Genocidio armeno 2023. Lo sapevate e l’avete voluto

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.10.2023 – Vik van Brantegem] – Il badge sul braccio di un soldato azero, che riportiamo in copertina, intorno alla foto di Enver Pascià recita: «Non scappare Armeno morirai di sfinimento”. Lo ha riferito lo storico turco, Prof. Dr. Taner Akçam, Direttore per la Ricerca sul genocidio armeno presso il Promise Armenian Institute di Los Angeles, sulla sua pagina Facebook, in turco e in inglese, pubblicando la foto del badge sul braccio di un soldato azero: «Il badge sul braccio di un soldato azerbajgiano recita in azero “Qaçma Erməni sadəcə yorğun öləcəksən” [Non scappare Armeno morirai si sfinimento]. Conoscete tutti la persona nella foto: Enver Pascià. Uno dei principali artefici del genocidio armeno. Sembra che ci sia un legame diretto nella mente del governo azera tra il genocidio del 1915 e le sue stesse azioni. Quindi non abbiamo bisogno di stabilire questo legame in seguito. La domanda è: cos’altro potrà fare ancora questa mentalità in questa regione? Per evitare l’espressione “non lo sapevamo”, consiglio che l’Immagine venga distribuita abbondantemente da tutti».

Il Generale Enver Pascià (Istanbul, 22 novembre 1881 – Baldžuan, 4 agosto 1922), ufficiale militare e capo della rivoluzione dei Giovani Turchi, ebbe un ruolo di primo piano nell’ultimo periodo dell’Impero Ottomano. Fu Triumviro e Ministro delle Guerra dell’Impero ottomano dal 4 gennaio 1914 al 13 ottobre 1918. Fu a favore dell’eliminazione delle popolazioni che non erano di origine turca nel territorio dell’Impero Ottomano, eventi noti come il genocidio degli Armeni, degli Assiri e dei Greci del Ponto. Ha dichiarato che l’Impero Ottomano doveva essere “ripulito” dagli Armeni e da tutte le altre minoranze cristiane, come i Greci e gli Assiri: «Abbiamo distrutto i primi con la spada e distruggeremo i secondi per fame». Aveva inoltre dichiarato all’Ambasciatore americano Henry Morgenthau di accettare l’intera responsabilità di tutto l’accaduto.

Il primo genocidio del popolo armeno nel XX secolo
si è ripetuto nel XXI secolo

La missione di monitoraggio delle Nazioni Unite è arrivata in Artsakh ad imbiancare la pulizia etnica dell’Azerbajgian. Successivamente, la missione delle Nazioni Unite dichiarerà che non sono state registrate violazioni nell’Artsakh, ora completamente pulito etnicamente. L’ONU vuole che questo venga imbiancato. Anche la loro reputazione è in gioco. Volevano che la regione si arrendesse e che il conflitto fosse “risolto” in modo da poter iniziare il prossimo gioco geopolitico. Riconoscere la pulizia etnica non ha aiutato nessuno se non la giustizia e i diritti umani, cose di cui la comunità internazionale non si preoccupa. Eterna vergogna.

Questo per la coscienza dell’ONU, dell’UE, della comunità internazionale: «”Mi stai dicendo che non andremo nell’Artsakh? Hanno dato l’Artsakh a qualcun altro? Artsakh è un giocattolo da regalare a qualcun altro? Perché non rispondi alle mie domande?” La quantità di stress a cui sono sottoposti i bambini dell’Artsakh a seguito dell’occupazione della loro terra natale da parte dell’Azerbajgian» (Anush Mkhitaryan).

L’esodo forzato raggiunge la sua logica conclusione.

«Il processo di trasferimento delle persone sfollate con la forza dall’Artsakh sta giungendo alla sua logica conclusione», ha affermato il Portavoce del Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nazeli Baghdasaryan, durante la conferenza stampa presso il Centro umanitario.

Baghdasaryan ha annunciato che fino alle ore 20.00 ora locale (ore 18.00 di Roma) di ieri 1° ottobre, sono arrivati in Armenia 100.514 sfollati forzati dall’Artsakh (49% uomini e 51% donne; 222 donne incinte, 2.105 persone con disabilità, 283 feriti; 48.649 persone hanno utilizzato gli alloggi forniti dallo Stato nelle varie regioni). 21.106 veicoli hanno attraversato il ponte Hakari.

Baghdasaryan ha detto che 24 persone sono arrivate nelle 4 ore prima delle ore 20.00. «Qualche minuto fa è arrivato a Goris un autobus con 15 passeggeri. Seguiremo ogni chiamata e, se le persone vorranno trasferirsi in Armenia, verrà organizzato il trasferimento».

Baghdasaryan ha informato che 363 pazienti sfollati con la forza dall’Artsakh stanno attualmente ricevendo cure in varie strutture mediche in Armenia, tra cui 214 che sono rimasti feriti a causa di esplosioni e 114 a seguito delle operazioni militari. Altri sono entrati in strutture mediche con varie malattie croniche o terapeutiche, compreso lo stent cardiaco. Un gran numero di pazienti versa in condizioni gravi ed estremamente gravi. Ci sono anche bambini ricoverati in terapia intensiva, le cui condizioni sono valutate gravi ed estremamente gravi.

Studenti e volontari a Goris che fanno uno sforzo di essere d’aiuto agli Armeni sfollati con la forza dall’Artsakh.

Stepanakert, città fantasma.

Il Difensore per i Diritti Umani della Repubblica di Artsakh, Gegham Stepanyan, ha informato: «Una piccola squadra di persone dedicate ha seguito centinaia di allarmi ed è andata porta a porta per evacuare persone indifese. Se avete ancora informazioni chiare sulle persone sole o indifese rimaste nell’Artsakh, vi preghiamo di contattare il Comitato Internazionale della Croce Rossa, o di fornirci le informazioni in modo che possiamo trasferirle al CICR».

Il Centro d’informazione della Repubblica di Artsakh informa che il Presidente Samvel Shahramanyan rimarrà a Stepanakert insieme ad un gruppo di funzionari governativi fino al completamento delle operazioni di ricerca e salvataggio dei resti delle persone uccise e disperse a seguito dell’attacco dell’Azerbajgian su larga scala del 19-20 settembre e dell’esplosione del deposito di carburante. Inoltre, il governo continua a prestare attenzione alla questione dei cittadini che desiderano trasferirsi nella Repubblica di Armenia, ma rimangono per vari motivi ancora nel territorio della Repubblica di Artsakh.

Non esiste ancora un numero ufficiale sulle perdite militari da parte dell’esercito di difesa della Repubblica di Artsakh durante l’attacco terroristico dell’Azerbajgian il 19 e 20 settembre. Si pensa che molti corpi siano rimasti dove sono caduti o i militari siano morti a causa delle ferite riportate (non potevano essere evacuati). Ci sono rapporti di molti combattimenti fino all’ultimo uomo nelle loro posizioni.

Un gruppo di dipendenti del Servizio statale di emergenza del Ministero degli Interni, della Polizia stradale e il Capo del Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh, Karen Sarkisyan, nella cattedrale dell’Intercessione della Santa Madre di Dio a Stepanakert. Continuano il loro lavoro di emergenza in Artsakh.

Ieri abbiamo scritto: «I media statali azeri riferiscono che l’Azerbajgian ha inviato ambulanze, attrezzature e personale medico a Stepanakert oggi, pochi giorni dopo la fuga della stragrande maggioranza degli Armeni dall’Artsakh, ma poco prima che la missione di monitoraggio delle Nazioni Unite effettuasse la sua prima visita. Propaganda. Così come la visita delle Nazioni Unite stessa, in corso dopo la pulizia etnica».

Ed ecco, successivamente è arrivata la conferma dello scopo. Mentre la popolazione locale è stata sfollata e ripulita l’Artsakh completamente dalla sua popolazione in pochi giorni – incluso malati, infermi, anziani – piace ai media servi di Aliyev, come JAM News Caucaso, di negare e di fare del loro meglio per imbiancare l’Azerbajgian: «I rappresentanti delle Nazioni Unite a Khankendi (Stepanakert) stanno ispezionando le strutture del servizio medico e le condizioni stabilite dalle autorità azere per la popolazione locale». Esilarante. “Per la popolazione locale” che non c’è più, finché non inizia – prendendo esempio da suo padre Hajdar – a fare il trasferimento di massa di Azeri.

Il diacono Hrayr tiene l’ultima liturgia nella cattedrale dell’Intercessione della Santa Madre di Dio di Stepanakert.

Padre Derenik e i suoi due diaconi, il diacono Hovhannes e il diacono Arsen, hanno attraversato questa mattina il confine dell’Armenia. Hanno trovato Alexandre Goodarzy, Capo missione del SOS Chrétiens d’Orient in Armenia, al confine.

Un troll azero che si chiama Lemann Zadee (scrive nel suo profilo Twitter: Sono orgoglioso di essere un ∀zerbajgiano! [in inglese] Che Dio abbia pietà di tutti i nostri martiri [in azero]), posta il filmato della piazza del Risorgimento di Stepanakert, città che era rinomata per la pulizia prima del #ArtsakhBlockade, vuota e adesso ovviamente sporchissima, con il commento armenofobo: «Ancora una volta hanno mostrato le loro culture al mondo intero…».

La disgustosa autocrazia dell’Azerbajgian ha dichiarato di aver l’intenzione di distruggere il momento “Noi siamo nostre montagne” di Stepanakert. Sempre nel nome della “reintegrazione degli Armeni del Karabakh dell’Azerbajgian”.

La croce sopra Stepanakert è stata abbattuta già. La prima foto è del 29 settembre 2023.

«Il tema è complicato e infatti non ne parla nessuno. Ma io non voglio tacere: quanto dolore e preoccupazione nel vedere la rimozione dei simboli religiosi, come fanno qui gli Azeri contro gli Armeni. La diplomazia europea al solito sembra assente: c’è qualcuno a Brussel?» (Matteo Renzi – Twitter, 1° ottobre 2023 ore 13.03).

Un leader politico italiano che ha detto parole chiare. Raro. Come mai quelli del “Dio, Patria e Famiglia” e del crocifisso nelle aule tacciono? Le croci si difendono solo quando fa comodo?

Finalmente, anche se tardi, qualcosa si muove oltre le parole. Il gruppo parlamentare di amicizia franco-azerbajgiano cessa le sue attività. Lo ha annunciato il capo del gruppo, il Deputato Pierre Vatin (Les Républicains): «Il gruppo parlamentare di amicizia franco-azerbajgiano, che dirigo all’Assemblea nazionale, cesserà le sue attività e i suoi rapporti con l’Azerbaigian- Gruppo di amicizia con la Francia del Parlamento azerbaigiano». Questo fa molto male all’ego di Aliyev. Quanto tempo dobbiamo ancore aspettare di poter pubblicare la stessa notizia per il parlamento italiano?

«Seguo in questi giorni la drammatica situazione degli sfollati del Nagorno-Karabakh. Rinnovo il mio appello al dialogo tra l’Azerbajgian e l’Armenia, auspicando che i colloqui tra le parti, con il sostegno della Comunità internazionale, favoriscano un accordo duraturo che ponga fine alla crisi umanitaria. Assicuro la mia preghiera per le vittime dell’esplosione di un deposito di carburante avvenuta nei pressi della città di Stepanakert» (Papa Francesco – Dopo la recita dell’Angelus Domini in Piazza San Pietro, 1° ottobre 2023).

Questo ha detto il Papa ieri dopo la recita dell’Angelus. Si fa fatica a credere che ha pronunciato queste frasi. Ascoltando non si comprende cosa è successo e sta succedendo nel Caucaso meridionale.

«È appena avvenuta una pulizia etnica. E cosa fa Bergoglio? Un appello al dialogo. Immagino che si riferisca a un dialogo tra strade deserte, truppe russe e azere, perché in Karabakh non sono rimasti quasi più Armeni. Patetico» (Simone Zoppellaro).

Dialogo dialogo dialogo… ma niente giudizio dall’impermeabile Santa Sede su chi è l’aggressore e chi la vittima. Niente condanna per la distruzione di una millenaria comunità Cristiana.

«E altrimenti, Santissimo Padre, i 100.000 Armeni Cristiani che hanno subito la pulizia etnica in Artsakh/Nagorno-Karabakh per 5 giorni, questo le ispira qualche cosa, a lei, capo di una Chiesa Cristiana?» (Jean-Christophe Buisson, Vicedirettore di Le Figaro Magazine).

Parlano sempre dopo. Oggi parlano del silenzio di Pio XII. Domani parleranno del silenzio di Francesco. La Storia è implacabile.

«Una domanda per il Vaticano, insolitamente silenzioso sulla pulizia etnica degli Armeni del Karabakh: tra i milioni di dollari che prendete direttamente da Aliyev c’è anche una percentuale per la distruzione dei monumenti armeni nelle sue mani? Farete una benedizione su di loro?» (Simone Zoppellaro).

Perché le date contano.

1. Febbraio 2020: la moglie del Presidente di Azerbajgian, Mehriban Aliyeva, Primo Vicepresidente della Repubblica di Azerbajgian e Presidente della Fondazione Heydar Aliyev, per la sua opera nella cooperazione bilaterale Azerbajgian-Santa Sede, è stata insignita della più alta onorificenza del Vaticano, Dama di Gran Croce dell’Ordine Piano.

Settembre 2020: guerra di 44 giorni di aggressione di Baku contro gli armeni del Karabakh.

2. 14 gennaio 2023: il nuovo Ambasciatore dell’Azerbajgian presso la Santa Sede, Ilgar Mukhtarov, ha presentato le sue credenziali.
26 gennaio 2023: inaugurazione dell’Ambasciata dell’Azerbajgian presso la Santa Sede. Grandi strette di mano su rispetto tra religioni, tutela delle minoranze, «sviluppiamo la cooperazione culturale». Non c’è dubbio, ancora una volta la diplomazia della Santa Sede ha dato frutti importanti. Lo vediamo tutti.
In pieno assedio dell’Azerbajgian all’Artsakh e blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin).

Settembre 2023: nuova aggressione di Aliyev e pulizia etnica della popolazione indigena armena del Karabakh.

«Ora, senza voler stabilire alcun rapporto di causa ed effetto, è così difficile capire come si tratti di una grande operazione di imbiancatura? (Simone Zoppellaro).

La Santa Sede ha riconosciuto l’indipendenza della Repubblica di Azerbajgian il 23 maggio 1992. E da allora i rapporti sono sempre stati molto stretti. «L’anno 2022 ha segnato il trentesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Azerbajgian e Santa Sede e il mio Paese riserva grande importanza allo sviluppo delle relazioni con la Santa Sede ed è interessato al rafforzamento del dialogo politico, allo sviluppo della cooperazione nel settore culturale e in altri campi come dialogo interreligioso, scienza e istruzione. Le visite di Papa Giovanni Paolo II nel nostro Paese il 22 maggio 2002 e di Papa Francesco il 22 ottobre 2016, così come le visite del presidente Ilham Aliyev alla Santa Sede il 6 marzo 2015 e il 22 febbraio 2020 hanno contribuito significativamente allo sviluppo ulteriore delle relazioni», ha detto l’Ambasciatore a Il Messaggero.
Oltre alle relazioni bilateri, da sempre l’Azerbajgian rivendica il suo essere un Paese multiculturale e rispettoso delle diverse religioni: «L’Azerbajgian storicamente è un luogo dove rappresentanti di differenti culture e religioni – musulmani, ortodossi, ebrei, cattolici – vivono in pace e nel nostro Paese si sono sviluppate tradizioni forti di tolleranza religiosa. L’Azerbajgian promuove idee di coesistenza, tolleranza, rispetto reciproco e multiculturalismo in tutto il mondo. L’Azerbajgian contribuisce al dialogo interculturale e interreligioso nel mondo. Il nostro Paese ospita differenti eventi internazionali organizzati insieme a organizzazioni come il Forum umanitario internazionale e il Forum sul dialogo interculturale e interreligioso», ha concluso Mukhtarov.
Tra l’Azerbajgian e la Santa Sede esistono forti rapporti di collaborazione in molti campi, specialmente nel dialogo politico, nella tutela della cultura e del patrimonio culturale, nella scienza e nell’istruzione, in particolare attraverso la Fondazione Heydar Aliyev della moglie del Presidente di Azerbajgian, Mehriban Aliyeva, che negli ultimi anni ha compiuto numerose visite alla Santa Sede e, su sua iniziativa, sono stati realizzati importanti progetti di restauro.
Esistono nove accordi di cooperazione in ambito culturale, come, per esempio, il restauro delle catacombe romane dei Santi Marcellino e Pietro, il restauro e la digitalizzazione di 71 manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana, il restauro della statua di Zeus nel museo Pio Clementino, che fa parte dei Musei Vaticani, nonché degli antichi gabinetti della Sala Sistina dei Musei Vaticani, il restauro dei sarcofagi nelle catacombe di San Sebastiano, il restauro del mausoleo (cella di Leone) nelle catacombe di Santa Commodilla, il restauro della basilica di San Pietro (l’altare dell’incontro tra l’imperatore Unno Attila e Papa Leone I e il restauro della necropoli sotterranea della Basilica).
Il 3 marzo 2021, infine, è stato firmato un accordo tra la Fondazione Heydar Aliyev e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, che prevede il restauro della prima immagine – a colori e con la barba – conosciuta dall’umanità di Gesù nelle catacombe di Santa Commodilla, nonché di una serie di affreschi nelle catacombe. È in corso anche una cooperazione tra l’Agenzia internazionale per lo Sviluppo dell’Azerbajgian e il Pontificio Istituto Orientale dei gesuiti.

Hikmet Hajiyev, l’Assistente per gli Affari Esteri del Presidente dell’Azerbajgian ha dichiarato il 30 settembre in un’intervista con l’AFP: «Ci asteniamo dall’innalzare la bandiera azera in Karabakh, sappiamo che ci sono ancora civili e conosciamo le loro paure».

Aggiunge che le forze di sicurezza sono state schierate per sorvegliare alcuni siti. Che gentile, ma l’ennesima bugia da parte del gran bugiardo capo del regime di Aliyev. E comunque non ci sono rimasti quasi più civili. Quindi, sorvegliare per cosa, visto l’Artsakh è un Paese fantasma? Contro le forze di mantenimento della pace russe?

Intanto, le forze di sicurezza azeri, mentre “sorvegliano alcuni siti”, continuano, come fanno dal 20 settembre, a saccheggiare le case degli Armeni nelle quali, secondo i funzionari dell’Azerbajgian gli Armeni sono liberi di tornare. Questa fase del processo di “reintegrazione” passa attraverso la videoregistrazione della lingerie di una donna di pezzo per pezzo.

Soldati Azeri rubano, saccheggiano e distruggono case e automobili armene in Artsakh. I giornalisti stranieri, che intervistano i funzionari azeri – tra un pranzo e una cina – potrebbero forse avere qualche seguito al: «Sì, certo che gli Armeni possono tornare alle loro case!»

«Gli Armeni della regione di Garabagh iniziano a richiedere la cittadinanza dell’Azerbajgian. I loro documenti vengono elaborati a Khankendi (Nasimi Aghayev, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania). ¡jajajajajajajajaja!

È curioso che questo ufficio a Stepanakert abbia aperto e accettato le sue prime domande lo stesso giorno in cui la missione di monitoraggio delle Nazioni Unite è arrivata in città. E tutti i canali di propaganda statali dell’Azerbajgian mostrano solo queste due persone. La macchina della propaganda azeri a pieno ritmo.

Hajiyev all’AFP ha inoltre dichiarato: «Non possiamo accettare accuse di pulizia etnica o genocidio». «La pulizia etnica è un’azione violenta, quando qualcuno usa la forza contro i civili – [che è] esattamente ciò che l’Armenia usò contro di noi, 30 anni fa». «Ma ciò non significa che ripeteremo la stessa cosa». «Non c’è stato un solo caso di violenza o atrocità contro i civili. Lo attestano loro stessi». Quanto ai civili, «abbiamo aperto la porta e rispettato la loro libertà di movimento, libertà di scelta». «La maggior parte di loro dice: “Non posso vivere sotto la bandiera dell’Azerbajgian”. Non posso giustificarlo, ma rispetto la loro scelta». «Se [gli Armeni] accettassero la cittadinanza dell’Azerbajgian, proteggeremo e garantiremo i loro diritti e la loro sicurezza e istituiremo un sistema municipale in modo che possano governare i loro affari a livello locale e saranno garantiti i diritti religiosi e culturali».

Di fatto, Hajiyev conferma che c’era il blocco dell’Artsakh (“abbiamo aperto la porta”, quindi, prima era stata chiusa) e annuncia di aver completato la pulizia etnica nell’Artsakh. Parlando di “libertà” e “libera scelta”: ha fatto morire di fame e bombardato la gente. Hanno “scelto” di andarsene per paura della pulizia etnica.

L’intervista di Hajiyev come di consueto è un ammasso di menzogne. Tra altre, ieri la bandiera dello Stato della Repubblica di Artsakh è stata ammainata dagli edifici governativi, come è già stato fatto nei giorni precedenti nelle città fantasma di Martakert e Martuni.

A nessuno importa se Hajiyev accetti o no i fatti provati. E che l’AFP offre una piattaforma al capo della propaganda menzognera di Aliyev dice tutto sullo stato del giornalismo “libero”.

Testimonianza: «Come ti hanno trattato gli azerbajgiani durante il viaggio?», chiede il giornalista a Goris. Risposta: «Si sono avvicinati alla macchina, avevo le mani sul volante, e mi hanno costretto a togliermi l’anello dal dito e a darglielo. In macchina c’erano i miei figli, come potevo discutere con gli Azeri?»

«Per comprendere meglio la pulizia etnica del Nagorno-Karabakh, considera questo fatto. Nel 2020, l’Azerbajgian ha preso il controllo di alcune comunità armene di Nagorno-Karabakh. Ogni singola persona, per lo più anziani e disabili, che non fuggì, fu decapitata o giustiziata» (Simone Zoppellaro).

La pulizia etnica dell’Artsakh è terminata. In 6 giorni, più di 100.000 Armeni furono sfollati con la forza dall’Artsakh in Armenia, espulsi dalla loro patria millenaria. In definitiva, qual è lo scopo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, se non riesce a fermare un autocrate?

Gorbaciov arrivò con 3 giorni di ritardo nel fermare i pogrom degli Armeni a Sumgait. L’ONU è in ritardo di 5 giorni per fermare la pulizia etnica dell’Artsakh, quando era terminata. L’Unione Sovietica e oggi le Nazioni Unite “si preoccupano” allo stesso modo della popolazione armena che soffre a causa della violenza azera. Non lasciare nessuno indietro! È una bella frase, ma l’ONU e l’UE l’hanno cestinata.

«“Quasi un secolo nella mia amata casa, ora costretto ad andarmene”: Artavazd, 94 anni, del villaggio di Rev, Ieri nonno Artavazd era preoccupato per chi avrebbe dato da mangiare alle sue 5 galline. Spero che lo facciano i rappresentanti della missione ONU, se gli Azeri e i Russi non le hanno ancora mangiato» (Siranush Sargsyan).

«Nonostante la sua pretesa di essere politicamente corretto, dietro l’entrambidismo occidentale si nasconde un profondo razzismo. Lo stesso che ritroviamo dietro espressioni (tanto care a chi non sa scrivere) come “polveriera” usate per i Balcani o il Caucaso. Quel razzismo che vuole che per alcune nazioni (non certo per noi, quelle “civilizzate”) la guerra e la violenza siano una cosa naturale, immutabile. Non c’è bisogno di scovare i colpevoli, quindi, né di denunciare un dittatore specifico: tutto inutile. I barbari rimarranno barbari, e noi, amabili europei o americani, immacolati e superiori. Disgustoso» (Simone Zoppellaro).

Bello scoprire come Rai News usa Google Maps, e anche a sbagliando, per trovare le città che racconta e ignora. Studiare qualche volta non farebbe male. Goris si trova in Armenia. Non è in Karabakh e non c’è mai stato il benché minimo dibattito sulla questione» (Simone Zoppellaro).

«Ci sono notizie così enormi che, quando le leggi, ti stropicci gli occhi e poi le rileggi per essere sicuro di aver capito bene. Dopodiché le cerchi nei tg e sui giornaloni e, non trovandole, capisci che sono vere. Il 13.9.2022, mentre il “mondo libero” era tutto intento a far credere che quella in Ucraina fosse l’unica guerra in corso, l’Azerbajgian (…) attacca per l’ennesima volta l’Armenia (…) per riprendersi il Nagorno-Karabakh, l’enclave armena indipendente dal 1991. Decine di morti e migliaia di profughi. Ma nessuno dice né fa nulla: né moniti su “aggressore e aggredito”, né armi agli aggrediti per difenderli dagli aggressori, né sanzioni agli aggressori perché smettessero di aggredire. Motivo: l’aggressore azero è amico nostro, ci fornisce il gas necessario a sostituire quello dell’aggressore russo, e noi in cambio gli vendiamo le armi e ci scordiamo il diritto degli Armeni del Nagorno-Karabakh all’autodeterminazione. Ora, certi dell’impunità, gli Azeri tornano sul luogo del delitto per la soluzione finale: stragi di civili, repressioni, pulizia etnica ed esodo biblico di civili ((…) ma mica sono Ucraini: sono Armeni e ai genocidi ci sono abituati). Il Nagorno-Karabakh non esiste più: un intero Paese cancellato da un giorno all’altro dalla carta geografica, mentre le famose democrazie e la pia NATO armano l’aggressore fischiettando» (Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2023).

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