L’Europa tradisce le proprie radici di libertà
E’ entrato in vigore domenica 20 marzo l’accorto tra l’Unione europea e la Turchia per la gestione dell’arrivo dei migranti sulle coste greche e per il respingimento di quelli che si trovano al momento sulla rotta balcanica, ma la Grecia ha detto di non essere pronta per mettere in pratica il piano, tantoché in un sol giorno sono sbarcati sulle coste greche ben 1662 migranti.
L’accordo prevede che i profughi sulla rotta balcanica, tra cui anche i siriani in fuga da cinque anni di guerra, siano rimandati indietro in Turchia. Per ogni profugo che sarà riammesso in Turchia dalla Grecia a partire dal 4 aprile, l’Unione europea s’impegna a riammetterne uno sul suo territorio attraverso un visto umanitario, cioè 54000 persone. In termini concreti Bruxelles ha stimato che la Grecia avrà bisogno di circa 4000 persone, che dovranno essere messe a disposizione da Atene, dai Paesi Ue, dall’Ufficio europeo di supporto all’asilo (Easo) e da Frontex.
Uno degli obiettivi principali del piano è dissuadere i migranti dall’attraversare il Mar Egeo e combattere il business messo in piedi dai trafficanti che si arricchiscono offrendo soluzioni illegali di trasferimento. Alla Turchia vanno i fondi Ue per la gestione dei profughi e rifugiati: sono 3 miliardi di euro. A cui si aggiungono altri 3 miliardi dal 2018.
Il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in un’intervista a Radio Vaticana mentre era in visita a Skopje, ha definito questo accordo ‘umiliante’: “Di fronte al ‘grave dramma’ di tanti emigranti, dovremmo sentire umiliante dover chiudere le porte, quasi che il diritto umanitario, conquista faticosa della nostra Europa, non trovi più posto… Non si possono lasciare soli i Paesi in prima linea che subiscono il flusso dei migranti, essi hanno bisogno di aiuto”.
Anche papa Francesco nell’omelia della domenica delle Palme ha paragonato l’umiliazione subita da Gesù a quella dei profughi: “Gesù prova sulla sua pelle anche l’indifferenza, perché nessuno vuole assumersi la responsabilità del suo destino. E penso a tanta gente, a tanti emarginati, a tanti profughi, a tanti rifugiati dei quali tanti non vogliono assumersi la responsabilità del loro destino”.
Mentre il card. Angelo Scola ha sottolineato che l’accordo raggiunto è ‘ben poca cosa’: “Vediamo infatti le fatiche della nostra Europa: dopo tanto travaglio, l’intesa raggiunta sulla questione dei migranti mi pare un po’ poco. E’ sufficiente impegno di questo tipo? Non è troppo poca cosa rispetto al grande bisogno in cui i migranti si trovano e da cui fuggono?”.
Contro tale accordo si sono levate molte voci dell’associazionismo che operano per una degna accoglienza dei profughi, come quella della Caritas italiana, che ha definito l’accordo difficilmente ‘praticabile’: “Riassumendo si può dire che il controverso accordo tra l’Unione europea e la Turchia sul rimpatrio dei migranti potrebbe produrre dei risultati drammatici per i profughi che rischiano di essere bloccati per lungo tempo nei campi turchi dove probabilmente nessuno potrà garantire sulla qualità dell’accoglienza e della protezione… Nei fatti, l’Ue trasferendo miliardi di euro alla Turchia sta semplicemente pagando un servizio di controllo delle frontiere per il contenimento dei flussi verso l’Europa. Nel frattempo i migranti continuano a morire nei loro viaggi verso l’Europa”.
L’accordo è bocciato anche dal presidente delle Acli, Gianni Bottalico: “Questo accordo rischia di porsi ai limiti del diritto internazionale, suona come un deterrente verso quanti hanno bisogno della solidarietà europea, pretende di operare una discutibile distinzione tra rifugiati e migranti economici, presuppone l’esistenza di condizioni per la sua attuazione lontano dall’essere realizzate sia in Grecia che in Turchia e non affronta l’altro nodo cruciale del ricollocamento dei profughi fra i Paesi membri dell’Ue…
L’Occidente, negli ultimi quindici anni di guerre, dall’Afghanistan alla Siria, ha favorito o addirittura perseguito di fatto la divisione per linee etniche e religiose del Medio Oriente, a prezzo di milioni di morti e di profughi, della pulizia etnica delle minoranze religiose, in primis dei cristiani, ma così facendo ha risvegliato le ambizioni imperiali neo-ottomane della Turchia, che prima procedeva verso la democratizzazione e lo sviluppo”.
Il Centro Astalli ha espresso, con le parole del presidente padre Camillo Ripamonti, molte preoccupazioni: “Assistiamo attoniti a un vero e proprio attacco alla dignità della vita umana, aggravato da uno spreco sproporzionato di risorse economiche che potrebbe essere destinato alla creazione di canali umanitari sicuri per chi scappa dalla guerra, ad un’accoglienza programmata e progettuale che impegni tutti gli Stati dell’UE. In Grecia in questo momento arrivano prevalentemente migranti in fuga dalla Siria, dall’Iraq e dall’Afghanistan. Si tratta di un flusso formato da un’alta percentuale di donne e bambini”.
Invece la Fondazione Migrantes ha ribadito che i rifugiati sono diventati un valore mercantile: “Oltre 1.000.000 di migranti hanno chiesto asilo nei paesi dell’UE nel 2015. Solo a 292.000 è stato concesso in quell’anno. Le misure di trasferimento intra-Europa decise nel settembre dello scorso anno sono state disattese, e solo 273 persone sono state trasferite a metà gennaio. Numeri di reinsediamento in Europa sono nel complesso troppo bassi.
Per rispondere in modo adeguato alla richiesta di protezione dei migranti e alla loro ricerca di prospettive migliori, senza tentativi significativi e quantificabili, l’umanità sarà ulteriormente divisa. Vi è una forte esigenza di contrastare questa tendenza, che confonde e compromette troppo i valori esistenti e che in passato ha spesso portato a conflitti e guerre”.