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I manganelli contro i ragazzi sono un fallimento
“Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”: con queste parole scritte al ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha ritenuto ingiustificate le manganellate della polizia alle manifestazioni di Firenze e Pisa, pro Palestina, di venerdì scorso.
Condanna espressa anche dal rettore dell’ateneo di Pisa, Riccardo Zucchi, dal direttore della Normale, Luigi Ambrosio, dalla rettrice della Scuola Sant’Anna, Sabina Nuti, e dal sindaco Michele Conti, a capo di una maggioranza di centrodestra: “Mi sento amareggiato come cittadino e genitore. Al questore e al prefetto ho detto che chiunque deve essere libero di manifestare il proprio pensiero”.
Secondo il questore della città, Sebastiano Salvo, tale corteo non aveva nessuna autorizzazione: “Il corteo studentesco pro Palestina a Pisa non era autorizzato e le forze dell’ordine ne sono venute a conoscenza solo attraverso i canali social e pertanto, a differenza di altre circostanze analoghe, è mancata l’interlocuzione con i rappresentanti dei promotori”.
Mentre nel giorno precedente, incontrando al Quirinale un gruppo di studenti, ha risposto ad alcune loro domande che è compito della politica eliminare ogni violenza, anche quella verbale: “Si assiste a una intollerabile serie di manifestazioni di violenza: insulti, volgarità di linguaggio, interventi privi di contenuto ma colmi di aggressività verbale, perfino effigi bruciate o vilipese, più volte della stessa Presidente del Consiglio, alla quale va espressa piena solidarietà.
Il confronto politico, la contrapposizione delle idee e delle proposte, la competizione, anche elettorale, ne risultano mortificate e distorte. Ne viene travolta la dignità della politica che scompare, soppiantata da manifestazioni che ne rappresentano la negazione. Mi auguro che la politica riaffermi sempre e al più presto la sua autenticità, nelle sue forme migliori”.
Ugualmente l’arcivescovo di Pisa, mons. Giovanni Paolo Benotto, insieme al Consiglio Pastorale dell’arcidiocesi di Pisa, ha espresso preoccupazione e sconcerto per gli scontri avvenuti nella città, che hanno causato il ferimento di alcuni studenti, anche minorenni, non giustificando alcuna violenza:
“Ritiene che la violenza non sia mai giustificata e in attesa che si faccia luce sull’accaduto e sull’operato delle forze dell’ordine, auspica che tutte le autorità competenti intervengano per garantire il corretto e pacifico confronto democratico, tutelando la sicurezza di tutti, dei giovani in particolare. Crede che il dialogo pacifico e il ripudio della violenza in tutte le sue forme sia l’unico percorso capace di edificare la nostra casa comune su solide basi”.
Inoltre per quanto riguarda la situazione in Terra Santa il Consiglio Pastorale dell’arcidiocesi ha ribadito la condanna per l’attacco terroristico dell’ottobre scorso e per la strage attualmente in corso nella striscia di Gaza, ripetendo le parole di san Giovanni Paolo II:
“Come Chiesa siamo impegnati con Caritas Gerusalemme a sostegno di tutte le persone che subiscono, in Terra Santa, gli orrori della guerra ‘avventura senza ritorno’. Uniamo la nostra voce a quella di tutti coloro che chiedono l’immediato cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi”.
Infine mons. Benotto ha sottolineato il valore delle parole di papa Francesco, che a più riprese ha chiesto di risolvere ogni contrasto con il dialogo: “Facciamo nostre le parole di Papa Francesco che chiede con forza dall’inizio del conflitto che ‘il popolo palestinese e il popolo di Israele abbiano il diritto di vivere in pace come due popoli fratelli’ e accogliamo l’invito alla preghiera che il Papa ha rivolto alla Chiesa perché ‘le controversie vengano risolte con il dialogo e i negoziati e non con una montagna di morti da entrambe le parti’”.
Anche il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, ha condannato l’uso della forza: “Rimaniamo davvero stupefatti di fronte alle immagini del pestaggio da parte della polizia contro un corteo pacifista che stava sfilando a Pisa, corteo tra cui c’erano tanti studenti minorenni. L’uso della forza per contrastare ragazzi inermi che manifestano delle opinioni legittime non è mai giustificabile.
A nome mio e di tutte le Acli esprimo la vicinanza ai ragazzi feriti e, nello stesso tempo, chiediamo con forza che venga immediatamente fatta chiarezza su quanto accaduto perché si accertino i fatti e i responsabili di una simile azione.
Il pestaggio di oggi è inaccettabile e ci motiva ancora di più a gridare che la pace è possibile perché la follia della guerra sta entrando nella nostra quotidianità, come dimostra questa violenta azione della polizia che rinuncia preventivamente al dialogo.
Proprio domani ricorrono i due anni dall’inizio della guerra in Ucraina: invitiamo tutte le cittadine e i cittadini italiani a prendere parte a uno degli eventi organizzati in 110 città italiane, dove le Acli saranno presenti, per ribadire la necessità di fermare la criminale follia di tutte le guerre, la corsa al riarmo, la distruzione del pianeta”.
(Foto: Acli)
Papa Francesco: Gesù ci attende in Galilea
Papa Francesco invita a mettere al centro della vita Gesù
Oggi nell’omelia della messa celebrata nella Basilica di Sainte-Anne-de-Beaupré, lungo il fiume san Lorenzo, a 30 km dalla città di Québec, il più antico luogo di pellegrinaggio del Nord America papa Francesco ha preso spunto dal brano evangelico dei discepoli che vanno verso Emmaus per raccontare il cammino personale e quello ecclesiale:
Camille Eid: in Afghanistan è fallita la democrazia
Ad un mese dal ritiro degli eserciti occidentali dell’Afghanistan i taleban hanno scoperto un’altra delle loro carte, ripristinando le esecuzioni dei condannati per omicidio e le amputazioni delle mani e dei piedi dei condannati per furto, applicando con severità le pene previste dalla sharia, come Arabia Saudita e Iran.
Papa Francesco: la croce è la gloria di Dio
Celebrando la santa messa della Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, davanti a più di 30.000 fedeli cattolici di rito bizantino, riuniti nel piazzale antistante il palazzetto dello sport di Presov, papa Francesco ha chiesto di non ridurre la Croce a semplice simbolismo politico, come ha dichiarato san Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi:
“La croce era strumento di morte, eppure da lì è venuta la vita. Era ciò che nessuno voleva guardare, eppure ci ha rivelato la bellezza dell’amore di Dio. Per questo il santo Popolo di Dio la venera e la Liturgia la celebra nella festa odierna.
Il Vangelo di San Giovanni ci prende per mano e ci aiuta a entrare in questo mistero. L’evangelista, infatti, stava proprio lì, sotto la croce. Contempla Gesù, già morto, appeso al legno, e scrive: ‘Chi ha visto ne dà testimonianza’. San Giovanni vede e testimonia”.
Ma cosa ha visto l’apostolo Giovanni?, ha chiesto il papa: “Certamente quello che hanno visto gli altri: Gesù, innocente e buono, muore brutalmente tra due malfattori. Una delle tante ingiustizie, uno dei tanti sacrifici cruenti che non cambiano la storia, l’ennesima dimostrazione che il corso delle vicende nel mondo non muta: i buoni vengono tolti di mezzo e i malvagi vincono e prosperano”.
Per questo la croce sembra un fallimento: “Agli occhi del mondo la croce è un fallimento. E anche noi rischiamo di fermarci a questo primo sguardo, superficiale, di non accettare la logica della croce; non accettare che Dio ci salvi lasciando che si scateni su di sé il male del mondo.
Non accettare, se non a parole, il Dio debole e crocifisso, e sognare un dio forte e trionfante. E’ una grande tentazione. Quante volte aspiriamo a un cristianesimo da vincitori, a un cristianesimo trionfalistico, che abbia rilevanza e importanza, che riceva gloria e onore. Ma un cristianesimo senza croce è mondano e diventa sterile”.
Invece san Giovanni vi ha visto l’opera di Dio: “Ha riconosciuto in Cristo crocifisso la gloria di Dio. Ha visto che Egli, malgrado le apparenze, non è un perdente, ma è Dio che volontariamente si offre per ogni uomo. Perché lo ha fatto? Avrebbe potuto risparmiarsi la vita, avrebbe potuto tenersi a distanza dalla nostra storia più misera e cruda. Invece ha voluto entrarci dentro, immergersi in essa. Per questo ha scelto la via più difficile: la croce”.
Dio ha scelto la croce per essere vicino all’uomo: “Perché non ci deve essere in Terra nessuna persona tanto disperata da non poterlo incontrare, persino lì, nell’angoscia, nel buio, nell’abbandono, nello scandalo della propria miseria e dei propri sbagli.
Proprio lì, dove si pensa che Dio non possa esserci, Dio è giunto. Per salvare chiunque è disperato ha voluto lambire la disperazione, per fare suo il nostro più amaro sconforto ha gridato sulla croce: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’. Un grido che salva. Salva perché Dio ha fatto suo perfino il nostro abbandono. E noi, ora, con Lui, non siamo più soli, mai”.
Ed ecco che il papa ha svelato come si ‘adora’ il Crocifisso: “Non si contano i crocifissi: al collo, in casa, in macchina, in tasca. Ma non serve se non ci fermiamo a guardare il Crocifisso e non gli apriamo il cuore, se non ci lasciamo stupire dalle sue piaghe aperte per noi, se il cuore non si gonfia di commozione e non piangiamo davanti al Dio ferito d’amore per noi.
Se non facciamo così, la croce rimane un libro non letto, di cui si conoscono bene il titolo e l’autore, ma che non incide nella vita. Non riduciamo la croce a un oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale”.
Da questa contemplazione nasce la testimonianza: “Se si immerge lo sguardo in Gesù, il suo volto comincia a riflettersi sul nostro: i suoi lineamenti diventano i nostri, l’amore di Cristo ci conquista e ci trasforma. Penso ai martiri, che hanno testimoniato in questa nazione l’amore di Cristo in tempi molto difficili, quando tutto consigliava di tacere, di mettersi al riparo, di non professare la fede.
Ma non potevano, non potevano non testimoniare. Quante persone generose hanno patito e sono morte qui in Slovacchia a causa del nome di Gesù! Una testimonianza compiuta per amore di Colui che avevano lungamente contemplato. Tanto da somigliargli, anche nella morte”.
E’ un invito a non cadere nella mediocrità della testimonianza: “La croce esige invece una testimonianza limpida. Perché la croce non vuol essere una bandiera da innalzare, ma la sorgente pura di un modo nuovo di vivere… Il testimone della croce non ricorda i torti del passato e non si lamenta del presente.
Il testimone della croce non usa le vie dell’inganno e della potenza mondana: non vuole imporre sé stesso e i suoi, ma dare la propria vita per gli altri. Non ricerca i propri vantaggi per poi mostrarsi devoto: questa sarebbe una religione della doppiezza, non la testimonianza del Dio crocifisso. Il testimone della croce persegue una sola strategia, quella del Maestro: l’amore umile”.
In conclusione ha invitato a conservare il ricordo dei testimoni: “Conservate il ricordo caro di persone che vi hanno allattato e cresciuto nella fede. Persone umili e semplici, che hanno dato la vita amando fino alla fine. Sono loro i nostri eroi, gli eroi della quotidianità, e sono le loro vite a cambiare la storia.
I testimoni generano altri testimoni, perché sono donatori di vita. E’ così che si diffonde la fede: non con la potenza del mondo, ma con la sapienza della croce; non con le strutture, ma con la testimonianza…
Con Giovanni, sul Calvario, c’era la Santa Madre di Dio. Nessuno come lei ha visto aperto il libro della croce e l’ha testimoniato attraverso l’amore umile. Per sua intercessione, chiediamo la grazia di convertire lo sguardo del cuore al Crocifisso. Allora la nostra fede potrà fiorire in pienezza, allora matureranno i frutti della nostra testimonianza”.
(Foto: Santa Sede)
A Paliano con le maglie bianche per Willy Monteiro
Ieri tutti uniti insieme a Paliano per le esequie di Willy Monteiro, ucciso a calci e pugni nello scorso fine settimana a Colleferro, anche i ragazzi con lo stendardo dell’Azione cattolica diocesana e un altro gruppo arrivato da Alatri, celebrate da mons. Mauro Parmeggiani, vescovo di Tivoli e Palestrina, che nell’omelia ha chiesto di non sottovalutare il Vangelo delle Beatitudini: