‘In marcia, artigiani di pace!’ nella diocesi di mons. Tonino Bello

Don Tonino Bello
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Tante le sollecitazioni che papa Francesco, con il messaggio per la giornata della pace, offre al mondo con la speranza convinta che ‘il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace’. Una di queste sollecitazioni sarà la 48^ Marcia nazionale per la Pace, organizzata dall’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, Caritas Italiana, Pax Christi, Azione Cattolica Italiana, che si svolgerà nella diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, il 31 dicembre.

Nella presentazione mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, ha ricordato: “C’è grande fermento in vista della marcia; grande mobilitazione da varie parti d’Italia, per tornare sui passi che 23 anni fa furono compiuti da mons. Tonino Bello, appena tornato da Sarajevo, dove aveva marciato con i 500 di Beati Costruttori di Pace, nonostante le penose condizioni fisiche che lo avrebbero portato alla morte quattro mesi dopo…

La pace va conquistata: non è un bene che si ottiene senza sforzi, senza conversione, senza creatività e confronto. Si tratta di sensibilizzare e formare al senso di responsabilità riguardo a gravissime questioni che affliggono la famiglia umana, quali il fondamentalismo e i suoi massacri, le persecuzioni a causa della fede e dell’etnia, le violazioni della libertà e dei diritti dei popoli, lo sfruttamento e la schiavizzazione delle persone, la corruzione e il crimine organizzato, le guerre e il dramma dei rifugiati e dei migranti forzati”.

Il tema della marcia, che è preceduto da un convegno a cui partecipano anche don Luigi Ciotti e mons. Luigi Bettazzi, è: ‘In marcia, artigiani di pace’. A Sergio Paronetto, vicepresidente di Pax Christi Italia, abbiamo chiesto di raccontarci cosa avrebbe detto oggi mons.Tonino Bello, che tanti anni fa disse: ‘In piedi, costruttori di pace’:

“Direbbe, come papa Francesco, che la pace è artigianale, è lavoro quotidiano, feriale; che occorre uscire e camminare, che bisogna operare per il disarmo perché ‘è una illusione tragica continuare a porre la nostra fiducia nelle armi e nelle strutture belliche’, che ‘dobbiamo far entrare nella nostra coscienza, mediante lo studio e la ricerca, tutte le strategie approntate dai metodi della nonviolenza che, non lo si ripeterà mai abbastanza, non è passività’.

Ci direbbe: ‘Coraggio fratelli profeti! Diciamo che ogni guerra è iniqua. Promuoviamo una cultura di pace che attraversi tutta la nostra pastorale. Denunciamo a chiare lettere l’ingiustizia della corsa alle armi. Insorgiamo quando vengono violati i più elementari diritti umani in ogni angolo del mondo. Smilitarizziamo il linguaggio’ (‘Sui sentieri di Isaia’ o ‘Convivialità delle differenze’ dell’editrice Meridiana o ‘La speranza a caro prezzo’ della San Paolo)”.

Cosa significa essere testimoni credibili di fede?
“Vuol dire, come scrive papa Francesco nel suo ultimo messaggio, custodire le ragioni della speranza: vivere la fiducia nella possibilità di cambiare un mondo ingiusto e violento; sentire la pace come inquietudine creativa. In sintesi: denunciare i mali che vediamo, riconoscere le dinamiche costruttive, aiutare il bene silenzioso e diffuso, mettersi in gioco con fiducia”.

Papa Francesco ha invitato, nel messaggio della pace, a vincere l’indifferenza per conquistare la pace: con quale atteggiamento?
“Interessante il richiamo del papa. Non basta la critica ai potenti. Tutti siamo corresponsabili del male. Bergoglio fa risuonare l’appello di Martin L. King a proposto della sua paura non tanto della cattiveria dei potenti ma dell’indifferenza dei buoni, di chi si considera buono ma tace o non agisce.

Occorre, dunque, vincere l’indifferenza facendo la differenza, operando cioè con originalità, facendo emergere il nostro cuore (la nostra profonda identità, la nostra sostanza umana), realizzando ‘la rivoluzione della tenerezza’ di cui ci parlano testi strepitosi come ‘Evangelii gaudium’ (2013), ‘Laudato sì’ (2015) e ‘Misericordiae vultus’ (2015) volti a realizzare buone pratiche sociali per rendere il mondo più umano”.

Nel giubileo della misericordia il papa invita alla conversione del cuore: quale insegnamento si può ricavare dai martiri per la pace?
“Misericordia è avere ‘un cuore di carne’ aperto agli altri e ai più deboli. Per il papa è ‘profezia di un mondo nuovo’. E’ ‘il cuore di Dio’ ma anche laica apertura agli altri come partecipi dell’unica famiglia umana. L’operatore di pace, diceva don Tonino, non è solo sacerdote, profeta e re della pace (come indica la ‘Lumen gentium’), ma anche martire. Deve ‘salire sulla croce’.

Scrive il papa: ‘Nello spirito del Giubileo della Misericordia ciascuno è chiamato a riconoscere come l’indifferenza si manifesta nella propria vita e ad adottare un impegno concreto per contribuire a migliorare la realtà in cui vive, a partire dalla propria famiglia, dal vicinato o dall’ambiente di lavoro’.

C’è bisogno di ‘atti di coraggio nei confronti delle persone più fragili delle loro società, come i prigionieri, i migranti, i disoccupati e i malati’. Il suo è un invito a essere martiri quotidiani, necessari quanto i martiri del sangue che vanno riproposti continuamente anche in ambito educativo per educarci a sperare”.

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