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Il card. Zuppi ai vescovi: guardare con la speranza di Abramo

Ieri il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha aperto i lavori del Consiglio Permanente della Cei che terminano mercoledì 25 settembre, affrontando molte tematiche, che hanno spaziato dal Giubileo al Sinodo dei Vescovi, dalla riforma della Cei all’emergenza educativa dei giovani, con un sentimento di vicinanza alle popolazioni della Romagna e delle Marche, colpite dall’alluvione di qualche giorno fa:

“Il nostro pensiero va a quanti sono stati colpiti dall’alluvione e dalle esondazioni in Emilia Romagna e nelle Marche. Ci stringiamo alle comunità locali che, a distanza di poco tempo, si trovano a vivere un altro dramma. Nelle parole dei nostri Fratelli Vescovi abbiamo ascoltato il grido di sofferenza delle persone ferite da questa nuova emergenza”.

Il presidente dei vescovi ha pregato ed ha ringraziato chi è impegnato in questa emergenza: “Preghiamo per quanti sono in angoscia, perché possano continuare a guardare con fiducia al domani, anche quando tutto sembra, ancora una volta, perduto. Insieme al ringraziamento alle Forze dell’Ordine, ai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile e ai volontari impegnati nei soccorsi alla popolazione, chiediamo alle Istituzioni di intervenire, con tempestività ed efficacia, a sostegno delle famiglie e del territorio che ha mostrato, di nuovo, tutta la sua fragilità: le accuse vicendevoli e i proclami lascino il posto a misure adeguate, scelte lungimiranti e azioni concrete”.

Il discorso introduttivo è stato uno sguardo al futuro: “E’ il valore di questi nostri appuntamenti, esercizio di responsabilità che personalmente sento come luogo decisivo di confronto fraterno, pensoso, collegiale. A molti, davanti al futuro, viene da abbassare lo sguardo, perché si presentano situazioni difficili, anzi inestricabili, tra cui tutte le guerre, come in Ucraina e in Terra Santa, delle quali portiamo nel cuore il dramma e il gemito della nuova creazione che solo la pace può permettere.

I nostri contemporanei scrutano inquieti il futuro e, senza speranza, si rifugiano facilmente nell’individualismo, non credono possibile un futuro migliore. Così abbassano lo sguardo per evitare di vedere. E’ un fenomeno di concentrazione su di sé e di estraniazione dai legami sociali”.

Un futuro che non può far a meno del presente, come Abramo: “Siamo chiamati al futuro. Non lo cerchiamo perché abbiamo accumulato garanzie sufficienti per il cammino o per la sicurezza che sarà senza problemi e fatiche. E’ sempre valido il monito di non prendere due tuniche, sapendo che non ci mancherà quanto ci servirà! Abramo si mette in cammino perché accoglie il Signore solo con un’indicazione e una promessa”.

Il futuro che Dio propone non è facile: “Il cammino dell’Amico di Dio non è rettilineo. C’è sofferenza, racchiusa nella drammatica domanda che sgorga dal cuore di Abramo di fronte alla promessa di Dio (‘la tua ricompensa sarà molto grande’). Abramo guarda la sua realtà e non può non esclamare: ‘Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco’.

E’ la domanda di molti (penso anche ai nostri sacerdoti e a quanti hanno a cuore le nostre comunità) di fronte ai frutti del loro servizio e alle difficoltà quotidiane: ‘Un mio domestico sarà mio erede’. Cioè la fatica a generare figli, che vuol dire futuro. La risposta di Dio ad Abramo angosciato, pur partito fiducioso e dopo aver tanto camminato, è la proposta di una visione… E’ il dono di una visione del futuro di un popolo numeroso come le stelle del cielo”.

Questa visione è propria dei martiri: “I martiri sono anche nostri contemporanei. Non hanno seguito l’idolatria dell’individualismo, del proprio io, del salvare sé stessi, delle ideologie totalitarie, pagane. L’8 agosto sono stato a Lucca per ricordare gli ottant’anni dell’uccisione di 28 sacerdoti e monaci per mano dei nazifascisti: colpiti in mezzo al popolo e per il popolo…

Così i martiri missionari per popoli lontani, che non conoscevano. Sono davvero semi di vita, testimonianza di speranza nel futuro. Mostrano che la Chiesa è comunità, famiglia di Dio, per cui vivere e dare la vita. Queste sono le vere radici delle nostre Chiese e ci indicano un atteggiamento forte, generoso, mite, per affrontare con fiducia le avversità.

Nella prolusione non è mancato un riferimento all’imminente viaggio papale in Lussemburgo ed in Belgio; “I viaggi del Papa ci spingono a mantenere uno sguardo ecclesiale anche al di là dei confini nazionali. In questi giorni si è parlato d’innovazione e d’investimenti per una economia europea moderna e sostenibile, con riferimenti anche al lavoro e alla demografia, lasciando intravvedere un nuovo ‘piano Marshall’, più ambizioso di quello del secondo Dopoguerra, rappresentando l’UE come destinata altrimenti a una lenta agonia. Nel frattempo, si sono definiti squadra e programma della nuova Commissione europea che, fra l’altro, prevede alcune nuove deleghe alla difesa, al Mediterraneo e alla questione abitativa. L’auspicio è che l’Europa resti fedele alla sua vocazione al dialogo e alla pace”.

E’ stato un invito a dare vita alla ‘Camaldoli per l’Europa: “Mentre si affrontano i problemi contingenti, mi piacerebbe che si aprisse una discussione più ampia: una ‘Camaldoli per l’Europa’ per parlare di democrazia ed Europa. Potrebbe essere anche l’occasione per riflettere sul contributo che oggi può provenire dai cattolici in primis, come anche dai cristiani di tutte le Confessioni, dai credenti delle diverse Comunità religiose oggi presenti in Europa, dagli umanisti che hanno a cuore la cultura del nostro Continente, per uno sviluppo di una coscienza comune, che allarghi i confini dei cuori e delle menti e non ceda al nichilismo della persona, con tutte le conseguenze che questo comporta, e a sovranismi egoistici. Un’Europa nel segno della ‘Fratelli tutti’, coesa e solidale al suo interno e aperta al mondo”.

Ecco una particolare attenzione all’emergenza educativa: “Come Chiesa ci sentiamo pienamente coinvolti e non smetteremo di mantenere alta l’attenzione, perché sono in gioco le persone, la loro realizzazione, la possibilità di vivere l’esistenza in pienezza… Sono necessari luoghi, fisici e non virtuali, in cui tornare a fare esperienza di gratuità e libertà personale e comunitaria. Penso, in modo particolare, al prezioso servizio degli Oratori, del dopo-scuola e di tante altre attività formative, che conservano intatta la loro attualità e chiedono un rilancio di progettualità e creatività”.

E’ stato un invito alle Istituzioni per un lavoro comunitario: “Dobbiamo lavorare, tutti insieme, per sradicare i semi dell’individualismo che soffoca la dimensione umana e disconosce la presenza degli altri. Non ci sono ricette facili, né risposte preconfezionate a buon mercato, ma non per questo dobbiamo cedere al pessimismo o al disfattismo che paralizza ogni tentativo di azione. L’orizzonte è quello della speranza, che non è un palliativo, una pacca sulle spalle, ma è consapevolezza che Dio illumina il cammino da compiere, perché Egli ama di amore eterno ed è sempre presente nella storia di ogni vivente. Non è ingenuità, è concretezza”.

Ed uno sguardo educativo è anche quello che guarda i poveri: “Nei percorsi educativi delle nostre comunità ed istituzioni il tratto distintivo deve essere la familiarità e il servizio ai poveri. Senza fare catechesi a nessuno, sono loro infatti a introdurre alle profondità della fede e dell’incontro con Gesù. Le nostre opere, iniziative, istituzioni, le nostre imprese in favore degli emarginati sono importanti. Ma tutte dovrebbero verificarsi nel confronto evangelico con la realtà del povero, dando valore al contatto personale con la sua persona. I poveri sono i fratelli più piccoli di Gesù, ma anche i nostri fratelli, i fratelli dei cristiani, segno eloquente della presenza del Signore”.

Alluvione in Romagna e Marche: vicinanza dalla Chiesa

A distanza di 16 mesi la Romagna e le Marche sono state ancora sommerse dalle acque, che hanno distrutto ciò che si stava ricostruendo, ma anche dalle polemiche politiche, che purtroppo hanno distrutto il morale dei cittadine, nonostante che molti argini hanno retto; allo stesso tempo il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, ha espresso “vicinanza e solidarietà alle tantissime persone sfollate a causa dell’alluvione e delle esondazioni in Emilia Romagna e nelle Marche”, invitando le comunità parrocchiali a farsi prossime e a pregare per quanti stanno vivendo questa nuova sofferenza:

“Speranza non è sinonimo di ingenuità, ma è quella forza che aiuta a guardare con fiducia al domani, anche quando tutto sembra, ancora una volta, perduto. Di fronte a questo dramma che torna ad abbattersi sul territorio dell’Emilia Romagna e delle Marche, siamo chiamati, come Abramo, a restare saldi nella speranza contro ogni speranza”.

Nel ringraziare le Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco, Protezione Civile e volontari, che si stanno adoperando nei soccorsi alla popolazione, il presidente della Cei ha rinnovato l’appello alle Istituzioni, affinché si mettano in atto tutte le misure necessarie per andare incontro alle esigenze delle famiglie e delle comunità locali, oltre che per evitare che catastrofi del genere si ripetano con tale frequenza: “Ancora una volta vediamo la fragilità del nostro territorio. Prevenzione e messa in sicurezza della Casa comune non possono restare lettera morta, ma sono azioni necessarie e doverose”.

Filippo Monari, direttore della Caritas di Forlì-Bertinoro e delegato regionale per l’Emilia Romagna, raggiunto telefonicamente dall’Agenzia Sir, ha affermato che sono stati attivati numeri telefonici per l’emergenza: “Abbiamo attivato dei numeri d’emergenza per qualsiasi necessità . Contestualmente stiamo contattando gli alluvionati del 2023 per verificare la loro condizione”.

Solidarietà alle popolazioni colpite dall’alluvione è giunta dalla Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli attraverso la presidente nazionale, Paola Da Ros, ed il responsabile nazionale del settore ‘Solidarietà e Gemellaggi nel Mondo’:

“Ancora una volta, la natura si abbatte con forza su una regione già provata, lasciando dietro di sé danni, sofferenza e un senso di smarrimento. In quella drammatica occasione del 2023, la Società di San Vincenzo De Paoli intervenne attraverso il Settore Solidarietà e Gemellaggi nel Mondo, fornendo un supporto concreto alle famiglie seguite dalle Conferenze vincenziane dei Consigli Centrali di Cesena, Forlì e Imola-Lugo”.

Ed ha assicurato la vicinanza alla popolazione: “Le famiglie che vivono in condizioni di disagio, già messe a dura prova quotidianamente, in momenti come questi si trovano a essere vittime due volte: alla precarietà della loro condizione si aggiungono i danni e le difficoltà causati da eventi naturali così violenti. Davanti a queste calamità, come davanti ai problemi della vita, non possiamo restare indifferenti, ecco perché Volontarie, Volontari, Consorelle e Confratelli della Società di San Vincenzo De Paoli sono sempre presenti al fianco dei più vulnerabili. Fedeli al nostro motto: ‘serviens in spe’, ci adoperiamo e ci adopereremo sempre per portare una luce di speranza ovunque ci sarà un bisogno”.

Anche le Acli hanno espresso solidarietà alle comunità colpite dalle gravi alluvioni che hanno interessato l’Emilia Romagna e le Marche, attraverso le parole del presidente Emiliano Manfredonia: “Di fronte a questi eventi sempre più frequenti, le Acli fanno appello al Governo e a tutte le istituzioni locali e nazionali affinché si intervenga con urgenza nelle opere di prevenzione e messa in sicurezza del territorio.  I danni provocati dai cambiamenti climatici stanno diventando una realtà quotidiana in molte delle nostre regioni e non ci si può più limitare a gestire l’emergenza.

E’ necessario investire in una strategia a lungo termine per affrontare il dissesto idrogeologico e proteggere le persone e le infrastrutture dalle conseguenze sempre più evidenti del climate change. Le Acli si impegnano a collaborare con le istituzioni e le comunità locali per contribuire al supporto delle popolazioni colpite e ribadiscono la necessità di una politica ambientale che metta al centro la prevenzione e la sicurezza del territorio nazionale”.

(Foto:  Acli)

All’udienza generale papa Francesco racconta il viaggio apostolico

Al termine dell’Udienza generale odierna papa Francesco ha rivolto molti appelli ed ha pregato per le vittime delle alluvioni in Europa: “In questi giorni si sono abbattute sull’Europa Centro-Orientale forti piogge torrenziali provocando vittime, dispersi e ingenti danni. In particolare Austria, Romania, Repubblica Ceca e Polonia devono far fronte ai tragici disagi provocati dalle inondazioni. Assicuro a tutti la mia vicinanza, pregando specialmente per quanti hanno perso la vita e per i loro familiari. Ringrazio e incoraggio le comunità cattoliche locali e gli altri organismi di volontariato per gli aiuti e il soccorso che stanno portando”.

Ed ha ricordato che sabato 21 settembre è la giornata mondiale dei malati di Alzheimer: “Sabato prossimo, 21 settembre, si celebra la Giornata Mondiale dell’Alzheimer. Preghiamo affinché la scienza medica possa offrire presto prospettive di cura per questa malattia e perché si attivino sempre più opportuni interventi a sostegno dei malati e delle loro famiglie. Infine ha ricordato di pregare per i popoli in guerra:

“E poi, cari fratelli e sorelle, preghiamo per la pace: non dimentichiamo che la guerra è una sconfitta. Non dimentichiamo la Palestina, Israele, non dimentichiamo la martoriata Ucraina, il Myanmar e tanti posti dove ci sono guerre, guerre brutte. Che il Signore dia a tutti un cuore che cerca la pace per sconfiggere la guerra che sempre è una sconfitta”.

Nell’udienza generale ha ripercorso il viaggio apostolico in Asia: “Oggi parlerò del viaggio apostolico che ho compiuto in Asia e Oceania. Si chiama viaggio apostolico perché non è un viaggio di turismo, è un viaggio per portare la Parola del Signore, per far conoscere il Signore, anche per conoscere l’anima dei popoli. E questo è molto bello”.

Ed ha ricordato il viaggio apostolico di papa san Paolo VI: “E’ stato Paolo VI, nel 1970, il primo papa a volare incontro al sole nascente, visitando a lungo Filippine e Australia ma sostando anche in diversi Paesi asiatici e nelle Isole Samoa. E quello è stato un viaggio memorabile. Perché il primo a uscire dal Vaticano è stato san Giovanni XXIII che è andato in treno ad Assisi; poi san Paolo VI ha fatto questo: un viaggio memorabile!

Anche in questo ho cercato di seguire il suo esempio, ma, con addosso qualche anno più di lui, mi sono limitato a quattro Paesi: Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor Orientale e Singapore. Ringrazio il Signore, che mi ha concesso di fare da vecchio Papa quello che avrei voluto fare da giovane gesuita, perché io volevo andare in missione lì!”

Questa narrazione ha dato spunto ad una riflessione sulla Chiesa: “Ma in realtà, la Chiesa è molto più grande, molto più grande di Roma e dell’Europa, molto più grande, e (mi permetto di dire) molto più viva, in quei Paesi. L’ho sperimentato in maniera emozionante incontrando quelle Comunità, ascoltando le testimonianze di preti, suore, laici, specialmente catechisti (i catechisti sono coloro che portano avanti l’evangelizzazione). Chiese che non fanno proselitismo, ma che crescono per ‘attrazione’, come diceva saggiamente Benedetto XVI”.

Quindi Chiesa di minoranza: “In Indonesia, i cristiani sono circa il 10%, e i cattolici il 3%, una minoranza. Ma quella che ho incontrato è una Chiesa vivace, dinamica, capace di vivere e trasmettere il Vangelo in quel Paese che ha una cultura molto nobile, portata ad armonizzare le diversità, e nello stesso tempo conta la più numerosa presenza di musulmani al mondo. In quel contesto, ho avuto conferma di come la compassione sia la strada su cui i cristiani possono e devono camminare per testimoniare Cristo Salvatore e nello stesso tempo incontrare le grandi tradizioni religiose e culturali. Riguardo alla compassione, non dimentichiamo le tre caratteristiche del Signore: vicinanza, misericordia e compassione. Dio è vicino, Dio è misericordioso e Dio è compassionevole. Se un cristiano non ha compassione, non serve a niente”.

E’ questa la Chiesa missionaria: “La bellezza di una Chiesa missionaria, in uscita, l’ho ritrovata in Papua Nuova Guinea, arcipelago proteso verso l’immensità dell’Oceano Pacifico. Là i diversi gruppi etnici parlano più di ottocento lingue: un ambiente ideale per lo Spirito Santo, che ama far risuonare il messaggio dell’Amore nella sin-fonia dei linguaggi. Non è uniformità, quello che fa lo Spirito Santo, è sinfonia, è armonia, Lui è il ‘patrono’, è il capo dell’armonia. Là, in modo particolare, i protagonisti sono stati e sono tuttora i missionari e i catechisti”.

Da una Chiesa missionaria può nascere un connubio tra fede e cultura, come aveva chiesto san Giovanni Paolo II nel suo viaggio: “La fede va inculturata e le culture vanno evangelizzate. Fede e cultura. Ma soprattutto io sono stato colpito dalla bellezza di quel popolo: un popolo provato ma gioioso, un popolo saggio nella sofferenza. Un popolo che non solo genera tanti bambini (c’era un mare di bambini, tanti!), ma insegna loro a sorridere. Non dimenticherò mai il sorriso dei bambini di quella patria, di quella regione. Sorridono sempre i bambini lì, e ce ne sono tanti”.

Ed infine Singapore: “Un Paese molto diverso dagli altri tre: una città-Stato, modernissima, polo economico e finanziario dell’Asia e non solo. Lì i cristiani sono una minoranza, ma formano comunque una Chiesa viva, impegnata a generare armonia e fraternità tra le diverse etnie, culture e religioni. Anche nella ricca Singapore ci sono i “piccoli”, che seguono il Vangelo e diventano sale e luce, testimoni di una speranza più grande di quella che possono garantire i guadagni economici”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: la fortezza aiuta a sconfiggere le paure

“E il mio pensiero va alla martoriata Ucraina e alla Palestina e Israele. Che il Signore ci dia la pace! La guerra è dappertutto, non dimentichiamo il Myanmar, ma chiediamo al Signore la pace e non dimentichiamo questi nostri fratelli e sorelle che soffrono tanto in questi posti di guerra. Preghiamo insieme e sempre per la pace”.

Al termine dell’udienza generale odierna papa Francesco ha chiesto di pregare per la pace, che è assente in molti Paesi, rivolgendo una preghiera particolare al Myanmar ed alla popolazione del Kazakhistan, sommersa da alluvioni:

“Desidero inoltre trasmettere al popolo del Kazakistan la mia vicinanza spirituale in questo momento, in cui una massiccia alluvione ha colpito molte regioni del Paese e ha causato l’evacuazione di migliaia di persone dalle loro case. Invito tutti a pregare per tutti coloro che stanno subendo gli effetti di questo disastro naturale. Anche nei momenti di difficoltà, ricordiamo la gioia di Cristo risorto e invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre”.

Invece continuando il ciclo di catechesi su ‘I vizi e le virtù’, nell’udienza generale il papa ha incentrato la riflessione sulla terza virtù cardinale, che è la ‘fortezza’, partendo dalla definizione del Catechismo della Chiesa cattolica al n^ 1808:

“Partiamo dalla descrizione che ne dà il Catechismo della Chiesa Cattolica: ‘La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni’. Così dice il Catechismo della Chiesa Cattolica sulla virtù della fortezza”.

Perciò la fortezza è una virtù ‘combattiva’: “Ecco, dunque, la più ‘combattiva’ delle virtù. Se la prima delle virtù cardinali, vale a dire la prudenza, era soprattutto associata alla ragione dell’uomo; e mentre la giustizia trovava la sua dimora nella volontà; questa terza virtù, la fortezza, è spesso legata dagli autori scolastici a ciò che gli antichi chiamavano ‘appetito irascibile’. Il pensiero antico non ha immaginato un uomo senza passioni: sarebbe un sasso. E non è detto che le passioni siano necessariamente il residuo di un peccato, però esse vanno educate, vanno indirizzate, vanno purificate con l’acqua del Battesimo, o meglio con il fuoco dello Spirito Santo”.

Quindi ha ribadito che il cristiano deve avere passioni: “Un cristiano senza coraggio, che non piega al bene la propria forza, che non dà fastidio a nessuno, è un cristiano inutile. Pensiamo a questo! Gesù non è un Dio diafano e asettico, che non conosce le emozioni umane. Al contrario. Davanti alla morte dell’amico Lazzaro scoppia in pianto; e in certe sue espressioni traspare il suo animo appassionato, come quando dice: ‘Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!’; e davanti al commercio nel tempio ha reagito con forza. Gesù aveva passione”.

La fortezza ha due movimenti, ad intra ed ad extra; quello verso il noi permette di combattere i propri egoismi: “Il primo è rivolto dentro noi stessi. Ci sono nemici interni che dobbiamo sconfiggere, che vanno sotto il nome di ansia, di angoscia, di paura, di colpa: tutte forze che si agitano nel nostro intimo e che in qualche situazione ci paralizzano. Quanti lottatori soccombono prima ancora di iniziare la sfida! Perché non si rendono conto di questi nemici interni.

La fortezza è una vittoria anzitutto contro noi stessi. La maggior parte delle paure che nascono in noi sono irrealistiche, e non si avverano per nulla. Meglio allora invocare lo Spirito Santo e affrontare tutto con paziente fortezza: un problema alla volta, come siamo capaci, ma non da soli! Il Signore è con noi, se confidiamo in Lui e cerchiamo sinceramente il bene. Allora in ogni situazione possiamo contare sulla Provvidenza di Dio che ci fa da scudo e corazza”.

Mentre il movimento rivolto all’esterno consente di affrontare ogni situazione: “Oltre alle prove interne, ci sono nemici esterni, che sono le prove della vita, le persecuzioni, le difficoltà che non ci aspettavamo e che ci sorprendono. Infatti, noi possiamo tentare di prevedere quello che ci capiterà, ma in larga parte la realtà è fatta di avvenimenti imponderabili, e in questo mare qualche volta la nostra barca viene sballottata dalle onde. La fortezza allora ci fa essere marinai resistenti, che non si spaventano e non si scoraggiano”.

Quindi questa virtù è fondamentale per affrontare il mondo: “Qualcuno finge che esso non esista, che tutto vada bene, che la volontà umana non sia talvolta cieca, che nella storia non si dibattano forze oscure portatrici di morte. Ma basta sfogliare un libro di storia, o purtroppo anche i giornali, per scoprire le nefandezze di cui siamo un po’ vittime e un po’ protagonisti: guerre, violenze, schiavitù, oppressione dei poveri, ferite mai sanate che ancora sanguinano. La virtù della fortezza ci fa reagire e gridare un ‘no’ secco a tutto questo”.

Concludendo la catechesi il papa ha richiamato l’esempio del profeta, che è una persona ‘scomoda’ per la mondanità: “Nel nostro confortevole Occidente, che ha un po’ annacquato tutto, che ha trasformato il cammino di perfezione in un semplice sviluppo organico, che non ha bisogno di lotte perché tutto gli appare uguale, avvertiamo talvolta una sana nostalgia dei profeti.

Ma sono molto rare le persone scomode e visionarie. C’è bisogno di qualcuno che ci scalzi dal posto soffice in cui ci siamo adagiati e ci faccia ripetere in maniera risoluta il nostro ‘no’ al male e a tutto ciò che conduce all’indifferenza. ‘No’ al male e ‘no’ all’indifferenza; ‘sì’ al cammino, al cammino che ci fa progredire, e per questo bisogna lottare”.

(Foto: Santa Sede)

Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli ed Acli: vicinanza alle popolazioni del Marocco e della Libia

Il Marocco è stato devastato nella notte di venerdì  8 settembre scorso da una forte scossa di terremoto (magnitudo 6.8 della scala Richter). Colpita in particolare la regione di Marrakech. Caritas Rabat si è attivata con la sua Equipe, sta contattando le parrocchie colpite e si sta organizzando per l’assistenza alle persone sfollate. E papa Francesco ha pregato per la popolazione del Marocco a conclusione dell’Angelus di domenica 10 settembre:

Mons. Anselmi e Vasco Rossi: i giovani hanno bisogno di vita

Ai primi di giugno Vasco Rossi a Rimini ha iniziato il tour con un concerto dedicato agli alluvionati della regione Emilia-Romagna, a cui il vescovo di Rimini, mons. Niccolò Anselmi, gli aveva scritto una lettera con un benvenuto, ricordando le sue origini genovesi:

Card. Zuppi: la Chiesa sulla strada della Pentecoste

Dopo l’incontro di apertura con papa Francesco oggi il presidente della Cei, card. Matteo Maria Zuppi, ha aperto la seconda giornata della 77.ma assemblea generale della Cei in corso nell’aula nuova del Sinodo in Vaticano, con un pensiero alla Romagna alluvionata e alla necessità della pace, con un ringraziamento al papa:

Papa Francesco: in Emilia Romagna disastro impressionante

Papa Francesco ha espresso vicinanza per l’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna con un telegramma inviato al presidente della CEI, card. Matteo Maria Zuppi, assicurando la sua preghiera per le vittime a causa di tale disastro impressionante, che finora ha causato 9 morti e circa 20.000 persone sfollate e ringraziando quanti si stanno adoperando per i soccorsi:

In Italia 9 comuni su 10 sono a rischio di frane ed alluvioni

In Italia oltre 9 comuni su 10 in Italia (il 93,9% del totale) hanno parte del territorio in aree a rischio idrogeologico per frane ed alluvioni anche per effetto del cambiamento climatico in atto con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, il rapido passaggio dal sole al maltempo e precipitazioni brevi ed intense: è quanto ha affermato la Coldiretti in occasione della Giornata mondiale del suolo nel denunciare gli effetti del micidiale mix dei cambiamenti climatici e della sottrazione di terra fertile capace di assorbire l’acqua:

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