Il Papa ai senzatetto di Washington: “Ho bisogno del vostro appoggio, della vostra vicinanza”
Anche a Washington, la capitale degli Stati Uniti d’America, la grande metropoli che nell’immaginario comune è il cuore del benessere economico e sociale, ci sono i senzatetto! Grazie di accogliermi – dice Papa Francesco rivolgendosi ai senzatetto del Centro Caritativo della Parrocchia di St Patrick a Washington –, e grazie per lo sforzo che avete compiuto perché questo incontro potesse realizzarsi. La prima immagine che il Pontefice riconosce nel volto del suo uditorio è quella di san Giuseppe, la persona – lo dice con chiarezza – «a cui voglio bene, che è stata molto importante nella mia vita. E’ stata sostegno e fonte di ispirazione. E’ uno a cui ricorro quando sono un po’ “inguaiato”».
Una delle situazioni difficili che Giuseppe dovette affrontare – mentre si trovava a Betlemme insieme a Maria, vicina al parto – fu quella di provvedere ad un alloggio per il Figlio di Dio, anche se – ricorda la Bibbia – «per loro non c’era posto» (Lc 2,6-7). «Immagino Giuseppe – dichiara Papa Francesco –, con la sua sposa sul punto di avere il suo figlio, senza un tetto, senza casa, senza alloggio. Il Figlio di Dio è entrato in questo mondo come uno che non ha casa. Il Figlio di Dio ha saputo che cos’è cominciare la vita senza un tetto». Il Pontefice immagina anche i possibili interrogativi che attraversarono la mente e il cuore di Giuseppe, in quella particolare circostanza: «Perché siamo senza casa? Perché siamo senza un tetto?». Anche voi come Giuseppe – dice il Papa – vi ponete le stesse domande, «sono domande che sarà bene farci tutti: perché questi nostri fratelli sono senza casa, perché questi nostri fratelli non hanno un tetto?».
Giuseppe era un uomo di fede, ed «è stata la fede a permettere a Giuseppe di trovare la luce in quel momento che sembrava completamente buio; è stata la fede a sostenerlo nelle difficoltà della sua vita. Per la fede Giuseppe ha saputo andare avanti quando tutto sembrava fermarsi. Davanti a situazioni ingiuste, dolorose, la fede ci offre quella luce che dissipa l’oscurità. Come fu per Giuseppe, la fede ci apre alla presenza silenziosa di Dio in ogni vita, in ogni persona, in ogni situazione. Egli è presente in ciascuno di voi, in ciascuno di noi».
Non vi è – sottolinea il Pontefice – nessuna «giustificazione sociale, morale, o di altro genere per accettare la mancanza di abitazione. Sono situazioni ingiuste, ma sappiamo che Dio le sta soffrendo insieme con noi, le sta vivendo al nostro fianco. Non ci lascia soli». La fede ci rassicura e ci dice che Dio è vicino a noi e ci spinge alla carità, quella che è generata da Dio stesso. Il Papa ricorda, inoltre, che «Gesù continua a bussare alle nostre porte, alla nostra vita. Non lo fa magicamente, non lo fa con trucchi, con cartelli luminosi o fuochi d’artificio. Gesù continua a bussare alla nostra porta nel volto del fratello, nel volte del vicino, nel volto di chi ci sta accanto».
La preghiera è un modo efficace per aiutare gli altri; essa – afferma Papa Francesco – «ci unisce, ci affratella, ci apre il cuore e ci ricordo una verità bella che a volte dimentichiamo. Nella preghiera, tutti impariamo a dire Padre, papà, e in essa ci ritroviamo come fratelli. Nella preghiera non ci sono ricchi e poveri, ci sono figli e fratelli. Nella preghiera non ci sono persone di prima o di seconda classe, c’è fraternità».
Il ricorso alla preghiera suggerito dal Papa è un importantissimo richiamo a non lasciar morire la sensibilità e la capacità d’amore che alberga nel cuore dell’uomo, è, infatti, nella preghiera «che il nostro cuore trova la forza per non diventare insensibile, freddo davanti alle situazioni di ingiustizia. Nella preghiera Dio continua a chiamarci e a spingerci alla carità».
La preghiera è anche il modo per stare insieme e imparare a guardarsi come fratelli, riconoscendosi bisognosi gli uni degli altri. «Oggi – conclude Papa Francesco – voglio unirmi a voi, ho bisogno del vostro appoggio, della vostra vicinanza. Voglio invitarvi a pregare insieme, gli uni per gli altri, gli uni con gli altri. Così potremo portare avanti questo sostegno che ci aiuta a vivere la gioia di sapere che Gesù è sempre in mezzo a noi».