Orbán dal Papa. La sera in Ambasciata: “Dio benedica l’Italia”

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Il Primo Ministro ungherese in udienza dal Papa giovedì 21 aprile. Convergenza su Ucraina e aiuto umanitario. Anche sulla famiglia e sulla legge per la protezione dei minori. Un invito in Ungheria per il 2023. In serata ricevimento all’Ambasciata di Ungheria presso il Quirinale con discorso di Orbán, conclusosi con un “Dio benedica l’Italia!”.

Dieci giorni fa aveva chiesto di essere ricevuto in udienza. E il Papa aveva risposto subito di sìSubito. Si è dunque materializzato con grande rapidità l’incontro tra due personalità oggi assai isolate nell’ambito politico occidentale (pur se in particolare tra i leader, non in larghe fasce dell’opinione pubblica): Jorge Mario Bergoglio sembra combattere la battaglia per la pace da voce che grida nel deserto, Viktor Orbán da parte sua gioca da solitario nel contesto a lui in buona parte ostile della classe politica dell’Unione europea.

È così che ieri mattina, giovedì 21 aprile 2022, il Primo Ministro magiaro ha varcato la soglia della Biblioteca privata nell’Appartamento pontificio dentro il Palazzo apostolico e ha avuto la possibilità di conversare con Francesco su alcuni temi di stringente attualità come la situazione in Ucraina e l’accoglienza dei profughi. Diversi minuti sono stati dedicati anche alla legge ungherese sulla protezione dei minori, ampiamente illustrata da Orbán. È stato pure ribadito l’invito a visitare l’Ungheria (dopo la sosta di poche ore a Budapest il 12 settembre 2021 per la chiusura del Congresso eucaristico internazionale): può darsi che ciò si concretizzi nel 2023.

È stata dunque in Vaticano – non a caso, considerato il momento tormentato, con i tradizionali riferimenti diplomatici un po’ in ombra per le note divergenze a proposito delle reazioni alla guerra in Ucraina   – la prima visita all’estero di Orbán dopo la brillante rielezione nel voto del 3 aprile. Il capo del governo ungherese era accompagnato per l’occasione in particolare dalla moglie, dal Vice Primo Ministro Zsolt Semjén e dall’Ambasciatore presso la Santa Sede Edoardo d’Asburgo. L’incontro tra il Papa e Orbán – cui era presente un traduttore – è durato circa quaranta minuti. Non è stato seguito da colloqui in Segreteria di Stato, poiché è stato considerato come una Visita di Stato, ma privata. Per quanto riguarda lo scambio dei doni segnaliamo che Francesco ha offerto a Viktor Orbán un medaglione in bronzo – molto significativo alla luce delle conseguenze della guerra in Ucraina – in cui è raffigurato San Martino (legionario romano che dall’antica Pannonia approdò dopo un lungo viaggio a Tours) che dà metà del suo mantello al povero. Orbán ha donato al Papa due libri di e sul compositore Béla Bartók, oltre ad alcuni dischi di musica lirica e a un volume del XVIII secolo da utilizzare nella Settimana Santa.

L’udienza, a giudicare dal video ufficiale vaticano [QUI], dalla foto pubblicata ne L’Osservatore Romano, dal resoconto di Vatican News e da quanto hanno riferito fonti bene informate, si è svolta in un clima molto cordiale, con un Papa disteso e sorridente, che ha salutato con calore Orbán sia all’ingresso che all’uscita, dicendogli tra l’altro: “Dio benedica Lei, la Sua famiglia, l’Ungheria” (Orbán ha ringraziato, accennando a un inchino e mettendo una mano sul cuore).

Non si tira il Papa per la talare se si osserva come oggi tra lui e Orbán ci sia una convergenza di opinione a proposito della guerra in Ucraina. È una constatazione oggettiva. Ambedue condannano l’aggressione russa, cercano vie praticabili per un cessate il fuoco, evidenziano la necessità di un forte impegno umanitario, sono contrari all’invio di armi sempre più pesanti a Kiev (Orbán: in ogni caso non attraverso la frontiera ungherese-ucraina) ritenendo che ciò alimenti ulteriormente la guerra con i suoi lutti, le sue distruzioni, i suoi profughi, i suoi traumi esistenziali. Orbán è anche favorevole alle sanzioni europee contro la Russia, ad esclusione – nell’interesse del suo Paese – di quelle che colpiscono il settore energetico (gas e petrolio).  Il Primo Ministro ungherese, nella sua posizione realistica, deve anche tener conto della presenza di 150mila Magiari nell’Ucraina transcarpatica, certo non privilegiati dal governo di Kiev.

Nel colloquio di ieri , giovedì 21 aprile, la convergenza si è confermata, con un accento particolare sull’accoglienza da parte dell’Ungheria di circa 700mila profughi ucraini. Interessante è anche notare come Budapest abbia assicurato la prosecuzione degli studi agli studenti africani che hanno dovuto lasciare Kiev e altre città universitarie: una notizia questa che ha sicuramente fatto piacere a Jorge Mario Bergoglio.

Si diceva che durante l’udienza si è parlato non di striscio della recente legge sulla protezione dei minori che, nel referendum consultivo che ha accompagnato il voto politico nazionale del 3 aprile, è stata approvata da un po’ meno dei due terzi di chi si è recato alle urne (quasi il 70%). Un risultato molto positivo, pur se il quorum previsto del 50% di consenso sull’intero corpo elettorale non è stato raggiunto (come da tradizione referendaria ungherese [QUI]). Da quanto è trapelato, Francesco ha espresso una chiara approvazione per la legge e per le misure di protezione e promozione della famiglia già attuate dal governo Orbán.

Ricevimento presso l’Ambasciata di Ungheria con discorso di Orbán: tante cattive notizie dall’UE, ma una buona notizia da Budapest…

Nel tardo pomeriggio e in serata l’Ambasciata di Ungheria presso il Quirinale ha poi ospitato un ricevimento in onore del Primo Ministro. Dopo il saluto dell’Ambasciatore Ádám Zoltán Kovács, un Orbán sorridente e in grande forma ha improvvisato un discorso in cui ha inizialmente e ironicamente rilevato che, se è purtroppo vero che nella politica europea spesseggiano tante notizie cattive, ne è pur emersa recentemente una buona: la sua rielezione a larga maggioranza. Una notizia imprevista nelle dimensioni del consenso, nonostante l’opposizione abbia potuto contare sull’aiuto massiccio di quasi tutti i centri di potere europei, burocratici e mediatici, a partire da quello di Brussel. Probabilmente, ha ancora ironizzato Orbán, per tali poteri quanto produce la politica ungherese appartiene al passato. In Ungheria si parla ancora ancora di patria e si cerca di servirla nel miglior modo possibile. E poi… si continua a credere che l’uomo sia uomo, la donna donna e che il matrimonio sia tra uomo e donna…. che concetti ormai superati!… e gli Ungheresi (si dolgono i burocrati europei) non se ne accorgono! Per Orbán invece forse oggi i padri fondatori dell’Europa guarderebbero con benevolenza alla politica ungherese….

Certo il voto del 3 aprile ha dimostrato, ha continuato Orbán, che il centro-destra europeo può vincere. E già ha vinto non solo in Ungheria, ha evidenziato, ma anche in altri Stati dell’Europa centrale. Al Papa Orbán ha del resto chiesto una benedizione per i quattro anni di legislatura che incominceranno ufficialmente tra pochi giorni. Sarebbe non solo bello, ma anche molto importante che le elezioni italiane previste nel 2023 confermassero che vincere si riesce anche in uno dei Paesi fondatori dell’Unione Europea. Bisogna confidare nel voto del popolo italiano, nella forza di un centrodestra unito, dopo che in altri Paesi fondatori come la Germania i democristiani sono crollati. Perciò, ha concluso Orbán, “Dio benedica l’Italia!”.

In sala anche alcuni parlamentari del centrodestra italiano, di Forza Italia, Fratelli d’Italia, centristi e della Lega. Tra questi ultimi Matteo Salvini, che aveva incontrato nel pomeriggio per un’oretta Orbán presso l’Accademia di Ungheria a via Giulia. Tra i temi più considerati nel colloquio la necessità che il centrodestra si presenti compatto (nonostante le divergenze palesi sulla guerra in Ucraina): “Nonostante tutto, occorre essere ottimisti, perché realisticamente ce la possiamo fare”, ci ha confermato il leader della Lega.

Dopo il discorso – applaudito a scena aperta – di Orbán, l’ottantasettenne  maestro Pier Francesco Pingitore (cofondatore con Mario Castellacci nel 1965 del Bagaglino) ha intonato, accompagnato da due soliste, con voce ancora arrembante, una sua canzone famosa: Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest, molto amata anche da Orbán (che l’ha definita la canzone più bella relativa all’insurrezione di Budapest del 1956). Voce ancora arrembante, Pingitore – insignito nel 2020 della più alta onorificenza ungherese – ha ricordato di aver scritto il testo nel 1966, a dieci anni dalla rivolta il cui ricordo in Italia la sinistra tendeva a rimuovere nell’agone pubblico.

Viktor Orbán, molto rilassato nel crepuscolo romano che sapeva già di primavera, ha mostrato grande disponibilità nell’incontrare i presenti. Con noi ha evidenziato tra l’altro l’importanza dell’esistenza di blog e altri media che cerchino di ragionare con la propria testa e forniscano se del caso una versione alternativa a quella del sistema mediatico appiattito su Brussel. Per parte nostra gli abbiamo ricordato un’esperienza incancellabile del febbraio 1957, quando davanti all’allora caserma di Bellinzona sfilarono tra due ali di folla silente duemila profughi ungheresi, pastrani neri in forte contrasto con il bianco della neve.

Questo articolo è stato pubblicato oggi dall’autore sul suo blog Rossoporpora.org [QUI].

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