Cuba, una Chiesa che il Papa vuole portare all’attenzione del mondo

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Cuba è un’isola. Non è una considerazione da poco in fondo. Perchè essere isola significa alla fine essere isolati e un po’ isolazionisti. Questo di certo non aiuta la democrazia. Negli anni ‘50 Cuba era un paese ricco, e la ricchezza era in mano all’80% della popolazione. Canna da zucchero e agricoltura come prima risorsa. Anche le mucche erano di una razza particolare che davano fino a 12 litri di latte al giorno, le mucche creole. Ora nessuno muore di fame ma c’è ovunque una grande malnutrizione. Il paradosso della Rivoluzione Castrista. La democrazia sembra una parola lontana per la gente dell’ isola dei Caraibi. Terra di sogno per i turisti occidentali di oggi, terra di grandi speranze al tempo del colonialismo spagnolo, terra senza democrazia praticamente da sempre. E a Cuba l’unica istituzione che ha una credibilità è la Chiesa cattolica. Perché è vicina alla gente. Per questo la visita del Papa è importante.

A Cuba il regime castrista, la Rivoluzione, è sempre presente. A partire dalle tasse sulle auto ( per comprarne una serve comunque il permesso dello Stato) fino alla sessualità che è “gestita” da una agenzia dello Stato la Cenesex. Per far dimenticare la miseria e la corruzione che ne deriva il regime cerca di “drogare” l’anima del popolo con una “educazione” sessuale di libertà assoluta e di precocità. Risultato: l’80% delle donne ha abortito almeno una volta e i matrimoni durano in media 18 mesi. La tanto decantata sanità cubana poi si basa solo sui medici che il governo “vende” ad altri paesi, come il Senagal, o il Venezuela. Sono bravi i medici cubani, hanno un ottimo approccio con il paziente. Ma non hanno mezzi e neppure medicine. Allora ti mandano nelle parrocchie cattoliche. Perché li riescono ad arrivare le medicine. Eppure a Cuba ci sono mitiche cliniche per ricchi. Così la scuola. Tutti studiano, molti sono anche preparati, ma alla fine la gente va nelle parrocchie per ripetizioni e lezioni. Di nascosto, perché alla Chiesa non è permesso educare, può solo avere ospizi per anziani e poveri.

E a Cuba il “nemico” sono sempre gli Stati Uniti. L’annosa questione dell’embargo, del bloque, sembra ormai assestata su un traffico preciso. Cuba di fatto importa la maggior parte dei beni alimentari dagli Usa. Ma di nascosto e con pagamento anticipato in contanti. Nell’ isola del resto non si produce quasi più nulla. Le vecchie aziende dello zucchero sono in disarmo, e così tutta l’ agricoltura. Cuba vive di turismo, un po’ di miniere di nichel e di rimesse dai cubani in esilio. Nel 1902 l’anno dell’indipendenza dalla Spagna, a Cuba il 60% della popolazione era nera o creola Nel 1958 al contrario il 60% erano bianchi, spagnoli. Sono loro che sono emigrati in questi anni e a Cuba sono rimasti i neri e i creoli che non hanno nessuna rimessa dall’estero. A Cuba la Chiesa non è mai stata perseguitata con vera la violenza, ma con l’opposizione a qualunque cosa faccia, con la prigione per qualunque cosa e con i campi di rieducazione per i preti . Come quello dove è stato per un anno è il cardinale Ortega y Alamino che alcuni giudicano troppo indulgente con il regime. Ma del resto una chiesa aperta è sempre meglio che una chiesa chiusa, dicono altri. Dopo la visita di Giovanni Paolo II sulla gente che va in Chiesa c’è un po’ meno controllo, anche se i battezzati sono solo la metà della popolazione e in chiesa ci va solo il 2 per cento della gente.

Invece la processione che ha portato in tutta l’isola l’immagine della Madonna del Cobre è stata vivacissima, in tutta la nazione, con gente di tutti i tipi, anche un po’ per superstizione. Addirittura in processione si sono visti i massoni con tutti i loro simboli. Cuba non è un paese cattolico ma “cattolicizzabile” dicono alcuni. Il ruolo della Chiesa oggi è la carità. Dal 1958 non c’è il permesso di fare nuove chiese cattoliche, e la costruzione del seminario a l’Avana, sembra più un’operazione pubblicitaria di Raul Castro che negli anni ’60 lo sequestrò in nome della Rivoluzione. A Natale il cardinale Ortega y Alamino pronuncia il suo discorso in tv, è vero, ma sul canale educativo che si riceve praticamente solo nella capitale. Insomma la strada per il cambiamento è lunga. E la Chiesa cattolica cerca dei piccoli spiragli pur tra mille difficoltà. Come quando ha partecipato alla trattativa per la uscita di 75 dissidenti un paio di anni fa. Qualcuno temeva che fosse un modo di farsi strumentalizzare, ma era anche un modo per poter far puntare i riflettori su Cuba, sulla drammatica mancanza di rispetto dei diritti umani in un paese isolato a pochi metri dalla costa Usa dove frotte di turisti vanno senza rendersi spesso conto che con il costo per loro di una cena una famiglia cubana devi vivere per un mese.

Una fatica anche per la Chiesa, per i tanti religiosi e religiose che sono vicini alla gente e per quelli che si scoraggiano perché si vive sul filo del rasoio con la psicosi di essere continuamente spiati e controllati. “Hay que resolver” dicono a Cuba e, pragmaticamente, cercano ogni mezzo per sopravvivere, con un po’ di indolenza caraibica e con la speranza che qualcuno si accorga di loro.

Anche per questo la visita di Benedetto XVI è importante. Perché un padre non lascia mai soli i suoi figli.

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