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La parrocchia che cambia nel romanzo di Gianni Di Santo

A San Zenobio, nella diocesi di Ecclesia, la parrocchia vive giorni tesi. Il parroco, più che il pastore d’anime, si atteggia a funzionario di Dio. Disfa, comanda, organizza finti consigli pastorali, trasforma la messa domenicale in un enorme suk, dove chiunque fa un pò quello che gli pare. Pensando che la parrocchia sia di sua proprietà. Intanto, tra i catechisti gira di nascosto un foglio dove sono scritte le dieci regole per abbindolare il parroco, qualche discussione va oltre la soglia della chiesa, le associazioni non riescono a trovare pace e la battaglia per il Triduo santo sembra l’unica cosa che conti davvero, nella parcellizzazione dei servizi ecclesiali, che il manuale ‘Cencelli’ in salsa parrocchiale impartisce e benedice. Mentre, con disinvoltura, la comunità aspetta l’arrivo del nuovo parroco.

Con il romanzo ‘Finalmente è cambiato il parroco’ Gianni Di Santo, giornalista, scrittore e musicista, racconta la vita di una tranquilla comunità ecclesiale di periferia: cosa succede quando il parroco cambia?

“Le parrocchie dovrebbero vivere con ‘normalità’ il cambio del parroco. Spesso, purtroppo, non accade. Le comunità parrocchiali si irrigidiscono di fronte alle possibili (ed inevitabili) novità à pastorali e liturgiche che il cambio di parroco comporta. Chi si è sentito magari escluso da parte del parroco uscente, accoglie con gioia la nuova nomina. Diversamente, chi si trovava a suo agio nella precedente gestione pastorale, resta un po’ guardingo sperando che nulla cambi”.

La parrocchia è ancora la culla della ‘nostra’ fede?

“Non potrebbe essere altrimenti. Il Vangelo si incarna nella vita delle persone, nei luoghi dove esse vivono e lavorano. Non basta solo il tempio. Però è anche vero che la parrocchia, oggi, è ancorata, soprattutto sotto il profilo giuridico, a regole e consuetudini create nel Concilio di Trento. Il parroco è il responsabile giuridico, economico e pastorale della parrocchia.

Purtroppo, spesso, più che guida d’anime del popolo di Dio, che ce ne sarebbe molto bisogno, diventa un tuttofare, una sorta di amministratore delegato dell’azienda parrocchia e dispensatore di sacramenti a richiesta. Dimenticando, gioco forza, quello che dovrebbe essere il suo ruolo: una guida spirituale”.

Nella parrocchia quale ‘compito’ hanno i laici?

“I laici, come scritto nei documenti del Concilio Vaticano II, hanno il diritto e il dovere di essere corresponsabili con il parroco della vita pastorale e liturgica della parrocchia. Persino della sostenibilità economica. Ma la parola ‘corresponsabilità’ è una parola ancora molto temuta dalla gerarchia e dai nostri amati pastori. Spero che il Sinodo, che guarda caso si è espresso proprio sulla parola ‘sinodalità’, possa portare un cambiamento in tal senso”.

La parrocchia è capace di comunicare la fede ai giovani?

“Gli ultimi dati statistici riguardanti la presenza alla messa della domenica sono allarmanti. Specie dopo la pandemia, si è avuto un crollo in tutte le Chiese europee, ed anche in Italia, peraltro prevedibile. Vediamo raramente i giovani assistere alla liturgia domenicale. Accorrono in tanti alle Gmg, ma le Chiese sono vuote. Perché? E’ una domanda che la Chiesa universale dovrebbe cominciare sul serio a porsi”.

Quale chiesa sta tracciando papa Francesco?

“Una Chiesa in uscita. E’ il motto che lo ha accompagnato fin dalla sua elezione al soglio pontificio. Che non significa apriamo le porte e poi tutti scappano. Al contrario: è una Chiesa che vuole annunciare il Vangelo sulle strade del mondo. Abbracciando ogni uomo e ogni donna di ogni latitudine e periferie lontane”.

E’ la Chiesa sognata da fratel Carlo Carretto?

“Fratel Carlo Carretto non era solo un sognatore. Sapeva contemplare il creato, e allo stesso tempo lavorare la terra. Chi si recava al convento di San Girolamo a Spello (migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani, tra gli anni ‘70 ed inizio anni ’80 del secolo scorso), ascoltava la Parola e poi dava una mano in cucina. Oppure zappava l’orto. Carlo Carretto stava con il popolo di Dio. Nulla di più”.

Quindi il vento soffia dove vuole?

“Sappiamo che il vento dello Spirito soffia dove vuole. E delle volte ci fa pure delle sorprese gradite. Quando papa Giovanni XXIII convocò i cardinali per dire loro che avrebbe convocato il Concilio Vaticano II, il vento dello Spirito ci ha messo del suo.

Allo stesso tempo, da inguaribili sognatori della porta accanto e del cielo che sa sorridere alla terra, ogni tanto anche noi laici dovremmo allenarci a spingere questo vento impetuoso che c’è sempre nella Chiesa di Gesù, con le nostre preghiere e i nostri atti concreti, in direzione ‘ostinata e contraria’, direbbe Fabrizio de André. In favore degli ultimi, dei disagiati, dei fragili, di chi scappa da guerre e fame. Un vento, insomma, che ci faccia respirare tutto il bello di un Vangelo che abbraccia l’umanità”.

Cospirazioni e cospiratori nel Sahel

La prima cosa che respiriamo assieme, in questa stagione del Sahel chiamata dell’Harmattan è la polvere. La respiriamo proprio tutti seppure in misure distinte. C’è chi mette le mascherine da Covid e chi, più rispettoso della tradizione, copre buona parte del volto col turbante sullo stile dei ‘tuareg’ che in questo ambito hanno una grande esperienza. Respirare assieme è proprio ciò che significa, etimologicamente, una ‘cospirazione’. Lo ricorda il dizionario…

‘La parola cospirazione deriva dal latino cum spirare (respirare con), e cioè essere animati dal medesimo afflato, per indicare un accordo profondo, intellettuale e sentimentale, in direzione del conseguimento dell’obiettivo prefissato’. il respiro e lo spirito affondano nella stessa radice etimologica. Che quindi i cospiranti, alla fine, sono quelli che condividono un medesimo spirito, un uguale, affratellante slancio dell’animo. Talvolta condividono anche l’avversione o sovversione del sistema.

Nel Sahel ci sono infatti cospirazioni e cospiratori ma non solo per causa della polvere che si respira. C’è chi cospira per mestiere e chi per convenienza, chi si accontenta di un cambiamento di facciata e chi vuole la rivoluzione. Abbiamo gruppi armati che aspirano ad una trasformazione radicale dell’assetto sociale e troviamo nella stessa zona i banditi che applicano all’oggi le razzie di un tempo con l’appoggio di mercanti di armi, droga e persone umane.

Anche i milioni di sfollati, rifugiati e profughi, a modo loro, vivono assieme la cospirazione più profonda e unica che ci sia, quella della sofferenza silente e spesso inosservata. I migranti, gli ‘esodanti’, gli avventurieri dal destino segnato per sempre, a loro volta, cospirano per un mondo differente a cominciare dalle frontiere. Spesso senza saperlo si concorre, respirando assieme, alla creazione di una comune frontiera che alcuni si ostinano a chiamare speranza.

La prima cosa che respiriamo assieme in questo spazio, noi cospiratori e fautori di cospirazioni, è la polvere. Fine com’è, ci unisce e ci tradisce proprio come fa la storia umana. Verrebbe  allora da suggerire al pallido vento che unisca le polveri di tutto il mondo! La polvere della dignità si congiunge con quella della giustizia per imparare a resistere come solo i poveri, fatti di polvere, hanno imparato a fare per sopravvivere.

Respiro, soffio, alito e vento sono ciò che unisce i cospiratori perché della stessa polvere di vento sono impastati. Un vento che passa e si dirige dove non sa, senza frontiere e destinazione, anarchico e imprevedibile, incurante dei regimi di transizione, di eccezione, civili e militari.

Un vento che la polvere che la politica di questi mesi dal colpo di stato ad oggi cerca con tenacia invano di mettere a tacere. Nel Sahel i veri cospiratori sono coloro che rincorrono il vento e gli affidano la libertà perduta.

XXVI domenica: Dio ama tutti; lo Spirito soffia dove e quando vuole!

Spesso l’uomo appare ed è esclusivista e manicheo; Dio invece è sempre il Padre di tutti: quale grande differenza tra Dio e l’uomo! Come nell’Antico Testamento anche nel Nuovo l’uomo talvolta appare geloso: “abbiamo visto uno che schiacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito”! E Gesù di rincalzo: “non glielo impedite! Nessuno infatti compie un miracolo nel mio nome e poi parla male di me!”.

Papa Francesco prega per i politici

Dopo la messa di ieri nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia per la Domenica della Divina Misericordia, oggi, nel lunedì della seconda settimana di Pasqua, Francesco ha ripreso le celebrazioni mattutine a Casa Santa Marta pregando perché i politici dei vari Paesi, in questo tempo caratterizzato dalla pandemia, attuino la propria vocazione, che è una forma alta di carità: “Preghiamo oggi per gli uomini e le donne che hanno vocazione politica: la politica è una forma alta di carità. Per i partiti politici nei diversi Paesi, perché in questo momento di pandemia cerchino insieme il bene del Paese e non il bene del proprio partito”.

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