Nessuno dovrebbe proteggere l’autocrate Aliyev: è pericoloso innanzitutto per il suo stesso popolo e per il resto del mondo

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.10.2023 – Vik van Brantegem] – L’Azerbajgian ha interrotto i negoziati con l’Armenia che erano stati pianificati sotto gli auspici dell’Unione Europea. Toivo Klaar, il Rappresentante Speciale per il Caucaso meridionale e la Crisi in Georgia dell’Unione Europea, ha affermato che l’incontro dei leader di Armenia e Azerbajgian previsto a Brussel alla fine di ottobre non avrà luogo. Risvegliato dal suo stato di ibernazione, Klaar ha affermato che il processo di risoluzione armeno-azerbajgiano si sta muovendo lentamente ma nella giusta direzione, con la mediazione dell’Occidente. Ha valutato positivamente la trattativa a Granada. Anche lì, però, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha rifiutato di partecipare.

Il 10 ottobre, in un’intervista alla TV pubblica, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, aveva affermato che sia l’Armenia che l’Azerbajgian avevano espresso la loro “disponibilità pubblica iniziale” ad andare a Brussel.

Settimane fa a Bishkek, Aliyev ha annunciato che il suo formato preferito per i negoziati con l’Armenia è la Russia. Ha detto che dopo gli eventi di settembre (l’annessione della Repubblica di Artsakh nell’aggressione terroristica del 19-20 settembre), le posizioni di Mosca e Baku sulle questioni irrisolte nella regione sono diventate così vicine, che Baku considera Mosca il miglior mediatore nei negoziati armeno-azerbaigiani. Aliyev ha criticato aspramente «i mecenati occidentali dell’Armenia, prima di tutto la Francia» e ha affermato che non esiste alternativa alla missione di mediazione della Russia. «Accettiamo con gratitudine la mediazione della Federazione Russa, perché la Russia è nostro vicino e alleato, così come è l’alleato dell’Armenia. Questo Paese si trova nella nostra regione, a differenza di quelli che si trovano a migliaia di chilometri di distanza», ha sottolineato Aliyev.

Aliyev dimostra ancora una volta che la Russia è stata l’alleata dell’Azerbajgian contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia fin dal primo giorno. Sia la guerra dei 44 giorni del 2020 che l’annessione del Nagorno Karabakh il 19-20 settembre 2023 sono state il risultato di un accordo tra Russia, Turchia e Azerbajgian.

Nonostante l’approccio distruttivo di Aliyev, Klaar spera ancora che i negoziati continuino, culminando con la firma di un trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian, mentre il trio Erdoğan-Aliyev-Putin si sta adoperando a spingere gli Stati Uniti e l’Unione Europea fuori dal processo negoziale. Invece, è il formato occidentale che consentirà la firma di un trattato di pace che rispetti gli interessi di tutte le parti, perché la Russia (come la Turchia) è parte del conflitto armeno-azerbajgiano e non può essere considerata un osservatore imparziale. La Russia afferma di voler schierare truppe sulla strada che collega Nakhichevan all’Azerbajgian e al confine tra Armenia e Azerbajgian. Ciò è contrario agli interessi dell’Armenia, come lo è un accordo di pace sul modello della Russia, parte in conflitto.

In questo contesto, è significativa la solita dichiarazione di auto-istigata isterica da parte di Ilgar Mammadov, il Presidente del Partito Alternativo Repubblicano azero, uno che fuma roba forte: «La “possibile invasione dell’Armenia” è una copertura. Questa isteria è orchestrata da coloro che ordinano a Yerevan di attaccarci, mentre a noi va bene il nostro territorio restaurato [l’occupazione con la forza dell’Artsakh] e vogliamo vivere in pace dopo 30 anni di occupazione armata [intende dell’Armenia, per capirci, dopo che l’Azerbajgian aveva scatenata la prima guerra del Karabakh]. Allora, chi sta orchestrando questa isteria?»

Oggi, i funzionari Azeri insistono sul fatto che non esiste una minaccia o il rischio di un nuovo conflitto militare sul “Corridoio di Zangezur” nell’Armenia meridionale, proposto dall’Azerbajgian e la Russia. Dicono che l’idea è morta, dato che la rotta passerà invece attraverso l’Iran. Intanto, la credibilità delle narrazioni azerbajgiane è esaurita per gli Armeni e per molti diplomatici stranieri. L’Azerbajgian sceglie narrazioni basate sulla politica reale secondo il momento e la questione del “Corridoio di Zangezur” può essere facilmente riproposta quando/se necessario per fare pressione sull’Armenia.

La persecuzione degli attivisti e degli oppositori si sta intensificando da alcuni mesi in Azerbajgian, dove ieri è stata una giornata violenta. Notizie di arresti, percosse e violenza della polizia arrivarono per tutto il giorno, ma non sono arrivati a Mammadov, anche se a Baku è presente. Quattro persone sono state arrestate e presumibilmente anche torturate:

  • Meheddin Orucov testimonia che la polizia lo ha tenuto legato ad una sedia durante la notte ed è stato picchiato. Ha una grave malattia ai reni. Viene condannato a 30 giorni di prigione a causa delle sue critiche contro Ilham Aliyev sui social media.
  • Nurlan Libre è un giornalista freelance che copre le atrocità del regime. È appena uscito di prigione dopo 30 giorni in cui ha assistito a maltrattamenti, ed è stato catturato di nuovo, ma rilasciato.
  • Amrah Tahmazov, che è stato appena rilasciato dopo 30 giorni di arresto a causa dei suoi incarichi contro la guerra, dice che la sua casa è stata perquisita dalla polizia. È riuscito a scappare ma pensa che verrà arrestato con una condanna a lungo termine.
  • Mehman Habibov è un membro del partito nazionalista Fronte Popolare. Sarebbe stato picchiato da tre uomini in abiti civili.

I rappresentanti della delegazione di Baku del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) hanno visitato gli ex Presidenti della Repubblica di Artsakh, Arkadi Ghukasyan, Bako Sahakyan e Arayik Harutyunyan, l’ex Ministro di Stato, Ruben Vardanyan, l’ex Ministro degli Esteri, David Babayan, l’ex Ministro della Difesa, Tenente Generale Levon Mnatsakanyan, e l’attuale Presidente dell’Assemblea Nazionale, Davit Ishkhanyan, illegalmente sequestrati dalle forze armate dell’Azerbagjian.
«La visita ha avuto luogo il 20 ottobre, nel quadro delle procedure standard del CICR. Agli arrestati [illegalmente] è stata data l’opportunità di contattare i loro parenti», ha dichiarato Zara Amatuni, Responsabile del programma di comunicazione e prevenzione dell’ufficio del CICR in Armenia.
Nella comunicazione non viene menzionato l’ex Viceministro della Difesa, Tenente Generale Davit Manukyan, ne neanche l’ex Direttore del Servizio di Sicurezza Nazionale, Tenente Generale Arshavir Gharamyan, anche loro illegalmente rapiti dalle forze armate dell’Azerbajgian, secondo le informazioni della stampa statale azera.

Come abbiamo sottolineato in precedenza, tutti i procedimenti giudiziari in corso in Azerbajgian, compreso il processo a Vagif Khachatryan, sono una farsa, una presa in giro della Convenzione Europea sui Diritti Umani e una violazione di tutte le norme internazionali universalmente accettate nel contesto di tutti gli obblighi assunti dall’Azerbajgian.

Oggi Vagif Khachatryan, 70 anni, illegalmente sotto processo a Baku, ha nuovamente negato la sua partecipazione agli eventi di Meshal e si è scusato in armeno, dicendo letteralmente che non era lì: «Non c’ero, chiedo scusa a tutti, non c’ero». Tuttavia, il traduttore ha tradotto male le parole di Khachatryan e ha comunicato che si scusa con il popolo azerbajgiano per tutti quello che hanno commesso gli Armeni.

È ovvio che sotto il regime azerbajgiano non può essere condotto un processo equo. Quindi, devono essere rilasciati immediatamente tutti i prigionieri politici in Azerbajgian, sia Azeri che Armeni, incluso i prigionieri di guerra e gli ostaggi civili Armeni.

«Goharine Grigoryan stava raccogliendo provviste per andare in un rifugio quando l’Azerbajgian ha bombardato la sua casa a Martakert. Suo figlio di 13 anni è rimasto gravemente ferito, così come lei. Suo figlio di 16 anni è stato ucciso. L’Azerbajgian non ha dovuto affrontare conseguenze per gli orrori che ha scatenato nel Nagorno-Karabakh» (Lindsey Snell).

Noubar Afeyan, co-Fondatore dell’Aurora Humanitarian Initiative insieme a Ruben Vardanyan, e Anna Afeyan, co-Presidente della Afeyan Foundation, annunciano un impegno di 2 milioni di dollari a favore degli oltre 100.000 Armeni dell’Artsakh che sono stati sfollati con la forza dalle loro case a seguito dell’attacco terroristico dell’Azerbajgian il 19-20 settembre scorso.
La donazione sarà effettuata dalla Fondazione Afeyan, che in precedenza aveva collaborato con Aurora per aiutare la popolazione dell’Artsakh all’indomani della guerra dei 44 giorni dal 27 settembre al 9 novembre 2020. Il sostegno finanziario sarà destinato a diverse aree, tra cui il soddisfacimento dei bisogni di base, la fornitura di assistenza medica e psicosociale e la creazione di opportunità educative a lungo termine.

È nauseante vedere i troll filo-fascisti di Aliyev ripetere affermazioni come questa: «Un milione di Azeri sfollati negli anni ’90!» La differenza tra i 500.000 Armeni e i 700.000 Azeri sfollati nella prima guerra del Nagorno-Karabakh è che gli l’Armenia si è effettivamente presa cura della sua gente, come lo fa anche oggi, accogliendo l’intera popolazione sfollata con la forzata con la forza dopo l’attacco terroristico dell’Azerbajgian il 19 e 20 settembre scorso. L’Armenia aveva immediatamente integrato diverse centinaia di migliaia di Armeni che erano stati sfollati con la forza dall’Azerbajgian durante la prima guerra del Nagorno-Karabakh, mentre l’Azerbajgian, ricco di petrolio, li teneva deliberatamente nei campi per usarli come vetrina.

Comunicato congiunto del secondo incontro della piattaforma regionale 3+3 a Teheran

«Su invito di S.E. Sig. Hossein Amir-Abdollahian, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran e alla presenza di S.E. Sig. Ararat Mirzoyan, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Armenia, S.E. Il Sig. Jeyhun Bayramov, il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica dell’Azerbaigian, S.E. Il Sig. Sergey Lavrov, il Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa e S.E. Sig. Hakan Fidan, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Turchia, il 23 ottobre 2023 si è tenuto a Teheran il secondo incontro della piattaforma regionale “3+3”.
I Ministri:
Tenendo conto dell’importanza di sviluppare relazioni amichevoli tra paesi basate sugli interessi reciproci e sul buon vicinato, hanno sottolineato a questo proposito l’importanza della risoluzione pacifica delle controversie, del rispetto della sovranità, dell’indipendenza politica, dell’integrità territoriale, dell’inviolabilità dei confini riconosciuti a livello internazionale, non ingerenza negli affari interni, divieto della minaccia o dell’uso della forza e rispetto dei diritti umani sulla base di tutti i principi della Carta delle Nazioni Unite.
Esprimendo le loro opinioni su varie questioni internazionali, hanno discusso le questioni più significative nella regione e hanno sottolineato l’importanza di piattaforme come la Piattaforma consultiva regionale “3+3” nel fornire opportunità per un dialogo costruttivo e stabilire una cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra i paesi della regioni che hanno un ruolo primario in questo senso.
Hanno sottolineato l’impatto positivo della cooperazione economica sul rafforzamento della fiducia reciproca, del benessere delle nazioni e della stabilità della regione.
Sottolineando l’importanza della cooperazione culturale, dei contatti interpersonali e dei progetti comuni nel campo dell’istruzione, della scienza, del turismo, della cultura e dello sport.
Al fine di promuovere una pace duratura e lo sviluppo economico della regione, rafforzeranno la consultazione e l’interazione bilaterale e multilaterale.
Accogliere con favore i processi in corso di normalizzazione e sviluppo delle relazioni tra tutti i Paesi della regione.
Pur valutando positivamente i risultati di questo incontro, hanno riaffermato l’apertura di questa piattaforma per una partecipazione paritaria della Georgia.
I ministri hanno inoltre proceduto ad uno scambio di opinioni sulla situazione a Gaza. Hanno sottolineato la necessità di cessare immediatamente di prendere di mira civili innocenti.
I Ministri degli Esteri della Repubblica di Armenia, della Repubblica dell’Azerbajgian, della Repubblica di Turchia e della Federazione Russa hanno ringraziato il Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran per la buona accoglienza e il successo dello svolgimento di questo incontro.
Dopo aver valutato gli incontri periodici della Piattaforma regionale “3+3” volti ad espandere e rafforzare il clima di fiducia e cooperazione nella regione, hanno convenuto che il prossimo incontro si terrà in Turchia ad una data che sarà coordinata attraverso i canali diplomatiche. 23 ottobre 2023 – Teheran» (Nostra traduzione italiana dall’inglese).

«Ciò fa seguito a un rapporto della TASS, in cui un anonimo diplomatico del Ministero degli Esteri ha affermato che Pashinyan ha trasformato l’Armenia in una nuova Ucraina. PS L’immagine è ridicola su così tanti livelli. Uno di questi è il fatto che nessuno in Armenia prende sul serio alcune persone» (Tigran Grigoryan).

«La televisione di Stato russa ha dichiarato che il Primo Ministro armeno e il suo circolo, compreso il Capo della sicurezza nazionale e il Ministro degli Esteri, sono “agenti di Soros”. Questi individui hanno infinite carenze, ma questo atteggiamento è un segnale pericoloso che Putin ha probabilmente dato il via libera ad un’altra aggressione turco-azera contro l’Armenia» (Simon Maghakyan).

L’Ambasciatore russo in Armenia, Sergej Kopyrkin, il 23 ottobre è stato convocato al Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia, dove gli è stata consegnata una nota di protesta. Lo scandalo diplomatico è scoppiato a causa di un programma della televisione di Stato russo condotto da Vladimir Solovev, con la partecipazione di Andranik Tevanyan e Margarita Simonyan, trasmesso sul canale televisivo federale panrusso Primo Canale, durante il quale un politico armeno di opposizione, Andranik Tevanyan, e i giornalisti russi hanno presentato dati falsi e manipolativi contro l’Armenia, e hanno fatto commenti offensivi e del tutto inaccettabili nei confronti di alti funzionari della Repubblica di Armenia, ha dichiarato il Ministero degli Esteri armeno.

Nel programma, dal titolo Nikol Pashinyan: presagio di disastri, sono state attribuito a Pashinyan falsamente dichiarazioni e azioni che non ha compiuto. È stata presa di mira l’Armenia, cercando di giustificare che gli Armeni non possono far fronte all’indipendenza e devono trovarsi nella zona di influenza russa.

Vladimir Solovev, con origini ebraiche, è attivista, ufficialmente giornalista e conduttore televisivo russo, considerato come molto vicino a Vladimir Putin, noto per essere dal 2005 il conduttore del programma Domenica sera con Vladimir Solovev, che va in onda sul canale televisivo Primo Canale. Solovev si considera un patriota sovietico e spesso conduce il suo programma indossando una giacca con falce e martello. Ha origini ebraiche e professa l’ebraismo, è cintura nera di karate. Dal 2009 ha permesso di soggiorno e residenza fiscale in Italia per sé e per i figli nati dal matrimonio con la terza moglie Elga Sepp. Dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022, l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna e altri Paesi hanno imposto sanzioni personali contro di lui. La Guardia di finanza di Como ha congelato varie proprietà immobiliari, tra cui una villa e un bosco. Nel febbraio 2023 ha pubblicamente dato dei “bastardi” all’Italia e agli alleati dell’Ucraina.

Margarita Simonyan, una giornalista russa con origini armene, tra i principali propagandisti del Cremlino, è sulla lista delle persone dichiarati indesiderati, a cui è vietato entrare in Armenia. È redattore capo di giornali statali russi come RT e l’agenzia di stampa Sputnik. Nel 2022, nel frangente dell’invasione russa dell’Ucraina, Simonyan ha subito una sanzione dall’Unione Europea per “azioni e politiche che minano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”. Ha dichiarato in un’intervista del 2012 che si rammarica di non conoscere l’armeno, ma ha spiegato che nella sua famiglia non si parlava mai armeno a casa a causa delle differenze dialettali.

Andranik Tevanyan è un politico armeno allineata con il secondo Presidente dell’Armenia, Robert Kocharyan, noto per le sue opinioni filo-russe che ha espresso sostegno all’adesione dell’Armenia allo Stato dell’Unione. Nel giugno 2021 è stato eletto all’Assemblea Nazionale come parte dell’Alleanza dell’Armenia. Il 9 agosto 2023 ha fondato l’Alleanza Madre Armenia. Ha lasciato l’Alleanza dell’Armenia e si è dimesso dal suo incarico nell’Assemblea Nazionale per candidarsi alle elezioni del Consiglio comunale di Yerevan del 2023. In quelle elezioni, il suo partito vinse 12 seggi nel consiglio comunale di Yerevan, ottenendo il 15,43% dei voti. Il 19 settembre 2023 ha chiesto l’impeachment del Primo Ministro, Nikol Pashinyan, ed è stato arrestato dalla polizia due giorni dopo, durante le proteste a Yerevan.

Partecipando al programma propagandistico del Cremlino, Andranik Tevanyan ha fatto narrazioni anti-Pashinyan, chiaramente false e manipolative. Al Primo Ministro armeno è stata attribuita falsamente una dichiarazione in cui avrebbe affermato di considerare il Nagorno-Karabakh un mal di testa e che avrebbe sostenuto, che «con la consegna del Nagorno-Karabakh, la Repubblica di Armenia avrà una strada per Azerbajgian, Turchia e Iran. L’importante è vivere bene e non avere ambizioni nazionalistiche incomprensibili».

Il programma trasmesso sul Primo Canale russo ha anche affermato falsamente l’esistenza di “sei villaggi azerbajgiani” a Syunik, presumibilmente richiesti da Baku. Questa affermazione è stata sfatata poiché non ci sono villaggi azeri a Syunik. È stata affermata la convinzione dell’Azerbaigian di avere tre enclavi in Armenia, ma la loro esistenza non può essere dimostrata.

I propagandisti del Cremlino sono arrivati al punto di distorcere le parole di Putin per screditare Pashinyan, sostenendo che Putin recentemente avrebbe affermato nel club Valdai, che è stato Pashinyan a rifiutarsi di consegnare i sette distretti e ha dichiarato che avrebbero combattuto per il Karabakh. Tuttavia, è noto che Putin si riferiva a tutte le autorità armene, non specificamente a Pashinyan.

Il Cremlino sostiene sul Primo Canale la tesi secondo cui l’Azerbajgian e la Turchia sono eterni nemici dell’Armenia. Non è un segreto che questa ostilità offra alla Russia l’opportunità di mantenere una presenza militare in Armenia.

Naturalmente l’Occidente ha un posto d’onore nella propaganda anti-armena del Cremlino, che ha diffuso la menzogna secondo cui Pashinyan avrebbe portato in Armenia le truppe della NATO invece delle truppe della CSTO sotto guida russa, prima dell’aggressione dell’Azerbajgian all’Armenia del settembre 2022. In realtà, furono inviati in Armenia osservatori dell’Unione Europea, che sono disarmati e non possono essere considerati personale militare.

I Russi hanno affermato che gli USA hanno espresso il loro sostegno a Pashinyan attraverso l’esercitazione armeno-americana. Sostenevano che le esercitazioni militari si svolgevano in concomitanza con la “operazione antiterroristica” dell’Azerbajgian del 19 settembre, mentre in realtà iniziarono l’11 settembre.

Non esiste la propaganda russa senza la teoria del complotto. Questa volta hanno costruito una teoria del complotto attorno alla mano ferita di Pashinyan. Affermano che la benda sulla mano di Pashinyan durante la Rivoluzione di velluto del 2018 fosse una finta e che in realtà non fosse ferito. La realtà è che Pashinyan è rimasto ferito mentre rimuoveva il filo spinato il 16 aprile 2018, e c’è un video che lo conferma.

Il 19 settembre, quando l’Azerbajgian ha lanciato l’attacco terroristico all’Artsakh e la popolazione civile armena è fuggita terrorizzata, la propaganda di Putin ha minato la sovranità, la sicurezza e l’indipendenza dell’Armenia.

«La Russia ha avviato nuovi attacchi ibridi contro l’Armenia, intensificando le tensioni diplomatiche tra Yerevan e Mosca. L’assurdità è che i canali russi vengono trasmessi in Armenia. Il governo armeno è obbligato a chiudere i canali televisivi russi, che sono diventati lo strumento degli attacchi del Cremlino contro lo Stato armeno. Il 19 e 20 settembre hanno invitato gli Armeni a cambiare potere, ma gli Armeni non sono scesi in piazza e il piano per portare le forze filo-russe al potere in Armenia è fallito. Il governo armeno non ha il diritto di ritardare ed è necessario interrompere il prima possibile la trasmissione dei canali televisivi russi.
La Russia ha applicato sanzioni contro gli Armeni nel suo territorio. Questa è un’altra operazione anti-armena da parte di Mosca, in aggiunta ai suoi brutali attacchi a lungo termine contro l’indipendenza e la sovranità dell’Armenia e alle sue aspre critiche pubbliche al governo armeno. I nervi del Cremlino stanno crollando, tradendo la paura dei Russi di perdere l’Armenia.
Nel tentativo di mantenere l’Armenia sotto la sua influenza, la Russia ha iniziato ad agire. Ieri il presidente della Duma di Stato, Vyacheslav Volodin, ha annunciato che la discussione del disegno di legge sul riconoscimento delle patenti di guida armene in Russia è stata rinviata a tempo indeterminato, poiché non è nell’interesse della Russia: “Abbiamo ritenuto giusto rinviare il disegno di legge che concede ulteriori privilegi, perché i deputati dell’Assemblea Nazionale armena, le autorità, non hanno fatto alcun passo riguardo allo status della lingua russa. Lo status della lingua russa in Bielorussia e Kirghizistan è fissato dalla Costituzione”.
Volodin ha detto che la Russia si aspetta lo stesso dall’Armenia. In altre parole, il Cremlino ricatta l’Armenia, cercando di costringerla a dare status alla lingua russa. Questa è una richiesta inaccettabile e una minaccia per la sicurezza dell’Armenia. Nessun governo in Armenia può dare status alla lingua russa e rimanere al potere. La sovranità dell’Armenia è un valore assoluto e questa misura discriminatoria applicata dalla Russia contro l’Armenia non ha alcun valore.
La politica sleale della Russia nei confronti dell’Armenia e degli Armeni è diventata evidente negli ultimi tre anni. La Russia ha rifiutato di adempiere ai suoi obblighi di sicurezza nei confronti dell’Armenia, per cui l’Azerbajgian ha occupato almeno 150 chilometri quadrati del territorio sovrano dell’Armenia. La pulizia etnica degli armeni nel Nagorno-Karabakh è stata effettuata alla presenza delle forze di mantenimento della pace russe, che non hanno impedito il crimine dell’Azerbajgian, ma piuttosto lo hanno sostenuto.
Durante questo periodo, la Russia ha anche chiesto all’Armenia di aprire delle scuole russe, ma il governo armeno non ha soddisfatto neanche quella richiesta. La questione delle scuole di lingua straniera in Armenia è regolata dalla legge “Sulla pubblica istruzione” adottata nel 2009, la quale stabilisce che il numero massimo di istituti di istruzione pubblica di lingua straniera nella repubblica è 11 e il numero massimo di istituti di istruzione che attuano un programma educativo nella stessa lingua straniera è 4. In altre parole, possono esserci al massimo 4 scuole che insegnano in russo contemporaneamente. Oggi in Armenia ci sono tre scuole russe, frequentate principalmente dai figli dei militari russi. Sappiamo che la lingua russa è lo strumento del Cremlino per condurre una guerra ibrida contro l’indipendenza e la sovranità degli stati post-sovietici. Il Cremlino ha utilizzato la falsa giustificazione di un atteggiamento irrispettoso nei confronti della lingua russa in Ucraina per lanciare il suo attacco criminale contro quel Paese. I propagandisti del Cremlino hanno falsificato la realtà, sostenendo che in Ucraina è vietato parlare russo. Putin, criminale di guerra e terrorista internazionale, ha iniziato una guerra per salvare i cittadini ucraini di lingua russa dal “regime fascista di Kiev”, ma invece ha ucciso migliaia di russofoni e ha catturato le loro città.
Il conduttore della macchina propagandistica russa Primo Canale ha mandato in onda un programma in cui ha attribuito bugie assolute, affermazioni manipolative e azioni al Primo Ministro armeno. La sporca propaganda del Cremlino e il meschino attacco all’Armenia dimostrano che la Russia è in uno stato di cambiamento a causa del comportamento disobbediente dell’Armenia. La Russia dovrebbe sapere che quanto più attacca le istituzioni statali e il governo armeno, tanto più unito diventerà il popolo armeno nell’affrontare le minacce provenienti dalla Russia. In effetti, il Cremlino potrebbe consolidare la società armena. La quinta colonna russa ancora operativa in Armenia non salverà “l’onore e la reputazione” di Putin» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Giorni prima della partenza di settembre di Sargsyan dall’Artsakh, in piazza Rinascimento di Stepanakert, mentre migliaia di persone si preparavano per il loro esodo. “È stato uno dei momenti più difficili a cui assistere” (Foto di David Ghahramnyan).

Una corrispondente di guerra freelance si occupa della pulizia etnica della sua nazione indigena
di Jackie Abramian
Ms Magazine, 22 ottobre 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese – I link sono nel testo originale)

“Questa è storia”, ha detto Siranush Sargsyan riferendosi al genocidio contro 120.000 armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh. “Questa è anche la mia storia, la storia della mia famiglia. Sono anche vittima della guerra di cui parlo”.
Per quasi tre anni, Siranush Sargsyan ha documentato l’assedio da parte dell’Azerbaigian dei 120.000 armeni indigeni nella sua terra contesa di Artsakh (Nagorno-Karabakh). L’ex insegnante di storia e impiegato statale diventato giornalista freelance in tempo di guerra è ora tra gli oltre 100.700 sfollati forzati che si stanno rifugiando nella vicina Armenia.
“Sono la protagonista delle foto e degli articoli che produco perché voglio raccontare queste storie. Questa è storia. Questa è la realtà che dobbiamo mostrare”, ha detto Sargsyan, originario dell’Artsakh, che ora vive nella vicina Repubblica di Armenia. “Questa è anche la mia storia, la storia della mia famiglia. Sono anche vittima della guerra di cui racconto. Questa è anche la mia realtà e la dimostro con la speranza di porre fine alle atrocità che abbiamo sopportato”.
Sargsyan, 39 anni, è sopravvissuto a due grandi guerre (1992-94 e 2020) mentre documentava la sistematica pulizia etnica dell’Azerbaigian nell’enclave contesa. È stata testimone di atrocità indiscriminate contro il suo popolo e ha perso innumerevoli familiari, conoscenti, compagni di classe e insegnanti. Ha vissuto per quasi 10 mesi la campagna di fame imposta dall’Azerbaigian, che ha isolato l’Artsakh dal mondo esterno, tagliando elettricità, cibo, gas e forniture mediche.
L’offensiva finale dell’Azerbajgian, sotto la maschera di “attività antiterrorismo”, il 19 settembre ha portato ulteriori bombardamenti sui civili assediati in tutto l’Artsakh. I post sui social media di Sargsyan mostravano residenti stanchi che si rifugiavano negli scantinati , scene di condomini bombardati e un’immagine inquietante di una madre e un bambino aggrappati insieme (distribuita tramite AP). Nel suo articolo della BBC su una madre traumatizzata i cui figli di 8 e 10 anni furono vittime del bombardamento, lei descrisse dettagliatamente l’insistenza di una madre a trasportare i resti dei suoi figli in Armenia per la sepoltura.
“Quando è iniziato il bombardamento del 19 settembre, mi sono precipitato in un rifugio nel seminterrato, poi sono uscito e ho iniziato a filmare il fumo lontano delle esplosioni, il silenzio e le voci. Gli edifici bombardati del quartiere mi perseguitavano di più: camminavo nei cortili sotto gli altissimi fili della biancheria che le donne stendevano con orgoglio. disse Sargsyan. Le sue riprese di stendibiancheria in giardino che sventolano a mezz’aria tra grattacieli sono state tra le ultime realizzate da Artsakh.
Ritardando la sua partenza, Sargsyan non è riuscita a riconciliare il trauma emotivo di essersi lasciata alle spalle la sua casa generazionale, la sua vita di 39 anni, incapace di disconnettersi fisicamente dalla sua terra natale.
“L’Azerbajgian non ha fornito un’opzione realistica di coesistenza. I suoi militari hanno preso il controllo delle nostre terre facendoci sapere che dovevamo andarcene”, il post di Sargsyan su X, precedentemente noto come Twitter, ha catturato il suo stato d’animo: «In un giorno, perdi tutto. Mi sono perso. Avrei voluto restare di più, ricordare ogni angolo della mia città» (Siranush Sargsyan).
Quando finalmente fece le valigie, scelse alcuni preziosi orecchini e libri dalla sua collezione. Ha lasciato la maggior parte dei suoi vestiti con ricordi di una vita più felice nell’Artsakh e il suo tappeto speciale, troppo pesante da trasportare. Ha incontrato altri nella piazza affollata della capitale Stepanakert per unirsi alla coda serpeggiante di auto e autobus stracarichi che si riversavano fuori dall’Artsakh attraverso la strada montuosa verso l’Armenia – un esodo visibile attraverso le immagini satellitari dallo spazio. I cieli osservavano la scia di lacrime e di ricordi degli orrori di un esodo dall’antica terra, mentre le potenze mondiali rimanevano in gran parte immobili agli appelli all’azione.

Novembre 2022 alla Fortezza in cima alla montagna di Kachaghakaberd (gazza), chiamata così per la sua inaccessibilità poiché solo le gazze potevano raggiungere la cima della montagna.

Sargsyan paragona l’estenuante esodo di 30 ore, “fisicamente, emotivamente e psicologicamente insopportabile” , alla marcia forzata dei suoi antenati 108 anni fa durante il genocidio armeno. I turchi ottomani costrinsero centinaia di migliaia di rifugiati armeni a marce della morte attraverso il caldo torrido del deserto di Deir ez Zor nella moderna Siria.
“Forse non è paragonabile, ma il dolore e il trauma che abbiamo vissuto negli ultimi anni, e i quasi 10 mesi di blocco, ci sembravano come se stessimo sanguinando ogni giorno, goccia dopo goccia. Poi l’Azerbajgian ha completato la sua missione bombardandoci – e l’assalto finale dell’esplosione del deposito di gas è stato indescrivibile. L’Azerbaigian ha trasformato il nostro paese paradisiaco e le nostre vite in un’esistenza infernale. La gente voleva solo scappare da quell’inferno”.
Ad ogni tappa del viaggio verso l’Armenia, ha conversato con i residenti storditi e traumatizzati – alcuni sfollati più volte – ma tutti aspiranti a tornare nell’Artsakh. Dopo circa 30 ore, arrivando al villaggio di confine centro-orientale di Kornidzor in Armenia, nelle prime ore del mattino, è stata accolta nella sua “patria” Armenia da volontari che le offrivano cibo e acqua.
Sentendosi “senza arti”, ha camminato tra la grande folla di suoi connazionali che si aggiravano e si mettevano in fila attorno alle tende degli aiuti umanitari.
“Era insopportabile. Allora non ci rendevamo conto che quello era il nostro ultimo viaggio fuori dalla nostra patria. Per la prima volta, mi sono reso conto di essere un rifugiato che non aveva una casa”, ha detto Sargsyan.
“Sono sorpreso quando i giornalisti mi chiedono ‘Perché non sei rimasto in Artsakh?’ È davvero frustrante—non sanno o fingono di non sapere che non avevamo altra scelta—e non saremmo vivi se restassimo. Vogliamo che il resto del mondo e tutti sappiano che non avevamo altra scelta se non quella di lasciare la nostra patria. Siamo stati vittime e non ci sono state offerte altre alternative”.
Sargsyan ha detto che molte famiglie hanno perso i propri cari giorni prima della loro partenza. “Non è normale che le persone seppelliscano i parenti e il giorno dopo fuggano dalla propria patria”.

Gli orgogliosi armeni indigeni dell’Artsakh

Sargsyan è originario di Sos, una comunità di coltivatori di uva nell’Artsakh orientale di poco più di 1.000 abitanti, sede del monastero armeno cristiano di Amaras del IV secolo, dove il creatore dell’alfabeto armeno, Mesrop Mashtots, fondò la prima scuola armena. L’Armenia adottò il cristianesimo come religione di stato nel 301 d.C., cosa che si riflette nelle secolari cattedrali e monasteri cristiani armeni che punteggiano l’Artsakh e gli aspri terreni montuosi e le valli dell’Armenia.
Nel suo tentativo di “cambiare il mondo”, Sargsyan si è trincerata nella politica. Ha imparato l’inglese da autodidatta ed è stata impiegata nel parlamento dell’Artsakh, dove si è iscritta all’Accademia della pubblica amministrazione per studiare scienze politiche.
“Volevo vedere più donne in politica che potessero migliorare il processo decisionale e creare un ambiente di vita migliore nell’Artsakh”, ha detto Sargsyan. Ha anche fatto una campagna, senza successo, per il consiglio comunale di Stepanakert, composto da 15 membri, tutti maschili.
Nel settembre 2020, l’Azerbajgian, con il sostegno della Turchia, membro della NATO, ha scatenato una guerra non provocata di 44 giorni contro l’Artsakh. Gli esperti di risposta alle crisi di Amnesty International hanno “identificato munizioni a grappolo M095 DPICM di fabbricazione israeliana” utilizzate dall’Azerbajgian. Oltre 5.000 persone morirono e migliaia furono sfollate quando l’Azerbajgian e la Repubblica di Armenia firmarono un accordo tripartito di cessate il fuoco mediato dalla Russia il 9 novembre 2020, ponendo fine alla guerra in forte favore dell’Azerbajgian. La Russia ha installato 1.960 forze di pace nell’Artsakh, che non sono riuscite a garantire la sicurezza della popolazione armena durante le ultime ore dell’esodo.
“Dopo la guerra del 2020, vivevamo sotto il blocco delle informazioni. Quindi ho deciso che avrei dovuto parlare apertamente. La guerra sanguinosa e le storie di tutte le nostre sofferenze dovevano essere raccontate e pubblicate”, ha detto Sargsyan.
La sua missione di amplificare le storie di coloro che sono “ancora vivi e in difficoltà” l’ha portata a partecipare a un corso di formazione di sei giorni avviato dall’AGBU Young Professionals di Madrid (Spagna) e dall’organizzazione no-profit Ronak Press dei Paesi Baschi spagnoli, che convoca giornalisti locali per coprire storie di guerra. Il suo primo articolo riguardava l’apertura di un centro culturale francese nell’Artsakh, seguito da ” Volti femminili della guerra dell’Artsakh ” pubblicato nella pubblicazione in lingua inglese con sede a Boston, The Armenian Weekly.
“Volevo mostrare il volto femminile della guerra dell’Artsakh. Gli uomini sono sempre descritti come eroi. Sicuramente molti dei nostri uomini hanno perso la vita, ma anche le donne hanno sofferto. Si sono presi cura dei bambini mentre sopportavano lotte insopportabili. Non è una coincidenza che la maggior parte dei miei eroi siano donne”, ha detto Sargsyan.
Mesi dopo la guerra del 2020, camminando per le strade immaginava di vedere i volti di coloro che erano morti. Ricorda in lacrime la perdita del suo amato zio, ma si emoziona di più quando racconta la morte di suo cognato, un soldato delle forze speciali. La sua morte ha avuto un impatto drammatico sulla sorella “intelligente laureata”, che aveva scelto di essere una mamma casalinga per “coccolare suo figlio e suo marito”. Il loro matrimonio ventennale si è concluso il 7 novembre 2020, due giorni prima dell’accordo di cessate il fuoco, quando le forze azerbajgiane hanno lanciato attacchi devastanti contro la strategica fortezza armena di Shushi, incoronata in cima alle montagne e sede dell’iconica cattedrale di Ghazanchetsots, danneggiata da due missili mirati.
“Mia sorella si è rifiutata di attraversare il confine con l’Armenia da Shushi, perché quella è la strada dove è stato versato il sangue di suo marito”.
Sargsyan dice che suo nipote di 3 anni non ha mai messo in dubbio l’assenza di suo padre, ma guardava ossessivamente il programma televisivo che descriveva i soldati martiri. “Mi chiedevo se avesse capito che suo padre non sarebbe tornato perché non gli avevamo detto che era morto. Non chiedeva mai giocattoli, ma un giorno mi chiese: ‘Puoi chiedergli di mostrarli a mio padre in TV?'”

Una patria di memoria generazionale

Sargsyan ha detto di sentirsi più protetta (nonostante l’assedio dell’Azerbajgian) e psicologicamente più forte mentre viveva nell’Artsakh.
“Fin dalla mia infanzia, ho considerato vivere nell’Artsakh come un privilegio speciale perché abbiamo sacrificato molto”, ha detto. “Questo è il prezzo alto che abbiamo pagato per vivere nella nostra patria. Questa è la nostra scelta. Le nostre montagne, la nostra cultura, fanno parte del nostro essere. Esisto nella mia terra e nel mio suolo. Abbiamo sacrificato il nostro sangue per rimanere nella nostra terra ancestrale dove giacciono i nostri spiriti. Anche negli ultimi istanti prima del nostro esodo, speravamo nella possibilità di vivere nel nostro Paese. Non troveremo mai un altro posto bello come Artsakh.
Anche se è venuta a patti con il fatto che l’Armenia è ora la sua casa, si sente indebolita: ha detto di aver “perso quasi tutto”, ma è grata per “la bellissima patria che esiste ancora e deve essere preservata”.

In seguito al blocco dell’Azerbajgian nell’inverno 2023, Siranush si trova accanto al memoriale “Noi siamo le nostre montagne” costruito con rocce di tufo vulcanico, che rappresenta l’eredità armena delle popolazioni montane del Karabakh (Foto di Narek Sarkisyan).

Sargsyan ricorda di aver visto uno degli insegnanti del villaggio al confine. La giovane e laboriosa insegnante possedeva una grande vigna e aveva costruito una bella casa che frequentava. Era rattristata nel vedere che tutto ciò che aveva adesso era una piccola automobile compatta, che trasportava i suoi figli, la moglie e i genitori anziani.
“Le loro storie, ogni casa, ogni persona, ogni appezzamento di terra e montagna che costituiva la nostra patria, l’Artsakh, sono ora sparsi”. Sargsyan ha detto che il blocco sembrava come essere imprigionati e che la prospettiva della sua rimozione sembrava impossibile “come raggiungere un’altra galassia”.
L’assedio dell’Azerbajgian all’Artsakh è continuato fino alla fine, nonostante un’ordinanza del febbraio 2023 della Corte Internazionale di Giustizia che ordinava all’Azerbajgian di porre fine al blocco, ripresa da innumerevoli organizzazioni internazionali e umanitarie.
Nei suoi sogni, Sargsyan ha detto che si vede “di nuovo ad Artsakh”. I suoi compatrioti condividono i suoi sentimenti: rivivono nelle loro menti le loro vite precedenti trascorse cuocendo il pane, raccogliendo i loro vigneti e giardini per produrre vino e verdure in salamoia, costruendo le loro case e sopravvivendo al “terrore agricolo” dell’Azerbaigian che i tiratori scelti prendevano di mira gli agricoltori nei loro campi. Parlare dei ricordi e del trauma, ha detto, ha poteri curativi per lei e gli altri, “per quanto doloroso sia”.
“Ogni giorno che passa, mi sento come se l’anestesia stesse esaurendosi e il dolore fosse più difficile da sopportare”.
Per Sargsyan e gli oltre 100.000 armeni dell’Artsakh sfollati con la forza, il trauma personale della pulizia etnica e delle atrocità della guerra rimane costante e i bisogni psicosociali postbellici non potranno che aggravarsi in futuro.
Per ora, i fertili vigneti e frutteti cosparsi di bombe, oscurati dal picco Kirs incastonato nella catena montuosa dell’Artsakh, rimangono non raccolti . I campanili degli antichi monasteri vengono messi a tacere per la prima volta mentre i venti della disperazione vorticano attraverso le catene montuose e le valli e attraverso città fantasma e villaggi vuoti dei loro residenti indigeni che per secoli hanno coltivato la terra e sopportato rigidi inverni montuosi durante le guerre. Per la prima volta dal 1967, il monumento Tatik-Papik, Noi siamo le nostre montagne, che simboleggia la resilienza dell’Artsakh, è in pericolo.

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