Mentre continua il processo in Vaticano, il Papa invia il messaggio per la Giornata Mondiale delle Vocazioni

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Giornata di vigilia, in Vaticano. E così anche Papa Francesco si prepara all’apertura dell’Anno Giubilare. L’agenda è comunque fitta: va a trovarlo il Cardinal Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che gli porta un dono del Patriarca Bartolomeo I: oggi si celebrano i cinquanta anni dalla remissione delle scomuniche che si erano comminate Roma e Costantinopoli. Va il Cardinal Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il Cardinale indiano Toppo, il nunzio in Ghana. Il nuovo ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede, Eduard Hasburg-Lothringen, presenta le sue lettere credenziali, e così fa Maria Elvira Velazquez Rivas-Plata, nuovo ambasciatore del Perù. Nadege Védie, presidente della Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari, va in udienza. Nessun discorso per il Papa, e nemmeno la Messa a Santa Marta. Nella giornata viene pubblicata però il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Vocazioni.

Una lettera che il Papa inizia così: “Come vorrei che, nel corso del Giubileo Straordinario della Misericordia tutti i battezzati potessero sperimentare la gioia di appartenere alla Chiesa! E potessero riscoprire che la vocazione cristiana, così come le vocazioni particolari, nascono in seno al popolo di Dio e sono doni della divina misericordia. La Chiesa è la casa della misericordia, ed è la terra dove la vocazione germoglia, cresce e porta frutto”.

Il Papa sottolinea anche che “l’azione misericordiosa del Signore perdona i nostri peccati e ci apre alla vita nuova che si concretizza nella chiamata alla sequela e alla missione. Ogni vocazione nella Chiesa ha la sua origine nello sguardo compassionevole di Gesù. La conversione e la vocazione sono come due facce della stessa medaglia e si richiamano continuamente in tutta la vita del discepolo missionario”.

In Vaticano ci si prepara al Giubileo. Ma c’è anche udienza per il processo sulla fuga di documenti. Giornata di eccezioni, richieste e presentazione dei testimoni da parte degli imputati. Ci saranno anche il Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato, e il Cardinal Santos Avril y Castellò, arciprete di Santa Maria Maggiore e presidente del Consiglio dei Cardinali dell’Istituto delle Opere di Religione. Tra i testimoni chiamati anche il vescovo Paolo Lojudice, ausiliare di Roma Sud, e Paolo Mieli, direttore editoriale Rizzoli. Ci si aggiorna dopo l’acquisizione di altri atti e perizie, non prima della prossima settimana.

Ma intanto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha voluto chiarire alcuni aspetti del processo vaticano in una nota diffusa in quattro lingue. Padre Lombardi voleva rispondere alle critiche di quanti tra gli imputati si sono lamentati della non ammissione del loro legale, quanti hanno criticato il sistema giudiziario vaticano e lo hanno definito persino antiquato (ma il Vaticano scelse di mantenere il codice di impostazione liberale, e ricusò il codice fascista), e a quanti non volevano riconoscere al Vaticano la capacità di gestire il processo.

Padre Lombardi nella nota sottolinea subito che “nello Stato della Città del Vaticano vige un sistema giudiziario proprio, del tutto autonomo e separato da quello italiano, dotato dei propri organi giudiziari per i diversi gradi di giudizio e della necessaria legislazione in materia penale e di procedura penale”.

In questo sistema ci sono “tutte le garanzie processuali caratteristiche dei più evoluti ordinamenti contemporanei. Infatti sono previsti e pienamente attuati tutti i principi fondamentali, quali la precostituzione per legge del giudice naturale, la presunzione d’innocenza, la necessità di una difesa tecnica (tramite avvocati di fiducia o d’ufficio), la libertà del collegio giudicante di formarsi una convinzione sulla base delle prove, in un dibattimento pubblico e nel contraddittorio tra accusa e difesa, sino alla emanazione di una sentenza che deve essere motivata e che può essere impugnata sia con l’appello sia poi con il ricorso per cassazione”, nonché l’introduzione recente del diritto a un giusto processo entro un termine ragionevole.

Spiega Padre Lombardi che non ci sono concorsi in Vaticano, ma “le persone incaricate della funzione giurisdizionale, sia inquirente che giudicante, vengono poi selezionate tramite cooptazione, non potendo essere reclutate mediante un concorso pubblico tra i cittadini dello Stato, come normalmente avviene presso gli altri Stati”, scelte tra “tra professionisti di altissimo livello, già di consolidata esperienza e di fama riconosciuta (come il curriculum di ciascuno di essi, facilmente reperibile su internet, attesta)”.

Anche la questione degli avvocati è un problema di sovranità. “Le regole vigenti nell’ordinamento vaticano – afferma Padre Lombardi- (…) sono perfettamente in linea con quelle della maggior parte degli ordinamenti processuali del mondo, dove l’ammissione al patrocinio nei tribunali richiede una specifica abilitazione all’esercizio della professione, rilasciata in presenza di requisiti e titoli stabiliti da ogni ordinamento. Non deve sorprendere, quindi, che un avvocato abilitato in Italia non possa per ciò solo patrocinare nello Stato della Città del Vaticano, così come non potrebbe patrocinare nemmeno in Germania, in Francia, ecc.”

Sono condizioni che “non costituiscono quindi un limite dell’ordinamento vaticano, ma un’ulteriore conferma della sua autonomia e completezza”. E spiega che gli avvocati che possono esercitare in Vaticano sono “iscritti a un Albo, facilmente consultabile, di professionisti ammessi a patrocinare innanzi al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, nel quale vengono selezionati gli avvocati d’ufficio o scelti gli avvocati di fiducia”. Sono “avvocati qualificati non solo presso i tribunali della Chiesa e della Santa Sede, ma anche presso i tribunali italiani, essendo tutti iscritti nei rispettivi consigli dell’Ordine degli avvocati italiani. Non solo, essi sono anche in possesso di una seconda laurea in diritto canonico e di un ulteriore diploma di specializzazione triennale conseguito presso il Tribunale rotale. Si tratta quindi di professionisti che, oltre ad avere l’abilitazione richiesta per il patrocinio in Italia, possiedono anche conoscenze ulteriori che li rendono adatti al patrocinio in un ordinamento in cui è necessario conoscere il diritto canonico”.

Insomma, è un processo serio, indipendente, di uno Stato sovrano. Un chiarimento che era necessario.

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