Sardegna: i vescovi propongono un cammino di speranza per il lavoro
Nei giorni scorsi la Conferenza Episcopale della Sardegna ha inviato ai fedeli una lettera pastorale sul tema del lavoro affinché tutti si adoperino per il bene dell’isola: ‘Un cammino di speranza per la Sardegna’, indicando l’urgenza di percorrere nuove strade nella realtà del lavoro e delle imprese, nella vita delle famiglie, nelle responsabilità educative, nel servizio delle istituzioni, nella sfida della mobilità sociale e umana.
I vescovi hanno rivolto un’attenzione particolare al mondo dei giovani, che, ormai adulti, non sono mai entrati in una vera attività lavorativa e rischiano di invecchiare nella disoccupazione. Un danno gravissimo, non solo dal punto di vista economico, ma per l’identità di ciascuno. Il documento fa riferimento alla speranza con un elemento imprescindibile: l’unione di tutte le forze della società sarda per lavorare assieme alla rinascita dell’Isola.
Ricordando la visita di papa Francesco i vescovi sottolineano il bisogno di testimoniare la visione evangelica della vita: “La fede che ci anima non ci permette di dare ‘uno sguardo puramente sociologico’, ci obbliga bensì a cercare e utilizzare strumenti utili ‘nella linea di un discernimento evangelico’, poiché il nostro ‘contributo specifico’ è ‘la visione evangelica della vita’”.
Elencando i progetti messi in campo in questi anni, soprattutto attraverso il Progetto Policoro, i vescovi hanno ribadito il bisogno di individuare insieme nuove strade per offrire a tutti il lavoro: “In Sardegna la storia delle attività lavorative negli ultimi decenni è stata accompagnata da svariati elementi di criticità. Il mercato globalizzato ha messo sempre più in evidenza le difficoltà e i ritardi dell’economia sarda…
La crisi finanziaria ed economica, con le sue gravi conseguenze nella vita sociale, ha collocato la nostra Isola in uno stato di eccezionale precarietà, aggiungendo nuove povertà alle vecchie. Possiamo ormai parlare di un danno gravissimo; un danno all’identità dell’uomo in tutte le sue dimensioni: nel costruire se stesso, nella sua vita, nei suoi rapporti umani, nella crescita del suo bagaglio identitario, nella sua personalità”.
La preoccupazione dei vescovi è soprattutto verso i giovani, che non devono perdere la speranza: “La preoccupazione più assillante riguarda il futuro della gioventù, che ha dinanzi un mondo senza speranza. Diversi indicatori confermano come la nostra Isola sia un territorio tutt’altro che a misura delle giovani generazioni, risultando incapace di valorizzare i loro talenti e non affidando loro significative quote di partecipazione e responsabilità. Si stanno sempre più sviluppando forme di occupazione precaria che costituiscono la principale modalità d’ingresso nel mondo del lavoro”.
Dalla speranza possono arrivare risposte nuove: “Una risposta può venire solo da una nuova cultura economica che guardi meglio il nostro territorio, le sue capacità e le sue proposte e promuova lo sviluppo delle risorse locali, agricoltura, allevamento, artigianato, pesca, turismo, e la sostenibilità delle piccole e medie imprese. Per riuscirci occorre anzitutto che l’intera comunità, a partire dagli amministratori, sappia impegnarsi a suscitare corresponsabilità.
Responsabilizzare le persone, coinvolgere quelle capaci e disposte a lavorare per se stesse e per gli altri è un lavoro fondamentale che sta alla base di un reale cambiamento. Costruire un’agenda condivisa di speranza sul versante di una nuova cultura economica, promuovendo un continuo confronto nei diversi ambiti della socialità (comuni, parrocchie, scuole, associazioni, istituzioni imprenditoriali e sindacali) è il compito arduo ma irrinunciabile che attende tutti noi”.
Il compito di dare speranza compete anche alle Chiese locali, che si devono assumere impegni precisi, partendo dallo studio della Dottrina Sociale della Chiesa: “Vogliamo ricordare in proposito le indicazioni offerte a suo tempo dal Concilio Plenario Sardo: la festa, anche esteriore, ‘è positiva e significativa se rispettosa del senso e dello stile che la natura dei sacramenti comporta’;
altrimenti diventa un insulto ai poveri e a Dio; le nostre Chiese di Sardegna siano attente a superare le tentazioni dello sconforto e della rassegnazione, sappiano mettersi in costante ascolto della Parola, si impegnino concretamente a seguire lo Spirito di Dio che ci spinge a testimoniare la carità e la fraternità nella ricerca del vero bene comune”.
Infine invitano ad essere artigiani di speranza: “Il realismo non deve trasformarsi in pessimismo. Se affrontiamo le sofferenze nostre e dei fratelli intorno a noi restando fermi nella speranza che ci viene dalla croce di Cristo, e perciò impegnati a crescere nella fraternità e nella solidarietà, sperimenteremo che, con la grazia di Dio, ‘la forza si manifesta pienamente nella debolezza’…
Ci stiamo preparando a celebrare la Pasqua: Gesù Cristo, il crocifisso risorto, è la sorgente della salvezza dell’umanità e la fonte della missione evangelizzatrice della Chiesa, anche riguardo alla dimensione sociale della vita dell’uomo”.