Numeri ufficiali Covid-19 del 26 febbraio 2021. Governatore della Campania: la logica del “mezzo mezzo” sta mandando al manicomio l’Italia intera

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– Angelo Scelzo: “l virus ha colpito e ‘contagiato’ in molti modi, anche la comunicazione. Non poteva essere altrimenti”. L’intervista ad Interris.it.
– Il punto della situazione a cura di Lab24. Con le modalità attuali, che regalano al virus una settimana di tempo, fermare il contagio è impossibile. Ma forse non è più questa la priorità, visto che negli ultimi giorni è stato ufficialmente indicato come obiettivo primario “evitare il lockdown”: traguardo che si raggiunge in modo naturale centrando il vero obiettivo, ovvero bloccare il virus. Senza riuscirci continueremo a contare infezioni, ricoveri e decessi. Con l’attuale tasso di letalità espresso dalla Covid-19 in Italia (2,3% negli ultimi 30 giorni, fonte Iss) passare ad una media quotidiana di 20.000 infezioni significa accettare 460 morti al giorno nelle settimane successive. Salute pubblica ed economia non sono, e non saranno mai, in contrasto: sono invece strettamente legate e interdipendenti. Lo sviluppo dell’andamento epidemico non si combatte sulla base di quello che è accaduto, ma di quello che sta accadendo e soprattutto di quello che potrebbe accadere. Utilizzare dati vecchi equivale a tuffarsi in una piscina vuota perché, una settimana prima, era piena (Fonte Lab24.ilsole24ore.com/coronavirus).
– Il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca: Era prevedibile, era inevitabile, ma siamo un Paese nel quale a parlare un linguaggio di verità non si ha molta fortuna. Bisogna prima arrivare a sbattere la testa contro il problema. Ci siamo arrivati.

Ringraziando i nostri lettori e sostenitori, ricordiamo che è possibile inviare comunicazione presso l’indirizzo di posta elettronica del “Blog dell’Editore”: QUI.

I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi venerdì 26 febbraio 2021

Ricoverati con sintomi: 18.292 (+35) (+0,19%)
In terapia intensiva: 2.194 (+26) (+1,20%) [con 188 nuovi ingressi del giorno] [*]
I pazienti in terapia intensiva aumentano per il 9° giorno di fila, con un quadro molto variegato tra regioni che vedono un forte aumento e altre in calo.
Deceduti: 97.227 (+253) (+0,26%)
Vaccinati [**] e percentuale sulla popolazione (aggiornato al 26 febbraio 2021 Ore 17:52): 1.376.612 (2,31% di una platea di 50.773.718 persone da vaccinare)

[*] Dato molto importante, perché permette di verificare al di là del saldo quante persone sono effettivamente entrate in terapia intensiva nelle ultime 24 ore oggetto della comunicazione.
[**] Persone che hanno completato la vaccinazione (prima e seconda dose). Vaccinazione in tempo reale: QUI.

Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia

Media giornaliera dei decessi: 261 (-)

Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.

Il punto della situazione a cura di Lab24

Evidenziamo ancora una volta la necessità di procedere a restrizioni ed allentamenti sulla base di dati aggiornati, e non riferiti a un periodo compreso tra 5 e 12 giorni prima per i dati generali (15-21 febbraio) e addirittura tra 10 e 24 giorni per il valore dell’Rt: che proprio oggi è stato confermato dall’Iss stabile a 0.99 ma calcolato come valore medio, sui soli soggetti sintomatici, in relazione al periodo 3-16 febbraio. Se guardiamo ai valori di Rt puntuale, che abbiamo calcolato ogni giorno nello stesso intervallo 3-16 febbraio con il metodo K-N modificato, osserviamo una totale corrispondenza con quanto indicato oggi dall’Iss: ma ne abbiamo ricevuto indicazione con 10 giorni di anticipo. Per arrivare ad avere una stima ufficiale dell’Rt odierno dovremo quindi attendere quasi 2 settimane: mentre dal calcolo dell’Rt puntuale sappiamo che il valore alla sera del 25 febbraio era già salito a 1.21. Questi ritardi sono incompatibili con la rapidità del Sars-CoV-2, come peraltro bene evidenziato dai dati delle singole Regioni: l’attribuzione alle fasce di rischio avviene di fatto, con uno scostamento di soli due giorni rispetto alle nostre rilevazioni, facendo riferimento non all’ultima settimana epidemiologica bensì a quella precedente, e con un Rt che risale a 2-3 settimane prima. I valori espressi in tempo reale dal contagio sono oggi completamente differenti da quelli usati per l’inserimento nelle diverse fasce a colori: che per Campania e Veneto segnavano valori in calo rispettivamente dell’8,31% e del 10,24% a fronte di una crescita come abbiamo visto del 46,63% e del 61,58% nei sette giorni successivi, periodo che ci offre un’immagine recente dell’andamento epidemico. Altrettanto ritardata e dunque imprecisa è la valutazione relativa a Lombardia ed Emilia Romagna, dove le crescite del 16,96% e dell’8,52% sono in realtà diventate molto più importanti, ovvero +38,04% e +36,76% negli ultimi 7 giorni. Con queste modalità, che regalano al virus una settimana di tempo, fermare il contagio è impossibile. Ma forse non è più questa la priorità, visto che negli ultimi giorni è stato ufficialmente indicato come obiettivo primario “evitare il lockdown”: traguardo che si raggiunge in modo naturale centrando il vero obiettivo, ovvero bloccare il virus. Senza riuscirci continueremo a contare infezioni, ricoveri e decessi. Con l’attuale tasso di letalità espresso dalla Covid-19 in Italia (2,3% negli ultimi 30 giorni, fonte Iss) passare ad una media quotidiana di 20.000 infezioni significa accettare 460 morti al giorno nelle settimane successive. Salute pubblica ed economia non sono, e non saranno mai, in contrasto: sono invece strettamente legate e interdipendenti. Lo sviluppo dell’andamento epidemico non si combatte sulla base di quello che è accaduto, ma di quello che sta accadendo e soprattutto di quello che potrebbe accadere. Utilizzare dati vecchi equivale a tuffarsi in una piscina vuota perché, una settimana prima, era piena (Fonte Lab24.ilsole24ore.com/coronavirus).

Diretta Facebook del Governatore della Campania oggi alle ore 21.15, Vincenzo De Luca: “Vi comunico che da lunedì chiudiamo tutte le scuole”

Siamo, com’è del tutto evidente, di fronte a una forte ripresa del contagio.
Sono circa 20mila i nuovi positivi in Italia ogni giorno.
In Campania, ormai da 4-5 giorni, abbiamo più di 2mila positivi al giorno: è il risultato anche dei rilassamenti che abbiamo avuto nelle scorse settimane.
Era prevedibile, era inevitabile, ma siamo un Paese nel quale a parlare un linguaggio di verità non si ha molta fortuna. Bisogna prima arrivare a sbattere la testa contro il problema. Ci siamo arrivati.
In Italia, com’è noto, abbiamo seguito la logica del “mezzo mezzo”: apri, poi chiudi, riapri, poi richiudi. Io penso che non sia la logica migliore. Io penso che sia preferibile avere una chiusura totale più lunga e avere un altro obiettivo: aprire tutto, ma aprire per sempre. Non aprire a metà e per un mese. E poi dover richiudere e poi riaprire.
Questa logica del “mezzo mezzo” sta mandando al manicomio l’Italia intera.
Oggi siamo obbligati a prendere misure drastiche.
Vi comunico che da lunedì chiudiamo tutte le scuole.
Abbiamo registrato in queste ore, in particolare negli istituti di Napoli, la presenza di casi della cosiddetta “variante inglese”. Non credo dobbiamo e possiamo aspettare che ci sia un’epidemia diffusa di Covid anche tra i ragazzi di 10-15-18 anni prima di intervenire.
Chiudiamo da lunedì, quindi, perché dobbiamo far fronte alle nuove varianti che sono emerse e perché dobbiamo completare in sicurezza la vaccinazione del personale scolastico.
Sono due motivazioni chiare, precise, che non hanno nulla di ideologico. Voglio ringraziare con forza il personale scolastico per il lavoro straordinario che ha fatto in questi mesi, per la capacità che ha dimostrato nella gestione della didattica in presenza e in quella a distanza, per la capacità, la pazienza e la professionalità che dimostrato nella gestione di situazioni difficili. Dobbiamo esprimere gratitudine a tutti loro.

“Non è facile assumere decisioni drastiche in Italia e De Luca, con difetti e pregi che gli si possono rivolgere, ha il coraggio di portare avanti una linea ferma e in un territorio non facile da gestire” (G.G.G.).

Scuole chiuse ad Arezzo per 2 settimane, + 84% contagi

Scuole chiuse anche ad Arezzo. L’annuncio è stato dato dal Sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli nella sua diretta Facebook. Dopo Sansepolcro, Castiglion Fiorentino e Marciano della Chiana, Arezzo è il quarto comune dell’Aretino a prendere questa decisione. In città i casi sono aumentati nell’ultima settimana in maniera vertiginosa, e si sono registrati anche casi di varianti, brasiliana in particolare. C’è stato anche un piccolo focolaio all’interno dell’ospedale San Donato di Arezzo nel reparto di geriatria (Fonte SkyTG24).

Ciampi (Pd): valutare la chiusura delle scuole

“Occorre considerare seriamente l’eventualità di chiudere le scuole. La didattica in presenza è, e rimane, una priorità ma gli accorgimenti presi fino ad oggi rischiano di essere messi in discussione dalle varianti del virus che sta contagiando alunni anche giovanissimi. Una chiusura temporanea oggi in tutta Italia darebbe il tempo agli istituti di programmare nuove misure di sicurezza e potrebbe evitare domani stop locali ripetuti e non efficaci. E darebbe soprattutto la possibilità di poter valutare eventuali prolungamenti dell’anno scolastico. Il Cts si deve esprimere il prima possibile”. Lo dichiara Lucia Ciampi, deputata del Pd (Fonte SkyTG24).

Rezza: età media si abbassa, focolai nelle scuole

“Abbiamo una diminuzione dell’età mediana dei contagiati, un dato che inizia a essere importante. Un dato dovuto spero già a un primo effetto della campagna vaccinale su anziani e soprattutto Rsa. Allo stesso tempo vediamo che è un po’ diverso da quanto visto d’estate. Allora era perché i giovani andavano nelle località turistiche, Oggi iniziamo a vedere focolai delle scuole, che potrebbero essere conseguenza della diffusione di varianti che infettano di più i bambini, anche se senza sintomi gravi”. Lo ha detto il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, al punto stampa sull’analisi dei dati di monitoraggio settimanali (Fonte SkyTG24).

Rezza: calo casi Rsa, primi effetti positivi vaccini a anziani

“Vediamo purtroppo un certo aumento dei focolai scolastici mentre diminuiscono i casi nelle Rsa, il che vuol dire che evidentemente la vaccinazione delle persone anziane sta dando i primi effetti positivi”. Lo afferma il direttore della Prevenzione del Ministero della Salute, Gianni Rezza, in un videomessaggio di commento al monitoraggio settimanale della Cabina di regia. “Rispetto al tasso di occupazione delle intensive siamo al 24%, ovvero di poco al di sotto della soglia critica del 30%. Naturalmente data la diffusione di varianti virali nuove – sottolinea Rezza – è bene continuare a mantenere comportamenti prudenti” (Fonte SkyTG24).

“Un linguaggio confuso ostacola l’uscita dalla pandemia”
Intervista di Interris.it ad Angelo Scelzo, ex vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede e Sottosegretario del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali. “In pandemia un linguaggio non chiaro finisce sempre per diventare un muro che respinge e allontana”
da Giacomo Galeazzi
Interris.it, 26 febbraio 2021


“Un linguaggio non chiaro finisce sempre per diventare un muro che respinge e allontana. La pandemia ha introdotto nel nastro linguaggio quotidiano una serie di termini e parole. Di cui, forse, non si conosceva neppure l’esistenza. Parole con il segno negativo di una minaccia all’uomo. Alla sua salute. Alla sua socialità”, afferma a Interris.it Angelo Scelzo. Ex vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede e Sottosegretario del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali.

Firma storica di Avvenire (dove è stato capo della redazione romana e inviato speciale) e del Mattino di Napoli, Angelo Scelzo ha ricoperto gli incarichi più importanti nella comunicazione vaticana. Sottosegretario al dicastero per le comunicazioni sociali, vice-direttore dell’Osservatore Romano, direttore dell’agenzia Fides, responsabile delle comunicazioni per gli eventi del Grande Giubileo del 2000, vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede. Afferma Scelzo a Interris.it: “La pandemia ha sconvolto, più di quanto noi stessi riusciamo ad accorgercene, il nostro modo di vivere. E anche di pensare. Il modo in cui emergenza ci viene ‘comunicata’. Imponendo le pur necessarie misure di contenimento e restrizioni”.

Tutto ciò, aggiunge Scelzo, “introduce un rapporto inevitabilmente conflittuale tra il potere pubblico (in questo caso le istituzioni di salvaguardia) e il cittadino. Già normalmente si è di fronte a un dialogo difficile. La natura non solo specialistica ma per certi versi ‘misteriosa’ della pandemia, non fa che rendere ancora più ardua una tale relazione. Così, anche da questo lato, finisce per allargarsi quel fossato che rende le istituzioni sempre più lontane. O come in questo caso, incomprensibili. È un prezzo indiretto che si paga ai tanti che la pandemia impone a viso aperto e in modo brutale e drammatico”.

Osserva Scelzo a Interris.it: “La poderosa, quasi sterminata, produzione di “Dpcm” (Decreti della presidenza del Consiglio) in quest’anno e più di pandemia, resterà come uno dei documenti storici. A testimonianza del tempo della pandemia. In quei provvedimenti è possibile rintracciare i vari e diversi significati di tutto il vasto vocabolario creato a corredo dell’emergenza. Anche il lockdown, che pure lessicalmente ha un significato definito, viene coniugato a seconda dei tempi e delle circostanze“.

Prosegue Scelzo: “L’introduzione delle fasce di colore, allarga poi ulteriormente anche le fasce di ‘significati’. Con una specifica di provvedimenti e restrizioni legate a singole zone e territori. Nonostante un’informazione quasi ossessiva (o forse proprio a causa di essa) riesce difficile collegare in maniera esatta i colori. Allo schermo, anch’esso variabile, delle diverse possibilità. La ‘zona rossa’ di una regione non sempre è uguale a quella dell’altra. E i parametri attraverso i quali si ‘colorano le aree, pur essendo uguali alla partenza, danno poi luogo ad applicazioni del tutto differenti”.

C’è il rischio di una nuova Torre di Babele?
“In questo quadro, la confusione comunicativa può essere la sola cornice possibile. Si è di fronte a un problema serio che impone di rivedere forse alla radice il comparto tutto particolare di quell’informazione di servizio. Che rappresenta sempre più un elemento di sicurezza e salvaguardia sociale”.

In pandemia si accrescono le disuguaglianze?
“Si tratta di una realtà evidente. La metafora di essere tutti sulla ‘stessa barca’ è assolutamente giusta. Nel senso che nessuno può salvarsi da solo. Ma occorre anche aggiungere che non tutte le barche sono attrezzate allo stesso modo. Non tutte hanno la stessa solidità e capacità di carico. C’è anche un altro fattore”.

Quale?
“Pur all’interno della stessa barca esistono posti in cui è più facile salvarsi. E altri che, in caso di tempesta, non offrono scampo. La pandemia ha brutalmente calcato la mano su un divario sociale già forte e intollerabile. Lo ha reso estremo. Ha infierito sulle debolezze e sulle fragilità. Operando un’orribile, innaturale e inumana selezione. Tra forti e deboli. Garantiti e precari. Ricchi e poveri”.

Può farci un esempio?
“La pandemia è andata ben oltre uno ‘strappo” sociale’. Allargando, per esempio, il campo di una povertà che ora si misura con parametri diversi. Mai tante file alle mense delle Caritas e degli organismi di assistenza. Mai tanti volti nuovi, gli ‘esordienti’ di un disagio sociale che invece di arrestarsi, avanza. E mostra i guasti della società dello squilibrio e dei divari istituzionalizzati. In questo senso il Covid è stato molto più che un altro ‘campanello d’allarme’. Ha rappresentato piuttosto il sigillo. Il timbro a secco su un fallimento già in atto”.

I mass media si pongono la questione della comprensibilità per il grande pubblico dei meccanismi che regolano le dinamiche di potere in pandemia?
“È una questione complessa. Io credo che i media abbiano certamente avvertito il problema. Se non altro come forma di ‘autodifesa’ del proprio lavoro. Hanno cioè avvertito l’esigenza di una maggiore chiarezza. Rendendosi conto della difficoltà che una comunicazione del genere poneva al loro impegno. Ancora più complicata si presenta la questione di un’informazione capace di svelare i meccanismi di potere. Che pure agiscono in presenza di crisi di così vaste proporzioni”.

A cosa si riferisce?
“Il rischio di essere essi stessi parte di un certo sistema non può essere escluso. Anche al di là di una consapevole adesione. Ma l’emergenza, almeno per ora, ha spazzato via molte domande. Nel senso che forse è mancato il tempo di poter approfondire le modalità, i tempi. Perfino lo spazio di una comunicazione così straordinaria. Sia sul piano quantitativo che qualitativo”.

Perché?
“La pandemia è stato come uno ‘tsunami’ che ha invaso direttamente le pagine dei giornali. Gli schermi delle tv. I siti dei web. E tutta la galassia dei social. Senza lasciare un attimo di requie e di respiro. Sarà certo interessante, e diventerà forse un documento d’epoca, un’analisi”.

Quale?
“Una retrospettiva che della comunicazione ai tempi della pandemia, sarà fatta in futuro (e qualcosa è già cominciato). Per ora occorre prendere atto che il virus ha colpito e ‘contagiato’ in molti modi, anche la comunicazione. Non poteva essere altrimenti”.

Si parla di vaccini. Con una realistica cronologia della normalità. E con la questione della solidarietà, che è anche una questione di convenienza (medica e politica) ma è molto complicata da spiegare ai propri cittadini: lo si vede con il programma Covax.
Il Punto | la newsletter del Corriere della Sera
25 febbraio 2021
Quando torneremo a una parvenza di “normalità”? Una cronologia possibile
di Elena Tebano, editorialista
Siamo nel campo delle ipotesi perché, ovviamente, nessuno può saperlo con certezza. Ma il fatto che ci siano più vaccini funzionanti significa che la fine della pandemia è “all’orizzonte”, come scrive l’Atlantic, che prova a stimarne l’evoluzione nei prossimi mesi. Ripetiamo: sono congetture basate sui dati che abbiamo oggi a disposizione, e quindi suscettibili di essere smentite in base a una serie di variabili sconosciute, ma possono offrire comunque un orientamento. Di certo c’è solo che la pandemia non finirà domani. «La vita questa primavera non sarà sostanzialmente diversa da quella dell’anno scorso; l’estate potrebbe, miracolosamente, essere vicina alla normalità; e il prossimo autunno e inverno potrebbero portare o un miglioramento continuo o un moderato regresso, seguito da un quasi certo ritorno a qualcosa di simile alla vita pre-pandemica» scrive in sintesi Joe Pinsker. Ecco nel dettaglio cosa possiamo aspettarci secondo l’Atlantic nelle prossime stagioni.
Primavera 2021. Cambierà poco rispetto all’ultimo anno. Sono ancora troppo poche le persone vaccinate per fare davvero la differenza in termini di infezioni e c’è l’incognita delle varianti, tanto che «gli esperti temono che la pandemia potrebbe peggiorare molto nel breve termine». In Lombardia per esempio, hanno scritto Stefano Landi e Giovanni Santucci, si stima che il picco dei ricoveri sarà tra marzo ad aprile e che le infezioni rimarranno alte per tutto maggio. Secondo Ashish Jha, professore della Brown University’s School of Public Health, in questa fase può iniziare a essere sicura la socialità senza restrizione solo tra persone vaccinate che hanno avuto la seconda dose, ma non per gli altri (è opportuno incontrarsi senza mascherina, dice Jha, solo se tutti i presenti sono immunizzati).
Estate 2021. Tranne in caso di cattive sorprese dalle varianti, la situazione potrebbe migliorare tra giugno e settembre, come è successo l’anno scorso (quando però l’Italia usciva di un lockdown molto rigido che aveva ridotto drasticamente la circolazione del virus). Molto dipenderà dalla velocità della vaccinazione, che almeno in Italia è diversa a seconda delle regioni. Come ha raccontato Stefania Chiale sul Corriere, in Lazio e Toscana ci sono già molti under 55 delle categorie a rischio, per esempio gli insegnanti, vaccinati, mentre in Lombardia la situazione è ben diversa. Secondo il professor Davide Manca del PSE-Lab del Politecnico di Milano, a questo ritmo ci vorranno anni per raggiungere anche solo l’immunità di gregge con i vaccini: da un minimo di 1 anno e 209 giorni per la provincia di Bolzano (attualmente la più veloce), ai 3 anni e 249 giorni della Calabria (la più lenta), passando per l’anno e 209 giorni della Lombardia. In ogni caso in estate la socialità sarà aiutata dal fatto di poter stare all’aperto, ma saranno necessarie ancora nette limitazioni alle attività che richiedono di stare in gruppo al chiuso: numero ridotto, distanza e mascherine.
Autunno 2020-inverno 2021. «La maggior parte della popolazione statunitense dovrebbe essere vaccinata entro l’autunno, ma una certa ricomparsa del virus sembra probabile nei mesi più freddi» spiega l’Atlantic. La situazione però dovrebbe poter essere migliore di adesso, con possibili impennate del virus in presenza di varianti resistenti ai vaccini o ma con meno casi gravi. Potrebbe essere quindi necessario ricorrere di nuovo ad alcune precauzioni per ridurre i contagi. «Anche se circolano varianti resistenti, i nuovi vaccini dovrebbero essere in grado di domarle in tempi relativamente brevi. L’adattamento del preparato di un vaccino esistente potrebbe richiedere solo pochi mesi, il che significa che l’interruzione della vita quotidiana non sarebbe così lunga come quella che gli americani hanno già vissuto» scrive ancora Pinsker.
Estate 2022. Con i mesi più caldi dell’anno prossimo dovremmo poter tornare alla “normalità” qualunque cosa questo posso significare dopo una pandemia. «Il virus esisterà ancora, ma con la possibilità che faccia ammalare meno gravemente le persone e che, come l’influenza, circolerà principalmente nei mesi più freddi; alcune persone morirebbero ancora di Covid-19, ma il virus non andrebbe di nuovo fuori controllo. Nel frattempo, gli americani dovrebbero essere in grado di fare la maggior parte, se non tutte, le cose che hanno perso nel 2020 e nel 2021, senza maschere e preoccupazioni». Il cammino è ancora lungo, ma almeno è tracciato
Covax, “l’antidoto al nazionalismo dei vaccini” che coniuga solidarietà e convenienza
di Gianluca Mercuri

«In futuro dovremo commemorare la giornata del 24 febbraio. Le prime dosi del vaccino anticovid sono infatti arrivate in Ghana, in Africa occidentale. Il carico non recava la bandiera di uno Stato, ma faceva parte del programma Covax, nel quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), dunque nel nome della comunità delle nazioni, un concetto che è sembrato piuttosto assente dall’inizio della pandemia».
Pierre Haski, in un pezzo per France Inter ripreso da Internazionale, mette l’enfasi giusta nel commentare i primi risultati di Covax, «l’antidoto al nazionalismo dei vaccini». La battaglia geopolitica intorno alle cure antivirus si è intensificata in queste settimane e il Corriere l’ha documentata in molti articoli: dalle (interessate) attenzioni cinesi ai paesi emergenti, raccontate da Federico Fubini, alle mosse russe, americane e arabe in questo punto su «diplomazia e mercato», fino al costo – 4.500 miliardi – che i ritardi per i paesi poveri finiscono per avere per i ricchi.
Ora, l’arrivo del primo carico da 600 mila dosi di AstraZeneca in Ghana – prodotte in India, pagate dalla comunità internazionale e preludio ai due miliardi di dosi attesi dall’Africa entro fine anno – testimonia l’efficacia del programma Covax e segna, scrive Pierre Haski, «una rottura con questa concorrenza marcatamente ideologica». Covax è davvero una buona idea nata in giugno durante una videoconferenza tra Oms, Unione europea, singoli Stati europei come Italia, Germania e Francia, altri paesi del mondo, fondazioni come quella dei coniugi Gates e ora anche l’America di Biden e, in misura minore, la Cina. Un esempio di come autorità politiche, istituzioni globali e filantropia possano funzionare concretamente quando gli interessi politici vengano messi in secondo piano, o – meglio – valutati con correttezza, scoprendo così che possono coincidere con quelli etici più spesso di quanto si creda.
La logica di Covax unisce infatti solidarietà e convenienza: aiuti a chi ne ha bisogno e sconfitta del virus, che sarà davvero tale solo se avverrà in tutto il mondo. Il presidente francese Macron, il più convinto sostenitore di queste iniziative, sottolinea non a caso che milioni di francesi ed europei hanno parenti «dall’altra parte del Mediterraneo».
L’avvio di Covax è dunque una grande notizia. Ma ora bisogna vedere se il «sovranismo vaccinale» non complicherà l’iniziativa. Perché funzioni, qualcuno di noi dovrà accettare di vaccinarsi più tardi, e dare la precedenza a qualche africano. Ne saremo capaci?

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