L’Armenia vuole la pace e l’Azerbajgian vuole l’Armenia dopo aver preso l’Artsakh

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.10.2023 – Vik van Brantegem] – Prima o poi il despota autocrate dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, non sarà più un “dittatore utile” (Cit.) e sconterà la punizione per il dolore inflitto a migliaia di famiglie armene e azere. Finita la guerra in Ucraina, non sarà più necessario e cadrà come tanti altri despoti. Condividiamo di seguito il commento di Iniziativa italiana per l’Artsakh.

«109 kmq del territorio azerbajgiano sono ancora sotto l’occupazione illegale dell’Armenia. Si tratta di 7 villaggi (mostrati nel video) nel nord e un villaggio adiacente a Nakhchivan nel sud. L’Armenia deve restituirli all’Azerbajgian» (Nasimi Aghayev, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania).

Aliyev rispetta così tanto la sovranità territoriale dell’Armenia, che ora sta avanzando rivendicazioni territoriali e richiedendo 3 enclavi dall’Armenia senza alcun documento legale che sostiene le sue affermazioni. Ieri ha annunciato al Presidente del Consiglio Europeo di perseguire la “liberazione” di “8 villaggi azeri attualmente occupati” in Armenia, sottolineando l’importanza di liberarli dall’occupazione”.

Dopo aver completata la pulizia etnica degli Armeni autoctoni dalla loro patria storica e la più grande enclave armena esistente nella regione, l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, non c’è dubbio che l’Azerbajgian ora stia cercando pretesti per invadere l’Armenia vera e propria. In altre parole, come riporterà presto The New York Times, come ha fatto dopo l’attacco terroristico dell’Azerbajgian all’Artsakh il 19 e 20 settembre: “Quasi nessuno se lo aspettava”.

L’Armenia va sostenuto e difeso nei suoi sforzi per raggiungere la pace. La Francia, l’Unione Europea, gli USA e le Nazioni Unite devono smettere di fare da scendiletto ad Aliyev, scendere sempre a nuovi compromessi con il tiranno di Baku, imporre un processo di pace e garantire in modo energico ed efficace la protezione dell’Armenia.

«È evidente che la demarcazione dei confini, una componente cruciale del processo di pace guidato dall’Occidente, non soddisfa gli interessi strategici dell’Azerbajgian. Ecco perché:
a) Aliyev perderebbe il suo principale strumento di pressione sull’Armenia: l’uso e la minaccia dell’uso della forza;
b) Aliyev non è in grado di fornire alcuna giustificazione legale che gli otto villaggi sarebbero territori azeri;
c) Aliyev sarebbe obbligato a ritirare le sue truppe dai territori sovrani dell’Armenia occupati nel maggio 2021 e nel settembre 2022.
Cos’altro dovrebbe concedere l’Armenia sotto pressione all’Azerbajgian e quali sono le altre azioni dirompenti che l’Azerbajgian dovrebbe intraprendere dopo la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh in modo che l’Unione Europea e gli Stati Uniti esercitino una forte pressione politica sull’Azerbajgian?
La sovranità, l’integrità territoriale e la democrazia dell’Armenia sono in costante pericolo» (Armine Margaryan, esperto politico-militare in Armenia ed ex Consigliere del Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale dell’Armenia.

«Come previsto, sul Caucaso meridionale è calato il sipario mediatico. Presto dimenticata sarà la pulizia etnica di 100.000 Armeni nel Karabakh. Ma è importante ricordare una cosa: la guerra NON È FINITA. Dal 1994 non è stato raggiunto altro che un cessate il fuoco (giovani Azeri e Armeni continuano a morire, così come i civili). Non solo: le rivendicazioni territoriali del regime di Baku non sono finite, ma vengono ribadite ossessivamente dai media nazionali. C’è anche una totale mancanza di equilibrio militare e diplomatico tra Azerbajgian e Armenia: in questa fase, l’unico modo per evitare una nuova esplosione del conflitto è frenare le ambizioni della famiglia Aliyev, che si guarda bene dal chiudere una partita che li vede vincere ininterrottamente dal 2020. La questione non è chi sostenere, ma se la comunità internazionale abbandona l’Armenia – sull’orlo del collasso – al suo destino, il rischio reale è quello di un’ulteriore pulizia etnica. Questa volta in territorio armeno. Per favore, non dimenticare queste parole» (Simone Zoppellaro).

Aliyev punta il dito contro la Francia, sostenendo che sta alimentando le tensioni regionali attraverso la fornitura di armi all’Armenia. L’Azerbajgian fa affidamento su Israele per più del 60% dei suoi armamenti, mentre il resto proviene da Russia, Turchia e Pakistan, rivendicando nel frattempo Syunik come parte dell’Azerbajgian e accumulando armi sul confine e costruendo posti di combattimento.

Gli Azeri che rivendicano Zangezur (=la regione di Syunik dell’Armenia) perché “assegnato dall’Unione Sovietica all’Armenia”, sono gli stessi che rivendicano l’Artsakh/Nagorno-Karabakh che fu assegnato dall’Unione Sovietica all’Azerbajgian.

«Le rivendicazioni territoriali dell’Azerbajgian: una minaccia militare per l’Armenia. Come ampiamente previsto, l’Azerbajgian ha presentato rivendicazioni territoriali all’Armenia dopo aver assorbito il Nagorno-Karabakh. Ciò significa che è probabile che l’Azerbajgian provochi nuovi scontri militari lungo il confine tra Armenia e Azerbajgian, in particolare nelle aree in cui sostiene che ci siano “enclavi Azerbajgiane”.
Secondo i media azeri, durante una recente conversazione telefonica con il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, Ilham Aliyev “gli ha ricordato 8 villaggi (3 enclavi), sottolineando che sono ancora sotto l’occupazione dell’Armenia, e ha evidenziato l’importanza della loro liberazione”.
Negli anni ’90, l’Azerbajgian occupava la maggior parte dei territori di 4 villaggi a Tavush: il 70% della terra arabile del villaggio di Berkaber, il 70% della terra arabile del villaggio di Paravakar, la terra arabile dei villaggi di Aygehovit e Vazashen, nonché il enclave di Artsvashen. Seguendo il principio dello specchio, Ilham Aliyev dovrebbe fornire una data specifica in cui le unità dell’esercito armeno entreranno e stabiliranno il controllo sui territori occupati dei 4 villaggi e di Bashkyand/Artsvashen a Tavush.
Quando Aliyev usa le parole “occupazione” e “liberazione” nel contesto delle enclavi, rivela i suoi piani militari contro l’Armenia. Non è escluso che l’Azerbajgian annunci una nuova operazione militare contro l’Armenia con l’obiettivo di “liberare le enclavi”.
Questi villaggi erano abitati dagli Azeri durante l’Unione Sovietica, ma l’Azerbajgian non ha basi legali per considerarli sotto la sua sovranità. L’Azerbajgian non ha basi legali per dimostrare durante i lavori della commissione di demarcazione che gli 8 villaggi (3 enclavi) sono stati ceduti all’Azerbajgian con una decisione legale dell’Unione Sovietica. Piuttosto, l’Azerbajgian cercherà di provocare un’escalation militare.
Se l’Azerbajgian lascia la questione delle enclavi alla commissione di demarcazione, non sarà in grado di presentare basi legali. In altre parole, c’è la possibilità che l’Azerbajgian effettui un attacco militare contro l’Armenia per occupare con la forza le enclavi, dopodiché accetterà di firmare un accordo.
L’Azerbajgian non accetterà di lasciare le questioni relative ai chiarimenti territoriali alla commissione di demarcazione. Nel maggio e novembre 2021 e nel settembre 2022, l’Azerbajgian ha effettuato attacchi militari e occupato almeno 150 chilometri quadrati di territorio sovrano armeno. L’Azerbajgian dovrebbe restituire all’Armenia l’enclave armena di Artsvashen, nonché le terre coltivabili confiscate negli anni ’90 nei 4 villaggi di confine di Tavush.
L’area delle terre occupate dall’enclave armena Artsvashen e dai 4 villaggi armeni di Tavush nel territorio dell’Azerbajgian è quasi uguale all’area delle tre enclavi rivendicate dall’Azerbajgian.
Ilham Aliyev dovrebbe fornire una data specifica in cui le unità dell’esercito armeno entreranno e stabiliranno il controllo sui territori occupati dei 4 villaggi armeni e su Bashkyand (Artsvashen) a Tavush. Nell’elenco degli insediamenti dell’Armenia sovietica, pubblicato un anno dopo il censimento del 1923, Artsvashen (Bashkyand) era un villaggio con 4mila abitanti Armeni.
La sua area è quasi la stessa di tutte le enclavi azere messe insieme. Se Ilham Aliyev richiede 8 villaggi azeri (in realtà 3 enclavi) dall’Armenia, deve prima presentare chiare basi legali che dimostrino che appartengono realmente all’Azerbajgian. Lì vivevano degli Azeri, ma perché viene considerato il territorio dell’Azerbajgian? Sono sicuro che non sarà in grado di farlo. Ma, anche se presenta basi legali, l’Azerbajgian deve indicare una data chiara in cui l’esercito armeno entrerà nelle terre catturate dai 4 villaggi e nell’enclave di Artsvashen/Bashkyand e ne stabilirà il controllo.
Si discute sulle enclavi azere fin dagli anni ’20. Nel 1925 ci fu la proposta di scambiare i 7 villaggi di Tavush abitati dagli Azeri con Artsvashen. La decisione è stata presa per tenere conto delle opinioni dei residenti. I musulmani di Tavush preferirono restare sul posto, mentre gli abitanti di Artsvashen non volevano che la loro zona diventasse parte dell’Azerbajgian sovietico.
Per lo stesso principio, la popolazione musulmana di Sofulu, Barkhudarlu e Verin Voskepar non voleva entrare nella composizione dell’Armenia sovietica né voleva che la popolazione fosse trasferita. Ecco perché la questione è rimasta in sospeso.
Secondo il punto 2 della versione preliminare della dichiarazione scritta da Vladimir Putin il 9 novembre 2020 “l’Armenia avrebbe dovuto cedere all’Azerbajgian le regioni del Ghazakh detenute dalla parte armena”. Tuttavia, la parte armena si è opposta a ciò ed è stato rimosso dal testo originale del 9 novembre.
Negli anni ’90, i rappresentanti delle autorità armene affermarono che era stato raggiunto un accordo con l’Azerbajgian per lo scambio delle enclavi. Di conseguenza, l’enclave armena di Artsvashen e i territori occupati da quattro villaggi di Tavush furono scambiati con tre enclavi azere.
Artsvashen e i territori armeni dei quattro villaggi di Tavush rimasero sotto il controllo dell’Azerbajgian, mentre le tre enclavi rivendicate dall’Azerbajgian e non legalmente giustificate rimasero all’Armenia. In effetti, è stata una decisione saggia, perché i territori rivendicati da Armenia e Azerbajgian avevano la stessa superficie e nessuno ha perso territorio.
Perché Aliyev solleva nuovamente la questione adesso?
In primo luogo, sollevando la questione delle enclavi già risolta, l’Azerbajgian sta cercando di gettare le basi per una nuova aggressione militare contro l’Armenia. Nella sua conversazione con Michel, Aliyev ha osservato che l’approccio della Francia di fornire armi all’Armenia non serve alla pace, ma a un nuovo conflitto. “E se nella regione dovesse scoppiare nuovamente un conflitto, il colpevole sarà la Francia”, ha detto Aliyev. In altre parole, Aliyev attribuisce la colpa della nuova guerra che sta provocando alla Francia, a partire da oggi.
Nel frattempo, l’Azerbajgian si sta armando attivamente con armi acquistate da Israele, Pakistan e Russia, che è un suo diritto sovrano. È anche diritto sovrano dell’Armenia acquistare armi dall’India, dalla Francia e da altri Paesi.
La ratifica da parte dell’Armenia dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale è un’altra garanzia per la comunità internazionale che l’Armenia non condurrà guerre di aggressione né commetterà crimini di guerra. Perché l’Azerbajgian non ratifica lo Statuto di Roma? Perché sta preparando un nuovo attacco militare contro l’Armenia. Dovrebbe essere chiaro alla comunità internazionale quale parte persegue l’obiettivo dell’aggressione. Aliyev ha bisogno di continue aggressioni contro l’Armenia per mantenere il suo potere.
In secondo luogo, Aliyev sta cercando di posizionarsi prima dei negoziati di Brussel per commerciare con l’Armenia. Non è escluso che si raggiunga un accordo per riconfermare lo scambio di enclave avvenuto negli anni ’90.
Due giorni prima dell’incontro di Granada, il 3 ottobre, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha affermato nella sua ultima conversazione con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, che Baku non può avere rivendicazioni territoriali contro l’Armenia. Michel ha anche chiesto di garantire il riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale tra Baku e Yerevan. Se si decidesse di rivendicare reciprocamente le enclavi, l’Azerbajgian dovrebbe restituire all’Armenia non solo le terre conquistate ad Artsvashen e i quattro villaggi di Tavush, ma anche i 150 chilometri quadrati occupati dall’Armenia negli ultimi tre anni.
Sarebbe saggio lasciare queste domande alla commissione di demarcazione, alla decisione degli esperti. Anche gli specialisti europei dovrebbero partecipare alla delimitazione per risolvere le questioni controverse.
Ma poiché si tratta di un dittatore sanguinario nella persona del Presidente dell’Azerbajgian, la probabilità di nuovi focolai militari al confine armeno-azerbajgiano è alta. Gli USA, l’UE, la Germania e la Francia hanno espresso il loro sostegno ad alto livello all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Armenia. Devono impegnarsi a costringere l’Azerbajgian ad abbandonare una nuova guerra contro l’Armenia. Le questioni di confine dovrebbero essere risolte in una commissione di esperti, non col sangue. Non si può perdere sempre contro un dittatore come Aliyev ed essere screditati come attori internazionali, come è accaduto nel caso della pulizia etnica del Nagorno-Karabakh» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, in visita in Georgia, ha affermato che i colloqui di pace con l’Armenia potrebbero svolgersi lì, se Yerevan fosse d’accordo: «Se ci sarà un accordo da parte armena, i Capi delle nostre istituzioni competenti potrebbero venire in Georgia per incontri bilaterali e trilaterali». Aliyev cerca di trovare un forum negoziale in cui non siano coinvolti né l’Occidente né la Russia, dove potrebbe fare il bullo del villaggio indisturbato.

«Attraverso Ilham Aliyev, Putin ed Erdoğan stanno cercando di spingere gli USA e l’UE fuori dal Caucaso meridionale. Ciò è dimostrato dalla nuova iniziativa pubblicizzata da Aliyev. Nella conferenza stampa con il Primo Ministro Garibashvili, Aliyev ha dichiarato: “Oggi diversi Paesi e alcune organizzazioni internazionali stanno cercando di aiutare il processo di normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaijan. Secondo me, la scelta più corretta in questa direzione può essere la Georgia, tenendo conto sia dei legami storici che del fattore geografico”.
Secondo Aliyev, se l’Armenia sarà d’accordo, i capi delle strutture competenti dell’Azerbaigian potranno immediatamente “venire in Georgia per incontri sia bilaterali che trilaterali. La firma del trattato di pace creerà una nuova situazione politica nel Caucaso meridionale e stabilirà la cooperazione nel Formato Baku-Tbilisi-Yerevan. I Paesi della regione potranno avviare la cooperazione in formato tripartito. Ora che questo momento è arrivato, sarebbe un grosso errore perdere questa opportunità”.
I Ministri degli Esteri di Armenia e Azerbajgian si sono incontrati a Tbilisi nel luglio 2022, ma i colloqui non sono continuati. Vedo il Caucaso meridionale come una patria pacifica e prospera di popoli. E penso che i popoli armeno, azerbaigiano e georgiano abbiano l’opportunità di rendere il Caucaso meridionale una regione sviluppata e prospera. Sono favorevole alla cooperazione tripartita. Tuttavia, sorgono dubbi sul perché Ilham Aliyev voglia lasciare l’UE e gli USA fuori dal processo di risoluzione armeno-azerbajgiano e renderlo un formato bilaterale.
È chiaro che, sebbene la Georgia possa essere un paese ospitante, la cosa più importante che i nostri colleghi Georgiani possono fare è organizzare una buona ospitalità: buon hotel, buona cena, buoni drink. La Georgia non ha la leva finanziaria e il peso di mediazione per offrire pacchetti negoziali alle parti armena o azera, per garantire che le parti adempiano ai propri obblighi.
E perché Aliyev sta cercando di cancellare i formati di Brussel e Washington e di spostare il processo in Georgia? L’obiettivo a lungo termine dell’Azerbajgian è quello di escludere l’Occidente dai negoziati armeno-azerbajgiani e di coinvolgere ufficialmente la Turchia e la Russia attraverso l’attivazione del formato 3+3.
Questa proposta di continuare il processo in Georgia è un anello intermedio per l’Azerbajgian nel suo obiettivo di sbarazzarsi dell’Occidente e coinvolgere Turchia e Russia. Quando dico “Aliyev”, leggi “Putin-Erdoğan-Aliyev”. Lasciami spiegare più in dettaglio.
Guardate le valutazioni negative in Occidente della recente pulizia etnica dell’Azerbajgian nel Nagorno-Karabakh. Nella dichiarazione adottata dai leader di UE, Francia, Germania e Armenia a Granada il 5 ottobre, quanto accaduto nel Nagorno-Karabakh viene definito “deportazione di massa”. I leader europei hanno sottolineato il loro “incrollabile sostegno all’indipendenza, alla sovranità, all’integrità territoriale e all’inviolabilità dei confini dell’Armenia”. Hanno sottolineato che i rifugiati del Nagorno-Karabakh dovrebbero godere liberamente del diritto di tornare alle loro case e ai luoghi di residenza, senza alcuna condizione, sotto il monitoraggio internazionale e nel rispetto della loro storia, cultura e diritti umani. Rimangono inoltre impegnati in tutti gli sforzi volti alla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, basate sul reciproco riconoscimento della sovranità, dell’inviolabilità dei confini e dell’integrità territoriale dell’Armenia (29.800 kmq) e dell’Azerbajgian (86.600 kmq). I leader europei hanno chiesto un rigoroso rispetto del principio del non uso della forza. Hanno sottolineato l’urgente necessità di lavorare sulla demarcazione sulla base delle ultime mappe dello Stato Maggiore dell’URSS, che sono state fornite alle parti e dovrebbero servire anche come base per mantenere la distanza tra le forze, finalizzare l’accordo di pace e risolvere tutti i problemi umanitari. I leader europei hanno chiesto una maggiore cooperazione regionale e l’apertura di tutti i confini, compresi quelli tra Armenia e Turchia, nonché l’apertura di legami regionali, basati sul pieno rispetto della sovranità e della giurisdizione dei Paesi, nonché i principi di uguaglianza e reciprocità.
Non è un caso che Aliyev abbia rifiutato di partecipare a un incontro a Granada, il cui testo conclusivo era quello di respingere tutte le tesi dell’Azerbajgian. L’Azerbajgian intende violare l’inviolabilità dei confini e l’integrità territoriale dell’Armenia occupando con la forza militare le enclavi e il Corridoio di Zangezur. In questo senso ha il sostegno di Turchia e Russia. Nel frattempo Macron, Scholz e Michel lo considerano inaccettabile.
Sebbene l’Azerbajgian si dichiari pronto ad accogliere gli Armeni che hanno lasciato il Nagorno-Karabakh, in realtà è felice che il Karabakh abbia subito la pulizia etnica. L’Azerbajgian ha bisogno del Karabakh senza Armeni in modo che in futuro non si sollevi la questione dell’autodeterminazione. L’Azerbajgian ha organizzato la pulizia etnica eliminando gli Armeni, ma i leader europei hanno affermato che gli Armeni dovrebbero ritornare sotto il monitoraggio internazionale. L’Azerbajgian non lo vuole. La condizione per il ritorno degli Armeni appartiene non solo al formato di Granada, ma anche a quello di Brussel, dove Aliyev incontrerà presto Pashinyan. Pochi giorni fa, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha parlato a Granada dell’aggressione azera contro il Karabakh: “Siamo scioccati dalla decisione dell’Azerbajgian di usare la forza militare. L’Azerbaigian deve riconoscere chiaramente l’integrità territoriale dell’Armenia. Ho parlato con il Presidente Aliyev due giorni fa e gli ho detto chiaramente che non può avere richieste territoriali dall’Armenia. Questo dovrebbe essere detto ad alta voce e dovrebbe essere garantito il riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale di Armenia e Azerbajgian”.
Il 7 ottobre Michel ha parlato con Aliyev: “Ho ribadito la necessità del rispetto reciproco dell’integrità territoriale e della sovranità e del progresso verso la demarcazione dei confini. Ho anche sottolineato la necessità di garantire la sicurezza e i diritti degli Armeni del Karabakh a lungo termine”.
In altre parole, è ovvio che il formato di mediazione occidentale non considera chiusa la questione del Nagorno-Karabakh e solleva la questione del diritto degli Armeni al ritorno. Inoltre, gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Francia e la Germania chiedono a gran voce all’Azerbajgian di riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia e l’inviolabilità dei suoi confini. Non è un caso che, dopo la richiesta di Michel, Aliyev abbia parlato di “8 villaggi azeri” situati nel territorio dell’Armenia.
In altre parole, uno scomodo processo negoziale attende l’Azerbajgian in qualsiasi formato occidentale, sia a Brussel, a Washington, o nel formato a cinque. L’Occidente pone delle linee rosse davanti all’Azerbajgian, che intende oltrepassare. Rimanendo nei formati occidentali, Aliyev viene privato dell’opportunità di usare la forza militare contro l’Armenia. Se il processo rimane in Occidente e l’Azerbajgian usa la forza militare contro l’Armenia, allora gli Stati Uniti, l’UE e i Paesi europei applicheranno severe sanzioni contro l’Azerbajgian. Aliyev non lo vuole.
Portando il processo di risoluzione armeno-azerbajgiano in Georgia, l’Azerbajgian sarà liberato dalle pressioni occidentali, la componente internazionale sarà esclusa dal processo armeno-azerbajgiano e diminuiranno i rischi che l’aggressione dell’Azerbajgian venga punito. Naturalmente Aliyev ha il sostegno di Russia e Turchia, con le quali ha creato il formato 3+3, che punta a cacciare l’Occidente. Si tratta di spingere l’Occidente fuori dal Caucaso meridionale e di risolvere i problemi regionali nel dominio Turchia-Russia-Iran-Azerbajgian.
Tuttavia, sono sicuro che l’Armenia non permetterà che l’Occidente venga espulso dal Caucaso meridionale e che i formati negoziali occidentali continueranno ad essere rilevanti» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Come Europa, Russia e ONU hanno abbandonato l’Artsakh
Le grandi potenze si sono voltate dall’altra parte mentre Azerbajgian e Turchia colpivano gli armeni, «gli italiani no, e li ringrazio». Intervista all’Ambasciatore dell’Armenia in Italia, Tsovinar Hambardumyan
di Gabriele Cappi
Tempi.it, 8 ottobre 2023


L’Armenia è sola, abbandonata. Una nazione che ha visto il suo territorio estendersi dalla Cilicia al mar Caspio e ora rischia di perdere anche i pochi chilometri scampati a un secolo di imperialismo turco e pressione azera. L’ultimo fosco capitolo di questa vicenda ha visto l’Azerbajgian isolare ed affamare la regione del Nagorno-Karabakh per poi attaccare e distruggere, con l’avvallo di Mosca, la libera Repubblica di Artsakh. Per provare a capire meglio l’intricato guazzabuglio geopolitico abbiamo raggiunto l’Ambasciatore armeno in Italia, Tsovinar Hambardzumyan.

Ambasciatore, l’Armenia in queste ore sembra lasciata al suo destino dall’Unione Europea, dalla Russia e dagli Stati Uniti. È davvero così?
Le tre potenze da lei menzionate sono state coinvolte nella mediazione del conflitto del Nagorno-Karabakh: Stati Uniti, Russia e Francia per conto anche dell’Unione Europea in qualità di co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE. Naturalmente questi Paesi hanno lavorato per più di 25 anni cercando di risolvere il conflitto, ma penso che quando una delle parti non vuole risolvere il conflitto non è facile neanche per i mediatori. Poi la situazione è cambiata con lo scoppio del conflitto ucraino, quando queste 3 potenze si sono rifiutate di lavorare insieme, il che ha reso le cose molto più complicate.
Infatti, i tre Paesi hanno lanciato decine di appelli dopo la guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, anche dopo il blocco da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Lachin condannando il popolo alla fame, ma come avete visto l’Azerbajgian non ha tenuto conto di questi appelli. L’atteggiamento dell’Europa e degli Stati Uniti è stato troppo civile con l’Azerbajgian, mentre quest’ultimo, incoraggiato dalla Turchia, li ha semplicemente ignorati. Solo ora il Parlamento Europeo sta votando una risoluzione che fa riferimento a delle sanzioni contro l’Azerbajgian, quando l’intera popolazione è stata già sfollata forzatamente dalla propria terra.
Adesso, dire che questi poteri ci hanno abbandonato, sarebbe una definizione troppo dura, ma se mi chiede se hanno fatto abbastanza per fermare gli aggressori e per prevenire la pulizia etnica, la mia risposta è “no”.

E la Russia?
Dalla Russia, invece, avendo dei rapporti di alleanza strategica, ovviamente ci aspettavamo molto di più, più che da chiunque altro. Del resto è la Russia che attraverso le sue forze di pace aveva l’obbligo di garantire la sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh, ma è successo quello che è successo.

La Presidente Ursula von der Leyen un anno fa volava in Azerbajgian per firmare nuovi accordi sul gas e definiva Baku un “partner affidabile”… cosa si sente di dirle ora?
Sono convinta che la Presidente von der Leyen non aveva idea che le sue parole sull’Azerbajgian come un partner economico importante sarebbero costate centinaia di vite armene. La von der Leyen non avrebbe immaginato che il suo incoraggiamento al Presidente dell’Azerbajgian come importante partner economico sarebbe stato percepito come un via libera per assediare un’intera popolazione, per poi attaccarla e sottometterla alla pulizia etnica.

L’ONU alla luce degli ultimi avvenimenti ha inviato frettolosamente degli osservatori in Artsakh. Non pensa che sia un po’ tardi ora?
Non solo tardi. Ma l’ONU ha anche accettato l’invito di uno Stato autocratico ad andare a visitare il Nagorno-Karabakh, nei luoghi e nei tempi definiti dalle autorità azere. Mentre per 30 anni l’Armenia chiedeva di inviare lì una missione, soprattutto dopo la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, ma la nostra voce non è stata ascoltata.
Ricordiamo che dopo il blocco del Corridoio di Lachin, per mesi, la parte armena è stata impegnata con l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e con altre unità della Segreteria delle Nazioni Unite, chiedendo l’invio di una missione delle agenzie dell’ONU nel Nagorno-Karabakh per valutare la situazione umanitaria e dei diritti umani emersa a seguito del blocco, nonché per affrontare i bisogni umanitari della popolazione. La questione è stata sollevata più volte con le Nazioni Unite, ma la visita della delegazione ha avuto luogo solo quando, dopo la pulizia etnica, con il Nagorno-Karabakh completamente privo della sua popolazione indigena.

Sempre l’ONU afferma di non aver trovato segni di violenza o possibile genocidio, ma parlando con i profughi a noi risulta il contrario. Chi ha ragione?
Non nascondo che per noi è stata una grande delusione vedere la visita della delegazione in Nagorno-Karabakh guidata dal Coordinatore permanente delle Nazioni Unite in Azerbajgian e il comunicato stampa diffuso con i suoi “risultati”.
Per mesi, molte organizzazioni internazionali per i diritti umani, giuristi indipendenti e studiosi di genocidio hanno espresso preoccupazione per il pericolo esistenziale per popolazione del Nagorno-Karabakh, sottolineando il rischio di crimini atroci, che, di fatto, sono stati completamente ignorati dalle Nazioni Unite.
Il comunicato stampa successivo alla visita non riflette in alcun modo la situazione sul campo: non vi è alcun riferimento alle numerose vittime e ai feriti a causa dell’attacco dell’Azerbajgian, dalla distruzione mirata delle infrastrutture civili, al blocco del Corridoio di Lachin per più di 9 mesi e alla conseguente crisi umanitaria, al rapimento dei cittadini dal posto di blocco illegale vicino al ponte Hakari e altri fatti ormai noti. Sfortunatamente, la visita della delegazione del Coordinatore permanente delle Nazioni Unite in Azerbajgian è stata utilizzata dall’Azerbajgian per promuovere la propria propaganda e per ripulire la propria immagine, alla luce dei tanti crimini commessi.
L’Armenia si aspetta una risposta inequivocabile da parte delle Nazioni Unite rispetto alla pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh, alle gravi violazioni dei diritti umani fondamentali del suo popolo in conformità con i principi fondamentali del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite.

L’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo a riconoscere lo sterminio degli armeni; tuttavia, continua a comprare gas e vendere armi al regime di Ilham Aliyev, vi sentite traditi dal governo italiano?
I rapporti tra l’Armenia e l’Italia sono basati sulla secolare storia comune, stretti legami culturali, amicizia, fiducia tra i nostri antichi popoli e valori comuni. È proprio in Italia che l’Armenia e Roma, come due antiche civiltà, si possono vedere sulla stessa mappa. E non credo che il petrolio e il gas possono diminuire i nostri rapporti con l’Italia oppure far tacere l’Italia contro crimini e ingiustizia.
Il Ministero degli Esteri italiano ha rilasciato una dichiarazione invitando l’Azerbajgian a fermare le operazioni militari, ma naturalmente ci aspettavamo di più. Ci aspettiamo di più da un Paese di cui l’art 11 della Costituzione sancisce che «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Ci aspettiamo di più da un Paese la cui legislazione proibisce la vendita di armi verso i Paesi in stato di conflitto armato e verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa. Ci aspettiamo di più da un Paese che si posiziona come una delle democrazie più avanzate al mondo, che ha a cuore la giustizia e i diritti umani indipendentemente dagli interessi economici.
Ma intanto io vorrei cogliere questa occasione e esprimere la mia più profonda gratitudine a questo meraviglioso popolo, il popolo italiano, per la sua sensibilità verso la giustizia. Durante l’ultimo attacco dell’Azerbajgian i telefoni dell’ambasciata squillavano in continuazione per le telefonate dei comuni cittadini per esprimere il sostegno al popolo armeno.
Ringrazio tutti i senatori e onorevoli, consiglieri comunali e regionali, intellettuali, professori universitari, studenti, scrittori, giornalisti, rappresentati della società civile, tutti coloro che ci hanno aiutato a superare la sfida più difficile che è capitata all’Armenia durante questi anni da Stato indipendente. È particolarmente importante per noi Armeni avere amici che sono guidati dai forti valori.

Se oggi una persona volesse aiutare l’Armenia cosa si sente di consigliare?
Io consiglierei prima di tutto di non tacere davanti all’ingiustizia e a quello che sta accadendo oggi nel Nagorno-Karabakh, di essere guidati sempre dalla propria coscienza e dal proprio cuore e non dagli interessi materiali. Gli interessi sono passeggeri. Alla fine, ciò che ti perseguita per tutta la vita è la coscienza.

Erdoğan e Aliyev hanno più volte detto che sono “due nazioni un solo popolo”, ho l’impressione che l’avanzata turco-azera non sia finita qui… o sbaglio?
Il pericolo c’è sempre, ma forse sono ottimista sul fatto che, nonostante tutto quello che è successo, l’Azerbajgian, ispirato dall’appoggio della Turchia, non compirà un’azione così folle. Spero anche che l’Azerbajgian capisca bene che non può ignorare totalmente l’opinione della comunità internazionale a lungo andare, questo modo di fare politica non fa parte della cultura occidentale. L’Azerbajgian ha ancora l’ambizione di collaborare con l’Europa, almeno per vendere il suo gas, e quindi dovrà tenere conto dell’opinione del mondo occidentale.
Per quanto riguarda la propaganda da parte dell’Azerbajgian e della Turchia sul cosiddetto “corridoio”, questa è un’aspirazione di questi due Paesi che mirano all’unificazione e al panturchismo attraverso il sud dell’Armenia. Cosa che dovrebbe preoccupare anche l’Europa.
Comunque, l’unico accordo che abbiamo con gli Azeri – cioè l’unico documento firmato – riguarda lo sblocco di tutte le vie di comunicazione nella regione. E l’Armenia ha sempre espresso la sua disponibilità a rispettarlo. Inoltre, quell’unico documento che l’Armenia ha firmato prevedeva il libero movimento attraverso il Corridoio di Lachin, un obbligo che l’Azerbajgian non ha mai rispettato, portando alla deportazione forzata dell’intera popolazione.

Una famiglia israeliana terrorizzata è tenuta in ostaggio dai terroristi di Hamas dopo aver ucciso una sorella 12enne della bambina, 7 agosto 2023.

«Quando lavoravo sul genocidio degli Yazidi, Internet era pieno di foto, video e persino riviste che propagandavano i crimini dell’ISIS contro le vittime. Ancora una volta, dopo il conflitto del Karabakh, film di torture e decapitazioni. Ora lo stesso in Israele. Tutto filmato in diretta e condiviso in rete. In passato, gli eserciti e anche i criminali più feroci cercavano di nascondere i propri crimini. Oggi, li condividono in modo sistematico, cercando di raggiungere quanti più spettatori possibile. È un’arma, contro le vittime innanzitutto, ma anche contro ciascuno di noi. Un’arma devastante da cui nessuno ha ancora capito come difendersi. Cercate, se potete, di proteggere le persone più fragili da questo terribile materiale» (Simone Zoppellaro).

Il governo israeliano ha aiutato e favorito il genocidio del popolo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, sia con ampi armamenti che con il sostegno politico/diplomatico. Perché il popolo ebraico lo tollera, di fronte alla Shoah e al sanguinoso conflitto con i terroristi di Hamas?

Ancora nessun numero ufficiale concreto sui militari (e civili) uccisi e dispersi durante l’attacco terroristico dell’Azerbajgian e l’occupazione dell’Artsakh il 19 e 20 settembre. Nessuno ne parla nemmeno il governo dell’Armenia, l’unica parte che dovrebbe essere interessata a pubblicare almeno una cifra.

«Quante persone che seguono regolarmente le notizie e gli sviluppi internazionali conoscono la vera portata del genocidio armeno del 2023 commesso dall’Azerbajgian? Perché i principali media occidentali sono stati per lo più silenziosi o addirittura complici dell’Azerbajgian? Perché i governi occidentali non hanno fatto nulla di concreto per fermare lo spargimento di sangue? Perché riferiscono ancora all’Azerbajgian come al loro alleato “affidabile”? Il loro atteggiamento virtuoso nei confronti del terrorismo di Hamas suona quindi disgustosamente ipocrita mentre tollerano ancora il governo genocida dell’Azerbajgian» (Uzay Bulut).

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