Giuristi e associazioni difendono la famiglia dal ddl Cirinnà

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«No a stepchild adoption e affido rafforzato». È la posizione in controtendenza che la Comunità Papa Giovanni XXIII affida ad un comunicato stampa, a proposito del ddl Cirinnà che vorrebbe regolare le unioni omosessuali e le convivenze; una visione che la l’associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio, fondata nel 1968 da don Oreste Benzi, considera inappropriata e lesiva nei confronti del bambino a cui verrebbe negato il diritto ad un padre e una madre, e non due padri o due madri.

Con il termine stepchild adoption (letteralmente “adozione del figliastro”) s’intende l’adozione da parte di uno dei due componenti di una coppia del figlio, naturale o adottivo, del partner. Tale adozione – consentita in alcuni Paesi europei – può essere riferita indifferentemente sia alle coppie eterosessuali che omosessuali.

La discussione del disegno di legge su “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” è prevista in Senato per il 26 gennaio. «Tutta la normativa che si è sviluppata in Italia a partire dalla legge n. 184 del 1983 sull’affido e l’adozione – afferma Giovanni Ramonda, responsabile generale dell’associazione – ha posto al centro il diritto del bambino a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, non quello degli adulti ad avere un figlio». L’articolo 5 del ddl Cirinnà – prosegue Ramonda – «è invece chiaramente orientato ad assicurare un figlio alla coppia omosessuale, ma tutta la psicologia dell’età evolutiva dimostra che lo sviluppo armonico ha bisogno della presenza della figura paterna e materna, mentre non c’è alcun bisogno del minore di avere due padri o due madri. Inoltre è evidente che, non potendo la coppia omosessuale generare un figlio, questa scelta andrebbe a favorire la pratica dell’utero in affitto, che è una inaccettabile forma di sfruttamento della donna e va a pianificare la nascita di bambini orfani di madre».

La Comunità Papa Giovanni XXIII scarta anche l’ipotesi di risolvere il problema con una forma rafforzata di affido. «Una scelta di questo tipo – conclude Giovanni Ramonda – andrebbe a snaturare questo strumento giuridico importantissimo che consente di dare ad ogni bambino una vera famiglia temporanea, in attesa che possa ritornare nella famiglia di origine o andare in adozione in una nuova famiglia. Anche per l’affido va ribadito che è uno strumento per dare una famiglia ad un bambino, non un bambino ad una coppia senza figli».

Tale questione ha già iniziato a muovere centinaia di associazioni e gruppi cattolici. Anche il centro studi Livatino ha avviato una raccolta di firme fra giuristi – magistrati, avvocati, docenti universitari di materie giuridiche, notai di differenti fori d’Italia – per esprimere preoccupazione e critiche al disegno di legge c.d. sulle unioni civili, e raccogliendo in meno di ventiquattr’ore oltre un centinaio di adesioni. Nel testo dell’appello – giuridicamente qualificato – si mette in luce il rilancio della famiglia come riconosciuta dalla Costituzione, e la difesa della stessa da improprie e ingiustificabili equiparazioni. Non sono pochi, dunque, i giuristi – impegnati nella formazione, nell’attività forense e nella giurisdizione – che a vario titolo esprimono profonda preoccupazione per la proposta Cirinnà che verrà discussa in questi giorni.

Nell’appello promosso dal centro studi Livatino vengono sottolineate: la sovrapposizione, contenuta nel ddl, del regime matrimoniale a quello delle unioni civili, la cui sostanza fa parlare a pieno titolo di “matrimonio” gay; il danno per il bambino derivante dall’adozione gay, con la eliminazione di una delle figure di genitore e la duplicazione dell’altra; la circostanza che si giungerebbe direttamente alla legittimazione dell’utero in affitto. Il testo del ddl Cirinnà – secondo il parere espresso dal centro studi Livatino – non amplierebbe il novero dei diritti; si moltiplicherebbero piuttosto mortificazioni e danni alle donne e ai bambini. Per tali motivazioni, l’appello auspica un impegno del Legislatore e delle istituzioni per un rilancio effettivo della famiglia.

Foto: Ansa

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