Greenpeace: le acque italiane sono contaminate

Il 79% dei campioni di acque potabili analizzati da Greenpeace Italia in 235 città, da nord a sud, comprese le isole, contengono Pfas, secondo l’indagine indipendente ‘Acque senza veleni’, realizzata da Greenpeace: i prelievi sono stati fatti tra settembre e ottobre dello scorso anno e le analisi, realizzate da un laboratorio indipendente e certificato, hanno determinato la presenza di 58 molecole Pfas. In 206 dei 260 campioni è stata trovata almeno una di queste sostanze. Le più diffuse sono il Pfoa, cancerogeno per l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), il composto a catena ultracorta Tfa e il possibile cancerogeno Pfos.
Le maggiori criticità si registrano quasi dappertutto nel centro-nord ed in Sardegna. Elevati livelli si registrano in Lombardia, in particolare nei campioni prelevati a Milano, in molti comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’Alessandrino, Bussoleno in Valle di Susa), in Veneto, dove l’inquinamento che deriva dalla ex Miteni di Trissino va anche oltre la ‘zona rossa’ (Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), in Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), in Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), in Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), in Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e in Umbria a Perugia.
Al netto del numero differente di campioni analizzati per ogni regione, è possibile avere un’indicazione della diffusione della contaminazione su scala regionale considerando il numero di campioni contaminati rispetto al totale analizzati. Le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8 campioni contaminati su 8 analizzati), Trentino-Alto Adige (4/4), Valle d’Aosta (2/2), Veneto (19/20), Emilia-Romagna (18/19), Calabria (12/13), Piemonte (26/29), Sardegna (11/13), Marche (10/12) e Toscana (25/31). Le Regioni in cui si riscontrano meno campioni contaminati sono, nell’ordine: Abruzzo (3/8), l’unica regione con meno della metà dei campioni positivi alla presenza di PFAS, seguita da Sicilia (9/17) e Puglia (7/13).
Il cancerogeno PFOA è risultato il PFAS più diffuso, presente in 121 campioni su 260 (47%), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (104 campioni, il 40% del totale) e dal possibile cancerogeno PFOS (58 campioni, il 22% del totale). L’elevata presenza del TFA, considerando la sua persistenza e l’impossibilità di essere rimossa dai più comuni trattamenti di potabilizzazione, rende ancora più grave la mancanza di dati pubblici nel nostro Paese. Molto diffusi risultano anche altri PFAS di più recente introduzione come PFBA e PFBS oltre al 6:2 FTS.
Ad oggi la presenza dei PFAS non è regolamentata nelle acque potabili nazionali e, solo tra un anno, a inizio 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che impone dei limiti normativi. I parametri di legge fissati a livello comunitario sono però stati superati dalle più recenti evidenze scientifiche e dalle valutazioni di importanti enti (ad esempio EFSA) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha dichiarato i futuri limiti inadeguati a proteggere la salute umana.
Numerose nazioni europee (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi: “In base quindi alle nostre evidenze, in Italia milioni di persone ricevono nelle loro case acqua che in altre nazioni non è considerata sicura per la salute. Confrontando i risultati con i valori vigenti in altri Paese, è emerso, ad esempio, che il 41% dei campioni analizzati supera i parametri danesi e il 22% supera i valori di riferimento negli Stati Uniti.
E’ paradossale che di fronte a prove inconfutabili circa i danni sanitari dei PFAS (alcuni sono noti per essere cancerogeni) e la diffusa contaminazione che interessa le acque potabili italiane il nostro governo continui a non intervenire su questa emergenza, non tutelando efficacemente salute e ambiente. Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è un imperativo non più rinviabile per governo e parlamento. Il governo Meloni non può continuare a nascondersi dietro un silenzio assordante. La popolazione ha diritto a bere acqua pulita e non contaminata”.
Secondo il report l’Italia non figura tra i Paesi promotori per introdurre un divieto per l’uso e la produzione di queste sostanze a livello comunitario. Inoltre, nel recepire la legge europea che pone dei limiti ai PFAS nelle acque potabili, il governo, a differenza di numerosi altri Paesi europei, non ha scelto di adottare valori limite più restrittivi in grado di proteggere adeguatamente la salute umana. Per questo Greenpeace Italia ha chiesto al governo, ai ministri competenti ed al Parlamento di assumersi le proprie responsabilità, tutelando la collettività e garantendo ad ogni abitante un diritto minimo essenziale: “l’accesso ad acqua pubblica pulita e non contaminata.
Diventa quindi non più rinviabile: varare un provvedimento che vieti l’uso e la produzione di tutti i PFAS in Italia; rivedere al ribasso i valori limite sulla presenza di PFAS nelle acque potabili, allineando tali riferimenti normativi alle più recenti evidenze scientifiche; garantire a tutta la popolazione l’accesso ad acqua potabile priva di PFAS; fissare per le industrie un valore limite allo scarico di queste sostanze in ogni matrice (acqua, aria, suoli), oltre a limiti restrittivi nei depuratori civili e industriali e nei fanghi; supportare i comparti produttivi nazionali in un piano di riconversione industriale che faccia a meno dei PFAS”.
(Foto: Lavialibera)