Papa ai cappellani militari: formare coscienze di pace

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A fine ottobre a Roma si è svolto il Quinto Corso internazionale di formazione dei cappellani militari cattolici sul diritto internazionale umanitario sul tema ‘La privazione della libertà personale nel contesto dei conflitti armati. La missione del cappellano militare’. Durante l’udienza il papa ha ricordato il suo saluto ai cappellani militari fatto nel 2015, in aveva ricordato la necessità di ‘abolire la guerra’:

“Tuttavia, come cristiani, restiamo profondamente convinti che lo scopo ultimo, il più degno della persona e della comunità umana, è l’abolizione della guerra. Perciò dobbiamo sempre impegnarci a costruire ponti che uniscono e non muri che separano; dobbiamo sempre aiutare a cercare uno spiraglio per la mediazione e la riconciliazione; non dobbiamo mai cedere alla tentazione di considerare l’altro solamente come un nemico da distruggere, ma piuttosto come una persona, dotata di intrinseca dignità, creata da Dio a sua immagine”.

A distanza di quattro anni il monito è ancora più pressante: “Questa esortazione, che desidero rinnovare oggi, assume un significato ancora più pressante nei confronti delle persone private della libertà personale per motivi connessi con i conflitti armati, giacché la vulnerabilità dovuta alla condizione di detenzione è aggravata dal fatto di trovarsi nelle mani delle forze combattenti avverse.

Non di rado, le persone detenute nel contesto dei conflitti armati sono vittime di violazioni dei loro diritti fondamentali, tra cui abusi, violenze e diverse forme di tortura e trattamenti crudeli, disumani e degradanti”.

Il pensiero è andato a chi sotto le dittature è stato ucciso: “Quanti civili, poi, sono oggetto di rapimenti, sparizioni forzate e omicidi! Fra di loro, si contano anche numerosi religiosi e religiose, dei quali non si hanno più notizie o che hanno pagato con la vita la loro consacrazione a Dio e al servizio della gente, senza preferenze o pregiudizi di bandiere e di nazionalità. Assicuro la mia preghiera per tutte queste persone e per le loro famiglie, affinché possano avere sempre il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza”.

Durante l’udienza ha sottolineato che il diritto alla dignità umana non deve mai mancare: “Il diritto internazionale umanitario prevede numerose disposizioni in ordine alla protezione della dignità dei detenuti, specialmente per quanto concerne il diritto applicabile ai conflitti armati internazionali.

Il fondamento etico e l’importanza cruciale di queste norme per la salvaguardia della dignità umana nel tragico contesto dei conflitti armati fa sì che esse debbano essere adeguatamente e rigorosamente rispettate e applicate. Ciò vale anche nei confronti delle persone detenute, indipendentemente dalla natura e dalla gravità dei crimini che esse possono aver commesso. Il rispetto della dignità e dell’integrità fisica della persona umana, infatti, non può essere tributario delle azioni compiute ma è un dovere morale a cui ogni persona e ogni autorità è chiamata”.

Ai cappellani ed ordinari militari ha ricordato il ‘compito’ di stare accanto a chi ingiustamente incarcerato: “Si tratta di aiutare quella particolare porzione del popolo di Dio affidato alla vostra cura a individuare nel patrimonio comune che lega tutti gli uomini, e che trae la sua origine già dal diritto naturale, quegli elementi che possono diventare ponte e piattaforma di incontro con tutti.

I ministri di Cristo nel mondo militare sono anche i primi ministri dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali. Penso a quanti tra voi sono accanto ai militari in situazioni di conflitto internazionale, chiamati ad aprire le loro coscienze a quella carità universale che avvicina l’uomo all’uomo, qualunque sia la razza, la nazionalità, la cultura, la religione dell’altro”.

Ricordando il Concilio Vaticano II che chiama i cappellani militari ad essere ‘ministri’ della libertà dei popoli, papa Francesco ha concluso l’incontro, chiedendo di formare le coscienze: “Ma prima di questo c’è il lavoro preventivo, che è un lavoro educativo, complementare a quello delle famiglie e delle comunità cristiane.

Si tratta di formare personalità aperte all’amicizia, alla comprensione, alla tolleranza, alla bontà, al rispetto verso tutti; giovani attenti alla conoscenza del patrimonio culturale dei popoli, impegnati per una cittadinanza universale, per favorire la crescita di una grande famiglia umana”.

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