Papa Francesco ai sacerdoti: siete unti dal servizio al Popolo di Dio

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Unti con olio di gioia. Una gioia che viene arricchita dal lavoro nel Popolo di Dio.  Così sono i sacerdoti. E nella messa in cui i sacerdoti di tutto il mondo rinnovano le promesse sacerdotali il vescovo consacra gli olii che servono per la celebrazione dei sacramenti. Così fa il Papa nella basilica vaticana con i sacerdoti della sua diocesi. Papa Francesco ha presieduto la santa messa celebrata in latino, lingua universale della Chiesa, con le letture in italiano, lingua della diocesi di Roma.

Della letizia sacerdotale il Papa ha parlato perché “è un bene prezioso non solo per lui ma anche per tutto il popolo fedele di Dio: quel popolo fedele in mezzo al quale è chiamato il sacerdote per essere unto e al quale è inviato per ungere.”

Tre le caratteristiche che il Papa vede nella gioia sacerdotale, del prete che “è il più povero degli uomini se Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il più inutile servo se Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo istruisce pazientemente come Pietro, il più indifeso dei cristiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge.”

La gioia unge, è incorruttibile è missionaria, a partire da chi è più lontano.

“Una gioia che ci unge. Vale a dire: è penetrata nell’intimo del nostro cuore, lo ha configurato e fortificato sacramentalmente” dice il Papa, perché “il Signore ha promesso che nessuno potrà togliercela” anche se può “essere addormentata o soffocata dal peccato o dalle preoccupazioni della vita ma, nel profondo, rimane intatta come la brace di un ceppo bruciato sotto le ceneri, e sempre può essere rinnovata.”

E’ una gioia missionaria perché “posta in intima relazione con il santo popolo fedele di Dio”. Ed é anche  “gioia custodita” da questo stesso gregge.  E così anche quando “tutto sembra oscurarsi e la vertigine dell’isolamento ci seduce, quei momenti apatici e noiosi che a volte ci colgono nella vita sacerdotale” la gioia è custodita nel Popolo di Dio grazie alla povertà, alla fedeltà e alla obbedienza.

“Il sacerdote- dice il Papa-  è povero di gioia meramente umana: ha rinunciato a tanto! E poiché è povero, lui, che dà tante cose agli altri, la sua gioia deve chiederla al Signore e al popolo fedele di Dio.” Papa Francesco spiga la identità sacerdotale con la appartenenza al Popolo di Dio.

“ Il sacerdote che pretende di trovare l’identità sacerdotale indagando introspettivamente nella propria interiorità forse non trova altro che segnali che dicono “uscita”” per andare verso il Popolo. Ecco allora cosa è la povertà per il sacerdote: “ Uscire da sé stessi richiede spogliarsi di sé, comporta povertà.”

Fedeltà poi, alla unica Sposa, la Chiesa. “La Chiesa viva, con nome e cognome, di cui il sacerdote si prende cura nella sua parrocchia o nella missione affidatagli, è essa che gli dà gioia quando le è fedele.”

E infine obbedienza, quella alla Gerarchia che ci da un incarico, ma soprattutto che ci da “l’unione con Dio Padre, dal quale deriva ogni paternità.” Una obbedienza nel servizio, nella prontezza, in quel tenere le porte aperte: “ Dove il popolo di Dio ha un desiderio o una necessità, là c’è il sacerdote che sa ascoltare e sente un mandato amoroso di Cristo che lo manda a soccorrere con misericordia quella necessità o a sostenere quei buoni desideri con carità creativa.”

Il Papa conclude pensando ai giovani sacerdoti che vengano di nuovo unti dal popolo che servono,  ai sacerdoti maturi  che “raccolgono le loro forze e si riarmino” e agli  anziani, sani o malati “ Sappiano stare bene in qualunque posto, sentendo nella fugacità del tempo il gusto dell’eterno.”

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