Europa e Islam: ammonimenti caduti nel vuoto

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Nell’Angelus di domenica scorsa papa Francesco è ritornato ad esprimere il suo dolore per gli attentati che hanno colpito la Francia: “Desidero esprimere il mio dolore per gli attacchi terroristici che nella tarda serata di venerdì hanno insanguinato la Francia, causando numerose vittime. Al Presidente della Repubblica Francese e a tutti i cittadini porgo l’espressione del mio fraterno cordoglio. Sono vicino in particolare ai familiari di quanti hanno perso la vita e ai feriti.

Tanta barbarie ci lascia sgomenti e ci si chiede come possa il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili, che hanno sconvolto non solo la Francia ma il mondo intero. Dinanzi a tali atti, non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana. Voglio riaffermare con vigore che la strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi dell’umanità e che utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia!”

Esterrefatto il mondo si è chiesto il motivo di tanta violenza. A tale domanda ha cercato di rispondere su ‘Il Sole 24ore’, mons. Bruno Forte, chiedendo uno sforzo educativo verso le giovani generazioni ed una politica internazionale che privilegi gli aiuti ai Paesi di provenienza dei flussi migratori per sostenerne lo sviluppo:

“La paura si vince solo con un impegno attivo e generoso per gli altri, che coinvolga passione e conoscenza. Ciò che occorre è uno sforzo educativo radicale, che prepari i giovani a essere protagonisti di un domani di pace, rifiutando ogni tentazione fondamentalista e ogni ricorso possibile alla violenza.

Occorre promuovere un’opinione pubblica mondiale decisamente orientata a favorire dappertutto la ricerca della pace e la scelta delle vie del dialogo e della riconciliazione. Solo disinnescando le potenziali radici dell’odio il domani potrà essere più sereno per tutti… Un incontro delle religioni in questo campo è non solo auspicabile, ma necessario e urgente, per testimoniare a tutti e senza ombre di equivoco che chi commette violenza in nome di Dio offende Dio e solo chi lavora per il bene comune con generosità e disinteresse, con umiltà e gioia, è costruttore e garante di un domani migliore per tutti”.

Il direttore responsabile delle edizioni di ‘Città Nuova’, Michele Zanzucchi, ha definito il tragico avvenimento parte di una ‘guerra asimmetrica’, invitando a trovare nuove misure che creano legami: “Una sempre migliore e attenta accoglienza degli immigrati che vengono in Europa; una ‘santa alleanza’ tra chiese e moschee (con l’aggiunta se possibile delle sinagoghe):

i terroristi, salvo pochissime eccezioni, non nascono infatti nelle moschee ma nei campi di battaglia e su Internet, e le moschee sono i luoghi dove tanta rabbia può essere canalizzata verso il bene. Infine serve una forte azione diplomatica per isolare l’Isis economicamente e politicamente prima ancora che militarmente: basta vendere armi al califfato, basta acquistare il suo petrolio, basta inviare sostegni logistici e militari.

Forse così questa guerra, che non finirà né domani né dopodomani, ma più in là, potrà essere vinta. Non dall’Occidente sul mondo arabo, ma dalla parte migliore dell’Occidente e del mondo arabo (cristiano, musulmano, ebreo e laico) sulla parte peggiore del mondo occidentale e arabo (poco cristiano, poco musulmano, poco ebreo e poco laico)”.

Tale fondamentalismo non nasce in questi anni, ma addirittura nel 1986 l’intellettuale egiziano laico Farag Foda (1945-1992), assassinato a Il Cairo da due islamisti radicali metteva in guardia da questa ideologia di identificazione tra religione islamica e Stato: “Gli islamisti ritengono che mescolare religione e Stato sia un obbligo religioso, che l’Islam sia religione e Stato e che chiunque accetti la fede e rifiuti lo Stato rinneghi necessariamente un insegnamento di fede.

E con questo insegnamento di fede intendono il fatto che essa organizzerebbe le modalità di governo e le questioni politiche. Di questa pretesa però non portano mai le prove. Non per questo tacciono, ma anzi vagano senza meta per monti e per valli. Ti rinviano al Corano. Ma se gli dici che il Corano non ne fa parola, che non tratta di come si debba scegliere il governante e non chiarisce la natura del regime di governo, ti rimandano alla shûrâ (‘consultazione’)”.

Ed alcuni anni più tardi, nel 1990, padre Ernesto Balducci, in un colloquio con Roger Garaudy ed Edgar Morin, metteva in guardia contro una guerra ‘economica’ camuffata da ‘religiosa’: “L’Islam si pone di fronte al Nord come una contestazione del modello capitalistico…

Guardate i luoghi, dove il sistema, diventato planetario, assorbe energie e produce povertà. A ridosso di questo meccanismo capitalistico abbiamo prodotto una cultura che tende a demonizzare l’altro… Il Corano si propone anche come legislazione politica. Nel Corano c’è anche un progetto di regime del mondo che nel Vangelo non c’è. Il Vangelo è profezia del Regno che deve venire.

Può l’Islam superare questa chiusura dentro modalità culturali che sembrano inscritte nel testo sacro? Per me cristiano il fondamento non è un libro ma è Cristo, per i mussulmani è il Corano. Il Corano è il corpo di Dio. Per noi il fondamento è Cristo. Può essere una squisitezza teologica ma in realtà è un punto centrale del processo critico di confronto tra l’Islam ed il futuro del mondo…

Il confronto con il mondo arabo sarà un confronto decisivo per il futuro. Scrivete pure all’ordine del giorno che i grandi temi del domani non saranno quelli Est-Ovest, ma sarà il confronto Occidente-Islam”. Nonostante questi moniti il mondo occidentale non ha voluto affrontare queste criticità.

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