Verrà un giorno…

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 06.11.2023 – Renato Farina] – Onore al popolo fuggito con le ossa dei propri morti. Gli Armeni dell’Artsakh. Loro hanno perso tutto, tranne la fede.

L’Apocalisse è già stata scritta da Giovanni, il vegliardo di Patmos, e non è consentito addolcirne le visioni, convincendo i suoi draghi cornuti ad andarsene via in fretta dal Caucaso. Ma perché le pagine non scorrono mai verso il compimento felice e sembrano sempre lì, ferme e ghignanti, a eternare il dominio del maligno? Eppure…

Eppure l’eretico Molokano vede un bagliore. Non capisco perché mai tocchi a me questo compito di testimone. Il barbuto e stupido bevitore di latte, miscredente e fustigatore ipocrita di costumi altrui, sognatore disperato di incubi quale sono io, è stato mal scelto, lo so. Mi sento come il clown del circo che nelle storie rabbiniche invano annuncia che l’incendio brucerà il villaggio. Ridono tutti: ma guarda come recita bene, e applaudono. O fischiano, credendo sia una patacca emotiva l’oro che ha tra le mani. Ma che sia oro lo so, lo giuro, l’ho toccato, è bellissimo. Vengo al dunque.

Non posso che mettermi in ginocchio e confessare che in questo resticino, restucolo, rimasuglio di popolo armeno dell’Artsakh, carico di dolore e di fede, messo in fuga dopo dieci mesi di assedio e di fame, c’è il bocciolo incandescente della speranza. Qualcosa di invincibile, come un’ostia divina, che anche se dovesse essere seppellita, o peggio polverizzata e dispersa nell’aria o nel mare, però non sarebbe meno vera e meno vincente. Ehi, non sono un mistico, non ho trovato il papiro del destino sotto una pietra del monte Ararat. Ma avete provato a guardare in faccia e aver ascoltato qualcuna delle loro donne?

Per cortesia ascoltate quanto raccolto da Leone Grotti per Tempi tra i profughi a Yerevan, in occasione dell’incontro «Ci hanno tradito tutti tranne Dio». La fine dell’Artsakh (la fine?). L’esodo di un popolo [QUI]. Sono un salto nel profondo, un abbraccio al Mistero della storia, che mette fuori gioco la geopolitica da quattro soldi e il diritto internazionale della mutua.

La domanda posta agli esperti è molto pratica, non consente voli pindarici. Da piccolo studioso della materia me l’ero posta anch’io nel mio passeggiare sul bordo del lago di Sevan luccicante di trote argentee.

Torneranno gli Armeni di Arsakh (Nagorno-Karabakh) nella loro terra profumata di 34 o 37 erbe (perdo sempre il conto) e acque montane? In Europa, in America, a Istanbul, a Singapore, dove si analizza cinicamente la storia, si dà per definitiva la svolta geopolitica del Caucaso con la chiusura della partita a favore dei Turco-Azeri; è ritenuta inevitabile la progressiva occupazione prima del sud-est dell’Armenia, quindi la riduzione della Repubblica strizzata da ogni parte, a sacca di alieni impotenti, fantocci del Sultano.

Diranno che Gesù sta nelle pizzette

Interpellati in rifugi provvisori, giunti lì a fucili puntati portandosi dietro le ossa benedette dei morti che risorgeranno, di questi profughi che hanno perso tutto meno Dio, di loro impressiona proprio questo: non pretendono di saper nulla, tranne che Dio non li abbandona mai.

È poco scientifico? Ci sono sociologi della religione che hanno già deliberato che la fede sparirà dal mondo, e di conseguenza i Cattolici new age, hanno ricevuto da qualche postino l’oracolo secondo cui il futuro riserva posti solo per i Cristiani anonimi, così anonimi da vergognarsi di Cristo nella carne, visibile come le croci, uno che perde sangue per strada. Al punto che finirà non useranno più l’acqua per il battesimo e il grano per le ostie, per non passare da retrogradi, diranno che Gesù sta nelle pizzette, street food che non ha bisogno di essere consacrato nelle Messe, per non dividere.

Invece questi qui, scappati, rincorsi, con i figli che svengono per la sete e il freddo e la paura, trattati come reperti archeologici ammuffiti, non sanno nulla, tranne che Dio è il vero padrone del mondo, e regala sempre grazie su grazie. Insieme a spine e persecuzione, porge anche le rose e le dolci albicocche. E come lì nel loro Artsakh altrove non ce n’è, di albicocche e di miele. Per cui ci contano, osano persino dirselo, non è una ossessione temeraria, c’è un magnifico “forse” sui modi scelti da Dio per non abbandonarli.

L’essenziale che non si può togliere

Dio ha lasciato che la cattiveria li scorticasse come fece con il primo apostolo che annunciò loro il Vangelo, Bartolomeo cui tolsero la pelle, ma non l’anima. Dio non ha permesso che questo strano popolo, nonostante tutti nemici che gli si sono accaniti contro e ancora insistono per annientarlo, sparisse.

Lo so che voi Italiani, e tra voi anche i Cattolici scafati e saputelli, siete convinti che la storia rotolerà come la botte di Attilio Regolo in fondo al burrone e vi attrezzate a preparare i materassi per soffrire di meno grazie a opportuni compromessi. Loro che hanno perso tutto, hanno però mantenuto un bene che noi abbiamo regalato al diavolo per qualche puzzolente metro cubo di gas, e si chiama fede, conoscono l’essenziale, non glielo si può togliere. Hanno contro anche il diritto che dovrebbe essere fatto per dare ragione ai deboli dinanzi ai forti. E chi lo maneggia nelle varie Babilonie constata che Stalin avendo assegnato nel 2021 l’Artsakh all’Azerbajgian dovrà averlo per l’eternità.

Apro però una pagina di tal Alessandro Manzoni, e trovo un frate che sta dalla parte dei poveretti e dice al potente: “Verrà un giorno…”.

Il Molokano

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di novembre 2023 dell’edizione cartacea di Tempi.

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