Cristiani: i più perseguitati nel mondo

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Ormai come da 50 anni anche questo anno l’ong ‘Open Doors’ ha pubblicato la World Watch List 2015, la nuova lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo, confermando che cresce decisamente di anno in anno la persecuzione dei cristiani nel mondo, persino in posti dove non era così marcata nel recente passato, come in alcune regioni dell’Asia, dell’America Latina e specialmente dell’Africa subsahariana. Il periodo preso in esame va dal 1 novembre 2013 al 31 ottobre 2014.

L’organizzazione ha stimato che nel mondo sono perseguitati circa 150.000.000 di cristiani. Si conferma anche quest’anno l’estremismo islamico come fonte principale (non l’unica) di tale persecuzione, ma assume nuove e inattese forme, come i califfati dell’IS in Siria e Iraq e di Boko Haram in Nigeria. Entrano nella top 10 altri 3 stati africani, Sudan, Eritrea e Nigeria, segno che l’Africa è sempre uno scenario centrale della persecuzione anticristiana.

In questo scenario appare chiaro che l’estremismo islamico abbia due centri di gravità globali: uno nel Medio Oriente arabo e l’altro nell’Africa subsahariana, e persino in stati a maggioranza cristiana i credenti stanno sperimentando un livello senza precedenti di esclusione, discriminazione e violenza. Ma l’estremismo islamico non è l’unica fonte di persecuzione: cresce infatti la paranoia dittatoriale (seconda fonte) ma anche la criminalità organizzata.

A proposito di paranoia dittatoriale, la Corea del Nord è ancora al 1° posto per il 13° anno consecutivo. Le stime sui cristiani imprigionati negli orribili campi di prigionia nordcoreani non cambiano: tra i 50.000 e i 70.000. Inoltre l’ong ha sottolineato come impressionante l’imponente fenomeno dei rifugiati/profughi in fuga da paesi come Siria, Iraq, ma anche Nigeria e altri paesi africani. Tutto ciò sta inevitabilmente cambiando anche la geografia cristiana dei paesi.

Le new entry della WWList di quest’anno sono Messico, Turchia e Azerbaigian. Quindi nella lista del 2014, i paesi dove i cristiani hanno sperimentato maggiore violenza risultano i seguenti: Nigeria, Iraq, Siria, Repubblica Centrafricana, Sudan, Pakistan, Egitto, Myanmar, Messico e Kenya. Peggiora la situazione in Africa, soprattutto in Somalia, con la milizia islamista Al-Shabaab, in Sudan, Eritrea e Nigeria con il clima di violenza e di persecuzione da parte del gruppo islamico Boko Haram, con gli attentati dei giorni scorsi.

Però i cristiani sono vittime di restrizioni anche in Paesi considerati islamici moderati, è il caso di Gibuti, Tanzania e delle Comore, e in Paesi ove si affermano partiti nazionalisti di matrice religiosa. E’ il caso dell’India, governata dal partito nazionalista indù ‘Bharatiya Janata Party’(Bjp), che ha scalato sette posizioni con 62 punti, davanti all’Egitto. Qualche miglioramento si rileva in Sri Lanka (sceso al 44°), meta del viaggio papale.

Secondo le stime dell’Associazione, 4.344 cristiani sono stati uccisi per ragioni strettamente collegate alla loro fede, mentre almeno 1.062 chiese sono state attaccate per la stessa ragione. Occorre ricordare che la World Watch List elenca 50 paesi secondo l’intensità della persecuzione che i cristiani affrontano per il fatto di confessare e praticare attivamente la loro fede.

E’ compilata da analisti dell’Ong, specialisti della persecuzione, ricercatori ed esperti sul campo operativo e indipendenti all’interno dei vari paesi. I livelli assegnati sono basati su vari aspetti della libertà religiosa, nella fattispecie identificano principalmente il grado di libertà dei cristiani nel vivere apertamente la loro fede in 5 aree della vita quotidiana: nel privato, in famiglia, nella comunità in cui risiedono, nella chiesa che frequentano e nella vita pubblica del paese in cui vivono, a cui si aggiunge una sesta area che serve a misurare l’eventuale grado di violenze che subiscono.

Infine l’Associazione ha parlato di una crescita in quantità e intensità della persecuzione contro i cristiani: “Per vicinanza geopolitica e per il flusso di migranti che sbarcano sulle nostre coste, i nostri media nazionali hanno forse messo in luce più ciò che è accaduto in Medio Oriente nel periodo preso in esame dalla WWL 2015, ma ancora una volta l’Africa è stato uno scenario principale dell’avanzata dell’intolleranza anticristiana e non solo per il fenomeno Boko Haram. Lo abbiamo raccontato durante l’anno, in molti stati africani, mediorientali e asiatici si fa strada per vie distinte un sentimento anticristiano crescente che permea intere società civili, spingendo comuni cittadini a maturare l’idea che il cristianesimo sia un nemico da combattere a tutti i livelli.

Siamo di fronte a quella che l’esperto di religioni John Allen definisce la ‘guerra globale contro i cristiani’. La nascita del califfato e il salto comunicativo dell’IS (Stato Islamico), la brutalità dei massacri dei Boko Haram o di Al-Shabaab, i rapimenti di giornalisti e operatori umanitari sono senza dubbio tutte cose che fanno crescere la tensione internazionale, ma vi è molto di più. Vi sono Stati al limite del collasso o già di fatto falliti, erosi dalla corruzione e dal malcontento popolare.

Vi sono nazioni che alimentano l’estremismo islamico e sempre più adepti pronti a porre in atto strategie di conquista violente (negazionisti violenti), ma anche politiche islamiste più morbide (negazionisti non violenti e partecipazionisti). Vi sono alleanze che cambiano ed equilibri geopolitici sconvolti. Ma vi è anche una maggiore identificazione con Cristo, un’audace presa di posizione dei cristiani nel mondo riguardo la propria fede, capace di creare reazioni violente ma anche vero e proprio sconcerto nei cristiani nominali. Sì, perché appare chiaro che uno dei risultati della persecuzione dei cristiani sia ancora una volta la diffusione del cristianesimo, esattamente come accadde nella chiesa primitiva raccontata negli Atti degli apostoli”.

E’ opportuno ricordare che nel 1966, le Nazioni Uniti hanno emanato il Patto Internazionale per i Diritti Politici e Civili per rendere attuativa la Dichiarazione dei diritti umani del 1948; l’articolo 18 si concentra su quattro elementi della libertà di religione: ognuno ha il diritto di libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di avere o di adottare una religione o un credo di sua scelta, e la libertà, individualmente o comunitariamente, in pubblico o in privato, di manifestare la propria religione o credo con atti di adorazione, pratica, osservanza e insegnamento; nessuno sarà soggetto a coercizione che possa compromettere la sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di sua scelta.

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