Dal diario degli Alleati dell’Eucaristia e del Vangelo della Liguria. Sacrilegio

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.11.2023 – Veronica Cireneo] – Avendo reso pubblica la mia email per le comunicazioni importanti dei miei fratelli di fede, mi trovo a ricevere intime confidenze spirituali, a volte dolenti come questa dalla Liguria, che merita di essere conosciuta. Leggete.

«Cara Veronica,
ti scrivo per raccontarti ciò che è capitato oggi al momento della Comunione nella mia parrocchia, dove mi reco solo occasionalmente.
Da tempo non la frequento più a causa dello spiccato stile modernista impresso al rito nuovo della Santa Messa, dall’attuale parroco. Per il momento non desidero fornire troppi dettagli. Potremo parlarne eventualmente in seguito, ma la “regola” imposta dal parroco è la seguente: al momento della distribuzione dell’Eucaristia, due frati scendono dall’altare nella navata centrale e comunicano i fedeli, disposti su due file, essenzialmente sulle mani. Chi, come me, richiede di comunicarsi sulla lingua deve porsi in fondo alla fila. Cosa che, per evitare polemiche, regolarmente eseguo.
Oggi, un fedele, due posti davanti a me, riceve l’Ostia sulle mani. La prende con la destra, ma non la mette in bocca e se ne va. Lo seguo con lo sguardo. Si allontana con la Particola in mano e si avvia verso la navata di sinistra in direzione di una panca dove sta, seduta, una signora.
Al mio turno abbandono la scena visiva. Ricevo l’Ostia in bocca e di nuovo mi volto per verificare il seguito della scena, quando vedo che l’uomo dà la Particola alla donna, che si comunica.
Prima di tornare al mio posto, mi rivolgo al frate (che nel frattempo era rimasto solo, essendo io l’ultimo della fila, in attesa di eventuali altri fedeli) sussurrandogli quel che avevo visto. Ho letto nei suoi occhi un lampo di… non so dire se stupore, paura, imbarazzo, ma non ha detto una parola e non si è mosso, se non per ritornare all’altare come se niente avesse visto o sentito.
Dimmi Veronica: non si è consumato un grave e doppio sacrilegio? Rabbrividisco. Ecco dove siamo arrivati! E non è tutto e non è ancora la fine.
Negli anni in cui svolgevo il ruolo del Ministro Straordinario, a cui ho spontaneamente rinunciato quando ho preso consapevolezza che l’Ostia la può toccare solo chi La consacra, quindi il sacerdote, sono stato testimone di numerose Particole cadute a terra.
Una volta ho anche inseguito per mezza chiesa una donna che se ne andava tenendo la Particola in mano, finché raggiunta, l’ho costretta a mettersi l’Ostia in bocca. Non si sa altrimenti dove sarebbe finita.
In quegli anni ho capito, che tutto l’orrore è possibile intorno all’Ostia Immacolata, soprattutto quella volta che vidi un’altra donna afferrare l’Ostia con le mani e portarla al suo cane che attendeva accucciato in fondo alla chiesa.
Ma come fanno i sacerdoti e i parroci a procedere sulla via dell’innovazione, foriera di sacrilegi sempre più enormi e abominevoli?
ttendo tuoi commenti, Veronica.
anta notte. P.».

Rispondo:
Amico, mio! Quali commenti? Sarebbero tutti semplicemente superflui. Miserere! Venga il Tuo Regno, Signore! Grazie e benedizioni a te.

Veronica Cireneo

Account Telegram degli Alleati dell’Eucaristia e del Vangelo [QUI]

Foto di copertina: Il cammino processionale per ricevere la Santa Eucaristia.
Il sacerdote mostra ai fedeli i segni sacramentali del pane e del vino con la beatitudine del libro dell’Apocalisse («Beati gli invitati…» Ap 19,9) e con le parole del Battista («Ecco l’agnello di Dio…» Gv 1,29). Il popolo risponde con le parole del centurione di Cafarnao («O Signore, non sono degno…» Mt 8,8). Davanti al mistero eucaristico la Chiesa non usa parole sue, ma ripete in chiave eucaristica alcune grandi parole della Scrittura.
A questo punto, mentre il sacerdote comunica ai santi doni, coloro che hanno deciso di accostarsi alla comunione lasciano il loro posto e si mettono in fila per incamminarsi verso l’altare o verso il luogo dove riceveranno la comunione: «Il rito prevede che il fedele non riceva l’eucaristia al posto in cui si trova, ma egli è chiamato a lasciare il suo posto e camminare verso l’altare» (Boselli). Questo gesto, funzionale per raggiungere in modo ordinato il luogo della distribuzione eucaristica, racchiude in sé anche una pluralità di significati spirituali che meritano di essere portati alla luce.
Il camminare verso, che attiva le nostre facoltà esteriori e interiori, dà modo di riscoprire che l’Eucaristia è «il pane per l’uomo in cammino…, il viatico, il pane per il viaggio, come la manna per il popolo di Israele, come il pane per il profeta Elia» (Boselli).
Il viaggio coincide con l’intera esistenza umana, con i suoi slanci e le sue stanchezze, con le sue grandezze e le sue miserie, con i suoi successi e le sue sconfitte, è sempre proteso a una meta: il regno di Dio e la sua giustizia, la stabile incorporazione a Cristo nel vincolo della carità fraterna, la felicità senza fine nella comunione trinitaria.
Il camminare insieme mette poi in evidenza che «questo cammino il credente non lo compie da solo ma con i fratelli e le sorelle nella fede… Tutti vanno insieme verso l’altare, ognuno per quello che è… mossi tutti dalla stessa fame» (Boselli).
La processione di Comunione è dunque l’immagine di un popolo che, rispondendo all’invito di Gesù, si mette in cammino per incontrarlo e, nella comunione con lui, ritrova le ragioni dell’amore che vince ogni divisione. Questa sottolineatura è molto importante perché ci permette di superare una visione troppo individualistica della Comunione, aprendoci al suo primario valore ecclesiale: l’Eucaristia ci fa uno in Cristo, rinsaldando fra noi i vincoli della carità e della comunione fraterna.
Per esprimere al meglio la forza di questo cammino processionale verso la sorgente della vita e della carità che è l’Eucaristia, è importante ricordare che chi si avvia a ricevere il corpo di Cristo deve fare in modo di evitare ogni distrazione di sé e degli altri, concentrando la propria attenzione su ciò che sta per compiere. Questo significa mantenere lungo il percorso un clima raccolto, sia con la partecipazione al canto dell’assemblea, sia pregando nel proprio cuore (da C. Magnoli, Parole gesti silenzi della Messa- Brevi catechesi liturgiche).

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