I partecipanti all’incontro della Comunità di Sant’Egidio ricevuti dal Papa

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Lunedì 30 settembre intensa giornata di lavoro per i partecipanti all’incontro internazionale di Roma, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, sul tema: ‘Il coraggio della Speranza’, che sono stati ricevuti da papa Francesco, ricordando il cammino tracciato dal beato papa Giovanni Paolo II:

“Voi avete continuato tale cammino e ne avete accresciuto lo slancio, coinvolgendo nel dialogo significative personalità di tutte le religioni ed esponenti laici e umanisti. Proprio in questi mesi, sentiamo che il mondo ha bisogno dello ‘spirito’ che ha animato quello storico incontro. Perché? Perché ha tanto bisogno di pace. No! Non possiamo mai rassegnarci di fronte al dolore di interi popoli, ostaggio della guerra, della miseria, dello sfruttamento.

Non possiamo assistere indifferenti e impotenti al dramma di bambini, famiglie, anziani, colpiti dalla violenza. Non possiamo lasciare che il terrorismo imprigioni il cuore di pochi violenti per seminare dolore e morte a tanti. In modo speciale diciamo con forza, tutti, continuamente, che non può esservi alcuna giustificazione religiosa alla violenza. Non può esservi alcuna giustificazione religiosa alla violenza, in qualsiasi modo essa si manifesti”. Ed ha invitato i partecipanti a proseguire nella strada del dialogo:

“Come leader religiosi siamo chiamati ad essere veri ‘dialoganti’, ad agire nella costruzione della pace non come intermediari, ma come autentici mediatori. Gli intermediari cercano di fare sconti a tutte le parti, al fine di ottenere un guadagno per sé. Il mediatore, invece, è colui che non trattiene nulla per sé, ma si spende generosamente, fino a consumarsi, sapendo che l’unico guadagno è quello della pace. Ciascuno di noi è chiamato ad essere un artigiano della pace, unendo e non dividendo, estinguendo l’odio e non conservandolo, aprendo le vie del dialogo e non innalzando nuovi muri!

Dialogare, incontrarci per instaurare nel mondo la cultura del dialogo, la cultura dell’incontro. Questo coraggio di pace doni il coraggio della speranza al mondo, a tutti quelli che soffrono per la guerra, ai giovani che guardano preoccupati il loro futuro”. Poi i delegati si sono divisi nei panel di discussione. La scrittrice Susanna Tamaro ha sottolineato la sua paura per questo mondo:

“Nel nostro mondo contemporaneo non è contemplato alcuno spazio per la fragilità, per la malattia, mentre la morte viene ridotta a un’igienica necessità. Se l’uomo è un oggetto, senza legami con il mistero ed escluso da qualsiasi giudizio, viene naturale pensare che se si desidera un figlio e non si riesce ad averlo, lo si appalti a un utero in affitto. Si può fare e lo si fa. E’ un nostro diritto. Del diritto della povera donna che, per fame, porta in grembo un figlio non suo e del bimbo che nascerà, programmaticamente privato della genealogia, una delle realtà fondanti dell’essere umano, non ci si preoccupa. In fondo la donna riceve i soldi che la aiutano a sconfiggere la miseria e quel bambino è stato molto desiderato avrà una vita felice.

Che cos’è davvero la vita?.. I tempi che stiamo vivendo sono tempi apocalittici, cioè di svelamento. La musica del Paese dei Balocchi comincia ad incepparsi, alcuni già si accorgono delle grigie orecchie pelose che stanno spuntando sulle loro teste. Siamo alla soglia, siamo al limite, sull’orlo di un cambiamento antropologico difficile da arrestare. Riparlare del cuore, rimetterlo al centro della nostra vita credo sia l’unico modo di opporsi al degrado dell’umano. L’unico gesto eversivo possibile in questi tempi. perché in fondo ad ogni essere alberga la nostalgia di una condizione diversa”.

Per superare questa crisi occorre affidarsi alla preghiera, come ha ribadito il vescovo luterano Ole Christian Maelen Kvarme: “In tempi di crisi la gente si volge a Dio, grida a Dio. In Europa oggi è stato detto che la nostra crisi è di un genere più profondo, che abbiamo dimenticato Dio e siamo senza fede, speranza e futuro. Siamo diventati immuni e abbiamo smesso di ascoltarlo e di permettergli di forgiare le nostre vite e di aprirci a ciò che ci circonda e al Suo futuro, anche sulla strada della croce?

Siamo diventati immuni alla sofferenza e alla povertà dei nostri vicini, non solo nelle immediate vicinanze, ma anche nel nostro villaggio globale?… La preghiera con i poveri e i sofferenti implica sempre che apriamo loro i nostri cuori, le nostre menti e le nostre mani. E’ in questo incontro ricco di preghiera con Dio che la speranza nasce di nuovo, convertendoci a nuovi modi di vivere e di agire”.

Quindi la preghiera e la vita si intrecciano ed imboccano una strada unica in papa Francesco ed il prof. Marco Gallo, docente all’Università Cattolica di Buenos Aires, ha ricordato il documento di Aparecida, in cui il card. Bergoglio affermava che Dio vive nella città: “Possiamo affermare che Papa Bergoglio esalta la cultura del meticciato ed incoraggia la cultura del convivere tra diversi. E’ in questo contesto che possiamo inserire il suo lavoro pastorale a favore del dialogo interreligioso nella sua diocesi di Buenos Aires.

In 15 anni di governo pastorale il vescovo Bergoglio ha costruito numerosi rapporti ecumenici ed interreligiosi significativi, improntati sull’amicizia personale e tenendo presente la realtà storica di una città cosmopolita come Buenos Aires.La memoria per le festività ebraiche ed islamiche erano sempre nell’agenda del cardinale, comunità che il vescovo ha sempre tenuto a visitare in varie occasioni. Questa cultura dell’incontro che oggi papa Francesco ripropone è stata da lui vissuta in questi anni di cura pastorale a Buenos Aires.

L’amore preferenziale per i poveri l’ha sempre testimoniato con gesti e parole, come l’accompagnamento alla città nei momenti di dolore (penso all’incendio della discoteca di Cromañon, dove perirono quasi 200 giovani o il recente incidente ferroviario alla stazione di Once del 2012) che lo ha visto profeta inascoltato, come quando tuonò contro ‘la città che non sa piangere su se stessa’, contro la città corrotta che uccide i suoi figli nel commercio di schiavi, nella prostituzione e nello sfruttamento del lavoro minorile e femminile.

Il suo amore privilegiato per i bambini e per gli anziani era sempre testimoniato dal riunirli tutti gli anni in grandi liturgie popolari e denunciando all’opinione pubblica come fossero ‘gli scarti, le scorie della società’. Oggi Papa Francesco, come pontefice della speranza, della misericordia e della tenerezza, ci indica una strada sicura, quella dell’umiltà e della simpatia umana, perché nessun uomo e nessuna donna si sentano orfani ed abbiano la coscienza chiara di un futuro destino comune, camminando con il coraggio della speranza”.

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