La Chiesa Apostolica Armena ha deciso che la Diocesi di Artsakh continuerà a mantenere il suo status e ad agire

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.11.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi esistono assolutamente le condizioni per firmare un trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian, aprire le strade regionali nel Caucaso meridionale e avviare il processo di demarcazione dei confini tra i due Paesi, ma l’Azerbajgian non lo vuole. Ad essere onesti, l’Armenia ha proposto con il progetto “Crocevie di Pace” condizioni che tengono conto anche degli interessi dell’Azerbajgian e non solo. Baku, tuttavia, non vuole abbandonare la tattica della minaccia e dell’uso della forza con attacchi militari contro il territorio sovrano dell’Armenia. Il comportamento distruttivo di Baku è più indicativo dell’intenzione di Aliyev di andare in guerra che del suo verbale desiderio di pace con Yerevan. Al riguardo riportiamo di seguito l’analisi di Robert Ananyan.

Il Supremo Consiglio Spirituale della Chiesa Apostolica Armena sottolinea la necessità di proteggere i giusti diritti degli Armeni dell’Artsakh sfollati con la forza

Si è svolta dal 31 ottobre al 3 novembre 2023, presso la Santa Sede di Etchmiadzin, sotto la presidenza di Sua Santità Karekin II Nersisyan, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni, si è tenuta la riunione del Supremo Consiglio Spirituale della Chiesa Apostolica Armena (foto di copertina).

Il Supremo Consiglio Spirituale è l’organo consultivo del Catholicos di Tutti gli Armeni, che discute le questioni amministrative, organizzative, culturali, economiche, edilizie e di beneficenza della Chiesa Apostolica Armena, nonché quelle questioni legate alle Chiese autoctone e straniere. I Membri sono eletti dall’Assemblea Ecclesiastica Nazionale, la più antica struttura assembleare e l’organo supremo del potere della Chiesa Apostolica Armena, che comprende tutte le Diocesi, le Delegazioni e le Sedi Gerarchiche della Santa Chiesa Apostolica Armena.

Hanno partecipato all’incontro Supremo Consiglio Spirituale, tra gli altri, l’Arcivescovo Arshak Khachatrian, Cancelliere della Santa Sede di Etchmiadzin; l’Arcivescovo Khajag Barsamian, Legato patriarcale dell’Europa occidentale e Rappresentante della Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede; il Vescovo Vrtanes Abrahamyan, Primate della Chiesa di Artsakh; Gevorg Danielyan, Membro del Consiglio; Artak Beglaryan, ex Ministro di Stato e Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh; il vescovo Gevorg Saroyan, Presidente del Consiglio di Amministrazione del Servizio Sociale della Santa Sede di Etchmiadzin; Padre Garegin Hambardzumyan, Direttore dell’Ufficio per il Patrimonio Spirituale e Culturale dell’Artsakh.

Riferendosi al completo spopolamento dell’Artsakh a seguito delle azioni genocide dell’Azerbajgian, il Supremo Consiglio Spirituale ha sottolineato la necessità vitale di proteggere i giusti diritti degli Armeni dell’Artsakh sfollati con la forza. Di grande importanza sono la continua attuazione di programmi di assistenza spirituale, di sostegno umanitario e psicologico per la popolazione dell’Artsakh, la realizzazione di opere volte a migliorare le condizioni di vita e a garantire l’occupazione.

Con preoccupazione è stata affrontata la politica negativa dell’Azerbajgian nei confronti del patrimonio spirituale e culturale dell’Artsakh. È stato ritenuto necessario che sulle piattaforme internazionali, interecclesiali e interreligiose, così come su tutte le altre possibili piattaforme, le violazioni registrate ai danni di monumenti, santuari e cimiteri armeni siano presentate in modo coerente e che il lavoro sia svolto con lo scopo di preservazione indisturbata del patrimonio armeno.

Durante l’incontro è stato inoltre deciso che la Diocesi di Artsakh continuerà a mantenere il suo status e ad agire secondo i principi canonici della Chiesa nelle condizioni esistenti.

Per quanto riguarda il programma delle scuole domenicali, il Supremo Consiglio Spirituale ha deciso di organizzare un ampio dibattito con i leader diocesani e i professionisti del settore, sottolineando la missione dell’educazione spirituale e dell’educazione delle generazioni.

Durante i quattro giorni di incontro sono state discusse anche altre questioni, tra cui quelle legate all’efficacia della missione della Chiesa.

A Stepanakert, la capitale – occupata e ormai fantasma – della Repubblica di Artsakh, l’Azerbajgian si prepara a celebrare la vittoria dell’autocrazia genocida, della pulizia etnica e della propaganda dell’odio e dell’armenofobia. È così che Ilham Aliyev costruisce la pace con gli Armeni: sfollandoli con la forza e glorificandosi delle sue azioni aggressive e genocide.

Le autorità Azerbajgiane «pacifiche» che esortano gli Armeni dell’Artsakh a tornare per l’«integrazione» in Azerbajgian e la «coesistenza pacifica» con gli Azeri, stanno preparando le loro forze armate per la parata militare, che si svolgerà in piazza del Risorgimento a Stepanakert per il “Giorno della Vittoria” dell’8 novembre. Lo scopo è celebrare i successi militari nella guerra dei 44 giorni dal 27 settembre al 9 novembre 2020 e la completa occupazione del territorio dell’Artsakh con l’aggressione terroristica del 19-20 settembre 2023.

In realtà, la “Parata della Vittoria” a Stepanakert sarà una celebrazione della finalizzazione della pulizia etnica e della vittoria del militarismo genocida dello Stato dell’Azerbajgian sull’autodeterminazione e sui diritti umani del popolo dell’Artsakh. Questa è l’ennesima prova che tutti i discorsi sulla cosiddetta “integrazione” sono solo una cortina di fumo per nascondere le vere intenzioni dell’Azerbajgian.

“Da Khankendi con amore”, scrive un giornalista azerbajgiano su una foto in cui fa il gesto fascista e ultranazionalista dei Lupi Grigi turchi, mentre le forze armate dell’Azerbajgian si preparava per una parata attraverso la città fantasma che hanno ripulito etnicamente dai suoi abitanti Armeni autoctoni. Corre voce che lo stesso Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, sarà presente nella capitale della Repubblica di Artsakh quel giorno.

«I dittatori Aliyev ed Erdoğan elogeranno nuovamente i Pascià Enver e Talat che commisero il genocidio armeno nel 1915 [*]. I genocidi vengono sempre celebrati nelle condizioni di impunità dei responsabili. Aliyev e i suoi criminali un giorno pagheranno un prezzo elevato per questo genocidio» (Artak Beglaryan, ex Ministro di Stato e Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh).

[*] Ismail Enver Pascià, Mehmed Talat Pascià e Ahmed Cemal Pascià furono tre generali, leader dei Giovani Turchi, che formarono il triumvirato militare detto dei Tre Pascià che guidò l’Impero ottomano dal 1913 alla fine della prima guerra mondiale, coprendo rispettivamente il ruolo di Ministro della Guerra, Ministro dell’Interno e Ministro della Marina dell’Impero ottomano. I tre furono i responsabili del genocidio degli Armeni, del genocidio degli Assiri e del genocidio dei Greci del Ponto.

«”Coloro [gli sfollati con la forza dell’Artsakh] che hanno ottenuto lo status di rifugiato con protezione temporanea possono richiedere la cittadinanza armena”, hanno annunciato le autorità armene. Personalmente non ho visto alcun documento sullo “status di rifugiato con protezione temporanea”, né capisco di cosa si tratti. “Le domande presentate dai rifugiati cui è stata concessa la protezione temporanea verranno esaminate nel più breve tempo possibile. Non è obbligatorio presentare il certificato di protezione temporanea al momento della richiesta di cittadinanza”. Di che certificato si parla? Delle voci dicono che il governo armeno stia facendo questo per evitare il sostegno finanziario agli Armeni del Nagorno-Karabakh. Domani gli Armeni dell’Nagorno-Karabakh protesteranno davanti al Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali a Yerevan, chiedendo il pagamento delle loro pensioni» (Marut Vanyan).

«Il filmato documenta un altro atroce atto di aggressione militare commesso dall’esercito azerbajgiano contro l’Armenia e l’Artsakh. Un militare azerbajgiano colpisce con una pala alla testa un militare armeno ferito. (Per considerazioni etiche, il video è stato offuscato). Fonti mediatiche azere hanno verificato il video che riprende un crimine di guerra contro un soldato armeno, precisando che l’incidente non è avvenuto nel 2023 ma nel 2020. È importante ricordare che il noto video mostra un soldato azerbajgiano che colpisce un soldato armeno ferito alla testa» (Ararat Petrosyan, il Redattore Capo di Armenpress).

Questa foto è stata scattata durante l’incontro dei Ministri degli Esteri armeno e tedesco a Yerevan. C’è una mappa sul tavolo e è chiaro che, Ararat Mirzoyan, sta presentando ad Analena Bärbock il progetto “Crocevie per la Pace”. È il progetto del governo armeno per lo sblocco delle comunicazioni regionali nel Caucaso meridionale.

Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha presentato il progetto “Crocevie di Pace” per la prima volta alla conferenza internazionale “Via della seta” a Tbilisi e ne ha spiegato le ragioni e i principi [QUI]: «Ovviamente, la nostra regione, il Caucaso meridionale, ha bisogno di pace. E cos’è la pace? È uno stato di cose in cui i paesi vivono con frontiere aperte, sono collegati da legami economici, politici e culturali attivi, con esperienza accumulata e tradizione di soluzioni tutte le questioni a livello diplomatico e attraverso il dialogo. Ecco cos’è la vera pace; e come vedete, tutto questo, cioè le frontiere aperte, i legami economici, politici e culturali sono impossibili senza strade. (…) Come ho detto, “Crocevie di Pace” è parte integrante dell’agenda di pace. Stiamo attualmente lavorando a un progetto di accordo di pace e di normalizzazione delle relazioni con l’Azerbajgian e spero che questo processo venga completato con successo nei prossimi mesi».

«L’Azerbajgian continua a minacciare l’Armenia con la forza e la guerra. Baku respinge le proposte di Yerevan, che tengono conto anche degli interessi della parte azera. Nel frattempo, l’Azerbajgian non mostra alcuna considerazione per gli interessi dell’Armenia e cerca di vincere i negoziati a tutti i costi.
Ilham Aliyev, nell’incontro con il Ministro degli Esteri tedesco, Analena Bärbock, ha affermato che l’Azerbajgian è favorevole alla firma del trattato di pace con l’Armenia e sostiene la normalizzazione delle relazioni e l’instaurazione della pace nella regione. Ha inoltre sottolineato l’importanza della cooperazione tra i Paesi della regione.
Ma le parole di Aliyev sono sincere? Dal 19 settembre, infatti, l’Azerbajgian ha avanzato rivendicazioni territoriali all’Armenia, chiedendo un corridoio extraterritoriale e “8 villaggi”. Queste richieste sono irragionevoli.
Se davvero l’Azerbajgian non avesse intenzione di lanciare un attacco militare e di occupare gli “8 villaggi sotto occupazione armena” o il “Corridoio di Zangezur”, entro una settimana potrebbe essere firmato un accordo di pace con l’Armenia.
Tuttavia, l’Azerbajgian attualmente rifiuta di riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia e non afferma esplicitamente che il territorio armeno è di 29.800 chilometri quadrati. Ciò suggerisce che l’Azerbajgian intende occupare nuovi territori dell’Armenia.
Sebbene l’Azerbajgian abbia accettato di riconoscere i rispettivi territori nel formato di Brussel attraverso la dichiarazione di Alma-Ata, rifiuta di accettare la mappa del 1975 come base per la demarcazione. Aliyev chiede “8 villaggi” all’Armenia, ma non dice su quale mappa è indicato che questi villaggi appartengono all’Azerbajgian.
L’Azerbajgian sa che non ci sono “8 villaggi azeri” nel territorio dell’Armenia e non può dire su quale mappa avrebbe visto quei villaggi. Ciò dimostra che il discorso sugli “8 villaggi azeri” è falso e non può essere dimostrato in alcun modo.
In altre parole, l’Azerbajgian non rifiuta la conclusione di un accordo, e Aliyev oggi ha parlato di pace, ma non arriva ad un accordo sulle questioni essenziali. Questa è la strategia dell’Azerbajgian per distruggere il processo di negoziazione, per effettuare un nuovo attacco militare.
In altre parole, l’Azerbajgian sta boicottando i formati di Brussel e di Washington, rifiutandosi di raggiungere un accordo con l’Armenia su questioni chiave e guadagnando tempo. Le prossime elezioni per la massima leadership negli USA e nell’Unione Europea offrono una meravigliosa opportunità per l’Azerbajgian di attaccare l’Armenia e conquistare gli “8 villaggi” e il “Corridoio di Zangezur”. L’Azerbajgian intende anche continuare il blocco dell’Armenia.
Se l’Azerbajgian avesse davvero voluto la pace, avrebbe accettato da tempo di effettuare la demarcazione dei confini sulla base delle ultime mappe dell’Unione Sovietica.
Mentre l’Azerbajgian richiede un corridoio che colleghi Nakhichevan all’Azerbajgian vero e proprio, assicura all’Occidente che intende rimuovere la Russia dalla regione, ma vuole aumentare il numero di Russi in Armenia schierando truppe russe sul “Corridoio di Zangezur”.
Recentemente, l’aiutante di Aliyev, Hikmet Hajiyev, ha annunciato che il “Corridoio di Zangezur” ha perso la sua attrattiva per l’Azerbajgian e che non intendono occupare quella parte di Syunik. Questo è un tentativo di fuorviare l’Occidente e ridurre la pressione occidentale su Baku. Se l’Azerbajgian avesse rinunciato all’idea di conquistare il “Corridoio di Zangezur”, avrebbe aderito al progetto “Crocevie di Pace” proposto dall’Armenia, che avrebbe già fornito un collegamento ferroviario e stradale con il Nakhichevan.
Tuttavia, l’Azerbajgian avanza rivendicazioni territoriali sull’Armenia, chiedendo un corridoio extraterritoriale. L’Azerbajgian dichiara che il “Corridoio di Zangezur” attraverserà il territorio dell’Iran. Questo è un ricatto contro Yerevan, minacciando che se non verrà fornito un corridoio, l’Armenia rimarrà circondata.
Il Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, ricevendo a Baku il Ministro degli Esteri tedesco, Analena Bärbock, ha dichiarato: “Il formato dei negoziati può essere qualsiasi. È importante capire che questa questione riguarda Baku e Yerevan. Per quanto riguarda il trattato di pace, abbiamo trasmesso le nostre prossime proposte alla parte armena e ora stiamo aspettando per la loro risposta. Non c’è alternativa alla pace e alla risoluzione delle relazioni con l’Armenia”. Se l’Azerbajgian è così amante della pace, perché inventa falsi pretesti per non aderire alle proposte dell’Armenia?
Il Ministro degli Esteri tedesco Analena Bärbock ha cercato di convincere Baku a proseguire i negoziati Armenia-Azerbajgian nel formato di Brussel. Tuttavia, quando Bayramov dice a Berbock che la questione dei negoziati Armenia-Azerbajgian riguarda Baku e Yerevan, essenzialmente respinge la proposta di incontrarsi in un formato che includa l’Occidente. Sulla base di ciò si può valutare che il Ministro degli Esteri tedesco non è riuscito a convincere l’Azerbajgian a continuare i negoziati a Brussel. L’Azerbajgian preferisce i formati Mosca e Tbilisi.
Tuttavia, penso che l’Armenia non accetterà di incontrarsi nei formati Mosca e Tbilisi, perché ciò lascerebbe Brussel e Washington fuori dal processo. La situazione di impasse creata da Baku riguardo alla piattaforma negoziale probabilmente continuerà probabilmente nel prossimo futuro. In altre parole, con il sostegno della Russia, l’Azerbajgian sta utilizzando la minaccia di attacchi militari contro l’Armenia per mantenere il proprio vantaggio negoziale.
L’Occidente dovrebbe rafforzare la pressione reale sull’Azerbajgian per portarlo ad un formato costruttivo. L’unico modo per farlo è aumentare le capacità di sicurezza e difesa dell’Armenia. Se l’Armenia riuscirà a resistere ai previsti attacchi russo-azerbajgiani nel prossimo futuro, non sarà costretta a partecipare ai negoziati a Mosca. Il rischio di escludere l’Occidente dal processo diminuirà e Aliyev sarà costretto a negoziare a Brussel o a Washington.
Oggi è assolutamente possibile firmare un trattato di pace, aprire le strade e avviare il processo di demarcazione dei confini, ma l’Azerbajgian non lo vuole. Ad essere onesti, l’Armenia ha proposto condizioni che tengono conto degli interessi dell’Azerbajgian. Baku, tuttavia, non vuole abbandonare la tattica degli attacchi militari. L’Azerbajgian non vuole aprire strade regionali con il consiglio del Servizio doganale mondiale, e non vuole nemmeno usare la mappa del 1975 come base per la demarcazione. Queste sono le prove migliori della distruttività di Baku e del suo obiettivo di intraprendere una nuova guerra.
Penso che l’Armenia non insisterà affinché la questione del Karabakh venga inclusa nell’accordo, se l’Azerbajgian mostrerà un comportamento costruttivo nelle questioni relative alla demarcazione e al de-accerchiamento dei confini.
L’Azerbajgian sta ora cercando di congelare, di rallentare la situazione e, dopo aver digerito il Karabakh, chiederà all’Armenia il “Corridoio di Zangezur” e “8 villaggi”, creando le basi per iniziare una nuova guerra. Sfortunatamente, il comportamento distruttivo di Baku è più indicativo dell’intenzione di Aliyev di andare in guerra che del suo desiderio di pace.
Coloro che non credono a questa tesi possono ricordare come Aliyev abbia ingannato l’Occidente e abbia infranto la sua promessa di non iniziare una guerra. Questo pensiero è stato espresso da Analena Berbock, Ministro degli Esteri della Germania» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

In occasione della sua visita in Azerbajgian, nella conferenza stampa congiunta a Baku con il Ministro degli Esteri azero, Jeyhun Bayramov, il Ministro degli Esteri tedesco, Annalena Bärbock, ha utilizzato correttamente i nomi armeni Shushi e Stepanakert, per le città della Repubblica di Artsakh, occupate con la forza militare dall’Azerbajgian. Inoltre, ha rifiutato anche di incontrare la cosiddetta “Comunità dell’Azerbajgian occidentale” (espressione delle rivendicazioni dell’Armenia come territorio dell’Azerbajgian).

In risposta, Bayramov ha dato prova di una scortesia inimmaginabile, contraria all’etichetta diplomatica, rimproverando Bärbock, che i nomi che ha utilizzato non sono stati registrati a Baku e le ha intimato di usare i nomi Shusha e Khankendi, in “rispetto per l’integrità territoriale dell’Azerbajgian”. Invece, Bärbock ha osservato che la Germania ha sempre sostenuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. «Abbiamo sempre considerato il Karabakh come parte dell’Azerbajgian», ha detto, però non contempo mandando il messaggio, che la storia e la cultura armena in Artsakh devono essere rispettate.

Una “ripugnante mossa fascista in Azerbajgian”, l’ha definito Ararat Petrosyan, il Redattore Capo di Armenpress. Però, dobbiamo dare tregua a Bayramov e capire le limitazioni del povero uomo. Dobbiamo vedere nella sua risposta stizzita, l’ironia del suo Paese che estremizza il concetto di “integrità territoriale” non rispettando l’integrità territoriale del suo vicino. Dobbiamo mostrare anche un altro grado di comprensione, perché viene da una popolazione con un passato di nomadi Tartari e venditori di angurie e pomodori.

Shushi e Stepanakert sono occupate dal regime autocratico genocida di Ilham Aliyev, da dove ha sfollato con la forza la popolazione autoctona armena. Pertanto, i loro nomi propri vengono utilizzati da coloro che non sono d’accordo con questa occupazione. Il comportamento di principio del Ministro Bärbock è raro tra i politici. Quindi, rispetto. E bene, un rappresentante di un Paese dell’Unione Europea ha mostrato a Baku un po’ di coraggio, trattando l’Azerbajgian come si merita. Diventando duro con l’Azerbajgian, almeno con le parole, l’autocrate inizia a correre agitandosi freneticamente qua e là.

Un esempio della solita smisurata furia dei troll azeri sui social network: «[Bärbock] idiota. [Bayramov] ha messo al posto uno stupido fascista [Bärbock] che ha mostrato mancanza di rispetto per l’Azerbajgian. Questo dimostra ancora una volta che l’Azerbajgian è uno stato forte e può difendere i propri interessi su qualsiasi piattaforma. Voi topi [Armeni] non potete capirlo. Sapete solo come implorare e implorare aiuto😂😂».

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