Loreto: i riti della Settimana Santa negli scatti dei tre fotografi marchigiani

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Inaugurata lo scorso 17 marzo alla presenza dell’arcivescovo di Loreto, mons. Fabio Dal Cin, e dell’assessore regionale Moreno Pieroni, sarà visitabile fino al 12 maggio presso le Cantine del Bramante del Palazzo Apostolico di Loreto la mostra fotografica ‘Incanto e Sacrificio’, promossa dalla Delegazione Pontificia con il contributo dell’assessorato alla Cultura e al Turismo della Regione Marche e della Fondazione Opere Laiche e Pia Casa Hermes.

Ad essa contribuiscono tre fotografi marchigiani: Giorgio Cutini, Vincenzo Marzocchini e Daniele Papa. Curata da Vito Punzi, è corredata da un catalogo edito da Tecnostampa contenente un contributo del critico Diego Mormorio. L’ingresso è libero e possibile il giovedì, il venerdì, il sabato e la domenica dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 19.

Presentandola il delegato pontificio ha affermato: “Osservando le foto esposte in questa mostra siamo invitati ad abitare e condividere, anche se solo per i pochi istanti di uno sguardo fuggevole, la religiosità e la devozione popolare di tanti, uomini e donne, imbattutisi nel Mistero della morte e resurrezione di Cristo. Attraverso queste foto possiamo partecipare della loro fede, della loro preghiera. E l’immagine di un legno inciso e dipinto, di un gesto penitenziale, ci orienta verso il Sacrificio del Giusto”.

Al curatore Vito Punzi abbiamo chiesto di spiegare il titolo della mostra fotografica: “Sacrificio quello del Cristo, che si immola per la salvezza degli uomini. Incanto come stupore, meraviglia, sorpresa nello sguardo dei fedeli presenti ai riti e in quello altrettanto affascinato dei visitatori della mostra. Da tramite lo sguardo incantato dei fotografi”.

E’ possibile interpretare il ‘sacrificio’ come ‘incanto’?
“Nei misteri dei riti pasquali è insito l’incanto: quello terribile, doloroso, tetro e cruento della passione e crocefissione, fino al prodigio liberatorio e festoso della Resurrezione”.

In quale modo l’arte, e precisamente la fotografia, può trasformare l’oggetto in preghiera?
“Innanzi tutto occorre sempre tenere presente il fatto che ogni opera d’arte, ogni fotografia è un input che serve da stimolo. Il contenuto viene completato dalla risposta, dalla sensibilità di chi contempla. Gli artisti ci guidano dentro il mistero dell’Uomo sulla Croce, raccontano la sofferenza, la fragilità, l’angoscia del condannato e Salvatore.

Espongono la croce come impasto di sacrificio e redenzione per credenti e non credenti col suo messaggio di fratellanza e giustizia. L’eco di ciò trova risonanza nell’animo di chi guarda. L’opera si trasforma in metafora, il silenzio diventa preghiera. Scrive il critico Diego Mormorio: Dal buio della morte umana del Cristo, anche il più cinico vede giungere una luce. Vede la necessità dell’amore”.

I tre fotografi scelti come hanno interpretato il sacrificio di Cristo?
“Qui preferirei lasciare la parola al critico e storico della fotografia Diego Mormorio: ‘I lavori di Cutini, Marzocchini e Papa riguardano tre esperienze a mio avviso segnatamente interessanti: la processione del Venerdì Santo ad Assisi, fotografata da Giorgio Cutini; le immagini del Cristo riprese nelle valli e nelle montagne friulane da Vincenzo Marocchini; il cruento rito pasquale dei ‘Vattienti’ di Nocera Terinese, documentato da Daniele Papa.

Le fotografie di Cutini sono state riprese diversi anni fa, ma sembrano fatte appena ieri, forse domani. Le figure escono dal buio. Dal buio della nostra esistenza, e si fanno strada nella luce. La processione comincia all’imbrunire, dalla chiesa di san Rufino, protettore di Assisi, dirigendosi, con alla testa la Madonna dei Sette Dolori, verso la basilica di san Francesco, dove si trova il Cristo morto. Da qui, riparte, ormai nel buio della sera, per attraversare le vie della città affollate di gente.

Spiccano i camici bianchi dei Crociferi con i volti coperti e con la testa incoronata di spine, la croce di legno in spalla. I canti si spandono nell’aria. Nel buio, il luogo diventa indefinito e potrebbe essere qualunque angolo del mondo: tutto il pianeta diventa un unico luogo, dentro il medesimo destino. Il bianco e nero è qui fondamentale.

Il rapporto buio-luce torna anche nel lavoro di Vincenzo Marzocchini, che è più recente rispetto a quello di Cutini: risale infatti al periodo che va dal 1998 al 2004. Le espressioni del Volto scolpito sono diverse, a seconda della mano che lo ha realizzato, ma in ogni punto stanno a ricordarci della presenza soccorrevole…

In ogni caso, il lavoro di Marzocchini si svolge intorno al rapporto materialità-spiritualità, e non potrebbe essere diversamente, perché già il volto di Cristo ci ricorda lo spirito fattosi materia, rimandandoci alla spiritualità che permea tutte le cose.

Il terzo lavoro è quello di Daniele Papa, riguardante la processione dei ‘Vattienti’ di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro. Si tratta di un vero documento storico che leggiamo, per dirla con Baudelaire, già a partire dai vestiti, ‘l’acconciatura e persino il gesto’. Risale al 1982, ma sembra essere stato ripreso in un tempo assai più antico.

Comprende momenti assai cruenti, che la Chiesa ha nel tempo considerato in vario modo, e che per essere precisamente compresi bisognerebbe trattare in maniera approfondita e articolata.

Non pochi, nella comunità religiosa contemporanea, sono quelli che prendono le distanze da questi momenti cruenti, ma che personalmente, insieme a molti altri, ritengo siano un punto forte della Tradizione, che va al di là del dato temporale. Tutte le immagini sono state realizzate con un bianco e nero che essenzializza la scena, che fa vedere l’elemento drammatico per quello che è, senza mai spettacolarizzarlo…’

Per concludere direi che insieme questi tre lavori costituiscono un felice sposalizio. Una bella chiamata al cammino del Cristianesimo”.

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