dello Stato. L’appoggio della Chiesa allo Stato l’abbiamo sperimentato troppo spesso e per troppo tempo in passato”.

“Dal 2007 – ha aggiunto Eglau – sono cappellano volontario della polizia a Vienna. Nel 2009 sono stato ordinato diacono permanente. La nostra lettera, firmata da agenti di polizia preoccupati, chiedeva al Ministro federale degli Interni di opporsi alla vaccinazione obbligatoria e alla divisione all’interno della società e nella polizia”.

In effetti martedì scorso, un giorno prima del suo licenziamento, Eglau e due agenti di polizia hanno scritto una lettera al Ministro dell’Interno Gerhard Karner, a nome di seicento agenti di polizia, avvertendo di una spaccatura nella società e nelle forze di polizia in vista della prevista vaccinazione obbligatoria.

I firmatari affermano di nutrire “preoccupazioni per lo stato di diritto, la libertà di espressione e i diritti fondamentali, nonché per la salute” e avvertono il ministro che lo Stato corre il rischio di perdere “numerosi funzionari motivati, impegnati e qualificati” durante l’applicazione della normativa sull’obbligo di vaccino.

Secondo l’attivista cattolico austriaco Alexander Tschugguel, la presa di posizione del diacono è risultata particolarmente fastidiosa per il Cardinale Schönborn perché, come cappellano della polizia, Uwe Eglau ha dato voce a centinaia, se non migliaia, di persone che fanno parte della polizia e protestano contro una normativa così drastica.

“Quando il Cardinale Schönborn ha sollevato il diacono dalle sue funzioni, ha usato un argomento velenoso per il nostro Paese”, dice Tschugguel. “Il Cardinale ha insistito sul fatto che stava proteggendo l’alleanza tra Stato e Chiesa, rivelando così che sta lavorando come braccio del governo. E questo dal punto di vista storico è profondamente preoccupante e molto sbagliato” se si pensa al sostegno della gerarchia cattolica austriaca a Hitler sotto il regime nazionalsocialista.

In precedenza, Tschugguel aveva spiegato che la legge austriaca gli proibiva di fare confronti tra la dittatura sanitaria prevalente e la capitolazione dell’Austria a Hitler sotto il Terzo Reich.

Ricordiamo che durante l’Anschluss i vescovi austriaci firmarono un documento in cui si dichiaravano sostenitori del nazionalsocialismo e chiedevano ai cattolici di votare a favore dell’adesione al Reich tedesco.

Un protocollo della Conferenza Episcopale Austriaca (datato 20-21 marzo 1939) affermava: “Cinquantesimo compleanno del Führer. Accordo su: suono delle campane ogni quarto d’ora la domenica precedente e sermone con preghiera per la patria e il Führer”.

Nel 1942 diversi vescovi austriaci usavano il saluto “Heil Hitler” per firmare lettere ufficiali. Inoltre i vescovi autorizzarono i sacerdoti a mostrare la svastica.

“I vescovi cattolici austriaci hanno una certa tradizione quando si tratta di schierarsi con regimi autoritari”, dice l’antropologa ebrea Karen Harradine. “Perché la loro risposta ai regimi atroci è prima di sostegno e solo dopo problematica? Devono imparare che se i paesi non onorano la democrazia e la libertà, sono sempre immersi nell’oscurità”.

“Tutti i membri della Conferenza Episcopale Austriaca sono vaccinati contro il coronavirus”, risponde il Dottor Paul Wuthe, portavoce dei vescovi austriaci. “Devo respingere risolutamente ogni paragone inaccettabile con il nazionalsocialismo”.

A dicembre, la Conferenza Episcopale Austriaca ha rilasciato una dichiarazione in cui difende “l’obbligo legale temporaneo di vaccinarsi”, sottolineando che il governo ha pieno potere discrezionale di decidere se un mandato di vaccinazione “è al momento il mezzo appropriato per proteggere il bene comune”.

Anche se, quando affermano che la “vaccinazione obbligatoria” è una “grave interferenza con l’integrità fisica e la libertà dell’individuo”, sembrano sostenere i diritti fondamentali della persona, i vescovi di fatto hanno lasciato carta bianca allo Stato sull’autonomia corporea.

Nel 2020, Schönborn ha provocato indignazione dopo aver permesso all’artista pornografico Erwin Wurm di esporre, durante la Quaresima, un enorme pullover viola di ottanta metri quadrati sopra l’altare maggiore della cattedrale di Santo Stefano a Vienna.

Spingendo per l’ordinazione delle donne, il Cardinale nel 2018 ha twittato: “Solo di recente ho potuto consacrare di nuovo i diaconi. Una grande gioia. Forse un giorno potrò consacrare le donne al diaconato”.

Assistere prima chi è vaccinato? Risposta alla tesi di un teologo moralista
di Padre Attilio F. Fabris
Duc in altum, 23 gennaio 2022


A una prima lettura veloce mi era sembrata una dichiarazione degna di qualche conduttore televisivo, poi, con incredulità, ho letto il nome dell’autore: Mauro Cozzoli, professore di teologia morale alla Pontificia Università Lateranense, docente al master di bioetica, nonché assistente spirituale dei medici di Roma.

Che cosa afferma l’autore? Sostiene il diritto dei vaccinati ad avere la precedenza nelle cure in caso di ricovero, in ossequio alla indicazione etica del “favor vitae”. Al che mi sono sorte alcune perplessità.

La prima riguarda l’opportunità di inserire nel dibattito una problematica di questo tipo in un momento di massima confusione: perché invece di parlare di chi ha la precedenza nella cura l’autore non denuncia i tagli di miliardi alla Sanità operati da questo governo, la drastica riduzione dei posti letto negli ospedali e la situazione critica a causa del personale insufficiente e orari di lavoro esasperanti? Perché non parla di una burocrazia che da tempo ha ormai perso ogni sintomo di buon senso? Perché insistere sulla contrapposizione vaccinati – non vaccinati quando ormai è evidente che i vaccini non sono né sicuri né efficaci e quando ormai diversi Stati stanno eliminando ogni tipo di green pass? Perché non denunciare la sconcezza e la malafede all’origine della “tachipirina e vigile attesa” che, questa sì, ha procurato innumerevoli morti? Perché il monsignore professore non afferma il sacrosanto diritto dei medici (dato che ne è guida spirituale a Roma) di assicurare in “scienza e coscienza” le cure a casa, liberando così gli ospedali dall’intasamento?

Ecco, mi sono fatto queste domande. E spero che altrove il docente ne abbia parlato.

Ma vengo alla domanda centrale: a chi dare la precedenza nel ricovero ospedaliero? Se il criterio è il “favor vitae” (ovvero la ricerca del bene migliore) siamo sicuri che tra i criteri da adottare ci possa essere il fatto di essere o non essere vaccinati?

Non vi vedo una logica sana. In modo malizioso l’autore propone un paio di esempi: darò la precedenza – si chiede – “al vigile del fuoco incorso in un incidente durante il suo lavoro o a chi ha scelto di praticare sport estremi, esponendosi consapevolmente a rischi anche gravi per la propria salute”? Ma sono esempi che non calzano. Bisognerebbe chiedersi: darò la precedenza all’ottantenne con più patologie e vaccinato o al padre di famiglia quarantenne etichettato come no vax?

Il criterio sì vax – no vax non regge ed è pericoloso, perché apre la porta alla discriminazione.

Di questo passo entriamo in una logica perversa. Con la stessa logica potremmo chiederci: perché curare in ospedale, con il conseguente onere finanziario pubblico e occupazione di letti, i fumatori, gli alcolizzati e i drogati? Alla fin fine se la sono voluta, la società non ne è responsabile e loro sono solo un problema!

Eccoci così aggrovigliati ben bene, come rane bollite, nella logica dei “crediti sociali”.

Ancora più grave è quando queste tesi vengono sostenute da chi si dice cattolico. Spero di sbagliarmi, ma mi sembra che ormai tra i cattolici sia evidente una deriva che, tra le altre cose, sta pure esaltando il diritto all’autodeterminazione in caso di eutanasia (vedi La Civiltà Cattolica). Ma per chi decide, in libera scelta, di non vaccinarsi c’è solo condanna e disprezzo.

Perché il diritto all’autodeterminazione, tanto esaltato come conquista civile, non vale dinanzi al rifiuto del siero anti Covid? Come non vedere che questa linea conduce a considerare alcune vite come indegne di essere vissute?

Siamo ben lontani dalla chiarezza di quella teologia morale cattolica che autorevolmente afferma(va): “Il rispetto della persona umana implica il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura. Questi diritti sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento della legittimità morale di ogni autorità: una società che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione positiva, mina la propria legittimità morale” (Giovanni XXIII, Pacem in terris, 65). “Se manca tale rispetto, un’autorità non può che appoggiarsi sulla forza o sulla violenza per ottenere l’obbedienza dei propri sudditi (Catechismo della Chiesa cattolica, 1930). E ancora: “Questo stesso dovere comprende anche coloro che pensano o operano diversamente da noi” (1933).

Tranne chi non si vaccina?

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