Acqua e lavoro, sfide per la pace. A cinquant’anni dalla Pacem in Terris
Le chiamano “guerre dell’acqua” e interessano soprattutto i Paesi africani. Creano squilibri sociali, economici, territoriali. Nessuno sembra curarsene, nel panorama internazionale, se non la Santa Sede. E poi c’è la questione del lavoro, da sempre al centro dell’agenda della Chiesa, come sottolineato da Papa Francesco durante il suo ultimo viaggio a Cagliari. In tempi di guerra e di nuovo terrorismo internazionale, sembrano a volte essere questioni secondarie. Ma non lo sono, e sono al centro dell’impegno per la pace portato avanti dalla Santa Sede. Un impegno che ha come bandiera la Pacem in Terris, l’enciclica di Giovanni XXIII. Una utopia di cinquanta anni fa, ancora attuale.
Per celebrarla, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha organizzato una serie di giornate celebrative (dal 2 al 4 ottobre) e pubblicato un volume con contributi di cardinali, consultori del Pontificio consiglio, professori universitari, tutto dedicato a declinare la Pacem in Terris in vari ambiti.
I temi sul tavolo sono moltissimi. Mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sottolinea tutti i motivi per cui l’enciclica di Giovanni XXIII è ancora attuale: dalla promozione degli indivisibili diritti umani (tema ancora oggi al centro di molti degli interventi dei nunzi presso le organizzazioni internazionali) fino alla necessità di una riforma delle Nazioni Unite, di cui si parla tempo anche nella stessa organizzazione senza però che sia mai fatta una scelta davvero rappresentativa di tutti i popoli e di tutte le nazioni. “Noi – afferma il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio – promuoviamo una riforma che sia veramente rappresentativa di tutte le nazioni”.
Prepotente nel dibattito è anche il tema della guerra in Siria. Quando una guerra può essere considerata giusta? In realtà, nota mons. Toso, già la Pacem in Terris proponeva di muovere le forze delle nazioni verso altre direzioni che quelle della guerra giusta, perché – diceva Giovanni XXIII – è alienum a ratione (fuori dalla ragione) pensare ad una guerra in un tempo di armamenti nucleari. E non è un caso che una delle giornate celebrative sarà proprio dedicata al disarmo integrale.
Il tema della guerra, del disarmo, della riforma delle Nazioni Unite, sono temi ampiamente dibattuti. Vengono però poco considerati i temi che sono alla base dello scontento dei popoli, che creano squilibri, che rischiano di mettere le nazioni l’una contro l’altra.
Il problema dell’approvvigionamento dell’acqua, per esempio, è sempre più impellente. La Santa Sede più volte ha chiesto pari accesso alle risorse per l’acqua, e i suoi interventi in campo internazionale sono stati raccolti da Giustizia e Pace in un volume edito dalla Libreria Editrice Vaticana L’acqua, elemento essenziale alla vita.
Il card. Turkson sottolinea che in Africa c’è un problema di accesso al Nilo, una delle principali risorse di acqua. E poi che gli squilibri territoriali vengono anche dai cosiddetti land grabber, gli accaparratori di terreni. Vengono soprattutto da Paesi con scarse risorse d’acqua, come il Medioriente. “Prima – dice Turkson – questi Paesi tramite l’uso dell’acqua dei pozzi cercavano di fare agricoltura. Poi hanno capito che i pozzi non stanno lì in eterno e non possono sempre dipendere da questi pozzi. Allora invece di far diminuire questa riserva hanno deciso di andare dove c’è grande quantità di acqua e terra e comprano terreni dappertutto. Tantissima gente locale perde i suoi terreni così”. E poi “le fonti essenziali dell’acqua sono spesso inquinate”.
Per quanto riguarda il tema del lavoro, mons. Toso offre “gratis” il punto di vista della Dottrina Sociale della Chiesa. E sottolinea che “il cambiamento più grande è sul versante delle idee e delle ideologie, quelle relative all’economia e alla finanza che trascinano le questioni di tipo organizzativo e delle politiche del lavoro, della politica sociale. Più volte si è fatto cenno al fatto che nel mondo economico e finanziario sta dominante l’idea che il lavoro dipendente manuale”. Ma è “soprattutto questo approccio di tipo ideologico che va contrastato. Perché il lavoro è un bene per l’uomo, per la sua personalizzazione, per formarsi una famiglia, per portare il suo contributo alla realizzazione del bene comune e per realizzare la pace. Il lavoro, in tutte le sue sfaccetature, è un bene fondamentale, altro che minore”.
Toso sottolinea che “per arrivare alla crescita sostenibile “non si deve abbracciare l’ideologia che va a premiare solo un certo tipo di lavoro, e gli altri lavori devono essere considerati marginali”. Toso cita cifre, sottolinea che ci sono 27 milioni di nuovi disoccupati dall’inizio della crisi, la disoccupazione giovanile è cresciuta. E poi c’è la povertà da lavoro: su 900 milioni di lavoratori poveri, 456 vivrebbero nella povertà estrema, sotto 1,25 dollari al giorno”. Altri dati: 2 milioni di lavoratori minorili, e 12 milioni di persone vittime di schiavitù (10 milioni nel settore privato, 2 milioni per gli Stati).
“Tutti problemi – conclude Toso – che vanno affrontati con una adeguata visione culturale del lavoro. Che ci viene offerta gratis dalla Dottrina Sociale della Chiesa”.