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Papa Francesco: trasmettere la storia è vita

“Sono lieto di potervi accogliere in questa ‘Città’ vaticana che, come quelle che rappresentate, conserva una ricca eredità di cui siamo custodi”: oggi papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri del gruppo ‘Ciudades Patrimonio de la Humanidad’, fondato in Spagna nel 1993 mettendo in rete le città dichiarate patrimonio mondiale dell’umanità, ed è riconosciuto anche a livello governativo.

Nell’incontro il papa ha sottolineato la responsabilità e la vocazione delle città culturali:”In questo senso penso che il nostro interesse per il patrimonio non possa rimanere nell’ambito artistico-culturale, ma debba avere una prospettiva più ampia, abbracciando l’integrità della persona che riceve questa eredità e delle persone che ce la hanno trasmessa. Le situazioni storiche (con le loro luci e ombre) ci parlano di uomini e donne veri, di sentimenti autentici, che dovrebbero essere per noi lezioni di vita, più che pezzi da museo”. S

Infatti le città sono state fondate per la trasmissione di cultura e di fede: “Sono le sofferenze e i desideri delle persone che hanno costruito le loro città nel corso del tempo, la mescolanza di culture e civiltà che si sono verificate in esse e, naturalmente, la loro fede in Dio, che fa battere i loro cuori con passione. Chiedo al Signore che, insieme alla bellezza delle loro città, conceda loro la grazia di trasmettere la fede, la speranza e la carità della loro gente”.

Tutto ciò permette di trasmettere la storia: “La contemplazione dei diversi monumenti permetta sia a chi li abita, sia a chi li visita, di riconsiderare la prudenza e la forza che ne hanno reso possibile la realizzazione. Si sentano interpellati dagli insegnamenti di giustizia e di temperanza che ogni situazione storica contiene. Parleremo così di città, di persone, di una storia non contemplata, ma realizzata, con un occhio al passato e un altro al futuro, per avere sempre le mani sul presente che ci interroga ogni giorno”.

Mentre ai membri del Consiglio Nazionale del Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani (MASCI), in occasione del 70^ anniversario dalla fondazione, il papa ha sottolineato il titolo dell’incontro, ‘Più vita alla vita’: “Lo avete voluto incarnare in alcuni progetti-simbolo da realizzare: donare una culla termica al Centro di Primo Soccorso e Accoglienza di Lampedusa; costruire una falegnameria nautica in Zambia; e piantare un bosco ad Argenta, in Romagna”.

E la vita è un valore fondamentale, offrendo una riflessione sulla natalità: “Primo: la culla, che ci ricorda l’amore per la vita che nasce. Viviamo in un tempo di drammatica denatalità. L’età media degli italiani è 46 anni, l’età media degli albanesi è 23: questo ci fa capire. Una drammatica denatalità in cui l’uomo sembra aver smarrito il gusto del generare e del prendersi cura dell’altro, e forse anche il gusto di vivere. Una culla simboleggia invece la gioia per un bimbo che viene alla luce, l’impegno perché possa crescere bene, l’attesa e la speranza per ciò che potrà diventare”.

La culla è attenzione per ogni vita: “La culla ci parla della famiglia, nido accogliente e sicuro per i piccoli, comunità fondata sulla gratuità dell’amore; ma anche, di riflesso, ci parla di attenzione per la vita in ogni sua fase, specialmente quando il passare degli anni o le asperità del cammino rendono la persona più vulnerabile e bisognosa. Ed è significativo, in questo senso, il fatto che il vostro dono sia destinato al Centro di Primo Soccorso e Accoglienza di Lampedusa: ciò sottolinea ulteriormente che l’amore per la vita è sempre aperto e universale, desideroso del bene di tutti, al di là della provenienza o di qualsiasi altra condizione”.

La seconda iniziativa messa in campo dal Masci è la falegnameria, che richiama la famiglia di Nazaret: “La falegnameria è un simbolo caro a noi cristiani, perché il Figlio di Dio l’ha scelta come luogo in cui prepararsi alla sua missione di salvezza nel suo villaggio, a Nazaret, lavorando umilmente ‘con mani d’uomo’. In un mondo in cui si parla tanto, forse troppo, di fabbricare armi per fare la guerra… essa ci rimanda alla vocazione fondamentale dell’uomo di trasformare i doni di Dio non in mezzi di morte, ma in strumenti di bene, nell’impegno comune di costruire una società giusta e pacifica, dove a tutti sia data la possibilità di una vita dignitosa. La dignità della vita: lavorare per la dignità della vita”.

Ed infine il bosco: “Esso ci ricorda la nostra responsabilità per la casa comune, che il Creatore ha affidato alle nostre mani. Il rispetto, l’amore e il contatto diretto con la natura sono caratteristiche peculiari dello scoutismo, fin dalle sue origini. E sono valori di cui abbiamo tanto bisogno oggi, mentre ci scopriamo sempre più impotenti di fronte alle conseguenze di uno sfruttamento irresponsabile e miope del pianeta, prigionieri di stili di vita e comportamenti tanto egoisticamente sordi ad ogni appello di buon senso, quanto tragicamente autodistruttivi; insensibili al grido di una terra ferita, come pure alla voce di tanti fratelli e sorelle ingiustamente emarginati ed esclusi da un’equa distribuzione dei beni”.

Tutto ciò è stato realizzato per ricordare don Giovanni Minzoni: “Egli è stato un parroco coraggioso che, in un contesto di violenta e prepotente ostilità, si è battuto, anche attraverso lo scoutismo, per formare i suoi giovani ‘a una solida vita cristiana e a un conseguente impegno per la trasformazione della società’. Anche questo è un richiamo importante a quell’ecologia integrale che, partendo dal farsi carico delle emergenze climatiche e ambientali, amplia la propria riflessione considerando, a monte, il ‘posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda’”.

Papa Francesco: prendersi cura per combattere la cultura dello scarto

Oggi, ricevendo in udienza i partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione Biblica, che riflettono sul tema della sofferenza e della malattia nella Bibbia, papa Francesco ha sottolineato che il tema interpella tutte le persone, in quanto il dolore è parte della vita: “E’ una ricerca che riguarda ogni essere umano, in quanto soggetto all’infermità, alla fragilità, alla morte. La nostra natura ferita, infatti, porta inscritta in sé anche le realtà del limite e della finitudine, e patisce le contraddizioni del male e del dolore”.

Infatti il dolore e la malattia sono argomenti che non si devono rimuovere dai ragionamenti: “Il tema mi sta molto a cuore: la sofferenza e la malattia sono avversarie da affrontare, ma è importante farlo in modo degno dell’uomo, in modo umano, diciamo così: rimuoverle, riducendole a tabù di cui è meglio non parlare, magari perché danneggiano quell’immagine di efficienza a tutti i costi, utile a vendere e a guadagnare, non è certamente una soluzione. Tutti vacilliamo sotto il peso di queste esperienze e occorre aiutarci ad attraversarle vivendole in relazione, senza ripiegarsi su sé stessi e senza che la legittima ribellione si trasformi in isolamento, abbandono o disperazione”.

Ed ha offerto due riflessioni alla luce della fede, che invita a prendersi cura del malato: “Sappiamo, anche per la testimonianza di tanti fratelli e sorelle, che il dolore e l’infermità, nella luce della fede, possono diventare fattori decisivi in un percorso di maturazione: il ‘setaccio della sofferenza’ permette infatti di discernere ciò che è essenziale da ciò che non lo è.

Ma è soprattutto l’esempio di Gesù a indicare la via. Egli ci esorta a prenderci cura di chi vive in situazioni di infermità, con la determinazione di sconfiggere la malattia; al tempo stesso, invita delicatamente a unire le nostre sofferenze alla sua offerta salvifica, come seme che porta frutto. Concretamente, la nostra visione di fede mi ha suggerito di proporvi qualche spunto di riflessione attorno a due parole decisive: compassione e inclusione”.

Quindi per comprendere la malattia è necessaria la compassione: “La prima, la compassione,indica l’atteggiamento ricorrente e caratterizzante del Signore nei confronti delle persone fragili e bisognose che incontra. Vedendo i volti di tanta gente, pecore senza pastore che faticano a orientarsi nella vita, Gesù si commuove. Ha compassione della folla affamata e sfinita e accoglie senza stancarsi gli ammalati, di cui ascolta le richieste: pensiamo ai ciechi che lo supplicano e ai tanti infermi che chiedono guarigione; è preso da ‘grande compassione’  (dice il Vangelo) per la vedova che accompagna al sepolcro l’unico figlio”.

Sono episodi che rivelano la vicinanza di Gesù per la gente: “Tutto ciò rivela un aspetto importante: Gesù non spiega la sofferenza, ma si piega verso i sofferenti. Non si accosta al dolore con incoraggiamenti generici e consolazioni sterili, ma ne accoglie il dramma, lasciandosene toccare. La Sacra Scrittura è illuminante in questo senso: non ci lascia un prontuario di parole buone o un ricettario di sentimenti, ma ci mostra volti, incontri, storie concrete…

Così, chi assimila la Sacra Scrittura purifica l’immaginario religioso da atteggiamenti sbagliati, imparando a seguire il tragitto indicato da Gesù: toccare con mano la sofferenza umana, con umiltà, mitezza, serenità, per portare, in nome del Dio incarnato, la vicinanza di un sostegno salvifico e concreto. Toccare con mano, non teoricamente, con mano”.

Ed ecco il secondo atteggiamento, l’inclusione: “Anche se non è un vocabolo biblico, questa parola esprime bene un tratto saliente dello stile di Gesù: il suo andare in cerca del peccatore, dello smarrito, dell’emarginato, dello stigmatizzato, perché siano accolti nella casa del Padre. Pensiamo ai lebbrosi: per Gesù nessuno deve essere escluso dalla salvezza di Dio”.

Infatti l’inclusione crea la condivisione: “Questa prospettiva di inclusione ci porta ad atteggiamenti di condivisione: Cristo, che è passato in mezzo alla gente facendo del bene e curando gli infermi, ha comandato ai suoi discepoli di aver cura dei malati e di benedirli nel suo nome, condividendo con loro la sua missione di consolazione. Dunque, attraverso l’esperienza della sofferenza e della malattia, noi, come Chiesa, siamo chiamati a camminare insieme a tutti, nella solidarietà cristiana e umana, aprendo, in nome della comune fragilità, opportunità di dialogo e di speranza”.

Ugualmente ai partecipanti all’assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che riflettono sul tema: ‘Disability and the human condition’, il papa ha evidenziato il bisogno di una cultura della cura: “In tempi recenti la comunità internazionale ha compiuto notevoli passi in avanti nel campo dei diritti delle persone con disabilità. Molti Paesi si stanno muovendo in questa direzione. In altri, invece, tale riconoscimento è ancora parziale e precario. Tuttavia, là dove questo percorso è stato intrapreso, tra luci e ombre vediamo fiorire le persone e i germogli di una società più giusta e più solidale”.

Tale ‘progresso’ si è compiuto attraverso l’ascolto: “Ascoltando la voce degli uomini e delle donne con disabilità, siamo diventati più consapevoli del fatto che la loro vita è condizionata, oltre che dalle limitazioni funzionali, anche da fattori culturali, giuridici, economici e sociali, i quali possono ostacolarne le attività e la partecipazione sociale… La vulnerabilità e la fragilità appartengono alla condizione umana e non sono proprie solo delle persone con disabilità”.

E’ stato un invito a combattere la cultura dello scarto: “Combattere la cultura dello scarto significa promuovere la cultura dell’inclusione (vanno uniti), creando e rafforzando i legami di appartenenza alla società. Gli attori protagonisti di questa azione solidaristica sono coloro che, sentendosi corresponsabili del bene di ciascuno, si adoperano per una maggiore giustizia sociale e per rimuovere le barriere di vario genere che impediscono a tanti di godere dei diritti e delle libertà fondamentali”.

(Foto: Santa Sede)

Cei: l’Università Cattolica sia motore di speranza per i giovani

Nei giorni scorsi è stato diffuso il Messaggio della Presidenza della CEI per la 100ª Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore che si celebrerà domenica 14 aprile sul tema: ‘Domanda di futuro. I giovani tra disincanto e desiderio’, scelto per celebrare, domenica 14 aprile, la 100^ giornata dedicata all’Università Cattolica del Sacro Cuore, offrendo la possibilità di sviluppare alcune considerazioni utili a comprendere la missione dell’Ateneo dei cattolici italiani:

“In questi ultimi anni un susseguirsi di eventi sta modificando in profondità la percezione della realtà e dell’esperienza umana, soprattutto in rapporto al futuro. Guardando in particolare al mondo giovanile si registra una situazione di grande incertezza che oscilla tra paure e slanci, smarrimento e ricerca di sicurezze, senso di solitudine e rincorsa ad abitare i social media”.

E’ un invito a prendere la domanda dei giovani sul futuro seriamente: “Ci troviamo ad affrontare scenari imprevedibili, determinati dai cambiamenti climatici, dai devastanti conflitti in corso, dai precari equilibri internazionali, dalle criticità economiche. A questi macro-fattori si aggiungono le situazioni personali e contingenti percepite in modo più diretto dai giovani come la mancanza di lavoro, la fragilità dei legami affettivi, i rapidi cambiamenti sociali determinati dalle innovazioni tecnologiche, la crisi demografica che fa dell’Italia un Paese in progressivo e rapido invecchiamento”.

Per i vescovi italiani la vita dei giovani si muove tra la speranza e la disillusione, specchio della società contemporanea: “C’è tutta la disillusione rispetto a un futuro che non offre certezze e finisce per scoraggiare e demotivare. Nello stesso tempo, però, resta forte la ricerca del senso da dare alla propria esistenza, del posto da assumere nel mondo e delle strade da percorrere per non sentirsi vecchi prima del tempo.

I giovani sono il termometro di una società in deficit di speranza e incapace di vivere il presente come piattaforma reale e concreta per costruire il futuro. Tutto sembra consumarsi nel vissuto quotidiano senza più considerare il futuro, troppo fluido e confuso, mentre dovremmo costruirlo assieme valutando in tale prospettiva le scelte di oggi”.

I giovani sono in ricerca di luoghi in grado di offrire concretezza ai desideri e l’Università è uno dei luoghi: “I giovani cercano luoghi che siano in grado di alimentare i loro desideri, che sappiano dare concretezza ai loro sogni e che non soffochino la loro speranza. L’Università Cattolica del Sacro Cuore è nata sulle macerie di una guerra mondiale e in un quadro sociale e politico di grande incertezza”.

L’Università Cattolica mette a disposizione competenze capaci di renderli protagonisti: “L’Ateneo ha preso forma grazie alla intraprendenza di p. Agostino Gemelli e della beata Armida Barelli, in una stagione certamente non più facile dell’attuale e da oltre cento anni con la sua proposta formativa, originale e integrale, vuole essere uno spazio fecondo e creativo per dare ai giovani non tanto aspettative per il futuro quanto certezze per un presente da protagonisti e da veri artefici di un domani che sia più sostenibile, fraterno e pacifico per tutta l’umanità. Sono però necessarie alcune condizioni per non rendere evanescente il futuro e per radicarlo piuttosto in un vissuto ricco di senso e di solide prospettive umane e spirituali”.

L’Università Cattolica è nata grazie ai cattolici, che hanno impresso una ‘matrice popolare’: “La sua matrice popolare, anche se oggi non si registra la mobilitazione del passato, si manifesta nel suo essere comunità educante di respiro nazionale e nel suo essere sotto molteplici aspetti a servizio della comunità ecclesiale, sia curando la formazione delle nuove generazioni sia offrendo un rilevante apporto culturale alla presenza dei cattolici nel Paese. L’attuale cammino di ripensamento sinodale della vita e della missione della Chiesa potrà certamente ricevere un prezioso contributo da questa presenza culturale e formativa a servizio della comunità ecclesiale e della società in Italia”.

La seconda dimensione caratterizzante l’Università Cattolica riguarda l’innovazione: “Gli sviluppi dell’intelligenza artificiale interpellano la comunità scientifica e la società civile sotto diversi profili. E’ certamente doveroso valorizzare le tante opportunità offerte sapendo, allo stesso tempo, valutare le implicazioni etiche, culturali, sociali ed economiche.

Ricerca scientifica, valutazione etica, processi formativi, implicazioni socioculturali richiedono, pertanto, una visione d’insieme e un approccio transdisciplinare. Sono le caratteristiche proprie di una comunità accademica plasmata da un approccio davvero unitario e universale, come quello che scaturisce da un sentire autenticamente cattolico, aperto cioè alla totalità e attento a tutti i valori in gioco”.

La terza dimensione riguarda l’aiuto ai giovani, secondo il magistero della Chiesa: “Compito di un Ateneo cattolico, alla luce delle indicazioni offerte dal magistero di papa Francesco, è quello di aiutare i giovani: a essere artefici di uno sviluppo davvero sostenibile e attento alle necessità di tutti, soprattutto i più poveri ed emarginati;

ad essere protagonisti di una cultura della fratellanza che sappia valorizzare le differenze e disarmare con la solidarietà la violenza che sta distruggendo relazioni e convivenze tra popoli; a ridisegnare il volto dell’umano sfigurato da visioni e modelli che snaturano il senso degli affetti, la dimensione trascendente della vita umana, la domanda di verità e di bene che abita il cuore di ogni donna e di ogni uomo”.

La Chiesa è sinodale e missionaria

Ieri sono stati pubblicati due documenti della Segreteria Generale del Sinodo: ‘Come essere Chiesa sinodale in missione? Cinque prospettive da approfondire teologicamente in vista della Seconda Sessione’; ‘Gruppi di studio su questioni emerse nella Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi da approfondire in collaborazione con i Dicasteri della Curia romana’, presentati dal card. Mario Grech, Segretario Generale della Segreteria Generale del Sinodo; dal card. Jean-Claude Hollerich, Arcivescovo di Luxembourg e relatore generale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi; da mons. Filippo Iannone, Prefetto del Dicastero per i Testi Legislativi; da mons. Piero Coda, Segretario Generale della Commissione Teologica Internazionale, da p. Giacomo Costa, Consultore della Segreteria Generale del Sinodo, e da suor Simona Brambilla, Segretaria del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, che ha puntualizzato:

“La Relazione di Sintesi (RdS) pubblicata lo scorso ottobre a conclusione della prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla sinodalità porta il titolo: ‘Una Chiesa sinodale in missione’. La domanda guida che ci accompagna nei lavori verso la II sessione dell’ottobre 2024 è: ‘Come essere Chiesa sinodale in missione?’… Tra i membri del Sinodo ci sono sia il Prefetto sia il Segretario del Dicastero. Per entrambi, l’esperienza di immersione nella dinamica sinodale è stata coinvolgente e stimolante. Ci siamo accorti, con stupore e commozione, di trovarci a vivere un momento forte dello Spirito che segna una svolta.

L’Aula Paolo VI in Vaticano come un grande cenacolo. I tavoli rotondi disposti attorno alla Parola e all’icona della Madre, la Salus populi romani che, come a Cana, vigila con premura e discrezione sullo svolgersi del banchetto, custodendo la comunione, la gioia, la festa. Sedute alla mensa della Parola, che risuona nella Scrittura e nella voce dell’altro, oltre 400 persone provenienti dai cinque continenti e dalle più diverse esperienze di Chiesa (cardinali, vescovi, preti, diaconi, consacrati e consacrate, laici e laiche) uniti da ciò che li rende profondamente fratelli e sorelle, al di là di ogni ruolo, titolo, funzione, servizio, responsabilità: il Battesimo, l’immersione in Cristo, la vocazione cristiana!”

Nel primo documento riguardante la missione della Chiesa si sottolinea che il Sinodo ha evidenziato la natura missionaria della Chiesa: “Il processo sinodale ci ha resi sempre più consapevoli della nostra missione. Nella Prima Sessione assembleare, questa consapevolezza ha progressivamente ‘preso carne’, orientando il cammino in vista della Seconda Sessione (ottobre 2024)…

L’obiettivo è identificare le vie da percorrere e gli strumenti da adottare nei diversi contesti e nelle diverse circostanze, così da valorizzare l’originalità di ogni battezzato e di ogni Chiesa nell’unica missione di annunciare il Signore risorto e il suo Vangelo al mondo di oggi. Non si tratta dunque di limitarsi al piano dei miglioramenti tecnici o procedurali che rendano più efficienti le strutture della Chiesa, ma di lavorare sulle forme concrete dell’impegno missionario a cui siamo chiamati, nel dinamismo tra unità e diversità proprio di una Chiesa sinodale”.

E muta il luogo della missione secondo i ‘segni dei tempi’: “Viviamo in un tempo nel quale il rapporto delle persone e delle comunità con la dimensione dello spazio sta mutando profondamente. La mobilità umana, la presenza in uno stesso contesto di culture ed esperienze religiose diverse, la pervasività dell’ambiente digitale (l’infosfera) possono essere considerati ‘segni dei tempi’ che occorre discernere.

In un mondo segnato da violenza e frammentazione, appare sempre più urgente una testimonianza dell’unità dell’umanità, della sua comune origine e del suo comune destino, in una solidarietà coordinata e fraterna verso la giustizia sociale, la pace, la riconciliazione e la cura della casa comune, superando quindi il potenziale divisivo di alcuni modi errati di intendere il riferimento a un luogo, ai suoi abitanti e alla sua cultura”.

Nel secondo documento è stato dato risalto alle relazioni tra Chiese orientali cattoliche e Chiesa latina: “L’Assemblea sinodale ha evidenziato la necessità di una maggiore conoscenza reciproca e di un dialogo tra i membri delle Chiese orientali cattoliche e della Chiesa latina. In un contesto di crescente migrazione, che ha visto lo sviluppo di comunità cristiane orientali in diaspora, le comunità di tradizioni orientali e latina coesistono oggi nella maggior parte del mondo…

Sulla scia di quanto proposto dalla RdS, si dà vita a un Gruppo di studio formato da teologi e canonisti orientali e latini, coordinato dalla Segreteria Generale del Sinodo e dal Dicastero per le Chiese orientali, che, dopo il necessario approfondimento, possa formulare indicazioni: relative alla partecipazione alle Conferenze Episcopali dei Vescovi orientali al di fuori del territorio canonico; relative a linee guida per le Diocesi latine sul cui territorio vivano presbiteri e fedeli orientali, in modo da aiutarli ‘a preservare la loro identità e a coltivare il loro patrimonio specifico’, e con lo scopo di ‘trovare modalità che rendano visibile e sperimentabile una effettiva unità nella diversità’”.

Poi si è evidenziata la necessità dell’ascolto del ‘grido’ dei poveri: “Il cap. 16 della RdS esprime la consapevolezza che ‘ascolto è il termine che meglio esprime l’esperienza più intensa che ha caratterizzato i primi due anni del percorso sinodale e anche i lavori dell’Assemblea’, ed afferma che ‘una Chiesa sinodale non può rinunciare a essere una Chiesa che ascolta, e questo impegno deve tradursi in azioni concrete’…Mettersi in ascolto consente alla comunità cristiana di ‘assumere l’atteggiamento di Gesù nei confronti delle persone che incontrava’”.

Fondamentale è anche l’ambiente digitale, indicando i giovani più adatti a questa nuova missione: “Il cap. 17 della RdS costituisce l’orizzonte al cui interno cogliere l’importanza per la Chiesa di portare avanti la missione di annuncio del Vangelo anche nell’ambiente digitale, che coinvolge ogni aspetto della vita umana e va quindi riconosciuto come una cultura e non solo come un’area di attività. Tuttavia la Chiesa stenta a riconoscere l’azione nell’ambiente digitale come una dimensione cruciale della propria testimonianza nella cultura contemporanea.

Pur riguardando tutti, l’azione nel mondo digitale è contrassegnata da un’attenzione particolare al mondo giovanile: molti giovani ‘hanno abbandonato gli spazi fisici della Chiesa in cui cerchiamo di invitarli a favore degli spazi online’… al tempo stesso, i giovani, e tra di loro i seminaristi, i giovani preti e i giovani consacrati e consacrate, che spesso ne hanno una esperienza diretta, sono i più adatti per aiutare la Chiesa a portare avanti la missione nell’ambiente digitale”.

(Foto: Santa Sede)

Lezione inaugurale di Alessandro Baricco: Tutto mi meraviglia

Ha preso il via mercoledì 13 marzo, la prima edizione di SOUL Festival di Spiritualità – promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Arcidiocesi di Milano – con grande partecipazione di pubblico alla lezione inaugurale di Alessandro Baricco Tutto mi meraviglia in una gremita Aula Magna all’Università Cattolica.

Il suo intervento è stato preceduto dai saluti del Prof. Franco Anelli, Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, di mons. Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale e co-curatore del festival, e dall’introduzione di Aurelio Mottola, co-curatore e ideatore di SOUL Festival di Spiritualità. L’evento è stato trasmesso anche in diretta streaming sulla piattaforma dell’Università Cattolica.

Il festival prosegue fino a domenica 17 marzo con incontri e appuntamenti in luoghi diversi della città sui temi della spiritualità, declinati attraverso tradizioni e discipline differenti, con protagonisti d’eccezione dalla letteratura alla scienza, dalla filosofia alla musica, fino alla poesia: Stefano Boeri, Massimo Cacciari, Gabriella Caramore, Alessandro D’Avenia, mons. Mario Delpini, Fabiola Gianotti, Paolo Giordano, Mariangela Gualtieri, Romano Madera, Alberto Mantovani, Melania Mazzucco, Agnese Moro, Tahar Ben Jelloun, Silvano Petrosino, Massimo Popolizio, Massimo Recalcati, Antonio Spadaro, card. José Tolentino de Mendonça, e molti altri.

Tutti gli eventi sono gratuiti previa prenotazione fino ad esaurimento posti al sito www.soulfestival.it .

Dall’alba alla sera, SOUL Festival di Spiritualità si articola in un programma sorprendente di eventi pensati per fare esperienza dello straordinario nell’ordinario – fra lezioni e dialoghi, spettacoli e concerti, performance artistiche, laboratori esperienziali, momenti meditativi, attività per le scuole – sviluppati attorno al tema ‘meraviglia, la vigilia di ogni cosa’ dal comitato curatoriale composto da Luca Bressan, Armando Buonaiuto, Valeria Cantoni Mamiani, Aurelio Mottola, con la partecipazione di un illustre comitato scientifico.

Ad ospitarli sono luoghi significativi e ricchi di suggestione, grazie alla partecipazione di importanti istituzioni culturali, artistiche, educative, sociali, laiche e religiose della città, a partire dai Partner culturali del festival: Fondazione Corriere della Sera, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Memoriale della Shoah di Milano, Philo – Pratiche filosofiche, Piccolo Teatro di Milano, Triennale Milano.

Il festival è reso possibile grazie ai Main Partner Intesa Sanpaolo e Humanitas University, al Partner CFMT – Centro di Formazione Management del Terziario e al contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Rocca. Si ringraziano A2A e Comieco e, per la Media Partnership, Rai Cultura, TGR Rai e Radio Marconi.

Ascoltare, pensare, dialogare, meditare, sperimentare: SOUL Festival di Spiritualità è un progetto che mira a offrire occasioni di riflessione attorno all’ ‘umano che è comune’, colto nelle sue molteplici manifestazioni, in costante dialogo con diverse sensibilità culturali e tradizioni religiose.

‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo socio-umanitario’ è il saggio  del giornalista Biagio Maimone

Nello shop on line della Casa Editrice TraccePerlaMeta

https://shop.tracceperlameta.org/manualistica/la-comunicazione-creativa-per-lo-sviluppo-socio-umanitario-biagio-maimone-270.html e, nei prossimi giorni, nelle migliori librerie e in tutti gli store online è disponibile il saggio di Biagio Maimone intitolato ‘La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’, che propone la necessità di un nuovo modello comunicativo che ponga al centro la relazione umana ed, ancor più, l’emancipazione morale ed umana della società odierna.

Sulla scorta della constatazione delle innumerevoli comunicazioni distorte veicolate dai media e da tutti i mezzi di comunicazione, compresi i social, foriere di sottocultura che non può essere consentita in quanto impoverisce la società civile deteriorando le relazioni umane, Biagio Maimone ritiene che non sia più rimandabile la necessità di far vivere un linguaggio scevro da menzogne, da offese e dal turpiloquio.

‘La Comunicazione diventa futuro’ è lo slogan che identifica l’impegno di Biagio Maimone. Egli ritiene, infatti,  che il futuro per essere finalizzato al progresso umano debba far propria una nuova modalità di comunicare che veicoli la pedagogia della vita, della pace, della fratellanza umana, della parola vitale che educa le coscienze dei singoli affinché essi si dirigano sulla strada della vera emancipazione umana, oltre l’impoverimento morale ed anche materiale.

Egli, pertanto, pone in risalto l’importanza della cultura umana da riversare nel contesto della comunicazione ampiamente intesa affinché si pongano le fondamenta di un nuova e migliorativa modalità di trasmettere informazioni affinché esse arricchiscano sempre più l’universo interiore di coloro che le recepiscono alimentandolo con verità e valori morali e spirituali, senza i quali l’essere umano viene deprivato di quei contenuti che ne fanno un soggetto pensante capace di costruire un mondo accogliente in cui viva la legalità e la fratellanza umana e quella bellezza che sgorga dall’animo di chi si è nutrito di cultura umana, unica cultura che consente il miglioramento delle relazioni umane e lo sviluppo socio-umanitario.

Per Biagio Maimone occorre superare  gli stereotipi che sorreggono la comunicazione, sia quella giornalistica, sia quella di ogni altro media, nonchè quella istituzionale, necessariamente legata ai vari ambiti della vita umana e sociale, al fine di creare un nuovo modello comunicativo che prenda le mosse dai suoni, dai colori e dalle voci legati al sentimento, scaturenti dall’interiorità e dalla spiritualità umana.

Dare voce agli infiniti linguaggi depositati nell’intimo di ognuno egli ritiene debba essere l’intento del nuovo comunicatore, animato dalla finalità primaria di educare all’apprendimento di un linguaggio che fondi le sue radici nei valori insiti nell’animo umano. Il linguaggio dovrà divenire, pertanto, vettore di valori e non di offese ed insulti, come sovente si verifica.

Partendo dal linguaggio, ripulito dal desiderio di ferire e ridimensionare l’altro, si potrà anche ricreare la relazione umana, rendendola scevra da conflitti lesivi della dignità dell’interlocutore per orientarla all’ascolto autentico, che è creativo di benefici reciproci. Non meno rilevante sarà la forma che tale nuovo linguaggio dovrà assumere per essere vera espressione del mondo interiore, in cui vivono i valori umani.

Tale forma non potrà che essere la forma che rimanda sia al suono musicale, in quanto esso crea il senso della melodia, intesa come coinvolgimento all’unisono delle varie sensibilità umane, forza reale del linguaggio penetrante e convincente, sia al suono della poesia, da intendersi come modalità sublime di quella dimensione altamente creativa, proprio in quanto sorretta dai valori umani,  che la comunicazione di elevato livello non può esimersi dal fare propria.

Biagio Maimone definisce tale processo comunicativo ‘Comunicazione creativa della dimensione socio-umanitaria’, che potrà essere utilizzato dagli operatori degli Uffici Stampa, dai giornalisti e da chiunque si prefigga l’obiettivo di  rendere la comunicazione una professione di elevato valore morale e sociale. Altisonante ed indicativa di un preciso  impegno concreto è la sua affermazione:

“La Bellezza – non vi è dubbio – tornerà ad essere il volto magnifico della vita. La forza prorompente della Bellezza, che la Parola ha il dovere di trasmettere, sconfigge ogni male! E’ scritto nel Vangelo, è scritto nel cuore degli uomini di Buona Volontà ed è scritto nelle trame vitali dell’esistenza, che nessuno potrà mai distruggere perché esse appartengono alla Vita e la Vita è la ragione stessa dell’esistere umano”.

Partendo da tali principi, riportati nel quarto di copertina del suo libro, Biagio Maimone si accinge a divulgare i contenuti della nuova corrente filosofica a cui egli ha voluto dar vita, denominata ‘Comunicazione socio-umanitaria’.

Arezzo: Diocesi e Soprintendenza inaugurano il restauro della chiesa di Santa Maria in Gradi

È stato inaugurato oggi il restauro della chiesa di Santa Maria in Gradi in Arezzo, che torna ad essere aperta al culto, dopo la chiusura avvenuta nel dicembre 2022 per consentire i lavori. L’intervento è consistito nella riduzione del rischio sismico di cui al DPCM 09.02.2011, con contestuale intervento di consolidamento strutturale e restauro architettonico. Lavori realizzati con finanziamenti ottenuti dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo, assieme ad altri quattordici beni suddivisi nel territorio di competenza, grazie al riparto del fondo di cui all’art. 1 comma 140 della Legge 11 dicembre 2016 n. 232 e a fondi propri della diocesi.

Nel 2013 la Soprintendenza diresse un importante intervento di restauro conservativo dell’intera facciata della chiesa (Responsabile unico del procedimento Arch. Mauro Abatucci e Direttore dei lavori Arch. Donatello Grifo). In questa occasione venne verificata una forte criticità strutturale: la facciata presenta infatti un vistoso fuori piombo nella parte centrale, tanto da creare un arco con le spalle in corrispondenza dei tiranti.

Nel 2020, per permettere una progettazione puntuale degli interventi sono state così realizzate dalla Ditta Etruria Sicurezza Srl di Monte San Savino una scala di accesso lungo i vari livelli della torre campanaria, una passerella leggera in legno per l’intera lunghezza del sottotetto e una linea vita interna parallela alla passerella per ispezionare i vari ambienti debitamente imbracati. Opere pensate per essere mantenute anche al termine dei lavori in modo da garantire l’ispezione futura in sicurezza.

Nel gennaio 2021 vengono affidati i servizi di ingegneria e architettura per esecuzione dei rilievi, l’analisi di vulnerabilità comprensiva delle indagini occorrenti, la progettazione esecutiva oltre al coordinamento per la sicurezza. L’incarico viene affidato al RTP capogruppo Ing. Carlo Romboli, Arch. Ludovico Romboli, Ing. Michele Romolini e Geol. Nicola D’Ubaldo.

Nel mese di luglio 2022, vengono consegnati i lavori alla ditta l’Impresa LaDueBC Srl di Città di Castello grazie a uno stanziamento di 300.000 euro da parte del Ministero. I lavori, il cui Responsabile del procedimento l’Arch. Massimo Bucci, e il Direttore dei lavori l’arch. Federico Salvini, entrambi funzionari SABAP, sono articolati in due stralci.

I lavori effettuati in copertura, divisi in tre successivi step, mirano alla riduzione del rischio sismico e alla salvaguardia del bene in caso di terremoto e prevenire possibili danni. Il nuovo sistema resistente di carpenterie metalliche, rendono la struttura maggiormente capace di resistere alle sollecitazioni orizzontali indotte dall’azione sismica. Queste inoltre esaltano un favorevole comportamento scatolare dell’immobile riducendo la possibilità di sbandamento e ribaltamento fuori dal piano delle murature.

Va sottolineato come il complesso delle opere è stato pensato quasi interamente a secco, rispettando uno dei criteri cardine nell’azione di tutela del patrimonio culturale ovvero quello della reversibilità e del minimo intervento. Allo stesso tempo è stato effettuato l’ancoraggio al di sotto del cassettonato ligneo di una rete di protezione anticaduta sull’intera superficie dell’aula e al di sopra del cassettonato sono stati montati ulteriori cavalletti in acciaio su cui poggiare un piano di lavoro stabile. Interventi mantenuti in opera al fine di permettere il proseguo dei lavori previsti nel secondo stralcio e le future manutenzioni al sottotetto.

L’altro obiettivo è stato quello di creare un piano rigido di ripartizione degli sforzi indotti dal ribaltamento della facciata verso l’esterno a piena trattenuta della stessa. Il successivo passo da compiere, con richiesta di ulteriore finanziamento, è quello di risolvere definitivamente tale criticità strutturale. La Soprintendenza sta provvedendo nella programmazione triennale dei propri interventi a richiedere nuovi ulteriori fondi per completare anche il secondo stralcio di opere.

Per insufficienza del finanziamento a coprire le variazioni intervenute in cantiere e non prevedibili in sede progettuale, registrate in perizia di variante autorizzata, per il completamento del terzo e ultimo step è intervenuta direttamente la Diocesi, a sostegno della parrocchia, quale proprietaria del bene, con una cifra complessiva di 80.000 euro.

La Soprintendenza in collaborazione con l’Ordine degli Architetti della provincia di Arezzo ha organizzato, ai fini della divulgazione scientifica dei propri lavori di restauro, un convegno ove saranno descritti nel dettaglio gli interventi eseguiti e le finalità raggiunte in programma mercoledì 27 marzo alle 14.30 presso il salone della sede aretina della Soprintendenza in via Ricasoli 1.

“Sono contento della riapertura della chiesa di Santa Maria in Gradi, per me è la prima volta che ho occasione di visitarla – dice il vescovo Andrea Migliavacca –. Oggi si inaugura questo importante intervento di riqualificazione reso possibile grazie all’impegno economico del Ministero, per il quale siamo molto grati, ma anche grazie all’intervento economico della diocesi che ha consentito di portare a termine il lavoro prospettato. Auspichiamo che il recupero di questa bella chiesa possa essere messo al servizio della pastorale della vita della città sempre più attiva e partecipata”.

“Si tratta di un intervento importante perché ha ridotto in maniera sostanziale le criticità strutturali dell’edificio attraverso un consolidamento statico e il miglioramento sismico – spiega Gabriele Nannetti, Soprintendente alle Belle Arti, Archeologia e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo per le province di Siena, Grosseto e Arezzo -.

Un intervento portato avanti in una stagione molto complicata dovuta all’emergenza sanitaria prima, ma reso possibile grazie anche al lavoro di squadra con la diocesi. Interventi di questo tipo sono onerosi e complessi, hanno poca visibilità, ma sono fondamentali. Nell’intervenire il primo aspetto preso in considerazione è stato quello di mettere in sicurezza le opere arte che hanno continuato a vivere all’interno della chiesa in piena sicurezza e che oggi restituiamo alla città”.

La chiesa di Santa Maria in Gradi sorge nel luogo dove esisteva un monastero camaldolese dipendente dalla Badia di Agnano fin dal 1043 che comprendeva un’antica chiesa romanica, costruita verosimilmente tra XI e XII secolo, che doveva essere piuttosto piccola e con un andamento trasversale rispetto all’attuale e della quale rimane la cripta. Nel 1591 i camaldolesi decisero di costruire la chiesa attuale, su disegno di Bartolomeo Ammannati, terminata nel 1611. La decorazione dell’interno e delle sue cappelle fu completata nel corso del Seicento fino alla realizzazione del soffitto ligneo nel 1711.

Tra e opere al suo interno si ricordano una pregevole tela con Sant’Andrea Zoerandro e Carlo Borromeo, opera di Vincenzo Dandini del 1658, mentre al secondo altare è posta la Madonna Assunta tra santi di Bernardino Santini, del 1633. L’organo di Antonio del Corno, del 1630, sormonta il terzo altare sinistro dedicato a San Bonifazio ed ornato da tele di Bernardino Santini, del 1632: al centro vi è la Crocifissione con San Pietro e San Bernardo ed ai lati San Pietro benedicente a destra ed un Santo vescovo a destra. Al primo altare a sinistra si trova la Madonna della Misericordia detta anche dei cocci realizzata da Andrea della Robbia alla fine del Quattrocento per la famiglia Carbonati, della quale è lo stemma.

Sotto la chiesa è presente una cripta romanica dell’XI secolo, che conserva un Crocifisso ligneo detto “Della tomba”, da datarsi tra la fine XIII e l’inizio del XIV secolo, al centro di sentita devozione popolare. Nella chiesa è presente anche il cosiddetto ‘Pozzo di san Donato’.

Papa Francesco: garantire l’istruzione a tutte le donne

Il giorno precedente la Giornata della donna papa Francesco torna sulla questione femminile, ricevendo in udienza i partecipanti al Congresso Internazionale Interuniversitario ‘Donne nella Chiesa: artefici dell’umano’, in svolgimento alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma, che ha messo in evidenza 10 donne sante: Giuseppina Bakhita, Magdeleine di Gesù, Elizabeth Ann Seton, Maria MacKillop, Laura Montoya, Kateri Tekakwitha, Teresa di Calcutta, Rafqa Pietra Choboq Ar-Rayès, Maria Beltrame Quattrocchi e Daphrose Mukasanga.

Nel discorso, ancora non letto perché ancora con il raffreddore, papa Francesco ha affermato il genio femminile di queste 10 sante: “Tutte loro, in differenti tempi e culture, con stili propri e diversi, e con iniziative di carità, di educazione e di preghiera, hanno dato prova di come il ‘genio femminile’ sappia riflettere in modo unico la santità di Dio nel mondo. Anzi, proprio in epoche nelle quali le donne erano maggiormente escluse dalla vita sociale ed ecclesiale, ‘lo Spirito Santo ha suscitato sante il cui fascino ha provocato nuovi dinamismi spirituali e importanti riforme nella Chiesa’…

E la Chiesa ha bisogno di questo, perché la Chiesa è donna: figlia, sposa e madre, e chi più della donna può rivelarne il volto? Aiutiamoci, senza forzature e senza strappi, ma con accurato discernimento, docili alla voce dello Spirito e fedeli nella comunione, a individuare vie adeguate perché la grandezza e il ruolo delle donne siano maggiormente valorizzati nel Popolo di Dio”.

Soffermandosi sul titolo del convegno il papa ha sottolineato lo stile delle donne: “Il nostro è un tempo lacerato dall’odio, in cui l’umanità, bisognosa di sentirsi amata, è invece spesso sfregiata dalla violenza, dalla guerra e da ideologie che affogano i sentimenti più belli del cuore. E proprio in questo contesto, il contributo femminile è più che mai indispensabile: la donna, infatti, sa unire con la tenerezza”.

Ed ha citato Santa Teresa di Lisieux: “Santa Teresa di Gesù Bambino diceva di voler essere, nella Chiesa, l’amore. Ed aveva ragione: la donna infatti, con la sua capacità unica di compassione, con la sua intuitività e con la sua connaturale propensione a ‘prendersi cura’, sa in modo eminente essere, per la società, ‘intelligenza e cuore che ama e che unisce’, mettendo amore dove non c’è amore, umanità dove l’essere umano fatica a ritrovare sé stesso”.

Mentre il secondo aspetto sottolineato riguarda la formazione: “Avete organizzato questo Convegno con la collaborazione di varie realtà accademiche cattoliche. E in effetti, nell’ambito della pastorale universitaria, proporre agli alunni, oltre all’approfondimento accademico della dottrina e del messaggio sociale della Chiesa, testimonianze di santità, specialmente al femminile, incoraggia ad elevare lo sguardo, a dilatare l’orizzonte dei sogni e del modo di pensare e a disporsi a seguire alti ideali”.

Anche la santità educa: “La santità può così diventare come una linea educativa trasversale in tutto l’approccio al sapere. Per questo auspico che i vostri ambienti, oltre ad essere luoghi di studio, di ricerca e di apprendimento, luoghi ‘informativi’, siano anche contesti ‘formativi’, dove si aiuta ad aprire la mente e il cuore all’azione dello Spirito Santo. Perciò è importante far conoscere i santi, e specialmente le sante, in tutto lo spessore e in tutta la concretezza della loro umanità: così la formazione sarà ancora più capace di toccare ogni persona nella sua integralità e nella sua unicità”.

Ha concluso l’incontro ha invitato all’impegno affinché per le bambine ci sia più istruzione: “nel mondo, dove le donne soffrono ancora tante violenze, disparità, ingiustizie e maltrattamenti (e ciò è scandaloso, ancor più per chi professa la fede nel Dio ‘nato da donna’) c’è una forma grave di discriminazione, che è proprio legata alla formazione della donna. Essa è infatti temuta in molti contesti, ma la via per società migliori passa proprio attraverso l’istruzione delle bambine, delle ragazze e delle giovani, di cui beneficia lo sviluppo umano. Preghiamo e impegniamoci per questo!”

Inoltre papa Francesco ha inviato un messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali in occasione del laboratorio su san Tommaso d’Aquino: ‘Ontologia sociale e diritto naturale dell’Aquinate in prospettiva. Approfondimenti per e dalle Scienze Sociali’: “Attingendo da principi già stabiliti da Aristotele, Tommaso così sosteneva che i beni spirituali precedono quelli materiali e che il bene comune della società precede quello degli individui, in quanto l’uomo è per natura un ‘animale politico’… Mentre è indubitabile la sua influenza nel dar forma al pensiero morale e giuridico moderno, un recupero della prospettiva filosofica e teologica che ha informato la sua opera può risultare alquanto promettente per la nostra disciplinata riflessione sulle pressanti questioni sociali del nostro tempo”.

Per questo san Tommaso descriveva l’unità della persona: “L’Aquinate sostiene l’intrinseca dignità e unità della persona umana, che appartiene sia al mondo fisico in virtù del corpo che a quello spirituale in virtù dell’anima razionale: una creatura capace di distinguere tra vero e falso in base al principio di non-contraddizione, ma anche di discernere il bene dal male”.

Ed ecco l’importanza della legge naturale: “La fiducia di Tommaso in una legge naturale scritta nel cuore dell’uomo può così offrire freschi e validi spunti al nostro mondo globalizzato, dominato dal positivismo giuridico e dalla casistica, anche se continua a cercare solide fondamenta per un giusto e umano ordine sociale. Infatti, seguendo Aristotele, Tommaso era ben consapevole della complessità che comporta applicare la legge alle azioni concrete, e perciò enfatizzava l’importanza della virtù di epikeia”.

(Foto: Santa Sede)

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