Numeri ufficiali Covid-19 del 29 gennaio 2021. Speranza: calo Rt è incoraggiante ma sfida a Sars-CoV-2 è complessa

Condividi su...

Ringraziando i nostri lettori e sostenitori, ricordiamo che è possibile inviare comunicazione presso l’indirizzo di posta elettronica del “Blog dell’Editore”: QUI.

I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi venerdì 29 gennaio 2021

Ricoverati con sintomi: 20.397 (-381) (-1,83%)
In terapia intensiva: 2.270 (-18) (-0,79%) [con 148 nuovi ingressi del giorno] [*]
Deceduti: 87.858 (+477) (+0,55%)
Vaccinati [**] e percentuale sulla popolazione (aggiornato al 29 gennaio 2020 Ore 07:02): 392.504 (0,65%)

[*] Dato molto importante, perché permette di verificare al di là del saldo quante persone sono effettivamente entrate in terapia intensiva nelle ultime 24 ore oggetto della comunicazione.
[**]
Persone che hanno completato la vaccinazione (prima e seconda dose). Vaccinazione in tempo reale: QUI.

Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia

Media giornaliera dei decessi: 255 (-)

Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.

Il punto della situazione a cura di Lab24

Si complicano sempre più i tempi della campagna vaccinale a causa delle continue riduzioni nella consegna di dosi rispetto a quanto definito dai contratti, centralizzati a livello di Unione europea. Ai problemi riscontrati con Pfizer-BioNTech (apparentemente superati) e quelli che vedono un braccio di ferro in atto tra Ue e AstraZeneca (che ha comunicato una riduzione del 60% delle dosi previste nel primo trimestre) arriva una nuova segnalazione da parte di Moderna. L’impatto per l’Italia, nella settimana del 9 febbraio, vedrà una riduzione del 20,4% (da 166.000 a 132.000 dosi). I ritardi implicano un rallentamento della campagna vaccinale e un conseguente allontanamento dei due obiettivi chiave: la protezione rapida delle categorie più a rischio (personale sanitario e over 80) e il raggiungimento dell’immunità di gregge. Questo secondo elemento, in particolare, sta acquisendo sempre più rilevanza alla luce dell’insorgenza di alcune varianti virali: che, sia per la loro maggiore rapidità diffusionale, sia per la capacità di alcune di eludere parzialmente la risposta anticorpale, rendono la campagna vaccinale una corsa contro il tempo. Ottenere rapidamente l’immunità di gregge significa limitare, o addirittura escludere, il rischio dell’insorgenza di nuove varianti. Occorre inoltre tenere presente che non tutti i vaccini hanno la stessa efficacia, elemento che impatta direttamente sulla quantità di popolazione da vaccinare (copertura minima vaccinale) per ottenere l’immunità di gregge. Nei giorni scorsi abbiamo visto che con i vaccini Pfizer-BioNtech e Moderna (efficacia 95%), il traguardo viene teoricamente raggiunto (usando le formule abitualmente adottate) dopo aver vaccinato il 63% della popolazione. Il vaccino della Novavax, società americana con cui l’Ue ha aperto trattative, richiede due dosi e ha un’efficacia dell’89%: in questo caso l’immunità di gregge si raggiungerebbe vaccinando il 67% della popolazione. Il vaccino Johnson & Johnson, secondo fonti societarie riportate da alcuni media Usa, avrebbe un’efficacia del 66%: se così fosse l’immunità di gregge arriverebbe vaccinando il 91% delle persone. Il vaccino AstraZeneca è stato approvato oggi dall’Ema (l’Agenzia europea del farmaco) che in base agli studi clinici ha rilevato un’efficacia del 60%: l’immunità di gregge richiederebbe la vaccinazione del 100% della popolazione. Tutto questo nel caso in cui l’R0 delle varianti non eccedesse il valore di 2,5 (quello del Sars-CoV-2 originario): se accadesse, l’obiettivo si allontanerebbe sempre più fino a diventare, in teoria, irraggiungibile. Ma come abbiamo ricordato più volte questo vale, appunto, nella teoria: perché nella pratica, e quindi con la popolazione reale e non quella usata “a campione” negli studi clinici, si possono verificare variazioni anche importanti. Generate per esempio dalle caratteristiche della popolazione, con una maggiore o minore densità, oppure dall’adozione di misure di contenimento più o meno blande. Prova ne sia, come abbiamo ricordato anche recentemente, che una campagna vaccinale capace di raggiungere il 95% della popolazione ha permesso di bloccare la circolazione di un virus come quello del morbillo, che esprime un R0 variabile tra 12 e 18: sulla carta inarrestabile, ma non nella realtà. Tutti i vaccini finora approvati concorreranno quindi, insieme al mantenimento delle misure di protezione individuale, a spegnere progressivamente l’epidemia. E sarà fondamentale fare presto. Restando al tema delle varianti il vaccino Pfizer-BioNTech protegge con piena efficienza da quella inglese, mentre induce una minore produzione di anticorpi nei confronti della sudafricana: non è stato ancora verificato se questa riduzione comporti una parallela perdita di efficacia, o se gli anticorpi sviluppati riescono comunque a bloccare il virus nel 95% dei casi. Il vaccino Moderna è efficace contro la variante inglese, meno contro quella sudafricana: per questo motivo sarà quasi sicuramente necessario un terzo richiamo. Il vaccino Novavax protegge dalla variante inglese, mentre contro quella sudafricana è già previsto lo sviluppo di un nuovo vaccino. Non si hanno per ora informazioni sulla risposta al vaccino della variante brasiliana, caratterizzata da mutazioni simili a quella del Sud Africa. La complessità della risposta anticorpale che segue la vaccinazione rende per ora difficile ipotizzare una totale assenza di efficacia dei vaccini, ma anche una riduzione parziale potrebbe comportare una rapida riprogrammazione delle campagne in corso: con un terzo richiamo dello stesso vaccino (come per Moderna)? Con un richiamo con una nuova formulazione del vaccino? Da effettuare anche alle persone che hanno già completato la doppia somministrazione (al momento in Italia tutte con il vaccino Pfizer)? Tre domande per ora senza risposte, che arriveranno però a breve con il completamento degli studi in corso (Fonte Il Sole 24 Ore).

La prima prova sperimentale diretta che il sistema riproduttivo maschile può essere preso di mira e influenzato dal Sars-CoV-2. Se le conclusioni dello studio tedesco trovassero ulteriori conferme scientifiche, potrebbe essere seriamente compromesso il futuro dell’umanità

Il Sars-CoV-2 può alterare la qualità degli spermatozoi
di Gianluca Allievi
AGI, 29 gennaio 2021

Il Sars-CoV-2 potrebbe alterare la qualità dello sperma degli uomini che lo hanno contratto secondo uno studio tedesco pubblicato oggi, condotto su un limitato numero di pazienti e le cui conclusioni dovranno essere confermate da altri lavori. Il team di ricercatori dell’Università Justus-Liebig (Giessen, Germania) ha analizzato regolarmente lo sperma di 84 uomini sotto i 40 anni infettati dal coronavirus, la maggior parte dei quali affetti da una forma grave, per due mesi, confrontandolo con quella di 105 individui che non hanno contratto la malattia. Negli uomini con Covid-19, i marker di infiammazione e stress ossidativo nello sperma erano due volte più alti rispetto al gruppo di controllo, mostra l’articolo sulla rivista scientifica Reproduction. Gli autori trovano anche una concentrazione e una mobilità degli spermatozoi “notevolmente inferiori” di quest’ultimo e molto più sperma con una forma alterata tra i partecipanti con Covid-19.
“Questi risultati costituiscono la prima prova sperimentale diretta che il sistema riproduttivo maschile può essere preso di mira e influenzato da Sars-CoV-2”, concludono. Sottolineano che i cambiamenti osservati corrispondono a uno stato di “oligoastenoteratospermia, che è una delle cause più frequenti di subfertilità negli uomini”. Gli esperti che non sono stati coinvolti nello studio, tuttavia, avvertono che è necessario effettuare ulteriori ricerche prima di trarre conclusioni.
“Gli uomini non dovrebbero essere eccessivamente allarmati. Al momento non ci sono prove accertate di danni a lungo termine causati dal Sars-CoV-2 allo sperma o al potenziale riproduttivo maschile”, ha detto Alison Campbell, direttore dell’embriologia per il gruppo della clinica specialistica Care Fertility. Gli stessi autori osservano che un’ipotesi è che i risultati osservati siano dovuti ai farmaci assunti da alcuni pazienti, in particolare corticosteroidi, antivirali e antiretrovirali. Indipendentemente dall’azione del coronavirus, “sappiamo già che la febbre può avere un impatto negativo sulla produzione di sperma, indipendentemente dalla malattia che l’ha provocata”, osserva anche Allan Pacey, specialista in fertilità maschile presso l’Università di Sheffield (Regno Unito).

Speranza: calo Rt incoraggiante ma sfida a virus complessa

“L’indice di trasmissione del contagio è sceso a 0,84. È un risultato incoraggiante frutto dei comportamenti corretti delle persone e delle misure di Natale che hanno funzionato. Numerose regioni torneranno in zona gialla. Questa è una buona notizia, ma è fondamentale mantenere la massima attenzione. La sfida al virus è ancora molto complessa”. Lo scrive su Facebook il Ministro della Salute, Roberto Speranza (Fonte SkyTG24).

Il Cardinale Bassetti: non si affermi mentalità individualista

“Occorre salvaguardare i nostri anziani, i nostri malati, i nostri disabili. Ma occorre difendere anche le nostre famiglie, le nostre aziende e le nostre comunità dalla crisi economica causata dalla pandemia”: lo ha detto il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, parlando della pandemia nell’omelia per la celebrazione del patrono San Costanzo. “Non possiamo permettere che si affermi una mentalità individualista nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle più fragili. E al tempo stesso non possiamo abbandonare tutti coloro che stanno soffrendo a causa della crisi economica”, ha aggiunto (Fonte SkyTG24).

Free Webcam Girls
151.11.48.50