Giovani e disturbi dell’apprendimento: dall’integrazione all’inclusione

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I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono un gruppo eterogeneo di condizioni evolutive che si evidenziano con significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso delle abilità di lettura, scrittura e calcolo. Queste condizioni si manifestano con l’inizio della scolarizzazione e coinvolgono uno specifico dominio di attività lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.

La possibilità di accedere all’università è per gli studenti con DSA una prospettiva nuova, che difficilmente poteva essere pensata solo pochi anni fa. Oggi la presenza di questi studenti nelle università è in rapido aumento e richiede provvedimenti specifici per assicurare loro pari opportunità di apprendimento e successo formativo.

Secondo le ultime rilevazioni del Miur, (MIUR 2014 MIUR – D.G. per gli Studi, la Statistica e i Sistemi Informativi – Servizio Statistico) sono circa 90 mila gli alunni con diagnosi di DSA. La percentuale della popolazione scolastica interessata è pari al 4%. La dislessia è il più diffuso e noto dei DSA. Il fenomeno è dunque in crescita, considerando anche che ci sono molti DSA non ancora diagnosticati, perché le stime attuali si basano sull’affluenza ai servizi e sulle diagnosi accertate. Tra gli studenti universitari dislessici, il 60% non ha ancora avuto una diagnosi prima dell’entrata all’università. Solo un dislessico su 3 o 4 viene diagnosticato in età evolutiva.

Di questi temi si è parlato all’Università Europea di Roma, nel seminario “Disturbi Specifici dell’Apprendimento e Autismo: successi raggiunti e da ottenere”.

E’ intervenuta, fra  gli altri, la psicologa Sara Pelli, responsabile del servizio di orientamento dell’Università Europea di Roma, che ha tenuto una relazione sul tema della presa in carico e dei provvedimenti specifici per assicurare agli studenti DSA pari opportunità di apprendimento e successo formativo.

“Le università hanno fatto passi in avanti rispetto all’accoglienza e gestione di questi studenti ma rimangono moti aspetti che richiedono riflessioni, approfondimenti, iniziative concrete”, ha spiegato Sara Pelli. “Tra questi, in primis, il raccordo tra scuola e università. Nonostante i dati confortanti relativi al numero di iscritti, non sempre gli studenti DSA vedono l’università come opzione reale. La scuola è quindi l’area su cui lavorare perché spesso i ragazzi sono scoraggiati a proseguire gli studi. Solitamente gli studenti che arrivano all’università, secondo i dati a disposizione, appartengono a un ceto medio alto e hanno famiglie di riferimento per le quali il raggiungimento del diploma e della laurea è davvero importante. Laddove questo non accade, essi possono venire dissuasi dai docenti a proseguire gli studi, perché classificati come studenti che non hanno voglia di studiare, che hanno altri interessi, che è meglio indirizzare ad attività professionali, pur essendo invece ragazzi con ampie capacità e possibilità. In questo modo, lungo la strada perdiamo persone valide e capaci.

Non si vuole negare la difficoltà di questi studenti. Ma bisogna fare in modo che averne qualcuno in aula con tali caratteristiche sia un valore aggiunto”.

Secondo Sara Pelli “il passaggio culturale, la sfida, per le università e in genere per la società è di passare dal concetto di integrazione a quello di inclusione dei ragazzi con DSA”.

“L’inclusione – ha spiegato la psicologa – comprende e supera il concetto di integrazione, che presuppone una visione della disabilità come deficit, come mancanza da colmare. Mentre, invece, l’idea di inclusione definisce risorsa e ricchezza ogni diversità.

La prospettiva inclusiva esige la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono la partecipazione degli studenti alla vita scolastica e universitaria.

L’inclusione è un diritto fondamentale ed è in relazione al concetto di appartenenza. Un’educazione inclusiva permette alla scuola e all’università di divenire di qualità. Ciascuno è benvenuto, può imparare con i propri tempi e soprattutto può partecipare.

Tutte le persone, con o senza disagi, devono essere messe in condizione di poter agire e interagire alla pari.

L’Università Europea di Roma avvierà percorsi per l’ingresso di questi studenti nei corsi di laurea, affinché nessuno sia costretto a rinunciare alla realizzazione delle proprie aspirazioni. Lo spirito di inclusione dell’uomo è anche sottolineato da Papa Francesco nella sua affermazione: costruire la società dell’inclusione, vincere la cultura dello scarto.

Questa cultura dello scarto tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti.
La vita umana, la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare. Le vittime di tale cultura sono proprio gli esseri umani più deboli e fragili”.

“E’ importante, perciò – ha concluso Sara Pelli – promuovere sempre l’inclusione, in ogni contesto, per vincere l’egoismo e la cultura dello scarto”.

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